Pagine

sabato 31 luglio 2010

STIAMO SCHERZANDO COL FUOCO

 

 

 

Se da un lato non si può che gioire per il chiarimento occorso nel PDL fra Fini e Berlusconi  su temi importanti come la legalità e la libertà di esprimere il proprio dissenso politico, dall'altro  nasce la preoccupazione per lo scenario che si sta presentando.

E' sempre più chiaro che questo dibattito, nato all'interno del partito PDL, sfocerà in una opposizione in Parlamento proprio sui temi che premono maggiormente al Presidente del Consìglio e anche all'alleato Bossi: il decreto sulle intercettazioni, tutto quello che riguarda la giustizia, l'introduzione immediata del federalismo. Nel momento in cui  su questi temi l'opposizione di Fini diventasse un ostacolo fastidioso ritengo che Berlusconi andrebbe immediatamente alle elezioni anticipate per rimuovere  definitivamente l'ostacolo costringendo Fini  a scoprirsi.

A questo punto ci si chiede : con quale sistema elettorale?

Naturalmente con quello attuale a meno che qualcuno non si opponga per far nascere un governo tecnico che modifichi la legge elettorale.

Si da per scontato che un governo del genere possa essere sopportato da Berlusconi e da Bossi in quanto transitorio. E perchè mai? Che interesse avrebbero ?

E' più probabile un secco no alla modifica della legge .

Se pertanto un governo del genere dovesse nascere in opposizione alla volontà espressa da Berlusconi potrebbe essere immediatamente tacciato dallo stesso come arbitrario, illegale,  non espressione della volontà popolare ma di un "inciucio" di comunisti, traditori, giustizialisti ed opportunisti che negano la volontà del popolo e che mettono a repentaglio le sorti dell'Italia con un ennesimo " Ribaltone" proprio in mezzo ad una crisi economica  che il governo Berlusconi ha invece dimostrato di saper controllare.

Su questi temi inizierà la sua campagna elettorale chiedendo un definitivo consenso utile ad ottenere i numeri per fare in modo che mai più possa ripetersi una situazione come quella attuale:la repubblica presidenziale con caratteristiche particolari e blindate.

Accanto a lui si scatenerà Bossi con il suo repertorio  contro Roma Ladrona, contro una classe politica opportunista ecc ecc.

Avranno gli oppositori le argomentazioni   ed il coraggio di lottare contro una forza così virulenta ?

Capiranno fin dal momento della possibile richiesta di un governo tecnico per modificare la legge elettorale che la posta è molto più alta.

A mio avviso no.

Non solo…. ed al momento in cui lo capiranno scopriranno che il proprio esercito è diviso, è senza strategia, senza generali  e senza munizioni.

Non si va ad uno scontro senza averne coscienza. Ci potrà essere qualche gruppo  più attrezzato  a resistere ma nell'insieme vedo grandi difficoltà.

Ci illudiamo che Berlusconi e Bossi  restino invischiati nei giochi parlamentari? La tentazione extraparlamentare è forte!

L'unica altra possibilità è che il gruppo che circonda il Cavaliere si disunisca e si sgretoli con il conseguente abbandono immediato da parte di Bossi. Questa ipotesi mi sembra difficile. La maggior parte del gruppo dirigente  che circonda Berlusconi dipende da lui e lo abbandonerà solo in caso di evidente sconfitta. Sino ad allora farà cerchio attorno al capo alzando la posta in gioco: o tutto o niente.

L'opposizione se capisce cosa sta rischiando il paese deve capire cosa vuole prima di muoversi e lo deve fare rapidamente.

Deve capire su quali parole d'ordine cercare il  consenso e  con quali forze ed alleati portarle avanti.

Se qualcuno  pensa di poter evitare le elezioni e di cambiare il  governo senza suffragio popolare  la situazione può diventare pericolosissima.

Purtroppo devo concludere  con un atto di pessimismo della ragione: non vedo al momento una dirigenza politica nel Pd e negli altri gruppi ( da Fini a Vendola) capace di un processo culturale e politico che porti rapidamente l'Italia fuori dal guado nei tempi necessari dettati dagli avvenimenti in corso. L'ottimismo della volontà ci fa sperare che inaspettatamente  ciò accada.

