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venerdì 22 gennaio 2016

La possibile locomotiva europea






L'Attenzione che, in questi giorni, è ritornata sulla tenuta del sistema bancario europeo ed, in particolare, italiano è stata amplificata dalla perdita di valore dei rispettivi titoli azionari. Tutto questo si verifica all'interno di un quadro economico mondiale che il FMI giudica crescere a ritmi insufficienti e dove le locomotive del mondo sembrano procedere più lentamente di quanto preventivato. Si parla della Cina, che comunque dovrebbe continuare una crescita nell'ordine di ca. il 5% o 6%, si guarda alla crescita degli USA, che  mantengono una crescita del PIL  intorno al 2,4%. I BRIC non trascinano più l'economia mondiale; ma, il grande assente è il Continente europeo, in cui la crescita complessiva non raggiunge livelli soddisfacenti  nonostante il QE della BCE.
La scelta coraggiosa della BCE è stata, in presenza di segnali di recessione e stagnazione del sistema economico europeo, quella d'iniettare una potente dose di liquidità che, complessivamente, dovrebbe, entro quest'anno, raggiungere i 1.600 MM; ma, già Draghi, in recenti dichiarazioni, ha fatto  presente la volontà di portare avanti l'operazione, con ulteriori integrazioni, fino al raggiungimento dell'obiettivo d'inflazione al 2%.
Uno stimolo complessivo per far ripartire gli investimenti e quindi la crescita economica.
 La metodologia usata è stata quella di acquistare titoli di stato, presenti nel portafoglio del sistema bancario, per accrescerne la liquidità da dedicare al finanziamento degli investimenti.
I risultati, tuttavia, sono stati lenti e modesti, rispetto alla massa monetaria messa progressivamente in campo. L'effetto maggiore è stato, invece, quello dell'indebolimento del cambio dell'euro, specialmente, nei confronti del dollaro, che ha favorito la forza delle esportazioni europee sui mercati mondiali. La contingenza della contemporanea caduta dei prezzi energetici ha fatto sì che questa debolezza non si riflettesse in un aumento dei costi dell'energia, ponendo così un'ulteriore precondizione favorevole alla crescita economica. Eppure, tutto si muove molto lentamente ed il pachiderma europeo non cresce a sufficienza ed in tempi rapidi.
Con l'impostazione del QE della BCE, il ruolo centrale per far ripartire gli investimenti è dato al sistema bancario ed alla fiducia dell'investitore in una ripresa del mercato. Le banche, tuttavia, nonostante quest'iniezione di liquidità, hanno spesso in portafoglio rischi in essere, per crediti deteriorati ed aggiungo anche per la massa d'operazioni su derivati, tali da portarle ad agire con estrema prudenza nell'erogazione del credito. D'altra parte, gli stessi operatori economici non credono ad un soddisfacente ed immediato ritorno dell'investimento, di fronte ad un mercato europeo sostanzialmente fermo e mondiale in modesta crescita. La domanda Europea, in sostanza, non fa da locomotiva di crescita del sistema economico mondiale ma desidera, al contrario, essere trascinata.
 Di certo, comunque, la prima condizione è che il sistema bancario riprenda ad erogare credito alle attività produttive e si teme che la massa di sofferenze in portafoglio possa costituire un handicap importante. Questo è particolarmente vero in Italia, dove la massa complessiva dei crediti dubbi o deteriorati si aggira, secondo le stime che circolano sui giornali, sino ad un massimo di ca. 350 MM.
Guardando la situazione dal punto di vista dell'impresa, in questo momento, si pongono diversi problemi perché possa provare ad intraprendere nuovi investimenti   produttivi ed innovativi. Innanzi tutto, la domanda si presenta ancora debole ed il ritorno dell'investimento non appare positivo in tempi accettabili. In secondo luogo mancano sufficienti fonti d'autofinanziamento e spesso un'equilibrata struttura finanziaria dell'azienda che permetta di affrontare con tranquillità l'impegno per un articolato piano d'investimenti.In terzo luogo, nonostante la convenienza dell'attuale costo del denaro, vi è una forte difficoltà ad ottenerlo dal sistema bancario per l'incidenza delle sofferenze e per un quadro economico che non permette di immaginare, in breve tempo, una possibile evoluzione positiva delle stesse.
Sarebbe stato ben diverso se l'immissione di liquidità della BCE avesse direttamente finanziato una forte, immediata e decisa azione pubblica, con ripercussioni immediate sulla crescita della domanda e degli investimenti.
