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sabato 21 luglio 2012

Italia ed Europa, un percorso comune

Ancora una volta, lo scenario d'instabilità della moneta e dell'aumento del costo del debito giunge a livelli che rischiano di essere insopportabili per le economie dei diversi Stati membri dell'Europa.

Il differenziale degli spreads fra i titoli tedeschi e quelli delle economie degli Stati del Sud rischia di alimentare ulteriormente la differenza fra le economie, senza l'effetto equilibratore che avrebbe avuto l'assestamento inevitabile dei cambi delle monete che hanno preceduto l'euro.

In attesa che l'unione politica, economica e fiscale si realizzi e che, pertanto, un unico Stato Europeo, sostenuto da un'unica Banca Centrale, possa offrire ai mercati la necessaria stabilità ed unità responsabile, non resta che continuare con perseveranza la strada intrapresa. E' necessario passare, innanzi tutto, dall'attuazione dei primi strumenti di stabilità individuati: un'autorità europea di controllo del sistema bancario, l'utilizzo dell'ESM in funzione di calmiere della speculazione sul livello degli spreads fra i titoli di credito dei diversi Stati membri.

I tempi a disposizione sono brevi e la tempesta è vicina.

Quello che potrebbe essere oggetto di ulteriore riflessione da parte dei governi europei è di avviare subito concretamente la richiesta ai mercati dei capitali di risorse destinate a progetti di sviluppo comunitari.

E' nella Sede Europea che l'applicazione del moltiplicatore degli  investimenti pubblici potrebbe avere un seguito dirompente. Per usare delle parole forti, si potrebbe ipotizzare un New Deal europeo con degli obiettivi di occupazione e di crescita dei settori strategici che, da un lato avrebbe la funzione di stimolo e di riequilibrio della comune economia, e dall'altro, gestito centralmente, potrebbe costituire la prima organizzazione fisica sul territorio, prefigurante quella futura dello Stato unitario e federale.

Questo processo dovrebbe inoltre passare attraverso la necessaria armonizzazione delle regole su pochi concetti base su cui le forze politiche e sindacali dei diversi Paesi membri dovrebbero trovare l'accordo: legislazione comune del lavoro e degli ammortizzatori sociali, salari legati ad una quota della produttività, progetto per la realizzazione dell'autonomia energetica europea, sistema comune delle autorizzazioni e dei vincoli per l'avvio delle attività produttive e delle infrastrutture, ecc.

Nel frattempo tuttavia la situazione italiana dovrà essere affrontata dalle forze politiche, oggi con il leale sostegno a questo governo e domani, in prospettiva, presentando al Paese, ed al giudizio degli investitori internazionali, un piano di lavoro credibile su cui ottenere il consenso.

Il piano di lavoro non può che continuare sul terreno già indicato dal governo attuale: la razionalizzazione e riduzione della spesa pubblica, la liberalizzazione delle attività e delle forze produttive da tutte quelle sacche di inefficienza e di privilegio che ne attenuano lo sviluppo, l'adempimento degli impegni assunti nell'ambito del " Fiscal Compact", la lotta alla corruzione, all'illegalità, ed all'evasione fiscale, il ritorno alla crescita economica all'interno di un quadro di recupero della produttività del lavoro e della competitività del nostro Paese.

L'obiettivo di pareggio di bilancio è già possibile a partire dal 2013 .Dal lato del risanamento, inoltre, anche i futuri governi non potranno lasciar cadere il piano ambizioso di riduzione del 20% del rapporto debito/ PIL disegnato, nella recente intervista al Corriere della Sera, dal neo ministro dell'economia Grilli. La dismissione nel tempo del patrimonio immobiliare pubblico è una delle carte più interessanti a nostra disposizione. La realizzazione in diversi anni del progetto sembra la più realizzabile senza dar corso ad un prestito forzoso in contropartita. Una misura che avrebbe invece assunto il carattere di una patrimoniale straordinaria.

Il risanamento tuttavia per essere sostenibile deve essere accompagnato dalla ripresa del processo di crescita economica del nostro Paese.

