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martedì 16 dicembre 2014

L'importanza dell'azione pubblica


 
 
I recenti dati sulle esportazioni italiane evidenziano una crescita tendenziale, nei primi dieci mesi dell'anno, di ca. 1,6%, con un risultato positivo della bilancia commerciale che presenta un saldo positivo di oltre 30MM.
Eppure, i dati previsionali dell'andamento del PIL sono invece attestati, nel migliore dei casi, verso una relativa stabilità (0,3%) e non sembra che l'andamento dell'occupazione vada migliorando.Dove finiscono quindi questi 30 miliardi? Probabilmente, in una sostituzione di PIL, che flette nei confronti della domanda interna. Come se non bastasse, i fondi messi a disposizione dalla recente operazione TLTRO della BCE, prenotati per ca. 49 MM dalle Banche italiane (fra la prima e la seconda tranche ) non sembrano ancora decollare e pertanto queste disponibilità non riescono ad essere spese per il rilancio della nostra economia.Aggiungiamo ancora che i fondi strutturali europei, messi a disposizione per il periodo 2014/2020, ammontano a ca. 29MM (senza contare il co-finanziamento dello Stato italiano che potrebbe forse non essere conteggiato nei parametri del debito) e che anche questi sono ben lontani dall' essere utilizzati.
 
Ci troviamo, dunque, in una situazione dove vi sono, di fatto, una serie di risorse, non di poco conto, che non riescono ad essere utilizzate o non producono un effetto positivo sulla crescita del PIL, a causa di una persistente stagnazione della domanda interna del nostro Paese.
Quando gli investimenti privati sono fermi. per mancanza di prospettive, quando i consumi sono fermi, dobbiamo ragionevolmente pensare ad una funzione importante dell'intervento pubblico come stimolatore ed organizzatore di pochi ampi progetti che riescano a produrre investimenti e lavoro ed utilizzare le risorse esistenti, trainando quindi la ripartenza della domanda interna. . Questa condizione sta diventando prioritaria.
A livello europeo, il piano Juncker sembra volersi muovere in una direzione maggiormente espansiva, ma le risorse in campo sono minime.
Anche in questo caso, per comodità d'analisi, il problema può essere logicamente separato in due grandi tronconi :
 1) Come aumentare le disponibilità europee da mettere a disposizione di una politica comunitaria espansiva
2) ancora più importante: come riuscire ad impiegarle subito . Come riuscire, cioè, a far nutrire un cavallo che non mangia e non beve.
La tradizione del pensiero di Keynes suggerisce che in questi casi è la spesa pubblica che deve intervenire, ma si obietta che in Italia la situazione debitoria dello Stato è già eccessiva e che in Europa l'aumento delle disponibilità da investire,( anche se finanziate in prima istanza con una grande operazione di Quantitative Easing della BCE) comporta inevitabilmente un problema di trasferimento inaccettabile di risorse da un paese membro all'altro
Quello che in entrambi i casi diventa essenziale è un ruolo stimolante /organizzativo del settore pubblico, in sinergia con quello privato, per riuscire a spendere le risorse reperite e stimolare la ripartenza della domanda e della crescita.
In Italia c'è chi invece scommette su ipotetiche flat tax e comunque sulla drastica riduzione della spesa pubblica per riempire le tasche dei cittadini e far ripartire i consumi . Queste posizioni sono troppo deboli perché uno dei principali motivi della caduta dei consumi è l'incertezza occupazionale, causata dal declino economico del nostro paese e dal crollo della domanda interna Una riduzione drastica della spesa pubblica potrebbe addirittura peggiorare ulteriormente gli attuali livelli occupazionali ed avere conseguenze negative sul welfare. No, semmai il problema è ridurre lo spreco e la corruzione presente nel rapporto fra il sistema pubblico , la politica e il settore privato e modificare la produttività della spesa oltre che destinare maggiori risorse possibili verso gli ammortizzatori sociali a garanzia della piaga della disoccupazione.
 

giovedì 4 dicembre 2014

I LIMITI DEL PIANO JUNCKER



Juncker ha finalmente fornito maggiori informazioni sul piano di 300MM d'investimenti che dovrebbero rimettere in moto l'economia europea, afflitta da segnali di stagnazione.In realtà, i fondi messi a disposizione del piano sono rivenienti per ca. 14 miliardi da fondi strutturali già impegnati nel bilancio comunitario per il finanziamento dei progetti Horizon ecc. e che sarebbero pertanto dirottati allo scopo. Due miliardi rivengono dalla "riserva" di bilancio e questo sarebbe un aspetto da verificare.Altri cinque miliardi verrebbero messi dalla BEI, il tutto per la costituzione di un Fondo per investimenti FEIS, che dovrebbe, poi, emettere obbligazioni per attrarre ulteriori capitali privati. Il Fondo, opportunamente rinforzato da questi ipotetici capitali, dovrebbe poi intervenire come prestatore di garanzia o con vere e propri finanziamenti diretti nell'erogazione di credito alle imprese, per la realizzazione d'investimenti nelle infrastrutture, banda larga ecc, richiamando ulteriori capitali privati.
L'effetto leva complessivo dei 21 MM iniziali viene calcolato in ca. 15 volte arrivando pertanto a suscitare investimenti per complessivi 315 MM.
La prima questione che lascia perplessi è ipotizzare una leva pari a 15 volte il capitale iniziale posto per la costituzione del Fondo.Non si può pensare che Juncker possa ottenere dal mercato dei capitali i 315 miliardi per finanziare i possibili investimenti. E' più probabile che si pensi ad un effetto leva prodotto dalla concessione di garanzie, da parte del Fondo al sistema bancario, per la concessione di finanziamenti alle imprese. Anche in questo caso bisognerebbe ipotizzare una sottoscrizione delle obbligazioni da parte del mercato per oltre 10 MM, in modo da avere, a disposizione del Fondo, dai 30 a 40 MM da utilizzare per la concessione di garanzie per i finanziamenti alle imprese in maniera similare a come viene fatto in Italia con il Fondo di garanzia per la PMI, con un effetto leva di ca. dieci volte.
L'operazione prospettata da Juncker si somma, nel panorama europeo, a quella già predisposta dalla BCE: "TLTRO " prestiti a mlt   al sistema bancario, con vincolo di destinazione al finanziamento delle attività produttive.  Questa seconda iniziativa, già preannunciata subito dopo l'estate da Draghi, sembra muoversi con estrema lentezza. La prima operazione, avvenuta a settembre è stata di ca. 82 miliardi d'euro. La richiesta prevista per la seconda asta, i cui risultati saranno pubblicati l'11 dicembre, dovrebbe essere di ca. 145 MM. Il totale delle due operazioni sarebbe pertanto di circa la metà dell'importo massimo a disposizione, pari a 400 MM. L'offerta alle imprese dei finanziamenti, con condizioni che dovrebbero essere interessanti, stenta a decollare. La forte percentuale d'insolvenze, già presenti nel portafoglio delle banche, e le difficoltà del mercato stanno scoraggiando sia la domanda delle imprese, sia l'offerta dei finanziamenti, nonostante vi sia l'obbligo del rimborso anticipato alla BCE, entro il 2016, in caso di mancata erogazione. C'è da ricordare ancora che entro fine febbraio 2015 devono essere rimborsati da parte del sistema bancario   circa 287 miliardi d'euro alla BCE relativi alla precedente operazione LTRO. E' pertanto prevedibile che, salvo maggiori e consistenti acquisti di covered bond e Abs da parte della BCE, potremmo assistere ad una stabilizzazione del suo bilancio intorno ai 2000 MM d'attivo, invece dell'aumento ai 3000 MM preventivati.
Tutto questo suscita le seguenti riflessioni:
1) dove sta lo stimolo alla domanda aggregata, la previsione di maggiori ricavi, che può far pensare alle imprese di poter realizzare quei guadagni prospettici tali da consentire un adeguato ritorno sugli investimenti effettuati?
2) perché continuare ad affidare esclusivamente all'iniziativa privata ( all'interno di contenitori molto generici) il compito di realizzare progetti ed investimenti, con un azione a pioggia, quando forse bisognerebbe concentrarsi su pochi grandi ed importanti Project Financing a livello europeo, in una sinergia fra pubblico e privato, volti ricercare una leadership mondiale nei settori più avanzati.?
Uno dei problemi più gravi per le imprese è rappresentato proprio dalla mancanza di fiducia sul ritorno dell'investimento.Non si può giustamente generalizzare; ma è evidente che vi sono seri problemi sia in Italia sia nel mercato europeo, se è vero che vi sono ampi segnali di deflazione. Siamo di fronte ad un problema di debolezza della domanda aggregata.. L'attuale riduzione dei costi dell'energia può costituire uno stimolo ai consumi; ma, da sola; non è sufficiente a far ripartire l'economia europea.
La proposta storica di Friedmann di "buttare soldi dall'elicottero " nei periodi di deflazione è interessante; ma, prevede poi che la spesa sia guidata dalle innumerevoli esigenze del cittadino, con l'inevitabile dispersione connessa.
Se la spesa pubblica dei singoli Stati nazionali è sostanzialmente stabile; se i consumi e gli investimenti privati sono fermi, uno stimolo forte per la ripresa della crescita economica può venire solo grazie ad una rilevante spesa pubblica centrale europea ( almeno 2000 MM finanziati con emissione di bonds sottoscritti sostanzialmente dalla BCE con un'operazione di QE?) come catalizzatore di grandi interventi ( nell'ambito del Piano 2020, in sinergia con i privati) che diano commesse e lavoro in tutta l'area.
La questione non è pertanto uscire dall'euro o restare in una situazione di paralisi propositiva, che aumenta le probabilità di uno scardinamento del processo d'integrazione, ma sollecitare l'intervento politico dei partiti europei perché superino i timori e gli antagonismi nazionali in un'ottica di sviluppo comune.
Che cosa rischiamo? Quali sono le controindicazioni?
In questo momento di deflazione strisciante è probabile che i rischi siano pressoché nulli. E' probabile che l'effetto sul livello dei prezzi possa, anzi, bloccare le tendenze deflative e contenersi entro l'obiettivo programmatico del 2%. E'probabile, inoltre, che vi possa essere un indebolimento del cambio nei confronti del dollaro che, certo, non può dispiacerci, in quanto aumenterebbe la concorrenzialità delle nostre merci. Non vi sarebbe sicuramente l'effetto temuto dalle popolazioni dei paesi più ricchi di dover mettere mano al portafoglio per aiutare i paesi più poveri.
 