Se i 1600 MM di euro fossero stati utilizzati direttamente dalle finanze pubbliche dei paesi europei, la loro spesa su di un piano preciso di sviluppo avrebbe potuto costituire una commessa certa per le aziende private, su cui costruire investimenti produttivi ed ottenere finanziamenti dal sistema bancario, a fronte dei futuri incassi. Una parte poteva ancora costituire la risorsa finanziaria, ad esempio, per  un fondo di garanzia europeo per le PMI, utilizzabile sino al 50% dell'importo dei finanziamenti concessi dal sistema bancario. In tal modo, costringendo le banche a rischiare in proprio il rimanente 50% del finanziamento, si sarebbe potuto ottenere anche il risultato di un'attento esame dell'investimento da parte delle stesse ed, organizzativamente, utilizzare la capillare distribuzione su tutto il territorio europeo per gestirne il processo.
L'azione pubblica è decisiva nei momenti di fallimento del mercato o di stagnazione economica per dare immediato impulso alla crescita, stabilendo inoltre gli obiettivi di bene comune su cui far crescere l'economia. Obiettivi che l'Europa nel suo insieme ha giù ampiamente deciso e descritto nel suo piano progettuale sino al 2020.
Questo è stato l'insegnamento del '900. Furono le conseguenze sociali della grande guerra del 1915 /18, le forti spinte delle organizzazioni dei lavoratori, la crisi del 29   a rivoluzionare gli assetti del mondo e costringere i diversi governi nei vari paesi ad intervenire con una forte azione pubblica, ridistribuendo le ricchezze con forti misure sociali ed una politica dell'occupazione. E'avvenuto nella Russia della rivoluzione, è avvenuto con il Fascismo ed il Nazismo è avvenuto anche nei grandi paesi alfieri della democrazia, come gli USA, con il New Deal. Le spese militari della grande guerra hanno continuato l'opera ed anche successivamente, nel corso della guerra fredda, non poco ha contato l'azione pubblica nello sviluppo e nella crescita economica dell'Occidente. Prima con il Piano Marshall, quindi con la ricerca legata all'utilizzo dell'energia atomica, poi con la ricerca e le imprese spaziali ed ancora con lo stesso sviluppo di internet e delle autostrade informatiche.
Tornando all'Europa incompiuta di oggi, sembra evidente che   dobbiamo renderci conto di come la stessa operazione di QE della BCE richieda, implicitamente, un corrispettivo bilancio a debito comune europeo dei paesi aderenti alla moneta unica. Un bilancio con cui abbiano il coraggio di assumere la responsabilità per gestire insieme le sfide più importanti dello sviluppo e delle relazioni con i popoli vicini. Di fatto, il QE distribuisce già il debito su ognuno di noi riducendo il valore dell'euro nei confronti di altre monete come il dollaro e quindi, a livello internazionale, il valore di tutti i crediti espressi in questa moneta. Abbiamo già un maggiore debito che va espresso e codificato anche se internamente non abbiamo avuto nessuna seria variazione del livello dei prezzi.  Bisogna avere il coraggio di gestire le opportunità che questo crea con un'azione pubblica che agisca da generale stimolo per la domanda del continente.
Questo significa la scomparsa degli stati nazionali? Assolutamente no; ma, al contrario la capacità degli stessi di pensare a progetti di sviluppo comune o di affrontare insieme alcuni problemi
E' necessario che questa gestione comune centralizzata debba esser accompagnata da uno sviluppo burocratico abnorme delle strutture europee?
 Assolutamente no, perché, decisi insieme gli interventi e le regole secondo cui debbono essere gestiti, l'amministrazione va opportunamente delegata ai singoli stati nazionali che dovranno portarla avanti secondo gli  obiettivi concordati centralmente insieme.
L'occasione per l'avvio di una politica comune può essere individuata su alcuni punti in cui la convenienza ad una risoluzione comune è di gran lunga superiore a quella d'affrontare i problemi separatamente, pur avendone in alcuni casi la capacità.
Uno dei punti su cui penso che  diversi Paesi europei avrebbero tutto l'interesse di realizzare un progetto comune con un bilancio finanziato a debito sul mercato dei capitali è quello relativo alla gestione ed integrazione dei flussi migratori.
Potrebbe essere proprio questa l'occasione per la prima grande operazione europea di emissione di eurobond comuni, con la creazione di un debito europeo garantito in ultima istanza dalla BCE, finalizzato al finanziamento di  strutture nei paesi di accoglienza e di una politica comune d'investimento nei paesi africani.