 

lunedì 26 luglio 2010

IL PD E IL TAVOLO FIAT

E' naturale che la Fiat cerchi di percorrere le strade più convenienti  per la realizzazione dei suoi progetti ed  è in quest'ambito  che tuttavia l'Italia deve giocare le sue carte.

In una fase  di difficoltà economica mondiale,  dove la crescita della domanda è il problema da affrontare e dove è difficile che la stessa  possa essere trascinata,in prima battuta, da un incremento  sostenuto dei consumi (perché le famiglie, in un periodo di crisi economica,  tendono a proteggersi dall'incertezza del futuro, limitando le spese) è' il fronte degli investimenti che deve essere potenziato con stimoli e facilitazioni  da parte dello Stato e della Politica. All'interno di questo quadro è facilmente comprensibile come non sia indifferente l'opportunità di ottenere che  il progetto di investimento della Fiat coinvolga in maniera significativa gli stabilimenti italiani

D'altra parte non  mi sembra che l'interlocutore non sia credibile. Un imprenditore che si mette in gioco personalmente scrivendo agli operai del proprio gruppo di voler " costruire insieme, in Italia, qualcosa di grande, di migliore e di duraturo." e ancora" I contenuti del piano prevedono di concentrare nel Paese grandi investimenti, di aumentare il numero di veicoli prodotti in Italia e di far crescere le esportazioni……. obiettivo del progetto è colmare il divario competitivo che ci separa dagli altri Paesi e portare la Fiat ad un livello di efficienza indispensabile per garantire all'Italia una grande industria dell'auto" credo possa essere un avversario, in un tavolo delle trattative, forse temibile, ma valido. Cosa chiede? : "Non c'è nulla di eccezionale nelle richieste che stanno alla base della realizzazione di "Fabbrica Italia". Abbiamo solo la necessità di garantire normali livelli di competitività ai nostri stabilimenti, creare normali condizioni operative per aumentare il loro utilizzo, avere la certezza di rispondere in tempi normali ai cambiamenti della domanda di mercato." …"Eccezionale semmai -per un'azienda- è la scelta di compiere questo sforzo in Italia, rinunciando ai vantaggi sicuri che altri Paesi potrebbero offrire."…..". Non abbiamo intenzione di toccare nessuno dei vostri diritti," ….."Quello di cui ora c'è bisogno è un grande sforzo collettivo, una specie di patto sociale ……………..è il momento di lasciare da parte gli interessi particolari e di guardare al bene comune, al Paese che vogliamo lasciare in eredità alle prossime generazioni."
Certo potrebbero essere belle parole ma potrebbe essere anche l'occasione di un confronto reale fra persone , rappresentanti sindacali e partiti politici. Il terreno dello scontro è comunque quello di essere presenti nelle scelte d'investimento del settore manifatturiero.
Cosa richiede in termini di flessibilità il Lingotto? A Pomigliano ha chiesto ed ottenuto da una parte del sindacato l'utilizzo degli impianti di produzione per 24 ore giornaliere e per 6 giorni la settimana, comprensivi del sabato, con uno schema di turnazione articolato a 18 turni settimanali. La mezz'ora retribuita per la refezione è prevista a fine turno. Per far fronte alle esigenze di produzione l'azienda potrà far ricorso a lavoro straordinario di 80 ore annue pro capite (oltre alle 40 già previste) senza preventivo accordo sindacale .
Sono condizioni di lavoro sostenibili? Si può ottenere ancora qualcosa a favore dei lavoratori? Bisogna provarci senza mettere in discussione tutto.
Ma la questione su cui si è avuta a Pomigliano la vera e propria spaccatura con la FIOM è stato quando la Fiat ha affermato di non voler pagare le giornate di assenza "anomale" e di voler applicare delle sanzioni nel caso del mancato rispetto dei patti stabiliti. Nel testo dell'accordo con i Sindacati firmatari è stato introdotto così il punto 16 sulla creazione di una commissione paritetica di conciliazione: in caso l'azienda segnali una violazione dell'accordo potrà essere convocata entro 48 ore ed entro 4 giorni dovrà pronunciarsi e verificare se c'è stata effettivamente l'inadempienza. In questa fase i sindacati devono sospendere il ricorso allo sciopero e l'azienda non deve applicare le sanzioni. La commissione è composta da rappresentanti dei sindacati firmatari dell'accordo e, in eguale misura, dell'azienda. In assenza di una valutazione congiunta tra le parti l'azienda potrà procedere con le sanzioni. Viene così stemperato l'effetto della contestata "clausola di responsabilità. Viene così stemperato l'effetto della contestata "clausola di responsabilità" che consente all'azienda di intervenire su contributi e permessi sindacali (nei confronti del sindacato) e con provvedimenti disciplinari fino a licenziamento (per il lavoratore), in caso di mancato rispetto dell'intesa, ad esempio per uno sciopero proclamato in un giorno di straordinario comandato. Sull'altro punto controverso, l'indisponibilità dell'azienda a farsi carico della propria quota del trattamento di malattia in caso di assenze anomale, sarà sempre una commissione paritetica ad intervenire.
E' sopportabile questo modo di procedere? I rischi per la libertà sindacale sono veramente così alti ( visto che una parte li ha accettati)? Perché non si ricostituisce un fronte unitario su di un testo di accordo più condivisibile?