In questo momento, la domanda interna è depressa e il saldo della bilancia commerciale si presenta negativo, anche se in leggero miglioramento.

Qualsiasi misura di alleggerimento futuro del carico fiscale sul lavoro e l'impresa saranno pertanto i benvenuti e non potranno che dare un contributo al mantenimento almeno del livello dei consumi; ma, non c'è dubbio che dobbiamo puntare decisamente ad un incremento della produttività e della competitività del nostro Paese, che ci consenta di puntare al raggiungimento del saldo attivo della bilancia commerciale come traino dello sviluppo.

Tutto questo non può prescindere dal riavvio sostanzioso degli investimenti.

Chi può dare i soldi per gli investimenti quando "il cavallo non mangia e non beve"?

Un'impostazione  Keynesiana  dice che, in questi casi, è la volontà politica, espressa attraverso la spesa pubblica, che può rompere l'"impasse" e far ripartire il ciclo economico; ma, sappiamo bene che, in queste condizioni di mercato, l'Italia non ha la possibilità di richiedere un'ulteriore dilatazione del proprio debito pubblico.

Un altro modo di pensare ritiene  che la crescita ripartirà quando si saranno create le nuove condizioni strutturali di convenienza e di profitto .

Un'altra possibilità, che un futuro schieramento di governo, in particolare a guida PD dovrebbe invece considerare, è quella di dare allo Stato un ruolo comunque propulsivo per spezzare il cerchio della recessione.

Nel caso italiano, con strumenti non direttamente finanziari, ma organizzativi, procedurali e progettuali,   offrendo invece i capitali necessari tramite il sistema bancario, opportunamente stimolato al finanziamento delle iniziative più valide , secondo i parametri del controllo della rischiosità. . Bisognerebbe ad esempio individuare 10 progetti trainanti nei settori di punta per rilanciare il nostro Paese; magari, utilizzando la filosofia del project financing, in cui lo Stato non dovrebbe mettere direttamente i mezzi finanziari, ma semmai partecipare alla progettualità e garantire le facilitazioni giuridiche e organizzative necessarie per il rapido decollo delle iniziative. I ricavi garantiranno  l'incasso necessario a ripagare l'investimento. Progetti  da realizzare con un ruolo attivo del Ministero dello Sviluppo Economico, della politica, delle associazioni imprenditoriali  nell'individuazione  dei settori dove intervenire e nella progettualità, offrendo poi ad un pool di banche  sia il compito di recuperare le fonti di finanziamento sia di valutare la fattibilità e la sostenibilità del progetto. Il Project financing è la forma ideale da utilizzare  perché chiede all'imprenditore privato il compito di realizzare e gestire il progetto  sostenendone i costi , valutati congrui, e ottenendo, tramite i ricavi, i mezzi adeguati per il rimborso dei finanziamenti. E' chiaro che l'attrazione del capitale privato nei progetti ha bisogno di termini di convenienza e, considerando il carattere di stimolo dell'intera economia  che l'attuazione del progetto realizzerebbe, si possono  ipotizzare forme di esenzione fiscale sugli utili prodotti per i primi dieci anni in modo da consentire un'agevole rimborso dei finanziamenti, sostenere altrettanto facilmente il costo del debito e realizzare quindi importanti profitti.

Le Banche avrebbero tutto l'interesse di entrare nell'affare perché sarebbero salvaguardati i due criteri fondamentali di valutazione del rischio:

1)     la valutazione del progetto , la sua sostenibilità e fattibilità

2)      l'affidabilità degli investitori  che in questo caso per la complessità e importanza  non potrebbero che essere fra i leaders nazionali ed esteri.

Gli investitori dovrebbero essere attratti dal'esenzione fiscale per i primi dieci anni, dal regime privilegiato delle autorizzazioni  necessarie alla realizzazione, dalle competenze a disposizione, dalla disponibilità delle banche al finanziamento, dall'indicazione puntuale e controllata dei ricavi presunti.

Tutto questo  darebbe una spinta importante a tutta la nostra economia.