 

lunedì 1 dicembre 2014

LE DECISIONI DIFFICILI


La mia impressione è che stiamo per arrivare al punto di non ritorno se la Commissione Europea ed i vari Stati membri non prenderanno entro l'anno 2015 la decisione di adottare politiche di sostegno e svilupo della domanda aggregata con azioni a livello centrale sostenute dalla BCE per importi dai 1000 ai duemila miliardi di euro .Dei tentativi della BCE di dare soldi alle banche destinati alle imprese ( operazione TLTRO) non si vedono ancora i frutti . Voglio sperare che sia una questione di tempi e che almeno questa iniziativa possa trainare tutte le aziende votate all'esportazione che possono avere ancora degli sbocchi sufficienti ad investire .Uno dei problemi più gravi per le imprese italiane  è rappresentato dalla mancanza di fiducia sul ritorno dell'investimento.Non si può giustamente generalizzare; ma è evidente che vi sono seri problemi sia in Italia che nel mercato europeo ,se è vero che siamo in deflazione. Un'Europa che pur sollecitando comportamenti corretti e virtuosi ( riforme strutturali e serietà di bilancio) non riesce a fare politiche espansive di sostegno alla domanda aggregata e d'investimento che i singoli stati non vogliono ( cfr Germania) o non,possono ( Italia , Grecia , ecc per motivi di bilancio ) fare , può essere quasi all'alba di forti tensioni nazionali , sociali ed anche internazionali che possono scardinarla.
 

Quando la gente comune non lavora e non trova un progetto da perseguire, qando aumentano i " nemici" da indicare come colpevoli ( anche a ragione in alcuni casi ) della nostra insicurezza non c'è da stare tranquilli e considerare tutto questo come "inevitabile" se non vogliamo ritrovarci tra qualche anno come coloro che videro passare davanti ai loro occhi chi andava nei campi di concentramento .

 

giovedì 6 novembre 2014

Sistema dei partiti e partecipazione reticolare


 
 
Il rapporto fra cittadini ed istituzioni si è progressivamente modificato, nel corso dell'età moderna, verso una sempre maggiore partecipazione. Ciò, inizialmente, si è accompagnato all'ingresso, all'interno delle istituzioni, dei rappresentanti delle nuove classi economiche emergenti (commercianti, artigiani, produttori) che si erano affermate unicamente grazie alla loro capacità d'essere vincenti all'interno del ciclo economico al di là della loro appartenenza, per nascita, ad un sistema cristallizzato di classi.
 