Le richieste della controparte sono del tutto immotivate o bisogna trovare un modo di soddisfarle senza compromettere nella sostanza i diritti acquisiti dei lavoratori ?


C'è molto da fare per Il PD e i Sindacati e noi tutti ( compreso Marchionne).L'unica cosa da non fare è perdere questa opportunità..

 La mia sensazione che la posta sia ancora tutta in gioco. La possibilità di produrre  automobili nei paesi  occidentali è ampiamente praticabile come  dimostrano gli stabilimenti delle altra case automobilistiche e la stessa produzione Fiat in America. Bisogna tuttavia stabilire quali modelli è meglio produrre per valorizzare al massimo le economie esterne ( indotto,condizioni del Paese ecc ambiente politico sindacale- ecc) ed interne ( qualità degli impianti esistenti, professionalità della manodopera, organizzazione industriale ecc), trovare un accordo  di lungo respiro sulle relazioni sindacali ( che sarebbe

quanto mai opportuno che ritrovino l'unità, facendo sì che le differenze non diventino motivo di irreparabile divisione) ed un ruolo nei confronti del paese Italia con un confronto con le forze politiche.

Certo è che bisogna far pesare il fatto che, anche se non è previsto l'utilizzo di fondi dello Stato per il programma d'investimento Fiat in Italia, è pur  sempre vero che continuano a gravare sulla comunità italiana le difficoltà di gestione del personale che la Fiat sta affrontando nel periodo attuale di crisi economica e di ristrutturazione degli impianti e delle lavorazioni.

Questo terreno di confronto può essere l'occasione per la politica   di spingere verso la produzione di modelli  di ultima generazione , elettrici e/o ipotizzando anche delle possibili incentivazioni al consumo 

Può rappresentare  inoltre per lo Stato l'occasione  di pensare ad un  modo per favorire l'accesso al credito anche da parte delle grandi aziende oltre che delle PMI con l'utilizzo della propria garanzia ( potenziando il fondo  di garanzia PMI e aprendone uno specifico per le grandi imprese con proventi rivenienti dalla tassazione delle rendite finanziarie e dei redditi superiori a 150.000 euro annui).

E' questo un altro aspetto che permetterebbe l'utilizzo più ampio del risparmio traducendolo in investimento, grazie all'intermediazione bancaria:facilitare l'accesso al credito  è un volano dell'investimento.

Mi piacerebbe che il PD fosse presente in maniera forte in questa trattativa con la capacità di dettare i termini  strategici del dibattito definendo i limiti che in una società moderna l'impresa deve avere nei confronti dei lavoratori, dei cittadini e dell'ambiente. MI piacerebbe che il PD fosse in grado di incalzare pertanto  la Fiat  sui modelli da produrre privilegiando gli aspetti ecologici, che sollecitasse tutti i sindacati a ritrovare una unità possibile ma soprattutto necessaria per dare  delle risposte chiare alle richieste legittime del Lingotto difendendo la sostanza dei diritti dei lavoratori, che avesse la capacità d'inquadrare  il progetto Fiat per l'Italia in una cornice più ampia di sviluppo per i prossimi anni ponendosi nei fatti come la legittima guida del Paese.

venerdì 23 luglio 2010

LA FIAT GALOPPA E L'ITALIA " SCHIOPPA"

 

Da quando la Fiat ha assunto un  nuovo ruolo multinazionale,  successivo all'investimento nella Chrysler, il suo sviluppo non coincide più con quello del suo paese d'origine : l'Italia. Eppure, per molti anni, il gruppo dirigente Fiat ha inciso profondamente sulle decisioni di politica economica italiana  attingendo a piene mani ai fondi pubblici,  in cambio di investimenti produttivi, oppure scaricando sulle casse delle Stato le proprie difficoltà congiunturali relative alla gestione del personale.