Perché penso che sia conveniente?
Guardiamo ai possibili vantaggi e svantaggi nella scelta di provare a fare un progetto comune o di  non farlo. .
Quali sono gli  svantaggi che ci sono oggi, nell'affrontare la situazione, per ogni singolo paese? :
1) Peso economico d'accoglienza ed integrazione eccessivo per il singolo paese
2) difficoltà a stabilire autonomamente ( per lo scarso peso politico ed economico) dei contratti /trattati con possibili paesi amici del Nord Africa  per eventuali rimpatri
3) Difficoltà ad effettuare investimenti importanti nei paesi d'origine della migrazione o soprattutto nei paesi amici del Nord Africa per realizzare vantaggi economici reciproci e un controllo mirato dei flussi  migratori
4) acuirsi delle tensioni fra gli stati europei di fronte alla difficoltà di fronteggiare la massa  enorme del fenomeno( cfr. il dibattito su Schengen, l'identificazione obbligatoria , la ripartizione o meno  dei rifugiati ecc ecc ) 
5) profonde tensioni sociali interne ai paesi oggetto dei flussi migratori per l'oggettiva difficoltà sociale ed economica di fronteggiarli
6) difficoltà per il singolo paese ad essere presente nel riassetto dell'area del Mediterraneo realizzando una situazione di  tolleranza e sviluppo di rapporti pacifici e di reciproca convenienza in un quadro di  relativa sicurezza delle proprie frontiere 
Vantaggi:
a)Ottenere  credito internazionale insieme ad altri paesi per ottenere risorse adeguate e necessarie  per un piano  di gestione ,accoglienza, collocazione al lavoro ed integrazione dei flussi migratori che con impatto epocale ci stanno interessando.
b)Possibilità di rispondere ,superandole in un importante piano di sviluppo, le inevitabili tensioni sociali che altrimenti insorgerebbero fra gli stati membri ed all'interno di ognuno di loro . 
c)Possibilità di avere un peso importante comune  nel riassetto dell'area del Mediterraneo che alla fine significa poter sperare in un nuovo periodo di sviluppo reciproco e di convivenza pacifica che non ultimo può essere foriero di una nuova cultura d'incontro fra queste popolazioni.
d)Gestire con una normativa europea, in deroga a quelle nazionali,  la prima   accoglienza  ed il possibile lavoro sociale degli immigrati, in attesa di un pieno collocamento nel mercato del lavoro europeo.
 Ad esempio , personalmente, ritengo che il principale lavoro dei migranti per i migranti dovrebbe essere quello della costruzione di alloggi popolari . Pensate che funzione da traino potrebbe avere sull'economia europea! Pensate  ancora che  ciò non pregiudicherebbe affatto la possibilità che, agli stessi cantieri possano partecipare anche i disoccupati EU  ottenendo in tal modo contemporaneamente diversi risultati a fronte dell'investimento di fondi UE:
a) destinazione degli alloggi fabbricati ai migranti ed alle categorie di lavoratori UE più bisognose, superando le tensioni sociali su questo tipo di assegnazioni
b) inserimento immediato dei migranti nella vita sociale europea, permettendo di lavorare contemporaneamente per se stessi e rendendosi anche socialmente utili.
c) sviluppo dell'integrazione sul lavoro, grazie al contatto giornaliero con i compagni di lavoro europei, per la costruzione delle case comuni.
d) lavoro sociale utile anche per i disoccupati UE
e) motore di sviluppo economico per l'intera Europa del settore edilizia popolare.