E' in quel momento che, in tutto il mondo occidentale, si pongono le basi di quella che, ancora oggi, costituisce l'ossatura portante delle nostre istituzioni democratiche: la Camera dei rappresentanti eletti dal popolo e la Carta Costituzionale dei diritti del cittadino
Questo "popolo" rappresentato è, all'inizio, costituito solo da persone appartenenti alla nobiltà ed alla classe economica borghese e non prevede la presenza femminile. La stessa possibilità di partecipare alla scelta dei rappresentanti è limitata dal censo e/o dalla categoria di appartenenza.
E' solo successivamente, in seguito alla profonda trasformazione delle nostre società e con la capacità di organizzazione e di lotta dei ceti popolari, che si arriverà al suffragio universale e all'apertura del voto alle donne.
L'Occidente conoscerà guerre, rivolte, rivoluzioni e grandi movimenti di opinione che troveranno e sperimenteranno, di volta in volta, nuove forme organizzative di partecipazione e sistemi istituzionali.
 Quello che, alla fine, rimarrà il vero veicolo nel rapporto fra cittadini ed istituzioni sarà il sistema dei partiti che consentirà al suo interno lo svolgersi di un percorso di rappresentanza delle varie componenti sociali. Dai mestieri, alle idealità, agli interessi di classe o di genere.
La storia dei partiti è la storia della moderna democrazia. Progressivamente, così come si allargava la possibilità di partecipazione di strati sempre più ampi di popolazione, alla stessa maniera la loro configurazione si è andata trasformando da partiti di quadri a partiti di massa, secondo una classificazione che tra i primi ha utilizzato M. Duverger nel suo libro sui partiti politici dei primi anni cinquanta.
Dice Duverger:
"I partiti di quadri raggruppavano solo qualche migliaio di persone, notabili per situazioni personali o rappresentanti di organizzazioni. I partiti di massa riuniscono centinaia di migliaia di iscritti, a volte milioni. Le dimensioni stesse dell'organizzazione comportano una trasformazione della sua struttura: da gruppi spesso informali, con limiti imprecisi e criteri di adesione scarsamente definiti, si passa a comunità fortemente strutturate. Il numero degli iscritti non è tuttavia il criterio per la definizione dei partiti di massa, malgrado il loro nome. Essenziale è che essi facciano appello alle masse, anche se queste non sempre rispondono, vale a dire che cerchino di raggruppare non solo persone influenti, conosciute e rappresentative, ma tutti i cittadini che accettano di entrare nel partito. "
I partiti sono stati inoltre lo strumento organizzativo, l'istituzione che ha permesso il sopravvivere nel tempo delle idealità espresse dai movimenti collettivi. In ogni periodo storico è sempre esistita una dialettica fra Movimenti ed Istituzioni.
 I Movimenti riuniscono le persone per la realizzazione di un obiettivo e vivono nella condivisione dei contenuti elaborati insieme. Normalmente, presentano le caratteristiche di un "comunismo elementare" e utilizzano forme il più possibile vicine alla democrazia diretta. Il "Movimento" lega le persone che lo compongono anche sul piano affettivo ed, in questo senso, le idee ed i valori sono vissuti con passione, costituendo spesso un'esperienza totalizzante. I Movimenti, tuttavia, non sono eterni. Essi si relazionano in maniera dialettica con le istituzioni, modificandole e modificandosi. Grazie alla forza ideale dei loro partecipanti l'intera società e le istituzioni sono investite da una tale forza di cambiamento da essere costrette a modificarsi per sopravvivere. Allo stesso tempo, il Movimento, per continuare la sua vita nel tempo oltre la fase eccezionale della sua nascita, deve organizzarsi e darsi delle regole che assicurino la sua sopravvivenza in una forma istituzionale, esprimendo, allo stesso tempo, le diversità ideologiche presenti al suo interno. Da questa motivazione nascono i partiti politici che rappresentano le diversità ideologiche o di visione presenti in un Movimento.
In questo senso, nei tempi moderni, vi è stata una continua e complessa dialettica fra Movimenti collettivi e partiti politici. Il Movimento Operaio è stato quello che forse ha influenzato maggiormente la nascita e la vita dei partiti di massa moderni. Il radicamento nella classe operaia è stato il fondamento di alcuni partiti come quello comunista o socialista; ma, allo stesso tempo, altrettanta importanza ha avuto la componente ideologico/culturale nella loro diversificazione.
 Nel corso della loro vita, le organizzazioni di partito sono state spesso investite dalla presenza di nuovi Movimenti collettivi che hanno posto nuove esigenze e richieste di partecipazione attiva. Di volta in volta, pertanto, si è sviluppata una profonda dialettica che ha modificato sia l'organizzazione sia la classe dirigente dei partiti stessi.
 Esiste ancora un'altra particolarità di ogni organizzazione cui non sfugge neanche il sistema dei partiti: la tendenza all' "autoconservazione" che è un'esigenza legittima e fondante dell'esistenza del partito; ma che, spesso, si traduce nell'immobilità del suo gruppo dirigente. Peggio ancora, la struttura organizzativa interna viene in qualche modo piegata all'esigenza di manipolare i propri iscritti, piegarli alle direttive definite dai dirigenti, senza un effettivo controllo né partecipazione alla loro definizione da parte dei suoi membri, con il perpetuarsi della classe dirigente attraverso il metodo della cooptazione.
Quando questo si verifica, il sistema dei partiti viene vissuto dalla cittadinanza e dai suoi iscritti come un corpo   separato ed impermeabile.
 Essendo poi l'unico veicolo istituzionale della rappresentanza politica, i partiti s'impossessano, di fatto, delle istituzioni dello Stato e facilmente anche della direzione della sua struttura burocratica ed economica.
La politica, che correttamente deve dare all'intero sistema sociale i suoi obiettivi, rischia pertanto di essere il frutto di un pensiero oligarchico che, nel migliore dei casi, utilizza degli strumenti plebiscitari per verificare il consenso delle sue proposte e utilizza dei tecnici per predisporle.
Questa situazione produce inevitabilmente un inaridimento della vitalità del sistema politico con scarsa presenza d'innovazione e dell' utilizzo delle conoscenze diffuse della popolazione. Anche quando, correttamente, le istituzioni statali cercano un dialogo con le associazioni e le esperienze di "cittadinanza attiva", senza la visione complessiva della politica e, soprattutto, senza che questa sia espressione della democrazia partecipativa dei cittadini all'interno di partiti, questo processo rimane alla fine elitario e privo di una progettualità ampia e condivisa.
 In sostanza, un'interruzione della democrazia all'interno del processo di formazione delle decisioni.
La sensazione che il cittadino non potesse influire sulle scelte strategiche riguardanti il proprio destino fu espressa con chiarezza proprio nella culla delle società avanzate occidentali: gli Stati Uniti d'America, all'inizio degli anni '60. Il fatto che,  in anticipio sugli altri paesi occidentali, questi temi fossero sviluppati proprio negli USA potrebbe essere una conseguenza proprio della mancanza di partiti  con una tradizione culturale socialista che, in qualche modo, invece  in Europa, mantenevano un forte rapporto fra iscritti e classe dirigente , all'interno dell'obbligato ruolo di opposizione al sistema capitalistico.
Il manifesto di Port Huron espresse con chiarezza questo disagio che fu alla base della nascita della " Nuova sinistra" e dei movimenti collettivi degli anni 60 negli USA.
La richiesta di partecipazione attiva dei cittadini dilagò poi anche in Europa, alla fine degli anni '60,  con l'affermazione dei movimenti collettivi degli studenti e di quelli operai.
 L'"assemblea " nelle scuole e nelle fabbriche fu identificata come il luogo dove doveva essere espresso non solo il disagio specifico per la propria condizione di studio o di lavoro, ma anche il confronto fra diverse visioni sociali. Un luogo privilegiato di dibattito  dove i quadri dei  sindacati e dei partiti  dovevano accettare il confronto politico e propositivo con la base operaia e studentesca.
Quando i Movimenti perdono la loro energia costitutiva, le loro idee e l'innovazione prodotta rimangono ancora vive nella misura in cui le istituzioni sociali ne sono state modificate o ne hanno assorbito, in qualche modo, l'insegnamento.
Questa è una continua dialettica presente anche nel nostro tempo.