 Oggi, continua ad adottare una politica simile:  solo che attinge ai fondi messi a disposizione dalla Serbia e dall'UE per realizzare l'investimento  nella produzione della nuova linea monovolume "LO", mentre negli Stati Uniti sta  facendo decollare lo stabilimento della Chrysler  grazie anche  al completo coinvolgimento nel progetto del Sindacato locale.

E' naturale che la Fiat cerchi di percorrere le strade più convenienti  per la realizzazione dei suoi progetti ed  è in quest'ambito  che tuttavia l'Italia deve giocare le sue carte.

In una fase  di difficoltà economica mondiale,  dove la crescita della domanda è il problema da affrontare, il ns. Paese deve porsi il problema di come utilizzare un atteggiamento virtuoso del settore privato e pubblico per  realizzare un maggior risparmio tramutandolo  successivamente  in occasione di ricchezza e nella crescita della domanda. E' difficile tuttavia che la domanda possa essere trascinata,in prima battuta, da un incremento  sostenuto dei consumi perché le famiglie, in un periodo di crisi economica,  tendono a proteggersi dall'incertezza del futuro, limitando le spese . E' il fronte degli investimenti che deve essere potenziato con stimoli e facilitazioni  da parte dello Stato e della Politica. All'interno di questo quadro è facilmente comprensibile come non sia indifferente l'opportunità di ottenere che  il progetto di investimento della Fiat coinvolga in maniera significativa gli stabilimenti italiani. E' stato già un successo,  in qualche modo, ciò che si è realizzato a Pomigliano; ma, tutto è ancora da giocare sugli altri stabilimenti.

Non credo che Marchionne sia stato del tutto limpido nell'esporre i motivi della sua scelta  per la localizzazione in Serbia dell'investimento della produzione della monovolume.

E' interessante infatti riflettere ad esempio sulle dichiarazioni di  Giorgio Airaudo, leader della Fiom piemontese che afferma : «L'attacco di Marchionne al sindacato – assicura – è propagandistico. La scelta della Serbia è solo economica: oltre il 70% del finanziamento è a carico del governo di Belgrado, la Fiat non pagherà alcun tipo di tassa per 10 anni, incasserà a fondo perduto 10mila euro per ogni lavoratore assunto e pagherà un salario pari a 400 euro al mese, con l'esclusione di qualsiasi aumento. Se avesse queste condizioni in Italia, Marchionne non avrebbe delocalizzato».

La produzione della  nuova monovolume "Lo" in Serbia prevede  un investimento complessivo da un miliardo di euro, di cui 350 milioni circa dal Lingotto (400 milioni dalla Bei, 250 da Belgrado), per una produzione di 190mila unità l'anno che sostituirà la "Multipla", la "Musa" e la "Idea" che attualmente vengono fatte a Mirafiori.

Il problema è pertanto cosa verrà prodotto a Mirafiori? Che accordo è possibile raggiungere con i  i sindacati? Quale investimento è possibile ipotizzare?

Bene hanno fatto tutte le forze politiche  e i tre maggiori sindacati di categoria a chiedere l'apertura immediata di un tavolo di trattative sul tema.

La mia sensazione che la posta sia ancora tutta in gioco. La possibilità di produrre  automobili nei paesi  occidentali è ampiamente praticabile come  dimostrano gli stabilimenti delle altra case automobilistiche e la stessa produzione Fiat in America. Bisogna tuttavia stabilire quali modelli è meglio produrre per valorizzare al massimo le economie esterne ( indotto,trasporti,condizioni del Paese ecc ambiente politico sindacale- ecc) ed interne ( qualità degli impianti esistenti, professionalità della manodopera, organizzazione industriale ecc), trovare un accordo  di lungo respiro sulle relazioni sindacali ( che sarebbe quanto mai opportuno che ritrovino l'antica sapienza dell'unità, facendo sì che le differenze non diventino motivo di irreparabile divisione) ed un ruolo nei confronti del paese Italia con un confronto con le forze politiche.