C'è da copiare , mettendo insieme la lezione cinese con la nostra tradizione occidentale e l'insegnamento del new deal.

Le banche non possono né devono fare gli imprenditori; ma, se realizzassimo quel circolo virtuoso fra competenze, finanziatori e imprenditori,   su sollecitazione dello Stato, avremmo quadrato il cerchio.Come anticipatori dei capitali necessari. le banche verrebbero, di fatto, a svolgere la funzione di traino della crescita, coinvolte in un processo cui hanno solo deciso di partecipare per pura convenienza..Gli imprenditori si troverebbero nella condizione ideale per cercare di essere azionisti del progetto in cui  finita la fase della realizzazione e del rimborso avrebbero dei profitti   importanti.

Il Paese, nella sua espressione politica e governativa , godrebbe della realizzazione di progetti , di cui sarebbe parte attiva nella progettazione, vitali per lo sviluppo dei settori individuati e di cui non potrebbe che apprezzare l'utilità.

 

 

 

 

venerdì 13 luglio 2012

Vigilanza democratica

Mentre si moltiplica l'indifferenza e la protesta contro la politica tradizionale, accusata di fare solo i propri interessi a discapito di quelli della collettività, l'autobus di Grillo acquista passeggeri.

E' un modo diretto di manifestare la propria insoddisfazione senza essere costretti a sposare né un'ideologia né una chiesa. Basta manifestare il proprio dissenso e la propria indignazione additando a giro il colpevole di turno, spesso azzeccandoci.

A tutto questo, molto pericolosamente, si sta aggiungendo, l'individuazione di un nemico esterno, impalpabile, misterioso ma potentissimo al punto da poter decidere della vita dei popoli.

Una volta vengono chiamati "mercati", un'altra "le grandi banche d'affari", un'altra ancora "il dominio della finanza " ecc. I suoi attori poi sono individuati negli organismi internazionali come il FMI, la BCE, l'onnipossente  Goldman Sachs, le riunioni dei capi di governo dei principali paesi europei, il governo tecnico Monti. Tutti a chiedere sacrifici sempre ai più deboli, imponendo ricette prive di una reale verifica democratica. Tutto viene vissuto come un'ingerenza nella vita delle nazioni.

Si presenta pertanto l'altro grande tema politico che, unito alla crisi di credibilità della classe dominante e della rappresentanza politica, può rendere la miscela esplosiva: l'orgoglio nazionale.

Non che non sia un sentimento corretto e da sostenere; ma, prende un aspetto negativo quando viene utilizzato come difesa da un possibile attacco esterno di matrice imprecisata.

La pericolosità di questa situazione è che si basa su di un malessere reale   che trova fondamento in problemi profondamente sentiti dalla popolazione.

Che i partiti siano sconvolti dagli scandali sulla gestione dei fondi pubblici è una realtà!

Che il ricambio della classe dirigente non avvenga è altrettanto vero. Che la politica venga utilizzata spesso per occupare vaste aree della gestione delle imprese pubbliche è ancora più vero ecc. ecc. ecc.

E' altresì vero che la crisi economica finanziaria, che ci sta mettendo in ginocchio, sia stata provocata da un uso allegro della finanza e che le perdite subite da questo settore siano state ripagate dai bilanci degli stati sovrani, ed in ultima analisi dai cittadini.

E' vero anche che le grandi istituzioni finanziarie mondiali continuano ad operare senza un cambiamento complessivo delle regole a cui dovrebbero essere sottoposte.

E' vero che la presenza del progetto Europa pone la necessità di cedere pezzi della sovranità popolare da parte dei paesi che ne fanno parte, in cambio dell'aiuto economico o della complessiva mutualizzazione del debito.

E vero ancora che le conseguenti politiche tese ad imporre i sacrifici necessari per riguadagnare credibilità sui mercati non intervengono con altrettanta efficacia per ridurre la disoccupazione e gli squilibri territoriali.

Tutto questo all'interno di una crisi che sta comportando una revisione dei rapporti interni fra le classi sociali e addirittura fra gli stati sovrani (avvicinati nelle loro interdipendenza dalla crisi e dalla globalizzazione sempre più forte dell'economia) e che porta ad un generale smarrimento dei punti di riferimento complessivi.