Oltre al tema dell'immigrazione  il nuovo bilancio confederale a debito potrebbe afrontare altre  due  problematiche :
- formazione di una forza militare unica europea di difesa. Coordinamento dei servizi speciali dei paesi  membri.
Su questo punto potremmo  copiare in parte l'impostazione della Nato e   rafforzare, con un piano d'investimenti  a debito di un bilancio federale comune, le dotazioni dei singoli paesi aderenti. Nulla vieta,  anche ad altri  paesi, di aderire autonomamente alla forza militare  unica, accettandone la Direzione Militare  ma senza far parte dell'area finanziaria.
Questo pone, comunque,  che vengano definiti ed accordati poteri di comando alle istituzioni militari federali da parte dei paesi aderenti, mantenendo invece le decisioni strategiche d'intervento alle attuali istituzioni
- politica di sviluppo dell'occupazione europea  con investimenti pubblici europei coordinati centralmente in collaborazione con i governi dei paesi membri), sostegno europeo alla disoccupazione e ricollocamento nell'area.
Lo stesso gruppo di paesi dovrebbe decidere  di sostenere  una politica d'intervento,  con un bilancio federale comune a debito  di entità pari a quello che è stato l'intervento della BCE in Quantitative Easing. Esiste già un piano strategico 2020 da cui partire  per definire i termini ed i settori  dell'intervento che mi sembrano ancora condivisibili.
Si può cominciare da questi punti per definire la nuova area euro , le responsabilità da mettere in comune , i poteri ed i compiti.

L'ipotesi su cui mi muovo  è che vi possano essere  gradi più o meno elevati di partecipazione a questi progetti ma che il nucleo essenziale debba essere costituito da una revisione dei trattati  concernenti i paesi dell'area euro  per fare in modo che su queste materie vi sia la possibilità di avere un bilancio federale comune  a debito e che venga conferita alla BCE , in questo ambito, un ruolo di ultima istanza.
 Una rifondazione  di questo tipo, per l'area euro, dovrebbe  riguardare , a mio parere ,inizialmente  esclusivamente  queste aree d'intervento e potrebbe consentire, ai paesi non aderenti, di partecipare, con fondi propri e scegliendo di propria volontà le iniziative cui aderire di volta in volta.
E' probabile che una rifondazione dell'area  euro  non possa coinvolgere neanche tutti i paesi attuali ; ma, su alcuni temi,  si può tentare  di realizzare una politica europea comune superiore ed in deroga  a quelle nazionali.
.Per me l'idea di Europa è quella di una confederazione di stati nazionali che non solo sono in grado di stabilire regole commerciali comuni; ma, anche, di gestire progetti speciali particolarmente rilevanti. In fondo, lo stesso attuale bilancio europeo, per il periodo che va fino al 2020, ha degli obiettivi e prevede una distribuzione di fondi fra i diversi paesi.
Sui punti indicati in precedenza, si tratterebbe di derogare all'organizzazione europea attuale su  due  questioni :
1)- le fonti di finanziamento , arricchendo le risorse disponibili con un debito di bilancio per i paesi aderenti nei confronti del mercato dei capitali e modificando altresì, in questo caso, il ruolo della BCE come debitore di ultima istanza. Dobbiamo solo prendere atto di ciò che la BCE sta gia realizzando con l'operazione di QE, riuscendo a vederla come contraltare di quello che è realmente la sottoscrizione di un debito comune degli stati aderenti all'area euro, che possono utilizzarlo per una forte e propulsiva azione pubblica comune
2) stabilendo una deroga sulla individuazione e gestione dei fondi relativi ai tre punti  individuati , affidandone la gestione ad un organismo centrale con caratteristiche , poteri e limiti da definire da parte dei paesi aderenti al progetto
Non penso lontanamente alla sostituzione degli stati nazionali o ad esautorarli delle loro competenze; ma ad aggiungere organismi o dare poteri speciali ad organismi esistenti, delineandone l'ambito , l'obiettivo ed i tempi e delegandone poi  alle strutture nazionali esistenti l'esecuzione, secondo una scaletta di obiettivi da perseguire e da verificare.  
 Immagino la capacità di creare organismi centrali  comuni sui temi specifici con  piena delega decisionale  ed in collaborazione operativa con le strutture ministeriali dei paesi membri. Questo, consentendo ai paesi non aderenti alla nuova area euro la possibilità di collaborazione ai progetti ed il mantenimento di tutte le regole commerciali comuni europee.
Saremo capaci, anche solo su questi tre punti, di mettere insieme le nostre capacità per affrontare i problemi ad un livello continentale?
Sapremo rischiare di avere fiducia l'uno nell'altro, per mettere insieme un debito di bilancio dei paesi dell'area euro di tale entità?
Ha ragione, in questo periodo, il Governo italiano a chiedere  che l'Europa sappia riprendere un respiro più ampio, superando  il tentativo dell'irrigidimento a reciproca difesa.
 Possiamo realizzare,  in Europa, un piano  comune di sicurezza e di utilizzo delle risorse umane, capace di creare uno sviluppo economico superiore a quello ipotizzabile per ogni singolo paese e capace altresì di affrontare la sfida che il riassetto dell'area del Mediterraneo c' impone, ponendoci come nuova locomotiva dello sviluppo globale.
 L'innovazione  e le nuove civiltà nascono dalla mescolanza di culture diverse e servono proprio a consentirne la coesistenza e la realizzazione di un progetto di sviluppo comune. Sono profondamente convinto che non accettare questa sfida comporterà inevitabilmente la dissoluzione del progetto europeo e delle sue istituzioni attuali ,compreso il sistema euro.
 In questo quadro, è probabile una ridefinizione delle alleanze fra i singoli paesi in base ai propri interessi e con possibili risvolti antagonisti contraddittori anche nei confronti del riassetto del Mediterraneo e delle tensioni presenti in Medio Oriente.