Certo è che bisogna far pesare il fatto che, anche se non è previsto l'utilizzo di fondi dello Stato per il programma d'investimento Fiat in Italia, è pur  sempre vero che continuano a gravare sulla comunità italiana le difficoltà di gestione del personale che la Fiat sta affrontando nel periodo attuale di crisi economica e di ristrutturazione degli impianti e delle lavorazioni.

Questo terreno di confronto può essere l'occasione per la politica   di spingere verso la produzione di modelli  di ultima generazione , elettrici e/o altro.

Può rappresentare  inoltre per lo Stato l'occasione  di pensare ad un  modo per favorire l'accesso al credito anche da parte delle grandi aziende oltre che delle PMI con l'utilizzo della propria garanzia( potenziando il fondo  di garanzia PMI e aprendone uno specifico per le grandi imprese).

E' questo un altro aspetto che permetterebbe l'utilizzo più ampio del risparmio traducendolo in investimento, grazie all'intermediazione bancaria

Facilitare l'accesso al credito  è un volano dell'investimento.

Ritengo che, su   questo punto, interlocutori come la Dirigenza di Unicredito , BNL, Banca Intesa, MPS  ed altri non si tirerebbero indietro.

 

Roma , 23 luglio 2010                         

 

Giuseppe  Ardizzone

 

 

domenica 11 luglio 2010

PROGETTO LAVORO : NO al precariato

 

In una Italia che si sforza di uscire da una crisi economica tra le più importanti del dopoguerra il fardello pesante della disoccupazione  ( 8,7%) che  addirittura sale a ca il 30% se consideriamo solo il settore giovanile  si impone come " il problema " principale da affrontare.

Ancora una volta , così come accadde in maniera risolutiva all'interno degli anni di piombo, può essere l'unità del Sindacato insieme alle forze progressiste  a dettare le priorità alla politica  richiedendo un'attenzione immediata  sul lavoro.

Porre l'attenzione sul lavoro oggi significa non solo guardare in faccia i danni immediati provocati dalla crisi mondiale causata dagli effetti malevoli di un uso smodato ed egoistico della finanza e della globalizzazione ma anche di ricostruire l'unità e la rappresentanza da parte dele forze politiche progressiste e del sindacato nei confronti dei  più deboli costituiti dai lavoratori giovani precari, da chi è impiegato  nei lavori irregolari, dagli immigrati , dalle donne e  lavoratori in età matura ( 45/50 anni)  disoccupati.

Fare ripartire la nostra società dal lavoro  significa non solo riproporre ( art. 1) finalmente i valori costituzionali ( troppo facilmente e grossolanamente oggetto di riflessione critica) alla guida del ns operato ma comprendere che la dignità del lavoro è  un valore  che deve essere riconosciuto a tutela del rapporto fra individuo e società e che lo stesso  non può essere privilegio dei pochi ma patrimonio di tutti i suoi componenti senza distinzione di razza, sesso, religione, fede politica o paese di provenienza .

Ripartire dal lavoro ci consente di riaprire il confronto sul problema dell'immigrazione e sui conseguenti problemi dell'integrazione ad essa connessa ; ci consente di rivedere il ns atteggiamente sull' inserimento nel mondo del lavoro dei ns giovani costringendoci a prendere finalmente una posizione chiara nei confronti del problema del dualismo presente nel mondo del lavoro  e fra le generazioni; ci consente di non tollerare ulteriormente il lavoro irregolare e clandestino  , le condizioni di sfruttamento in cui si realizza ( orari eccessivi, condizioni disagiate, mancanza di sicurezza ecc.), l'evasione fiscale che lo caratterizza e la delinquenza organizzata che vi aleggia attorno; ci consente di ridare la giusta importanza al mondo della produzione rispetto a quello della rendita .

Ripartiamo dal lavoro per riprendere l'iniziatica politica, ritrovare il senso del ns Paese, le forze produttive e positive che nella loro diversità  lo rappresentano , un progetto di sviluppo e di miglioramento per la ns società.