La richiesta di partecipazione del cittadino, al processo decisionale riguardante il proprio destino ha trovato, in questi ultimi anni, dei nuovi strumenti tecnologici che gli permettono di accedere all'informazione ed all'approfondimento dei problemi con rapidità e facilità ed a superare il problema della distanza fisica: "La Rete internet".
La Rete ha permesso una continua interazione intellettuale ed ideale fra i suoi utilizzatori, la socializzazione delle esperienze, il confronto, anche conflittuale, fra le idee che genera innovazione, la possibilità di un utilizzo collettivo delle competenze.
Il superamento della fisicità dell'incontro ha permesso uno scambio di esperienze fra persone di paesi diversi in tempi rapidi, facilitando un'effettiva globalizzazione dei contenuti e delle esigenze.
E' naturale che da tutto questo sia scaturita una maggiore richiesta di partecipazione attiva della popolazione alle scelte politiche economiche e culturali del Paese in cui vive.
Abbiamo visto nascere esperienze di movimento e di protesta direttamente sulla Rete, con uno sbocco successivo organizzativo fisico nelle piazze. Molti Leaders carismatici hanno poi utilizzato questi strumenti per avere costantemente un'enorme platea digitale.
D'altra parte, la possibilità di partecipazione in Rete d'ogni singolo membro, l'"assemblearismo" e la democrazia diretta sono spesso considerati l'unico strumento possibile d'organizzazione.
C'è tuttavia da chiedersi se, nel rapporto duraturo con le istituzioni dello Stato e con il sistema dei partiti, non sia inevitabile superare l'assemblearismo e le forme di democrazia diretta, almeno per accoppiargli dei diversi livelli d'approfondimento, consentire la presentazione e il consolidamento dei diversi punti di vista, di programmi differenti e/o contrastanti, predisporre momenti di delega rappresentativa, necessari proprio per portare avanti gli obiettivi comuni.
Creare insomma nuovi e diversi livelli organizzativi.
 Non è forse necessario prevedere, all'interno della partecipazione, il momento della delega e vari livelli, sempre più complessi, nella formazione delle idee e nell'assunzione di responsabilità?
Il fatto che siano facilmente superabili le difficoltà di partecipazione, connesse con il tempo definito, lo spazio, l'informazione o la distanza, e che quindi sia possibile, organizzare, consultare o decidere insieme su alcune questioni, non toglie il fatto che si debba riconoscere, allo stesso tempo, una differenza di cultura, d'esperienza di vita, di passione, di coraggio, di saggezza ecc. esistenti fra le persone, che da un lato permettono ad alcuni di assumersi responsabilità maggiori e dall'altro gli fanno ottenere la fiducia da parte degli altri, che gli delegano delle funzioni.
 Un processo di delega e di rappresentanza, pertanto, di maggiore qualità e trasparenza che parte realmente da una base diversamente organizzata.
Tutto questo, all'interno di una nuova realtà che offre maggiori possibilità di controllo, trasparenza e verifica da parte di una base attiva e partecipante.
Su cosa quindi può fondarsi la delega?
Sulla fiducia che una persona ha saputo guadagnarsi nella guida di un gruppo di cui si è assunto progressivamente la responsabilità e da cui ha ottenuto la fiducia. Informandosi su tutto quello che non conosce, chiedendo aiuto tecnico e sottoponendolo al parere ed all'intelligenza comune, dedicandosi al bene del gruppo ed avendo il coraggio di prendere decisioni difficili. In questo percorso di responsabilità può avvenire la crescita e la formazione della classe dirigente.
Bisogna pertanto che il sistema dei partiti utilizzi le possibilità di partecipazione democratica offerte dall'utilizzo della Rete e che successivamente offra strumenti organizzativi adeguati per formare, attraverso un cammino di maggiore responsabilità, per vari livelli, la formazione ed il ricambio della classe dirigente.
Il PD è stato tra i primi a comprendere queste possibilità, quando immaginò che i circoli di base potevano essere costituiti sia online, sia sul territorio o sul luogo di lavoro.
I circoli online, in particolare, potevano soddisfare, in maniera organizzata, la partecipazione attiva del cittadino, al di là della sua collocazione territoriale o lavorativa, permettendogli di confrontarsi sui temi generali della società italiana.
Accanto a questa tipologia organizzativa, c'è tuttavia anche la possibilità di creare una nuova piattaforma, basata sullo scambio " reticolare " d'esperienze, che consenta alla struttura dirigente del partito d'interagire in tempo reale con i suoi elettori ed iscritti, oltre che con le associazioni ed i gruppi che a lei si riferiscono. Ci sono milioni d'elettori che potrebbero trovare, in questa modalità, una possibilità più agile e snella per dare il proprio contributo.Un luogo di discussione e di lavoro per i singoli cittadini, associazioni, gruppi, Circoli territoriali ed online, intellettuali e personalità politiche del partito. Una piazza virtuale, parte di quel processo di mobilitazione dell'intelligenza collettiva e di quella verifica delle idee che costituiscono un valore aggiunto all'interno di qualsiasi organizzazione.
La peculiarità di una struttura di questo tipo sarebbe la mancanza di una caratterizzazione politica legata a questa o quella corrente. Questa piattaforma potrebbe essere un luogo di confronto, uno spazio che assicuri la presenza e la rappresentazione delle diverse anime del partito.
Quali potrebbero essere le sue principali attività?
a)La prima potrebbe essere quella di rendere effettivamente funzionanti ed aperti i forum tematici presenti all'interno del sito del PD.
b)La seconda iniziativa potrebbe essere quella di realizzare uno spazio libero, ma opportunamente moderato, dedicato all'attualità politica e/o anche alla cultura. Vi dovrebbe essere collegato uno spazio dedicato alla possibile apertura di blogs personali, i cui articoli più interessanti potrebbero essere messi in evidenza.
Se su questi spunti si potrebbe immaginare l'esistenza di una piazza libera e sostanzialmente estemporanea d'espressione, l'utilizzo dei circoli online risponderebbe invece all'esigenza di un maggiore approfondimento dei temi, dello sviluppo dell'iniziativa politica e del percorso di responsabilità che coincide con quello di formazione della classe dirigente.
C'è chi pensa che, per la sua natura, non vi possa essere che un unico circolo online nazionale e che non avrebbero senso possibili duplicati. Se concettualmente il discorso può sembrare ineccepibile, tuttavia, non superare un certo numero di partecipanti ad un circolo, potrebbe favorire l'espressione del singolo. E' invece nel coordinamento dei diversi gruppi, nati anche con modalità diverse, che può formarsi una completa sintesi e rappresentanza.
Un altro punto interessante è capire se sia utile o meno che un circolo online possa avere delle sezioni territoriali o locali. Non sembra esistano delle reali controindicazioni. Anche nel caso di lavoro nel territorio, in concomitanza con le organizzazioni locali del partito, il risultato non potrebbe che costituire un'esperienza positiva per tutti.
Abbiamo visto che i circoli territoriali hanno cercato la possibilità di esprimersi anche sul web per cercare un più ampio contatto e discussione con i propri iscritti. Il processo di rappresentanza di questi Circoli continua per vari livelli territoriali, sino all'Assemblea nazionale ed alla Direzione. Questo percorso diretto è negato invece sia ai Circoli online sia a quelli di settore /lavoro. Viene anzi specificato che: "il membro di un circolo online deve esprimere l'esercizio del suo diritto di rappresentanza indicando il Circolo territoriale dove intende esercitarlo".
Questo deve essere cambiato.
 Bisogna riconoscere l'originalità dei Circoli online e di quelli settoriali e dar loro opportuni percorsi rappresentativi.
Si ritiene quindi che, senza limitare eccessivamente la nascita dei Circoli online, debba esserci, invece, una maggiore attenzione per la formazione di un Coordinamento degli stessi, all'interno di cui si possano eleggere democraticamente dei rappresentanti per l'Assemblea Nazionale, stabilendo inoltre un contatto continuativo e diretto con un responsabile scelto all'interno della Direzione Nazionale
Concludendo, si ritiene che i Circoli online possano costituire una parte della risposta organizzativa ad un modello di democrazia partecipativa all'interno dei partiti moderni.
 