domenica 17 gennaio 2016

Non essere cattivo

Ho visto " non essere cattivo" ,per puro caso, in streaming sul mio computer. Ne avevo sentito parlare distrattamente e avevo sentito dire che la storia, ambientata ad Ostia, parlava di aspetti della marginalità e della delinquenza di borgata. Qualcosa di attuale sulla linea di "Accattone" di Pasolini.

Curioso, ho voluto vederlo e, fin dalle prime scene, ho riconosciuto con piacere la sabbia ,qualche bar del lungo mare , aspetti di quel tratto di città fra Ostia e l'Idroscalo particolarmente suggestivi per me, immigrato a Roma, proveniente da una città di mare.

Subito dopo, la forza della storia si è impadronita con forza della mia attenzione, lasciandomi senza fiato , con un amaro in bocca fino alla fine e con la sensazione di aver visto un buon film.

La storia di due giovani di borgata, cresciuti come fratelli e divisi solo da scelte di vita diverse ma mai dimentichi dell'affetto fraterno, ti porta per mano lungo tutto il racconto fino alla dura, semplice, in fondo giusta, morte violenta di uno dei due protagonisti e la fine dubbiosa e piena d'incertezze nell'animo dell'altro " fratello" che, ad un anno di distanza, incontra la compagna delle'amico morto e ne conosce il figlio di cui non sapeva l'esistenza.

La parola fine arriva improvvisa e violenta fra il pianto e l'ampio sorriso rivolto al piccolo bimbo in fasce da parte di Vittorio sopravvissuto a Cesare.

Sono gli "ultimi" che gridano, parlano, si sfogano , amano, ridono , piangono, si drogano , lavorano, sognano, uccidono e chiedono forse di non essere cattivi i protagonisti del film. Ma è possibile?

Possono gli " ultimi" , privati di una vita dignitosa e posti ai margini della nostra società avere il coraggio e la forza di non essere cattivi ? Innanzitutto per salvare se stessi e le persone che amano, prima ancora che per diventare dei buoni cittadini?

C'è una qualsiasi speranza per loro? C'è una qualsiasi speranza per noi, se non sapremo dare una risposta plausibile , convincente , praticabile a questa domanda?

Siamo certi che la distribuzione ineguale delle ricchezze , il cui livello è ulteriormente aumentato nei nostri giorni, sia compatibile con una società che abbia i minimi connotati delle pari opportunità e dignità per ogni suo componente?

Il regista del film Claudio Caligari non c'è più.

"Non essere cattivo" è uscito postumo dopo la sua morte a completare la trilogia dedicata alla rappresentazione della marginalità , della devianza e della sofferenza della vita degli "ultimi" descritta in " amore tossico" e " L'odore della notte" .