 

Ma, all'interno del progetto lavoro, che è anche indissolubilmente legato  ad un programma di giustizia sociale e di crescita  complessiva del sistema economico, desidero affrontare  e sottoporre alla vs. attenzione  il problema della diffusione del lavoro precario, figlio della crisi  ma anche di una logica di gestione della forza lavoro che ritengo antiquata ed irragionevole e che ha spesso cercato la sua giustificazione nel concetto di flessibilità.

 

 "Nel mondo economico moderno ,dominato dalla globalizzazione, la flessibilità è indispensabile all'impresa per permetterle di adeguarsi alle esigenze mutevoli di un mercato che si trasforma velocemente" .

C'è da chiedersi : ma questo vale per tutti i settori produttivi?  Cosa vuol dire flessibilità del lavoro …forse la possibilità di assumere e licenziare a piacimento a seconda delle fasi del mercato?  Di quali fasi del mercato si parla? : stagionali , congiunturali , legate a particolari lavorazioni o al  mutamento del gusti del consumatore, o legate all'introduzione di nuove  tecnologie, ecc.?

Bisognerebbe  poi distinguere fra le esigenze di programmazione del personale di una azienda nel medio lungo termine e la gestione della struttura ordinaria del lavoro.

In una programmazione a medio lungo termine è logico considerare sia le esigenze di sviluppo che le possibili fasi  congiunturali negative ed adeguare  di conseguenza il fabbisogno di manodopera  considerando anche le  possibili eccedenze  nelle diverse fasi della vita aziendale e del mercato. Queste problematiche  costituiscono il rischio d'impresa e  non possono essere scaricate tout court sulla spesa sociale ( come è spesso accaduto in Italia nelle fasi congiunturali negative utilizzando massicciamente  gli ammortizzatori sociali).

Se invece consideriamo staticamente l'utilizzo della forza lavoro nella struttura ordinaria dell'impresa, osserviamo  come le esigenze di flessibilità siano maggiormente legate  alla tipologia delle lavorazioni ( usuranti, necessarie di turnistica, saltuarie ecc,,) , alle eventuali  strutture stagionali delle produzioni  ,a tutto quello che è legato all'ingresso nella struttura  produttiva di nuova forza lavoro ( apprendistato, prova ecc), al rendimento , alle esigenze di flessibilità richieste dal lavoratore per motivi personali ( part time, motivi di salute, maternità …).ecc-

In sostanza, la flessibilità dovrebbe costituire  l'elemento che regola  e risolve  le esigenze  eccezionali della vita lavorativa aziendale , consentendole un rapido adattamento al mutamento delle esigenze.

Invece, sembra che,  attraverso  l'utilizzo di questa  tematica, si cerchi d'intervenire su due componenti   strutturali della dinamica del lavoro:

a)      Il costo complessivo del lavoro

b)      Il controllo della forza lavoro

 

Il costo complessivo del lavoro.

 

 Grazie alle facilitazioni accordate in termini fiscali per le varie tipologie di lavoro precario le aziende ( anche di Stato) possono avere un grosso risparmio di costo  su questa categoria lavorativa. A questo si aggiunge anche un  reale risparmio complessivo,  in quanto il costo effettivo di questi lavoratori è normalmente  meno oneroso e meno sensibile ad  incrementi salariali.

Ciò perché il mercato è ampio e composto da lavoratori in cerca di prima occupazione o disoccupati da molto tempo e anche perchè è estremamente difficile sindacalizzare queste categorie precarie  su temi di aumento salariale  quando la principale preoccupazione è il mantenimento del lavoro.

Sostituendo il più possibile la manodopera stabile ed a tempo indeterminato con il lavoro cosiddetto precario, l'impresa ha così raggiunto un importante obiettivo, in un mondo economico globale sempre più competitivo : la riduzione del costo del lavoro.

Tuttavia,  questo aspetto non è di per se produttivo di effetti positivi, in quanto la riduzione del costo del lavoro , da sola, non suscita automaticamente una dinamica  di sviluppo.

Prendiamo infatti paradossalmente, ad esempio,  una situazione dove vi è il massimo di riduzione del costo del lavoro : l'utilizzo del lavoro nero  illegale.

 In questa situazione le aziende  , spesso presenti in aree di sottosviluppo, grazie a questo fattore riescono ad evitare il fallimento e a sopravvivere in un mercato che le avrebbe spazzate via per la loro inefficienza ed arretratezza.

