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mercoledì 29 aprile 2015

DANZA SOTTO LE STELLE




E' uno dei quadri a cui sono più affezionato ,realizzato nei primi anni settanta.
Vi è in esso la potenza del desiderio, la sensazione della bellezza e della felicità della vita rappresentata dalla danza , dal cielo stellato , dalla luna e dalle onde del mare .
Tutti motivi ricorrenti nella mia visione della bellezza.
Come posso dimenticare le stelle di una notte a Malta in cui a diciannove anni, dopo aver lasciato a casa una ragazza, in attesa di prendere il bus che da Rabat mi avrebbe riportato a La Valletta , andai a visitare la citta vecchia "la Medina" nel suo silenzio e le sue luci. Dopo,m'inoltrai in un sentiero di campagna illuminato solo dal chiarore delle stelle , mentre dentro di me sentivo la bellezza della gioventù . Quelle stesse stelle sul mare di Psili Amnos in una notte a Samos o sul mare di Acitrezza. Le ho dipinte una ad una cercando di presentarle nella loro estrema varietà di grandezza e di luminosità insieme ad una luna sotto la cui luce danza quella donna oggetto del mio desiderio.
Le linee forza delle braccia sfuggono verso i lati estremi del quadro nella indefinita rappresentazione del movimento e dell'espansione del corpo nell'ambiente che l'avvolge .
Così ancora i riflessi della luce della luna sui capelli e sulle onde del mare.
Ho già parlato troppo . Gustatevelo in silenzio.
 
 

sabato 25 aprile 2015

LE CHANT DES PARTISANS


 
Ascoltai per la prima volta quest'inno, questa canzone partigiana, dalle labbra di una ragazza belga ,d'origine italiana, che me la cantò durante una notte in treno.
Eravamo in uno scompartimento a cuccette, di seconda classe, di un treno, proveniente dalla Francia che arrivava fino in Calabria.  Io ero con un mio amico di ritorno da Montecarlo, dove eravamo stati qualche giorno, ed eravamo diretti a Roma, per assistere al Festival dell'Unità.
Erano i primi anni '70.
In quello scompartimento, oltre a noi due, c'era quella ragazza, suo fratello ed una signora anziana, mi sembra di nazionalità inglese.
Come succede sempre in quelle occasioni, non si aveva sonno e l'interesse a conoscere nuove persone era prevalente.
La ragazza era appassionata di teatro. Recitava con altri giovani in una piccola compagnia ed abitava, mi sembra, a Bruges. Con il fratello, di qualche anno più piccolo, era diretta a Sapri, bella località di mare della Calabria, dove sarebbe rimasta   per un periodo di vacanza a casa di lontani parenti.
 
 
 (nella fotografia  Nancy Wake eroina della resistenza francese)
Mentre aggiustavamo le cuccette, ci mettemmo a parlare ed aiutammo l'anziana signora inglese a sistemarsi in una cuccetta bassa, per lei più comoda, che le avevamo ceduta in cambio.
La signora era una donna veramente gradevole ed interessante. Era piena di curiosità e voleva sapere tutto di noi. Ci raccontò che, alla sua età, la più gran passione era viaggiare. Era, infatti, diretta in Egitto per realizzare il suo sogno di vedere le piramidi e fare un giro a dorso di un cammello. In cuor nostro ognuno l'adottò come una cara nonnina da cui prendere insegnamento. Dopo un po', il treno stava per arrivare a Genova, quando scoprimmo che nessuno dei nostri compagni di viaggio c'era mai stato. Il treno avrebbe fatto una fermata di quindici minuti e proponemmo ai nostri nuovi amici di approfittare di quel tempo, per scendere di corsa dal treno ed uscire almeno dalla stazione per mettere piede nella piazza antistante e poter affermare quindi che eravamo stati anche per un attimo a Genova.
Così fu deciso , mentre la signora anziana ci augurava una buona visita a Genova e c'informava che, nel frattempo, avrebbe cercato di prendere sonno.
Di corsa, ponemmo in atto il nostro piano e con una soddisfazione da bambini ci stringemmo le mani nella piazza antistante la stazione di Genova, felici del nostro successo.
Senza perdere un attimo, tornammo poi di corsa al treno e ansimanti, ma soddisfatti, salutammo l'anziana signora che, ad occhi chiusi, ci sorrise.
Ci mettemmo così nel piccolo corridoio della carrozza ,chiudendo la porta dello scompartimento per non disturbare il riposo della signora, e ,seduti per terra, cominciammo a raccontarci di noi. Scoprimmo le nostre comuni passioni politiche, il movimento studentesco, la tradizione popolare, le canzoni e gli spettacoli.
 Le raccontai che nelle riunioni fra amici, capitava spesso di cantare, accompagnati dalla chitarra, le canzoni popolari e di lotta e le chiedemmo se conosceva Bella Ciao.
Lei ci rispose di si, ma, a sua volta ci chiese se conoscevamo l'inno dei partigiani francesi e così lo cantò.
 