 
 
 
 
 
 

giovedì 30 ottobre 2014

Un nuovo pilastro per la cultura progressista


 
 
Lo scontro presente oggi fra le due anime del PD, sembra continuare quella grande trasformazione della sinistra italiana cominciata molti anni fa con la svolta della " Bolognina" e mai forse completamente compiuta.
Occhetto, che ne fu all'epoca l'attore principale, venne in qualche modo accantonato e successivamente si ripropose in maniera strisciante un dualismo culturale incarnato dal contrasto fra D'Alema e Veltroni.
Successivamente, è stato l'Ulivo di Romano Prodi a raccogliere la sfida di rappresentare, in un modo nuovo, il movimento progressista italiano. Cercando addirittura di unire in un unico gruppo le istanze sociali cristiane e la cultura della tradizione socialista del movimento operaio. Dall'esperienza dell'Ulivo è nato il PD, che, forse, ha avuto il torto di nascere da un'operazione elitaria, più che da un movimento di base.
Al suo interno, si sono mantenute quelle differenze d'opinione che sono sicuramente una ricchezza; ma che, allo stesso tempo, rappresentano un limite nel momento in cui costituiscono una sorta di silenzio e d'accomodamento sulle problematicità della strategia generale del movimento.
Questioni come il ruolo dell'impresa, della libera iniziativa, dello Stato nell'economia, delle associazioni datoriali, sindacali e dei partiti nei confronti della rappresentanza e delle istituzioni richiedono una precisazione dei contenuti che può e deve essere una ricchezza condivisa e su cui è importante confrontarsi.
.La stessa concezione del plusvalore e dell'alienazione, patrimonio della cultura marxista, richiederebbero un ampio dibattito ed una divulgazione dello stesso, tale da porre le basi per una rivoluzione culturale all'interno della sinistra tradizionale.
In ogni modo, oggi ci troviamo a rendere esplicite differenze, prospettive, proposte che tuttavia hanno un riscontro vivo sulla carne e la vita delle persone. Riscontro acuito dalla pesante situazione di crisi economica che viviamo.
Il problema generale della nostra società è recuperare efficienza e produttività nel rispetto delle condizioni di vita sociale del lavoratore. Assicurare la migliore allocazione delle risorse umane verso gli impieghi più produttivi, mantenendo la sicurezza delle condizioni di vita e di lavoro del singolo cittadino lavoratore
Questa è una delle principali sfide che l'intera società italiana e l'area progressista nel suo insieme si trovano ad affrontare e che oggi riguarda, in prima battuta, i lavoratori del settore privato; ma, presto o tardi, investirà della sua problematicità anche quelli del settore pubblico.  Si passa, come molti studiosi del settore ripetono, dalla proprietà del proprio posto di lavoro alla tutela della sicurezza dell'occupazione, anche prevedendo passaggi da una posizione lavorativa all'altra. Si poteva immaginare che questo avvenisse in maniera concertata; attraverso un ruolo attivo delle associazioni datoriali e sindacali; ma, è praticamente impossibile. Bisogna assegnare al mercato ed all'incontro fra la domanda ed offerta di lavoro questo obiettivo, con il sostegno adeguato del lavoratore nei periodi di disoccupazione.
E' questa la vera sfida su cui il movimento progressista è chiamato a dare risposte ed assicurazioni ai lavoratori che intende rappresentare.La qualità del nuovo corso è tutta da verificare attraverso la costruzione del secondo pilastro della " flexsecurity": la sicurezza dell'occupazione di " quel" lavoratore. Si può pensare di poter cambiare lavoro, nel corso della vita lavorativa, ma attraverso processi e con ammortizzatori sociali che permettano ai lavoratori una seria continuità occupazionale e degne condizioni di vita. Questo è oggi essere di sinistra: pretendere la migliore allocazione delle risorse umane verso gli impieghi più produttivi, ma allo stesso tempo pretendere la continuità delle condizioni di vita e di lavoro di " quel " lavoratore.
Allo stesso tempo è necessario capire e sostenere la priorità del lavoro e della produzione sulla rendita e, quindi, operare per la riduzione del prevalere delle ricchezze accumulate e della sproporzione dei redditi sulla libera iniziativa, in modo da assicurare le condizioni ottimali per l'affermazione della meritocrazia e delle pari opportunità.
Sono necessari adeguati ammortizzatori sociali per il sostegno del lavoro.Quest'obiettivo è paragonabile, per portata storica, a quella che fu la richiesta della pensione di vecchiaia, nel secolo scorso.
Le risorse possono venire strategicamente da una maggiore progressività fiscale sui redditi. Questa scelta ha ormai con evidenza la funzione, nelle società moderne, non solo di recuperare preziose risorse in maniera stabile; ma, di scoraggiare e di rendere quasi poco conveniente l'eccessivo divario, oggi presente, nella distribuzione della ricchezza prodotta.
Su questo punto centrale si misureranno gli orientamenti e si svilupperà la dialettica dentro il PD e nella società tutta. Su questo tema l'intera sinistra italiana può trovare uno dei pilastri su cui costruire la sua nuova cultura.
 
 
 

martedì 30 settembre 2014

Le modifiche dell'art.18 ed il ruolo del Sindacato

Il dibattito sul "Jobs act" rischia di concentrarsi sull'art. 18 dello Statuto dei lavoratori, come se fosse in gioco la garanzia contro le possibili discriminazioni nei confronti dei lavoratori.
Come se questo fosse il reale obiettivo delle parti in campo e ci fosse veramente qualcuno interessato ad eliminare le garanzie offerte al lavoratore contro gli abusi della discriminazione, sancite, del resto, anche dal dettato costituzionale.
D'altra parte, si ha spesso la sensazione che il reale obiettivo di una parte dei commentatori e d'alcuni esponenti delle associazioni imprenditoriali, sia quello di ottenere, attraverso lo scardinamento dell'art. 18, le condizioni per portare avanti quella svalutazione interna del costo del lavoro che, nell'impossibilità di operare sul valore della moneta, sembra costituire, a giudizio di questi, l'ultima spiaggia   per arrivare ad una ripresa della competitività delle nostre aziende e dell'occupazione
 
Sicuramente, avere a disposizione una risorsa lavoro poco costosa è uno stimolo ad acquisirla.
Allo stesso modo, un imprenditore si preoccuperà sempre di poter disporre di risorse finanziarie a buon prezzo, di non avere troppi adempimenti e regole burocratiche da rispettare, perché rappresenterebbero un costo forse troppo elevato da sopportare, di avere le conoscenze, le strutture necessarie ed i macchinari opportuni per svolgere la propria attività.
Le domande fondamentali che, tuttavia, qualsiasi investitore si pone sono:
1) c'è un mercato favorevole all'attività che intendo portare avanti?
E ancora
2)quali sono le attività che hanno più possibilità di successo nel mercato in cui opero?
3) chi sono i miei possibili concorrenti ?
3) qual è il mix ottimale di qualità/prezzo che devo proporre?
 
A questo punto, la scelta del punto in cui collocarsi, all'interno della catena del valore e della divisione internazionale del lavoro, diventa centrale. Moltissimi paesi hanno puntato su di un bassissimo costo della manodopera senza risultati accettabili; anzi, con fasi storiche in cui sistematicamente il divario verso paesi più sviluppati si è allargato.
E' quindi certamente importante il costo della risorsa umana e di tutti gli altri fattori di produzione; ma, mettendolo in rapporto alla merce od al servizio d'alta qualità che vogliamo proporre.
Tutto questo, puntando sul fatto che la nostra merce sia nella posizione più favorevole possibile all'interno del rapporto internazionale di scambio con altri prodotti/servizi.
Essere al centro dei settori strategici è la condizione che può consentire, infatti, una crescita stabile e duratura delle condizioni di vita e dell'occupazione; dove la ricerca e l'innovazione svolgono un ruolo centrale e dove, per essere vincenti nel mercato, occorre realizzare un mix virtuoso fra miglior prodotto/servizio e miglior prezzo.
 
Qui, il ventaglio d'opzioni diventa enorme e le scelte sono essenzialmente di natura politica.
Dove vogliamo posizionarci? Quale ruolo vogliamo occupare all'interno dell'attuale divisione internazionale del lavoro? Che passi dobbiamo fare ?
 
