lunedì 5 dicembre 2016
Un NO non basta
lunedì 28 novembre 2016
ADDIO FIDEL
giovedì 17 novembre 2016
Un piano nazionale del lavoro
Per i migranti questo può rappresentare anche il percorso per l'ottenimento della cittadinanza italiana .Dopo tre anni di lavoro sociale ed il giuramento sulla carta costituzionale è giusto che possano diventare cittadini italiani.
sabato 12 novembre 2016
La vittoria di Trump e la risposta della sinistra
domenica 30 ottobre 2016
Un'opportunità di lavoro per tutti
La risposta ai fenomeni della migrazione e della disoccupazione di massa, nuove piaghe delle nostre società, non può che essere l'utilizzo di queste risorse da parte dell'Amministrazione dello Stato in grandi progetti che utilizzino queste persone per produrre ricchezza.
Un investimento sul futuro che deve e può essere ripagato dai frutti del lavoro.
Penso a progetti riguardanti l'edilizia popolare e le infrastrutture, comprese le grandi centrali fotovoltaicche come quella recentemente realizzata in Marocco, il ripopolamento delle campagne e la messa in produzione di terreni demaniali incolti, l'assistenza, l'ulteriore messa a profitto delle ricchezze culturali ed artistiche del nostro Paese ecc. ecc.
Nell'ipotesi della produzione su terreni demaniali sarebbe utile ad esempio l'accentramento di tutta la distribuzione commerciale in un'unica azienda pubblica.
Oggi, in mancanza di una forte iniziativa pubblica in tal senso, assistiamo all'aumento della marginalità e dell'illegalità.
Sono questi i modi attraverso cui, oggi, il libero mercato riesce a mala pena ad affrontare questi fenomeni mostrando evidenti segnali d'inadeguatezza.
Il peso di tutto questo incombe sulla nostra vita sociale, sulla nostra sicurezza, sulla qualità della nostra vita e di quella delle giovani generazioni.
Diventa inoltre un possibile onere anche per le attività produttive sane, che operano spesso in un regime di concorrenza sleale (evasione fiscale, irregolarità sul lavoro ecc) e sotto pressioni e violenze illegali diffuse.
In qualche modo, tutto questo distoglie risorse indirizzandole verso un mercato marginale ed illegale di cui non controlliamo la direzione ed il senso e che si può sviluppare ulteriormente in maniera abnorme.
Le risorse per avviare questi progetti possono trovarsi sia grazie a possibili sinergie con il capitale privato, sia attingendo ai fondi strutturali e sociali europei, sia con una riorganizzazione dell'attuale spesa pubblica.
Possiamo ancora ottenere fondi specifici dall'Europa per gestire l'accoglienza dei migranti, destinandoli a questo scopo.
In ultimo, è possibile considerare l'aumento ad hoc delle entrate fiscali con un maggior ricorso alla progressività sui redditi elevati, sulle transazioni finanziarie, sui patrimoni immobiliari e mobiliari.
I tempi attuali sono estremamente difficili e viviamo nel segno di un profondo cambiamento epocale.Stiamo assistendo alla ricerca di nuovi equilibri di potere internazionali. Gli effetti della crisi finanziaria del 2007 non sono ancora finiti e molti studiosi intravedono i pericoli di un ristagno economico mondiale. Vaste aree del mondo e larghi strati della popolazione, anche all'interno dei paesi dell'Occidente, chiedono una maggiore attenzione e migliori condizioni di vita. Abbiamo il dovere di effettuare delle scelte ecologiche importanti e di definire linee di sviluppo compatibili e rispettose dell'ambiente in cui viviamo. Le ideologie e le fedi che sono stati i punti di riferimento nel nostro passato hanno bisogno di essere ristudiate e guardate con occhi nuovi per riuscire a comprendere la realtà che ci circonda in pieno cambiamento ed agire in maniera conseguente ed adeguata.
mercoledì 5 ottobre 2016
Il REFERENDUM SI VINCE SUL TEMA DELLA DEMOCRAZIA
LE ALTERNATIVE IMPOSSIBILI
Siamo troppi in Europa per avviare una politica economica veramente di sviluppo e centralizzata.
In realtà, se osserviamo le scelte relative all'utilizzo dei fondi europei, vediamo che sono sostanzialmente insufficienti e che inoltre si rivolgono verso troppi paesi, in particolare dell'area ex Comecon.
Fu questa, a suo tempo, la grande iniziativa e lungimiranza che permise all'Europa di dare uno sbocco politico ed economico a quei paesi e consentire a tanti lavoratori di circolare liberamente nel territorio europeo.
Non dimentichiamo, inoltre, le delocalizzazioni di tante imprese proprio in quei paesi.
Fare entrare tutti nell'area euro, oltre che nel mercato comune, ha di fatto significato la rinuncia ad un passo avanti verso l'unità politica ed economica.
Non credo che riusciremo più a perseguire questa strada.
Adesso è chiaro che questi paesi vedono come aperti concorrenti quelli nostri vicini del Medio Oriente e Nord Africa e sanno benissimo che degli investimenti destinati allo sviluppo di quell'area possono comportare una distrazione di risorse europee nei loro confronti.
E' anche vero che l'integrazione dei paesi balcanici ha rappresentato un grande periodo di crescita per l'Europa di cui hanno beneficiato tutti ed in particolare la Germania.
Si potrebbe ipotizzare un restringimento dell'area euro, accoppiata ad una maggiore integrazione politica, ma credo che ormai sia fantascienza .
In questo momento, mi sembra che ogni paese debba in primo luogo tentare una redistribuzione delle ricchezze al proprio interno. Operare sulla strada della razionalizzazione e modernizzazione e tentare di ottenere fiducia dai mercati dei capitali internazionali sia da solo sia con progetti che possono coinvolgere altri paesi specificandone con esattezza e dettaglio il ritorno e la validità dell'investimento.
Ritengo che il Fiscal Compact vada contestato ed alla fine non rinnovato operando anche la soppressione del recepimento nella nostra Costituzione del pareggio di bilancio.
Ciò comporterebbe presto o tardi la rinuncia all'euro; ma , non è nostra convenienza porre la questione ed, anzi, sarà bene che sia posta insieme ai paesi più forti ed eventualmente con una gestione unitaria del problema
Quello che si può invece fare è rafforzare l'alleanza per la difesa comune dell'area e per gli accordi commerciali e d'investimento con i paesi terzi.
martedì 20 settembre 2016
LA POLITICA SULL'IMMIGRAZIONE DOPO BRATISLAVA
1) se sono profughi aventi diritto di asilo, debbano essere loro ad indicare in quale posto dell'Europa vogliano vivere;
2) se non hanno diritto, bisognerà pensare a rimpatriarli, e pertanto dovrebbe essere logico pretendere che sia la U.E. a negoziare, con il suo peso e la sua autorità, gli accordi con i paesi di origine e/o con paesi amici disponibili ed anche a sostenere le spese dei rimpatri."