Il risultato è che  ingenti risorse umane e finanziarie  vengono sprecate verso produzioni marginali e prive di prospettiva futura che alimentano il sottosviluppo. Non a caso, si parla  del problema dell'evasione fiscale  di massa, in alcune aree, come una delle concause che perpetuano  il sottosviluppo stesso.

Un altro aspetto contraddittorio è dato dal fatto  che l'esigenza delle aziende , a medio termine, è quella di formare della forza lavoro valida ed  efficiente, che rappresenti una parte significativa del  proprio patrimonio aziendale, e questo  entra in conflitto con l'esigenza di ridurre i costi di esercizio, in una logica di breve periodo, utilizzando il più possibile il lavoro precario ed intercambiabile.

 

2) Il controllo della forza lavoro

 

Mantenere intere generazioni  di giovani in una situazione di lavoro precario significa oggettivamente disporre di una riserva di manodopera che, aggiunta a quella costituita dalla massa di immigrati regolari e clandestini ed ai lavoratori adulti delle aziende in crisi  diventa quasi illimitata e adatta a costituire un esercito di lavoratori che senza troppe garanzie di continuità possono essere più agevolmente  controllati  ed utilizzati. In sostanza il rischio d'impresa relativo al fattore lavoro viene  scaricato interamente sulla società civile che cerca di farvi fronte con le armi che ha a disposizione : gli ammortizzatori sociali e le famiglie.

 I primi sono largamente insufficienti. L'entità degli ammortizzatori e dei fondi necessari per consentire a questa massa di lavoratori una vita dignitosa  è del tutto  inadeguata e nel caso dei lavoratori immigrati del tutto assente.

La conseguenza è un malessere sociale diffuso, l'incremento della devianza sociale, il degrado, la mancanza di ricambio generazionale, la difficoltà di costituire una famiglia per le giovani generazioni ecc.

Un grande supporto viene invece dato dalle famiglie che  suppliscono per il possibile con la loro accoglienza e disponibilità alle esigenze di questo mondo precario.

C'è un aspetto anche di profonda ingiustizia in tutto questo ed è costuito dalla profonda separazione fra un mercato del lavoro dei giovani ed in generale delle parti deboli della popolazione ed un  mercato del lavoro degli occupati a tempo indeterminato  della fascia di età forte che gode di ampi privilegi e garanzie.

E' l'eccesso di garanzie di cui gode questa fascia, anche quando si manifestano fenomeni come l'indisciplina,l' assenteismo, lo scarso rendimento ecc che permette lo scatenarsi di una campagna ideologica contro  i privilegi del lavoro a tempo indeterminato  a favore della necessità di una maggiore libertà dell'impresa da raggiungersi con l'utilizzo dello strumento della flessibilità.

 

In conclusione bisognerebbe che questi due mercati del lavoro venissero riunificati aumentando le garanzie  delle fascie deboli, riducendo quelle delle fascie forti e assegnando alla flessibilità il giusto e limitato ruolo che deve avere all'intermo di una organizzazione del lavoro.

Esistono invece larghi margini di utilizzo della flessibilità con nuovi strumenti, anche da immaginare, da utilizzare nel percorso di accompagnamento della forza

 

Roma , 9 luglio 2010                                                 Giuseppe Ardizzone

 

lunedì 5 luglio 2010

PD NETWORK: istruzioni d'uso

 

 

Mi sembra che la questione che ci appassiona sia : come fare a partecipare e contare in modo nuovo all'interno del PD ?

Come fare cioè ad intervenire nella formazione della linea politica e culturale di questo partito?

Certo, come sempre, la risposta più ovvia è quella di fare un percorso di avvicinamento ai circoli,passare qualche anno cercando di ottenere un ruolo dirigente, assumere   responsabilità maggiori e partecipare al dibattito interno al partito incidendo sulla formazione della linea politica.

In quel momento ci accorgeremmo che sulla linea politica del partito incidono con altrettanta  se non maggiore importanza autorevoli giornalisti, contenuti espressi nel corso di dibattiti televisivi , libri e opere di intellettuali,  idee espresse da sindacalisti ecc ecc, ecc. che operano ben al di fuori dei canali tradizionali  di discussione e organizzazione del partito. D'altra parte, le possibilità della tecnologia e la diffusione veloce delle idee su internet rendono ormai obsoleto considerare la partecipazione  tradizionale alla politica come la sola possibile.  