Su questi argomenti e sul ruolo del "coraggio " e dell'"intelligenza"d'impresa   suggerisco la lettura del bell'articolo di R. Prodi dal titolo " cercasi angeli con coraggio e senso del futuro"apparso sul Messaggero del 28 settembre c.a.
Ma, torniamo al dibattito sull'art. 18, sulla possibilità del licenziamento economico, sugli ammortizzatori sociali ed il contratto di ricollocamento.
Mi sembra che il punto centrale del dibattito non sia quello di affermare se sia giusto o no che il lavoratore abbia una tutela contro la discriminazione che lo reintegri nel posto di lavoro. Questo è condiviso da chiunque.
La questione che penso interessi maggiormente al mondo dell'impresa è un'altra: evitare che la protezione offerta dall'art. 18 interferisca sulla normale gestione della risorsa umana e sulle procedure dei licenziamenti per motivi economici e disciplinari.
Per quanto riguarda i motivi disciplinari, penso che si possa trovare facilmente un accordo sull'eventuale condanna ad un risarcimento economico, senza la necessità di richiedere il reintegro come nel caso della discriminazione.
Sulle conseguenze che una modifica delle norme contenute nell'art. 18 (eliminando il reintegro in caso di licenziamento economico e disciplinare) comporterebbe, rispetto al processo del licenziamento collettivo, mi sembra che la principale potrebbe essere quella di costringere il Sindacato ad assumere un ruolo completamente diverso.
In presenza di un contratto di lavoro che non prevede, nella sua struttura logica, l'indissolubilità del rapporto, l'azione sindacale non può più essere concentrata sulla difesa esclusiva dell'attuale posizione di lavoro o dell'accompagnamento del lavoratore (in caso di chiusura dell'azienda o nell'impossibilità condivisa dell'utilizzazione di tutti i lavoratori in esubero), attraverso vari ammortizzatori sociali, sino al traguardo della pensione.
Il futuro del sindacato diventa invece ormai con chiarezza quello di:
a)      assumere un ruolo di cogestione della vita aziendale ( dei suoi momenti di sviluppo e di ristrutturazione), operando per l'utilizzo più produttivo della risorsa umana e per la sua valorizzazione con la necessaria flessibilità( i contratti di secondo livello, gli interventi sulla migliore utilizzazione degli impianti ecc. vanno in questa direzione)
b)      contribuire alla costituzione e gestione di una grande fondo del lavoro che funzioni sia come ammortizzatore sociale dei disoccupati, sia come gestore dei processi di ricollocamento nel lavoro degli stessi verso impieghi più produttivi. In sostanza una partecipazione dei lavoratori e delle aziende, insieme alla fiscalità generale, per ottenere le risorse necessarie alla creazione d'ammortizzatori sociali sufficienti allo scopo ed un intervento attivo nei processi di ricollocamento ( sia come controllori dell'efficacia sia con possibile intervento diretto nella creazione di centri per l'impiego)
 
Questo mi sembra il senso della svolta in atto rappresentata dallo "Jobs act".
Un ulteriore aspetto proposto alla riflessione comune è poi quello relativo al problema del demansionamento.
Anche questo mi sembra un argomento che affronta aspetti considerati quasi intoccabili.
Da un lato non si può non essere d'accordo sulla necessaria tutela dell'esperienza acquisita, della professionalità ed anche dei diritti d'anzianità e di carriera raggiunti, oltre che dei corrispettivi economici conseguenti. Dall'altro, ognuno di noi ha esperienza della possibile rendita di posizione che, inevitabilmente, si tende ad assumere dopo aver conquistato, all'interno della struttura lavorativa, una posizione di potere o dell'obsolescenza d'alcune professionalità, non in grado di aggiornarsi o ancora della tendenza a risparmiare le proprie forze, ormai soddisfatti della carriera raggiunta. In poche parole: " il sedersi".
Personalmente, non vedo particolari controindicazioni teoriche sul possibile demansionamento; tuttavia, poiché le sue conseguenze investono persone in carne ed ossa, esigenze, storie e profili professionali, ritengo che si debba anche tenere in dovuto conto il rispetto della persona che si ha di fronte sia dal punto di vista professionale che relativamente ai corrispettivi economici. Non si può pertanto ipotizzare   un demansionamento che comporti la discesa di più di un livello professionale di carriera, nell'arco di un periodo di tempo sufficientemente lungo ( tra i cinque e i dieci anni). Dal punto di vista economico invece non si dovrebbe procedere ad alcuna riduzione dello stipendio. Si dovrebbe considerare il corrispettivo come un " ad personam".
Questo concetto, per poter essere praticato, ha bisogno tuttavia di una variazione contemporanea della struttura dei corrispettivi, con un diverso rapporto, rispetto ad oggi, fra una parte fissa ed una parte variabile legata al conseguimento degli obiettivi/ risultati. Se, in sostanza, la parte variabile della retribuzione avesse un peso significativo (ca. 25/30%) non sarebbe indifferente per il lavoratore produrre una prestazione adeguata ad ottenerla e pertanto, pur non penalizzato nella parte fissa, le minori opportunità di ottenere una parte variabile significativa (da legare alla mansione ricoperta) lo motiverebbero ad evitare un possibile demansionamento.
Per concludere, mi sembra che la svolta introdotta dallo "Jobs act" rappresenti un mutamento significativo verso un sistema che coniughi la richiesta di una maggiore produttività del sistema alla flessibilità della forza lavoro, pur nella sicurezza della continuità del reddito e delle condizioni di vita del lavoratore.
E' una sfida che non può risolversi con un semplice decreto; ma, comporta l'adeguamento delle mentalità, dell'atteggiamento delle associazioni datoriali e dei lavoratori, oltre ad un diverso utilizzo degli ammortizzatori sociali.
E' sufficiente per una ripresa dell'occupazione ?No! Non credo.
E' una delle condizioni necessarie ma non sufficienti.Tante altre variabili devono entrare in gioco.
 
 

venerdì 25 luglio 2014

PD e democrazia partecipativa





 
Molti di noi sostengono che le possibilità offerte dalla rete non sostituiscono il processo elementare di delega democratica. La democrazia diretta non solo non è possibile a tutti livelli; ma, non è neanche utile ed efficace quando la stessa base riconosce la necessità di affidare ad un gruppo dirigente dei compiti diversi e più complessi.. Detto questo, tuttavia, non possiamo dimenticare che la tecnologia ci permette di migliorare il rapporto di partecipazione del cittadino alla vita politica.

Per il momento non mi butterei nel sentiero tortuoso dell'immaginazione di altre strutture istituzionali permeate dal WEB

Tornerei invece a qualcosa a noi più vicino e di cui stiamo già vivendo l'esperienza: l'utilizzo della Rete all'interno dei partiti.

Il PD è stato tra i primi a comprenderne le possibilità quando immaginò che i circoli di base potevano essere costituiti online, sul territorio o sul lavoro.Abbiamo visto che i circoli territoriali hanno cercato la possibilità di esprimersi anche sul web per cercare un più ampio contatto e discussione con i propri iscritti. Il processo di rappresentanza di questi Circoli continua per vari livelli territoriali, ma con modalità che favoriscono le "correnti" rispetto alla rappresentatività delle strutture di base. Dai Circoli territoriali si arriva comunque per vari passaggi sino all'Assemblea nazionale ed alla Direzione. Questo percorso diretto è negato invece sia ai Circoli online che a quelli di settore /lavoro. Viene anzi specificato che: il membro di un circolo online deve esprimere l'esercizio del suo diritto di rappresentanza indicando il Circolo territoriale dove intende esercitarlo.

Questo deve essere cambiato. Bisogna riconoscere l'originalità dei Circoli online e di quelli settoriali e dar loro opportuni percorsi rappresentativi.

Quello che a questo punto va discusso è il senso originale dei Circoli online, la loro possibile dimensione, il legame o meno con il territorio.