Ha avuto l'opportunità di portare a termine pochi films nell'arco della sua vita ma non certo per mancanza d'ispirazione. Racconta Valerio Mastrandrea , suo amico che un giorno Caligari gli disse:

" 'Muoio come uno stronzo. E ho fatto solo due film'. Se n'è uscito così, ad un semaforo rosso di viale dell'Oceano Atlantico circa un anno fa. Stavamo andando insieme a parlare con un amico oncologo in ospedale. La risposta ce l'avevo pronta ma l'ho lasciato godere di questa sua epica attitudine alle frasi epiche che accompagneranno per sempre tutti quelli che lo hanno conosciuto. Ho aspettato il verde in un altrettanto epico silenzio . Ripartendo ho detto 'c'è gente che ne ha fatti trenta ed è molto più stronza di te'. Il suono leggero della sua risata soffocata mi ha suggerito il suo darmi ragione, confermato dall'annuire ripetuto della sua testa grande."

Personalmente lo ringrazio per essere riuscito a regalarci " Non essere cattivo".

 

martedì 12 gennaio 2016

DEVIANZA, INNOVAZIONE , RESPONSABILITA'


 


Spesso le giovani generazioni, al momento di entrare nell'età adulta e di cercare una collocazione all'interno della società, vivono momenti di profondo malessere.
In passato, negli anni '50, '60 e fino a tutti gli anni '70, in Italia, questo passaggio   veniva realizzato attraverso il concorso di diverse esperienze che, sommandosi, contribuivano a ad aiutare i giovani alla progressiva socializzazione. Pur avendo come luogo privilegiato della crescita il gruppo degli amici più fidati, con cui scambiava idee, sensazioni ed esperienze, i luoghi degli incontri, della socializzazione e delle conoscenze erano molteplici.
Oltre alla famiglia d'origine ed allargata, la scuola e le amicizie giovanili, ulteriori luoghi d'incontro erano costituiti dalle parrocchie, dai gruppi sportivi e dalle associazioni culturali, religiose e politiche. Ognuno, in base ai propri interessi, cercava di trovare il modo di svilupparli partecipando a queste realtà organizzative, dove incontrava altri giovani motivati come lui, delle strutture che gli richiedevano un preciso impegno, degli adulti con la cui esperienza e spesso anche con la cui autorità doveva confrontarsi.
Vi era un percorso di socializzazione che inevitabilmente comportava il confronto con il coetaneo e l'adulto all'interno del processo di formazione dei valori e del sistema generale dei diritti e dei doveri. Tutto questo, all'interno d'obiettivi e interessi condivisi e, pertanto, motivanti che si aggiungevano a quelli istituzionali ed in qualche modo immodificabili costituiti dalla scuola e dalla famiglia, che erano dati e non scelti.
Oggi, spesso, questo processo viene saltato, con la conseguenza di una relativa anomia del giovane, che vive la sua crescita, spesso, in maniera separata dal mondo adulto e con una maggiore impersonalità delle relazioni amicali, filtrate dalla tecnologia. ( ad esempio: l'utilizzo massiccio di telefono e internet).
In particolare, quasi tutti i contatti con il mondo adulto sono dati e non scelti.
Oltre alla famiglia, più o meno allargata, e la scuola, fin da bambino, gli impegni sociali aumentano ma in maniera organizzata secondo un principio di prestazione.
Lo sport, l'arte, qualunque altro possibile interesse viene codificato e vissuto dal bambino e dalle famiglie come un ulteriore impegno quotidiano da sommare a quello scolastico e mai come una prima espressione dell'interesse, vissuta attraverso il gioco, condivisa poi affettivamente con gli altri e quindi esercitata come studio nei casi in cui si fosse scelto un ulteriore perfezionamento ed approfondimento. Al contrario, dato un primo barlume d'interesse, il ragazzo viene catapultato in un corso specifico che rappresenta per lui un ulteriore impegno e prestazione su cui essere giudicato. Certamente, la motivazione che porta a tutto questo è positiva ed animata dalle migliori intenzioni. Le famiglie desiderano solo poter assecondare gli interessi del bambino e svilupparne delle nuove abilità in un ambiente in cui può incontrare altri bambini/ ragazzi; tuttavia, i rischi che in qualche modo si corrono in una realtà che, di là dalle nostre attese, è quasi sempre contraddittoria, sono quelli che abbiamo evidenziato.