Se torniamo quindi all'inizio del percorso, la strada della partecipazione al circolo è una delle tante possibili ma non l'unica; anzi, forse è la meno ambita per la maggior parte delle persone comuni.

Diventa importante  solo per un intervento sul territorio:  è li infatti che é più facile trovare ed organizzare persone interessate a partecipare ai problemi della comunità territoriale a cui appartengono.

Qualche anno fa una seconda strada naturale per chi voleva partecipare attivamente alla vita del partito erano le sezioni tematiche ( ad es. nel  Pci ed anche nel Ds) a cui bisognerebbe tornare a dare più importanza. Questi circoli dovrebbero nascere attorno a figure professionali  e/o ambienti di lavoro per permettere un dibattito ed un riconoscimento dei partecipanti a partire dalla propria specificità professionale e con un approccio che è  politico e quindi completamente  diverso da quello sindacale. Penso a circoli del settore comunicazione, credito e assicurazioni, piccola impresa, scuola e pubblica amministrazione ecc.

La terza gamba del dibattito dovrebbe partire dall'utilizzo  degli  strumenti di comunicazione di massa  che oggi sono assolutamente interattivi. E' questa la novità rispetto al passato  in cui lo spettatore era  passivo. Oggi  l'interlocutore vuole essere attivo e partecipare.

E veniamo alle possibilità del ns. network : leggendo i post pubblicati si trovano molti spunti interessanti ed un bisogno vero di partecipazione e comunicazione. Vi è inoltre una diffusa insoddisfazione nei confronti del modo di essere, di rappresentarsi e di comunicare del PD oltre che della sua linea politica. Si vorrebbe poter contare di più ed essere ascoltati. In assenza di un dialogo di qualunque tipo con la struttura dirigente si sviluppa il desiderio di protesta e di organizzazione alternativa. Tutto legittimo, ma desidero porre un elemento di riflessione: Internet da a tutti la possibilità bene o male di esprimersi ma vi sono alcuni problemi:

a)      Può capitare che quello che si dice scompaia nella voragine del pubblicato

b)      Non è detto che quello che viene pubblicato ed anche condiviso da un gruppo di persone sia effettivamente interessante per altre o addirittura utile per una organizzazione politica.

c)      Non è detto che quello che si scrive sia attendibile o vero

In sostanza per poter partecipare in maniera significativa bisogna che esistano degli strumenti di verifica dei contenuti e di diffusione degli stessi.

Se una struttura  è fondata sulla diffusione e l'attenzione dei contenuti e delle idee su Internet il risultato sarà positivo e la diffusione geometrica ( ved ad es. il blog di Beppe Grillo, il Popolo viola ecc.ecc.)

Se al contrario non vi è una effettiva predisposizione della struttura organizzativa a valorizzare e ricercare nuovi contenuti e collaboratori sui blog e sul network il processo non decolla. Vi è inoltre un problema di gestione  e di democrazia : Chi decide di dare rilievo ad un intervento ? secondo quali criteri? Almeno dovrebbero essere conosciuti e trasparenti!

La mia impressione è che attualmente ci troviamo in una fase del tutto primitiva dell'utilizzo dello strumento. Forse l'unica possibilità esistente per ottenere ascolto è concentrarsi su di un tema, verificare se lo stesso può  essere un momento di aggregazione e mobilitazione dei partecipanti al  network, chiedere a tutti di fare opera di diffusione e propaganda  e  su questa base cercare di ottenere una risposta  operativa della redazione e della struttura dirigente del partito. Se la risposta non arrivasse non  rimarrebbe  che   cercare di ottenere tanti di quei consensi in rete da rendere improcrastinabile per il partito di prendere in considerazione il progetto.

Faccio a questo punto una proposta che vi prego di considerare solo tale anche se per me è assolutamente prioritaria:

-          Mettere al primo posto dell'attività politica del PD la lotta per la  risoluzione del problema del precariato e della disoccupazione giovanile con la modifica legislativa degli attuali contratti di lavoro- Chiedo su questo punto l'aiuto del prof. Pietro Ichino che ha già presentato un progetto in merito ( flexsecurity) e dei dirigenti delle organizzazioni sindacali .     

 

 

Roma 5 luglio 2010                                                               Giuseppe Ardizzone