C'è chi pensa che, per la sua propria natura, non vi possa essere che un unico circolo online nazionale e che non avrebbero senso possibili duplicati. Se concettualmente il discorso può sembrare ineccepibile, tuttavia, penso che non superare un certo numero di partecipanti ad un circolo favorisca l'espressione del singolo. E' invece nel coordinamento dei diversi gruppi, nati anche con modalità diverse, che può formarsi una completa sintesi e rappresentanza. Penso quindi che, senza limitare o disciplinare eccessivamente la nascita dei circoli online, debba esserci,invece, una maggiore organizzazione nella formazione del Coordinamento degli stessi Circoli per creare un organismo nazionale valido per le esigenze del partito e all'interno del quale si possano poi individuare dei rappresentanti per l'Assemblea Nazionale.

Un altro punto che vorrei trattare è se sia utile o meno che un circolo online possa avere delle sezioni territoriali o locali. Non vedo in tal caso una reale controindicazione. Anche nel caso di lavoro nel territorio, in concomitanza con le organizzazioni locali del partito, il risultato non potrebbe che costituire un'esperienza positiva per tutti.

L'ultima questione che desidero affrontare è quella delle aree tematiche e dei forum di discussione nazionale per argomenti. Bisognerebbe valorizzarle opportunamente in una dialettica continua con le strutture organizzative ed i singoli militanti ,facendoli diventare dei veri cantieri di lavoro e di sostegno all'azione politica. Affidando responsabilità e contenuti organizzativi adeguati a tutti i livelli (uno staff tecnico aperto e diffuso che, tuttavia, non rinuncia ad indicare dei responsabili e delle guide capaci di individuare i punti fermi venuti fuori dal dibattito)

Concludendo, penso che i circoli online possano contribuire ad  essere una parte della risposta organizzativa a quello che può essere un modello di democrazia partecipativa all'interno dei partiti moderni.

Ritengo che il prossimo passo sia: costruire il processo che porta al Coordinamento dei Circoli online.

 

 


 

domenica 20 luglio 2014

ESPORTAZIONI E CRESCITA


 
La dinamica della bilancia commerciale   continua ad avere un andamento positivo. Il saldo delle partite commerciali, già attivo per tutto il 2013, continua ad essere soddisfacente anche, secondo i dati riportati da ISTAT, fino a tutto maggio 2014. In questo mese, il saldo commerciale è positivo (+3,7 miliardi) e si rileva una crescita delle esportazioni  rispetto al mese precedente del 2,2%. In particolare, si ha un saldo positivo sia nei confronti dei paesi extra Ue (+2,5 miliardi), sia con quelli Ue (+1,2 miliardi); mentre, i paesi verso cui si è avuto il maggior incremento delle esportazioni sono stati: Belgio (+16,9%), paesi EDA (+12,8%), Cina (+8,9%), Stati Uniti (+7,7%) e Germania (+5,5%).
Vi è stato, in particolare, un aumento delle vendite d'articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici verso il Belgio, di macchinari e apparecchi n.c.a. verso paesi EDA e Stati Uniti, di metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti, verso la Germania e d'autoveicoli verso gli Stati Uniti.
Riportiamo qui di seguito, per maggiore facilità di comprensione, una tabella riepilogativa dell'andamento delle esportazioni, importazioni e saldi della bilancia commerciale per settore d'attività economica (dati ISTAT)
           
Tabella 1 - Esportazioni, importazioni e saldi della bilancia commerciale, per settore di attività economica.
Maggio 2014
SETTORI DI ATTIVITÀ ECONOMICA
ESPORTAZIONI
IMPORTAZIONI
SALDI
Quote % (a)
Variazioni %
Quote % (a)
Variazioni %
Milioni di euro
Mag. 14
Gen.-Mag.14
Mag. 14
Gen.-Mag.14
 
 
Mag. 13
Gen.-Mag.13
Mag. 13
Gen.-Mag.13
Mag. 14
Gen.-Mag.14
A Prodotti dell'agricoltura, della silvicoltura e della pesca
1,5
-9,2
-2,1
3,5
-2,6
-0,1
-681
-2.833
B Prodotti dell'estrazione di minerali da cave e miniere
0,3
-6,9
2,1
16,5
-1,8
-16,5
-4.436
-20.542
    061 Petrolio greggio
0,1
-48,4
-17,6
9,7
10,8
-13,7
-2.819
-12.294
   062 Gas naturale
0,0
-12,0
-20,0
5,6
-17,2
-22,2
-1.410
-6.950
C Prodotti delle attività manifatturiere
95,8
0,5
1,6
76,6
1,4
0,3
9.111
39.129
CA Prodotti alimentari, bevande e tabacco
7,0
0,3
2,3
7,8
1,8
3,6
-134
-563
CB Prodotti tessili e dell'abbigliamento, pelli e accessori
11,5
1,4
4,6
7,4
6,6
6,6
1.574
7.297
    13  Prodotti tessili
2,4
-2,4
3,8
1,7
2,6
6,7
396
1.302
   14 Articoli di abbigliamento (anche in pelle e in pelliccia)
4,6
5,1
5,1
3,2
8,1
7,1
440
2.306
    15 Articoli in pelle (escluso abbigliamento) e simili
4,6
0,9
4,6
2,5
8,1
6,0
738
3.688
CC Legno e prodotti in legno; carta e stampa
2,0
0,9
3,6
2,6
0,7
2,3
-125
-614
    16 Legno e prodotti in legno e sughero (esclusi i mobili); articoli in paglia e materiali da intreccio
0,4
-2,0
5,5
0,8
7,5
8,4
-134
-618
    17+18 Carta e prodotti di carta; prodotti della stampa e della riproduzione di supporti registrati
1,6
1,6
3,2
1,8
-2,3
-0,4
9
3
CD Coke e prodotti petroliferi raffinati
4,2
-18,2
-14,6
3,4
7,6
-13,8
201
1.550
CE Sostanze e prodotti chimici
6,5
-0,8
0,6
9,6
-5,4
-3,4
-810
-3.999
CF Articoli farmaceutici, chimico medicinali e botanici
5,0
2,6
1,2
5,7
-9,8
-7,6
-28
-105
CG Articoli in gomma e materie plastiche, altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi
6,0
0,6
3,6
3,3
1,2
5,8
1.100
4.936
   22 Articoli in gomma
3,6
-0,9
3,2
2,4
-0,5
4,2
512
2.392
   23 Altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi
2,4
2,9
4,2
0,9
5,9
10,1
588
2.544
CH Metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti
11,7
0,4
-4,5
9,8
0,7
-2,5
871
3.613
CI Computer, apparecchi elettronici e ottici
3,1
-0,8
-5,1
6,2
-2,1
-5,7
-836
-4.003
CJ Apparecchi elettrici
5,2
-0,9
2,5
3,6
0,8
4,0
610
2.849
CK Macchine ed apparecchi n.c.a.
18,4
2,2
4,5
6,2
3,2
4,8
4.496
20.134
CL Mezzi di trasporto
9,5
2,6
6,2
8,2
11,9
5,1
1.112
3.354
291 Autoveicoli
3,5
5,6
11,2
5,1
19,8
11,3
-656
-2.383
292+293+30 Mezzi di trasporto (esclusi autoveicoli)
6,0
1,2
3,4
3,1
-1,6
-4,7
1.768
5.738
CM Prodotti delle altre attività manifatturiere
5,6
5,0
5,8
2,9
7,6
8,1
1.080
4.680
31 Mobili
2,1
0,9
2,8
0,4
5,9
7,6
604
2.723
32 Articoli sportivi, giochi, preziosi, strum. musicali e medici e altri prodotti n.c.a.
3,5
7,5
7,7
2,5
8,0
8,2
476
1.956
D Energia elettrica, gas, vapore e aria             condizionata (c)
0,1
-37,5
-63,5
0,6
-17,4
-23,3
-104
-741
E Prodotti delle attività di trattamento dei rifiuti e risanamento
0,4
-16,3
-21,7
1,3
1,3
-0,1
-304
-1.448
Altri prodotti n.c.a.
1,9
-6,0
-4,8
1,5
15,8
15,1
89
503
TOTALE
100,0
0,2
1,3
100,0
0,9
-2,5
3.676
14.070
 