"
Ami, entends-tu le vol noir des corbeaux sur nos plaines
Ami, entends-tu les cris sourds du pays qu'on enchaîne
Ohé, partisans, ouvriers et paysans c'est l'alarme
Ce soir l'ennemi connaîtra le prix du sang et des larmes...
                                   2
Montez de la mine, descendez des collines, camarades,
Sortez de la paille les fusils, la mitraille, les grenades,
Ohé, les tueurs, à vos armes et vos couteaux, tirez vite,
Ohé, saboteurs, attention à ton fardeau, dynamite..
                                   3
C'est nous qui brisons les barreaux des prisons pour nos frères
La haine à nos trousses et la faim qui nous pousse, la misère
II y a des pays où les gens au creux des lits font des rêves
Ici, nous, vois-tu, nous on marche, nous on tue ou on crève.
                                   4
Ici, chacun sait ce qu'il veut, ce qu'il fait quand il passe
Ami, si tu tombes, un ami sort de l'ombre à ta place,
Demain du sang noir séchera au grand soleil sur nos routes
Chantez, compagnons, dans la nuit la liberté nous écoute...
                                   5
Ami, entends-tu les cris sourds du pays qu'on enchaîne
Ami, entends-tu le vol noir du corbeau sur la plaine
 
 
 
 
 
 
 
 

lunedì 20 aprile 2015

CIAO ...come ti chiami?

Questa è una riflessione personale sulla situazione dei movimenti migratori nel Mediterraneo. Il fenomeno è inarrestabile ed è legato alla speranza di miglioramento che è davanti agli occhi di queste migliaia di persone.

 I loro luoghi d'origine sono aree di fuga per tanti motivi: la violenza, la guerra, la fame, l'oppressione, l'arretratezza.

 Essi, probabilmente, pensano che i tempi della riscossa sono molto lunghi ed egemonizzati da chi vuole, comunque, uno scontro a fuoco con l'Occidente, reo di tutti i mali.

Chi dialoga con i paesi avanzati, e cerca di portare la modernizzazione, sa di doversi scontrare prima o poi con l'ala oltranzista e violenta. In tutto questo, qualcuno pensa di fare da solo e di guardare a quell'Occidente, solo a poche miglia marine, dove, forse, c'è una nuova possibilità.

E noi cosa facciamo? Noi cosa vogliamo?

L'Europa è una delle aree più ricche e più vecchie del mondo dove, nei paesi del sud in crisi, c'è poco spazio pure per i giovani.

 L'Europa è chiusa a tutela dei propri privilegi. Meritati o no, non è questo il punto. La questione è che non ha più intenzione di mettersi in gioco.