Tendono a rivedersi e ripresentarsi copioni che pensavamo superati ma che, alla luce della realtà attuale, acquistano una nuova vita.

E' a fronte di queste paure e di queste proteste che può essere interpretato il successo crescente in tutta Europa della Destra sociale, che riscopre l'orgoglio nazionale come difesa da una globalizzazione che usa spesso dei menu truccati per  una troppo libera circolazione di capitali e di merci prive di necessarie regole che salvaguardino adeguatamente i popoli dallo scambio diseguale e tutelino universalmente condizioni di vita e di lavoro accettabili.

La stessa Destra, all'interno della tutela nazionale dei cittadini (nei confronti di un'immigrazione incontrollata con i problemi conseguenti d'integrazione), scopre poi la sua capacità " sociale", già conosciuta nella storia passata europea con l'affermarsi del fascismo e del nazismo che realizzarono progetti di sostegno popolare.

 Lo Stato Hegeliano, come stato etico, i cui funzionari svolgevano il più alto servizio nei confronti dei cittadini e della "Patria", combattendo sia i privilegi e la corruzione della "plutocrazia" nazionale ed internazionale", sia l'estremismo della sinistra radicale.

D'altra parte, anche la sinistra radicale è oggi fortemente convinta della necessità di rimpossessarsi della democrazia, in un'ottica nazionale, lottando apertamente contro la finanza mondiale, la delocalizzazione ed il liberismo selvaggio che, nel mondo globalizzato, tendono a condurre un attacco coordinato contro le condizioni di vita e di lavoro della classe operaia, con politiche sostanzialmente deflative dei salari, esclusivamente per continuare ad arricchire una minoranza di persone, che detengono la maggioranza dei capitali mondiali.

La questione del ricambio, delle classi dirigenti e della credibilità della " politica", da un lato, e la questione del rapporto dell'Italia con l'Europa, in questo quadro di crisi, acquistano pertanto un effetto decisivo all'interno di quella che si presenta come una lunga campagna elettorale da qui al 2013.

Nonostante la presunta indifferenza, segnalata dai commentatori, sembra invece che le classi dirigenti dei partiti politici avvertano con chiarezza i termini della questione e la posta in gioco.Chi preparandosi a cavalcare lo scontento, chi assumendosi il ruolo della moderazione e della razionalità.

La modifica della legge elettorale potrebbe dare un primo segnale d'attenzione nei confronti di questo diffuso malessere, come sollecita il Presidente Napolitano.

Lo scenario internazionale ovviamente potrà accelerare o peggiorare la situazione e lo scontro politico; ma, come sempre, non ci saranno scorciatoie utili per evitare i problemi.Nel frattempo: vigilanza democratica.

 

 

venerdì 6 luglio 2012

Spending review e crescita

La razionalizzazione della spesa pubblica e dell'Amministrazione è stata definitivamente avviata dal Governo Monti, recependo lamentele e osservazioni che in questi anni erano state sollevate da più parti. Quello che colpisce maggiormente è forse la parte che riguarda il contenimento degli organici, con la riduzione prevista a regime del 20% dei dirigenti e del 10% degli impiegati, utilizzando a questo scopo non solo la dilazione della riforma del regime pensionistico ma anche la possibile messa in mobilità, per la durata di due anni, la riduzione dello stipendio all'80% e la possibilità che, se alla fine del periodo non si sia realizzato il passaggio ad altro settore della P.A., si proceda al licenziamento definitivo.Questo è da evitare!Quando si prende in considerazione la riduzione degli organici, pur necessaria, è sempre preferibile che questa avvenga nella maniera più indolore possibile; magari prevedendo un maggior contributo dell'utente, proporzionale al reddito, sull'utilizzo dei servizi.

Se l'operazione permetterà di evitare l'innalzamento ulteriore dell'IVA e contribuirà a raggiungere l'obiettivo del pareggio di bilancio, pur con le avvertenze indicate,  non potrà che essere condivisa..Quello che appare chiaro è che non si potrà contare su queste disponibilità per finanziare alcun progetto di crescita.