 
 
 
Come si può osservare i maggiori incrementi del periodo risultano per le vendite d'articoli sportivi, giochi e preziosi (+7,5%), d'autoveicoli (+5,6%) e d'articoli d'abbigliamento (+5,1%). Se invece cerchiamo di osservare i dati dal punto di vista della composizione   interna delle nostre esportazioni possiamo notare come i settori principali siano:
-(CB) Prodotti tessili e dell'abbigliamento, pelli e accessori (11,5% del totale esportazioni).Presentano un incremento del 1,4% fra mag. 2013 e mag. 2014 ed un saldo positivo nel mese di maggio di 7,2 miliardi
-(CK) Macchine ed apparecchi nca (18,4%), incremento 2,2% mag13/mag14 saldo 20,1 miliardi
-(CL) Mezzi di trasporto (9,5%) incremento 2,6 % mag13/mag14 saldo 3,3 miliardi.Ildato è positivo nonostante il saldo negativo del settore autoveicoli.

- (CE+CF) art. farmaceutici e chimici (che insieme fanno ca. l'11,5%) ma presentano un incremento minimo ed un saldo negativo di ca 4 miliardi
-(CG) Articoli in gomma e materie plastiche, altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi (6%) incremento 0,6% mag13/mag 14 ,saldo 4,9 miliardi.
-(CH) Metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti ( 11,7%)  incremento 0,4% mag13/mag14 , saldo 3,6miliardi
-(CM) Prodotti delle altre attività manifatturiere( comprendente mobili , articoli sportivi , giochi , preziosi ecc) (5,6%) incremento 5% mag 13/mg14 saldo 4,6miliardi
Guardando questi dati ,la prima osservazione che possiamo fare è  che, nonostante il perdurare della crisi economica ,  dall'anno scorso la nostra bilancia commerciale è in attivo e,quest'anno , da gennaio a maggio, è stato consolidato un saldo  positivo per  ca. 14 miliardi. Al saldo positivo della bilancia commerciale per il 2013  si è aggiunto  il saldo attivo della differenza fra crediti e debiti relativa al settore  viaggi internazionali per turismo pari a  ca. 13 miliardi .
La seconda osservazione  è che il tasso di crescita delle nostre esportazioni, pur positivo, appare tuttavia modesto  anche rispetto al volume di sviluppo  dei mercati mondiali di  riferimento , Vi è quindi probabilmente un problema di complessiva competitività del nostro sistema economico. Ad esempio, i dati relativi all'indice di competitività basati sui prezzi alla produzione di  manufatti, presentati dalla Banca d'Italia all'interno dell'ultimo bollettino statistico, indicano una nostra distanza dai paesi  come Francia , Germania,Regno Unito , Stati uniti , Giappone , Corea del sud, Cina  che, fatto base 100 nel 1999, presentano tutti un miglioramento sotto quel parametro; mentre, noi peggioriamo,  portandoci a 102.
La terza osservazione  è che la composizione delle nostre  importazioni ed esportazioni lascia perplessi . Ci si chiede infatti cosa succederebbe in occasione di una ripresa significativa della domanda interna. Se ,in sostanza , il buon risultato della bilancia commerciale non sia frutto più della crisi del nostro potere d'acquisto che della nostra capacità di essere globalmente competitivi .
Appare  infatti come su troppi settori,  molto sensibili ad un aumento della domanda interna, siamo in una posizione di debolezza. Ad esempio, nei primi cinque mesi dell'anno, il saldo  relativo agli autoveicoli è stato negativo di 2,3miliardi e quello di (CI) Computer, apparecchi elettronici e ottici di ca. 4 miliardi. Il peso maggiormente negativo è stato quello relativo al settore Prodotti dell'estrazione di minerali da cave e miniere, comprendente  petrolio greggio e gas naturale  che presenta  un saldo negativo complessivo di 20,5miliardi. Altro punto negativo  è dato dal saldo di 1,4 miliardi relativo al trattamento rifiuti. Negativo anche il saldo  relativo ai prodotti alimentari . I prodotti dell'agricoltura, della silvicoltura e della pesca presentano un saldo negativo di 2,8 miliardi ; mentre i prodotti alimentari e tabacco presentano un saldo negativo di 563 milioni.Anche la nostra chimica sembra in difficoltà ed il saldo delle sostanze e prodotti chimici è negativo per  3,9miliardi.
Dovremmo pensare pertanto ad una ripresa della nostra economia con una maggiore presenza in questi settori ,guidata dalla ricerca e dall'innovazione oltre che da un'attenzione mirata a ridurre il peso della nostra dipendenza energetica dall'estero.
Se è dunque auspicabile l'obiettivo di mantenere in equilibrio nel tempo i nostri conti commerciali con l'estero per arrivare anche all'equilibrio della bilancia dei pagamenti sembra invece  più difficile , aumentare nel breve periodo , il surplus in nostro favore .. Si possono forse ottenere risultati maggiori potenziando la nostra complessiva competitività  riducendo pertanto la dipendenza dall'estero nei settori dei beni di consumo durevoli , nell'area energetica e potenziando ulteriormente il saldo già positivo ( ca. 13.MM a maggio 2014)  dei viaggi internazionali per turismo puntando  sullo sfruttamento commerciale del nostro patrimonio culturale e paesaggistico.
Non è certamente  sufficiente  solo una riduzione del costo del lavoro tout court; ma, sarà necessario un forte innalzamento del livello di ricerca ed innovazione del nostro paese, che incrementi in maniera significativa la produttività.La ripresa della nostra economia appare lenta e necessariamente fondata sulla mobilitazione di tutte le risorse  ( umane , tecnologiche e di capitale),sulla ripresa della domanda interna (che non si tramuti in uno squilibrio della bilancia commerciale e dei pagamenti) e sullo sviluppo delle nostre esportazioni .
In una situazione come quella della moneta unica non abbiamo neanche la possibilità di attestarci su di un equilibrio al ribasso, utilizzando la svalutazione monetaria per migliorare la nostra competitività interna ed esterna.
La svalutazione interna non è la soluzione e inoltre non può riguardare solo il lavoro operaio ma deve essere accompagnata da un'ampia redistribuzione delle ricchezze che consenta di non smobilizzare lo  Stato sociale ma semmai di cambiarlo rafforzandolo e consentendogli inoltre di dare un impulso formidabile al sistema educativo . alla ricerca e l'innovazione; oltre che al sostegno degli ammortizzatori sociali.Dobbiamo sostenere comunque il lavoro delle nuove generazioni : Le risorse immediate allo scopo possono venire solo da una redistribuzione delle ricchezze realizzata grazie allo strumento fiscale . E'  necessaria una maggiore progressività sui redditi ( includendovi anche quelli rivenienti dalla rendita immobiliare o finanziaria): ed  un attacco forte allo stock del debito pubblico con possibile contemporanea dismissione  del patrimonio ( si possono immaginare delle obbligazioni convertibili in quote di patrimonio pubblico, con sottoscrizione obbligatoria?).
L'obiettivo principe  è  quello d'incrementare la nostra competitività sia sul mercato interno che estero. Guai a tralasciare questo aspetto . La crescita e l'occupazione nascono da questa capacità. .