Non vuole farlo al suo interno dove, pur di mantenere per ognuno la sovranità nazionale e pur di non rischiare un deprezzamento del valore dei propri risparmi, non è disposta a mettere in comune neanche il proprio avvenire. Badate bene, non il passato, ma l'avvenire, lasciando comunque prevalere il merito e le capacità, in un quadro di solidarietà per gli ultimi.

Figuriamoci se è disposta ad aprire le sue frontiere!?!

 Lo ha fatto allargandosi ad est per motivi politici ed economici, di cui hanno usufruito alcuni più di altri.

Ma il sud!?!

Mettersi in gioco e rischiare di perdere quello che si è accuratamente messo da parte, per una massa di gente ignorante e magari portatrice di valori e fedi inconciliabili con le nostre, è veramente folle!

 E poi perché?

Che vantaggi ne avremmo?  Avremmo solo svantaggi.

L'ingresso di una massa enorme di personale poco qualificato farebbe crollare i salari e le garanzie degli attuali lavoratori dei settori a più alta concentrazione di lavoro ed, in ogni caso, farebbe da calmiere su tutto il marcato del lavoro, riducendo i nostri livelli di vita. Certo, sarebbe anche possibile operare una profonda ristrutturazione dei divari salariali, riducendoli notevolmente, e cercare di aumentare la ricchezza complessiva grazie a questa iniezione d'energia; ma, l'impatto immediato sarebbe comunque forte.

Il Welfare? Potremmo pensare di mantenere gli attuali livelli? No, forse dovremmo limitarli solo a più incapienti ed aprire il loro utilizzo agli immigrati gradualmente.

Ed il nostro modo di vivere? Sarebbe sicuramente contaminato. Saremmo costretti ad incontrare gusti, usanze, convinzioni, valori forse per molti versi insopportabili. Eppure, la storia dell'antropologia e dell'innovazione culturale c'informa che tutte le civiltà maggiori e tutte le innovazioni culturali sono il frutto della contaminazione fra culture diverse.

Perderemmo i vantaggi del nostro mondo? Sì, ma, forse, se fosse rispettato e mantenuto il principio della meritocrazia e della libera iniziativa, nel quadro della solidarietà e dell'equità, potremmo sperare di accettare il confronto, emergere, se ne abbiamo le capacità, ed essere premiati. Forse, un premio meno offensivo, nella differenza con gli ultimi, di quelli attuali; ma, sempre, un premio importante.

E poi, probabilmente, la nostra Europa potrebbe diventare un'area di civiltà, pace e progresso, capace di essere presa ad esempio dagli altri popoli sia del Mediterraneo, sia d'altre parti del mondo.

 Perché no?

 Sicuramente, anche un'area più ricca! Con scambi culturali e commerciali nel Mediterraneo, capaci di mettere all'angolo i fautori della guerra santa e delle nuove crociate.

Pensavo a queste cose quando riflettevo sul fatto che, qualche ora prima, la mia prima reazione era stata quella di dire basta all'immigrazione clandestina, basta ai trafficanti dei nuovi schiavi, basta ai morti, lasciateci vivere in pace.

Poi, pian piano, ascoltando e guardando queste persone e noi, i nostri figli, i nostri nipoti mi sono chiesto: qual è la nostra responsabilità?

 Se cioè possiamo pensare di ergere dei muri per proteggerci o rischiare il confronto; ma, soprattutto quale possa essere il costo umano del costruire dei muri.

Il costo è altissimo ed ha il sapore dell'incomprensione, della violenza e della guerra. Ha il sapore dell'isolamento, della vecchiaia e della morte. Non certo della vita, che cerca sempre nuovi spazi ed esperienze con cui misurarsi.

Chiederei ai potenti d'Europa: riunitevi ed aprite il nostro mondo a questa gente. Aprite l'immigrazione a patto di accettare di essere sottoposti, alla frontiera, ad una nuova identificazione in base a queste semplici informazioni: fotografia, impronte digitali, gruppo sanguigno, DNA.

A questo punto gli direi: entrate e circolate liberamente per l'Europa.