In qualche modo, vi è un maggior isolamento del ragazzo rispetto al passato ed un maggior controllo. Gli spazi per il gioco, la creatività, il sogno sono di fatto ridotti e soprattutto non vengono vissuti come scelte autonome del ragazzo che, in questo modo, non impara a portarle avanti da solo.
 La crisi poi della presenza sociale delle parrocchie, delle sezioni dei partiti e delle associazioni complicano ulteriormente il quadro di riferimento.
Il giovane tende oggi, molto più che nel passato, a vivere una netta separazione dal mondo adulto e le sue conoscenze della storia sociale che lo circonda sono molto modeste. Quella che invece è enormemente dilatata è la possibilità dei rapporti con le persone utilizzando la tecnologia della rete e dei telefoni cellulari. Il senso del gruppo e del condizionamento reciproco è elevatissimo.Le possibilità d'informazione sono notevoli ma spesso è carente la capacità di discernere la validità e la veridicità delle notizie oltre che l'approfondimento.
Normalmente, quasi tutte le generazioni, di fronte alla forte attesa sociale nei loro confronti e la conseguente richiesta di prestazioni adeguate, vivono l'ingresso nell'età adulta con un profondo malessere acuito, quando, come in questi ultimi tempi, le possibilità d'affermazione e di ottenere delle condizioni di vita soddisfacenti sono diminuite a causa della lunga crisi economica che ha colpito le nostre società.
In generale, comunque, avviene normalmente una verifica del proprio ruolo e di quello che si percepisce siano le attese nei propri confronti, in base alle proprie esigenze ed al desiderio perenne di felicità che è presente in ciascuno di noi.
Il possibile malessere conseguente può essere vissuto spesso come un disagio psicologico individuale del sistema di relazione. Può anche dar luogo a momenti di rifiuto e di devianza vera e propria con momenti di trasgressione più o meno radicali che, in alcuni casi, riguardano la sfera dei rapporti personali ed, in altri, anche la sfera dei comportamenti sociali.
VI sono delle tipologie in cui si può arrivare addirittura ad una forma di coerente complessiva devianza sociale che, pur non ponendosi l'obiettivo di un cambiamento dell'organizzazione sociale esistente, ne rifiuta comunque i valori ed orienta i propri comportamenti alla personale convenienza e soddisfazione, senza tenere in alcuna considerazione le attese sociali relative né le possibili conseguenze sugli altri.
Vi è poi una possibile ulteriore modalità dove la critica delle attese di prestazione e della stessa organizzazione sociale esistente sfocia in una ricerca progettuale alternativa.
Qui siamo di fronte alla richiesta complessiva di cambiamento ed innovazione che può andare dal particolare della rimodulazione dei rapporti interpersonali fino ad arrivare al significato della prestazione e dello stesso ruolo sociale, fino alla possibile ridiscussione dei valori e degli obiettivi complessivi della società.
In questo caso siamo comunque in presenza di un atteggiamento di verifica che sposa il senso di responsabilità sia nei confronti del proprio comportamento che di quello dell'intero consesso sociale. Vi è in sostanza un comportamento adulto, scelto e responsabile sia nel caso in cui, dopo un processo di verifica complessivo, il giovane, decida d'impegnarsi riconoscendo come validi i fini e l'organizzazione della società in cui si sta inserendo, sia nel caso in cui ritiene opportuno partecipare ad un processo di cambiamento e d'innovazione.
Quando invece la scelta della propria soddisfazione non si collega generalmente a quella della responsabilità nei confronti del proprio ruolo e della comunità cui si appartiene assistiamo spesso al perdurare di comportamenti, infantili, anomici e devianti.
Troppo spesso, nel corso di questi anni abbiamo osservato tanti comportamenti sostanzialmente   irresponsabili e infantili spacciati per trasgressivi e orientati al cambiamento. La mancanza del senso di responsabilità fa in modo che questi comportamenti procurino un forte danno sia a noi stessi, sia all'ambiente sociale e lavorativo in cui siamo inseriti sia nello stesso ambito familiare in cui il nostro ruolo è spesso punto di riferimento nella crescita dei più piccoli.