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domenica 25 ottobre 2015

Le trasformazioni sociali chiedono un mutamento culturale della politica

All'interno della nostra società occidentale i partiti tradizionali caratterizzati da una forte componente ideologica o religiosa sono entrati in crisi.

Molti ritengono che, in assenza di visioni globali del sociale e non esistendo più reali diversità tra un partito e l'altro, la politica tenda ad affidarsi maggiormente al personalismo ed i partiti si trasformino in veri e propri comitati elettorali.

In molti casi questo è vero; ma, ritengo sia interessante fare un passo indietro e cercare di ragionare sul modo in cui si sviluppano e crescono le aggregazioni politiche e ideali. Diciamo che, osservando il passato che ci ha preceduto, possiamo notare come l'evolversi della storia sia caratterizzato da continui momenti di cambiamento e di riorganizzazione sociale che danno luogo al mutamento dei comportamenti, dei valori aggreganti, delle stesse classi sociali.

Ci sono momenti di passaggio e di cambiamento delle nostre società in cui si formano nuove aggregazioni fra le persone in base ad ideali e obiettivi comuni, che danno luogo a quelli che possiamo definire dei "movimenti". Movimenti che possono essere caratterizzati da obiettivi limitati o territorialmente definiti ma che possono invece essere sempre più complessi e totalizzanti.

Queste realtà sociali; "i movimenti" hanno spesso forme organizzative interne e processi di formazione della classe dirigente simili e particolari a prescindere dai periodi e dalle situazioni in cui nascono. . Peculiari della loro natura di " movimento"

Si da molto spazio alla partecipazione ed alla democrazia diretta, tentando di ridurre il più possibile la delega. Le strutture dirigenti sono abbastanza elastiche e soggette ad un continuo ricambio. La classe dirigente è formata generalmente dalle persone che riescono, in qualche modo, a sintetizzare le idee e gli obiettivi espressi dai componenti del movimento e si distinguono nella capacità di portarle avanti. Vi è la tendenza a mettere in comune le disponibilità economiche.Vi sono vincoli affettivi importanti fra i componenti del movimento, una sorta di fratellanza.

Quello che qualunque movimento è costretto, tuttavia, a fare, per continuare ad esistere, è confrontarsi con le Istituzioni esistenti e darsi analogamente un'organizzazione che gli consenta di mantenere le proprie istanze nel tempo. Quando, gradatamente, il movimento si trasforma in organizzazione comincia a cambiare anche la sua struttura interna. Si cristallizzano ruoli e comportamenti. E'probabile che in relazione anche ai nuovi obiettivi ideali e politici possa modificare radicalmente le modalità di reclutamento dei suoi componenti, i percorsi di formazione della classe dirigente, il rapporto con le istituzioni e con i cittadini cui fa riferimento. Diminuiscono i vincoli di fratellanza per dar posto a relazioni di carattere razionale e basate sulla necesssità e l'utilità.

Queste organizzazioni, successivamente, possono entrare in crisi profonde quando i loro ideali e la loro stessa cultura  fondativa vengono superate dai processi di trasformazione della società in cui operano. Quando non riescono, per la loro rigidità, a trasformarsi, seguendo ed assorbendo le nuove istanze sociali presenti. Quando si modifica anche la composizione del loro gruppo sociale o la classe di riferimento.

Per concludere questo breve excursus, la mia sensazione è che tanto maggiore è la rilevanza del "personalismo", tanto minore è la qualità, la complessità e l'elaborazione politica ed ideale del partito di cui fanno parte, oltre che la sua aderenza alla realtà che lo circonda.

 

Troppo presto la crisi delle ideologie ha fatto gridare alla fine dei partiti senza trovare adeguati sostituti. Non c'è dubbio che siamo in presenza di grandi cambiamenti ideali, culturali e sociali che richiedono un nuovo modo di guardare i problemi sociali ed una rimodulazione culturale.

Le sfide ed i problemi delle nostre società richiedono, tuttavia, lo steso impegno e la stessa mobilitazione dei tempi che ci hanno preceduto. I periodi di cambiamento sono di solito contrassegnati da una grande libertà ideale; ma, anche, da un grande disorientamento.

Mi trovo ad esempio ad osservare la solitudine culturale ed ideale in cui crescono generalmente le nuove generazioni. Salvo rari casi positivi, la maggior parte di loro non conosce più quel percorso sociale formativo che una volta era costituito dalle semplici forme sociali associative come poteva essere la parrocchia, la sezione giovanile del partito , le associazioni sportive ed altro in cui oltre ad essere luoghi d'incontro per i giovani si svolgeva anche un processo di confronto e di crescita culturale ed ideale.

Molti, partendo dalla realtà dei media e della rete, ritengono che il mondo dell'associazionismo e dei partiti sia sostanzialmente finito . Al suo posto, ritengono, prevalga il protagonismo personale, dimenticando la lezione weberiana del leader, che nasce e si sviluppa in un processo d'interpretazione e sintesi del gruppo di riferimento cui appartiene, oggi spesso più largo di quello immediatamente fisico (cfr internet e televisione) che lo circonda.