D'altra parte, se l'intera economia mondiale rallenta, come ha recentemente affermato il capo del FMI, Signora Lagarde, e, al suo interno, l'Europa mostra segnali di debolezza, come ha rilevato Mario Draghi, dopo aver ridotto allo 0.75% il tasso di riferimento,c'è poco da stare tranquilli. L'azzeramento del rendimento sui depositi delle Banche presso la BCE e le scelta di creare degli strumenti specifici, con il compito di permettere la ricapitalizzazione del sistema bancario europeo, tendono a spingere verso un ruolo centrale delle Banche nel finanziamento della crescita . Il settore bancario deve ritornare a svolgere la sua funzione essenziale d'anticipatore finanziario dei processi produttivi e degli investimenti.

In Italia, la spesa pubblica non può costituire il volano degli investimenti. La domanda interna è influenzata negativamente dalla riduzione  dei consumi. I dati sull'occupazione giovanile sono pesanti e addirittura spaventosi , se li guardiamo in un'ottica meridionalistica. L'unica strada  ancora percorribile sembra quella delle esportazioni ; ma, dovremmo ,in tempi brevi, essere  capaci di arrivare al pareggio se non al surplus della bilancia commerciale.

E' vero, il mercato europeo è fermo, quello americano non brilla e la stessa crescita dei paesi  del BRICS risente dello stato generale negativo del mercato; tuttavia esistono ampi spazi  e bisogni insoddisfatti  da coprire. Per l'Italia diventa indispensabile  riscoprire il proprio ruolo nel Mediterraneo,  sviluppando la cooperazione ed i commerci con i popoli che vi si affacciano. Abbiamo inoltre da esportare nel mondo  i nostri beni  culturali e naturali sotto forma d'offerta turistica .Abbiamo ancora un ruolo leader in molti settori da rivitalizzare  aumentando la nostra complessiva produttività e competitività.

La scelta Europea è discriminante nei confronti del nostro progetto di politica economica. Non possiamo contare su una svalutazione competitiva della nostra moneta per recuperare quote di mercato e maggiore produttività ; pertanto, dobbiamo puntare sulla complessiva razionalizzazione del nostro sistema economico, combattendo adeguatamente  tutte le situazioni in cui invece prevale la rendita di posizione, il clientelismo, la corruzione . La crescita nazionale all'interno dell'Europa richiede  anche un diverso approccio  nei confronti della cosiddetta "questione meridionale", Stare in Europa significa spezzare il blocco sociale conservatore e parassitario che ha vissuto sulle spalle del lavoro e degli trasferimenti dello Stato, condizionando al sottosviluppo larga parte dei territori del Sud. Dobbiamo utilizzare al pieno la risorsa lavoro spezzando quel cancro sociale rappresentato dalla disoccupazione , specie giovanile

La prima  questione è quella del recupero della produttività del lavoro. Probabilmente si dovrà operare sia sulla riduzione dell'incidenza del costo unitario del lavoro sia sul miglioramento del valore prodotto.Si dovrà probabilmente cominciare a ragionare anche su come procedere sulla strada della riduzione  delle differenze settoriali e territoriali di produttività  e quindi competitività.

La conseguenza di questa divaricazione è stato il sottosviluppo, il ricorso ad un'ampia evasione fiscale necessaria per garantire la sopravvivenza delle imprese, la conseguente accettazione di un comportamento e una mentalità di diffusa illegalità, lo sviluppo di forme d'occupazione lavorativa  orientate verso  settori marginali , spesso controllati dal malaffare, o verso l'impiego pubblico che gode di un trasferimento di risorse da parte dello Stato centrale. Tutto questo non è più compatibile con lo sviluppo della nostra economia all'interno della comunità europea.

Da qui alle prossime elezioni politiche il confronto non potrà evitare di assumere una posizione chiara  e consapevole. rispetto al modello di sviluppo economico e di crescita che intendiamo percorrere.