La formazione del leader è pertanto, a mio parere, figlia del gruppo di riferimento , delle motivazioni ed esigenze di questo e degli ideali e della cultura storica che utilizza per portarlo avanti. Fattori che inevitabilmente lo costringono a confrontarsi con le forme istituzionali ed organizzative esistenti storicamente. Solo se questo processo viene spezzato, si può parlare dell'affermarsi di processi di corruzione e di personalismi che non hanno niente a che vedere con il ruolo politico che si era promesso di assumere.

Noi stessi parliamo con fastidio del personale politico che sentiamo diverso dal passato e di cui avvertiamo la distanza personale ed ideale.

Sono sintomi forse di una crisi culturale e politica legata alla trasformazione delle nostre società? Questa è la mia impressione.

 

 

 

 

martedì 13 ottobre 2015

Onore a Khaled

di Laura Sgaravatto e Giuseppe Ardizzone

Palmira, nome greco dell'originale Tadmor (palma) in aramaico, si trova in un'oasi a 240 km a nord-est di Damasco e 200 km a sud-ovest del fiume Eufrate, soprannominata "Sposa del deserto", è stata per molto tempo incrocio di culture e punto di riferimento in quanto snodo commerciale di importanza strategica per viaggiatori, commercianti, mercanti che attraversavano il deserto siriaco-arabo seguendo la Via della Seta.

Per la sua unicità, bellezza, importanza dal punto di vista archeologico è stata dichiarata Patrimonio dell'umanità dall'UNESCO nel 1980 e dal 2013 è stata inserita nella lista dei patrimoni in pericolo.

Dalla "bellezza" delle immagini dei monumenti di Palmira si giunge all'attualità che lega il sito ad un tema doloroso e "orribile".
Orribile il tentativo della sua distruzione da parte dell'ISIS.
Orribile la decapitazione del suo maggiore studioso di fama mondiale, Khaled al-Asaad (1932-2015).
L'archeologo dal 1963 e per quarant'anni è stato direttore del museo e del sito di Palmira. Dal 2003 se ne occupava in qualità di consulente di Dipartimento dei Musei e delle Antichità e là si trovava al momento della sua occupazione da parte dei combattenti dell'ISIS. Consapevole del grave pericolo che correva non ha rinunciato fino all'ultimo a presidiare e mettere in salvo i reperti più preziosi di Palmira, rifiutandosi, secondo quanto riportato da "The Guardian", di fornire informazioni ai terroristi su dove fossero nascoste molte opere d'arte. Rapito a metà luglio e torturato, Asaad è stato ucciso il 18 agosto 2015 sulla piazza di fronte al Museo della città nuova di Palmira, Tadmor e il corpo decapitato è stato esposto al pubblico con appeso un cartello riportante scritto il nome della vittima con l'aggiunta "apostata e partigiano del regime sciita" del presidente Bashar al-Assad; sotto il nome, cinque capi d'imputazione:
"rappresentante della Siria nelle conferenze della blasfemia";
"direttore delle statue archeologiche di Palmira";
"ha visitato l'Iran partecipando alla festa per la vittoria della rivoluzione di Khomeini", fondatore della   Repubblica islamica iraniana di confessione sciita;
si leggono poi altre due accuse che riguardano "legami" della vittima con esponenti del regime di Damasco.
La distruzione dei monumenti, la decapitazione di Khaled e le sue motivazioni possono sembrare ai nostri occhi e alla nostra cultura inspiegabili, incomprensibili.
 Cosa può generare tanto odio?
Perché distruggere parti di un patrimonio comune dell'intera umanità?
Guarda caso (ma non è un caso) l'orribile ha bisogno di distruggere la bellezza per affermare la vittoria dell'odio sull'amore. La morte sulla vita.
La bellezza è la strada, la scorciatoia che la natura ha offerto al nostro cuore per superare la paura e, attraverso l'amore che suscita, arrivare al coraggio che ci fa amare la vita; ma, la paura, può portare a vedere in tutto, anche in noi stessi, un nemico che ci mette in pericolo.
L'angoscia insopportabile che questo ci fa provare, ci porta poi a desiderare di eliminarlo.
La vittoria della paura è la morte della vita.
Si può pensare che questo processo mentale riguardi solo poche persone: i terroristi, ma si può anche pensare che sia l'atteggiamento prevalente in ciascuno di noi, contro cui lottare strenuamente. La violenza è la risposta di chi non sa trovare altro modo per avere "ragione", è debolezza di chi non sa amare, di chi è vittima di una cultura che non apprezza il dissenso, la libertà di espressione.
La violenza distrugge l'umanità (popoli, il pianeta...) per questo dobbiamo trovare in noi la capacità di rinunciare ad essa, cercando di porre  rimedio alle ingiustizie in altro modo.
Ecco perché nel nostro cuore avevamo assegnato il Nobel a Khaled.
 Il premio per la pace 2015 è stato assegnato al Quartetto per il Dialogo in Tunisia  composto da  Wided Bouchamaoui, presidente del sindacato patronale Utica, Houcine Abassi, segretario generale del sindacato dei lavoratori, Abdessattar ben Moussa, presidente della lega dei diritti umani, Mohamed Fadhel Mahmoud, presidente dell'associazione degli avvocati (Reuters  )e  noi auguriamo loro di continuare nel processo di democratizzazione del loro Paese.