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giovedì 23 giugno 2016

Convivenza pacifica per lo sviluppo del Mediterraneo

 

 

L'area del Mediterraneo, composta dalle popolazioni e dai Paesi che si affacciano su questo mare, ha rappresentato nel corso della storia una delle zone di maggiore sviluppo delle arti, dei commerci, della scienza e delle civiltà. Le relazioni fra i popoli sono state spesso flagellate da scontri mortali; ma, indubbiamente, l'incontro e la contaminazione delle diverse culture sono stati per secoli un'occasione di crescita e di sviluppo.

Oggi, è sotto gli occhi di tutti il fermento che pervade l'intera area. Il desiderio di miglioramento che porta milioni di persone ad attraversare questo mare guidate dalla speranza di trovare condizioni di vita migliori e diverse.

Affrontare questa sfida è un dovere; ma, può anche rappresentare una grande occasione di sviluppo.

Così come lo svincolo dell'area dei Balcani dall'influenza del Comecon, con la fine dell'Impero Sovietico, ha rappresentato per quei paesi e per una parte importante dell'Europa, a cominciare della Germania, una grande occasione di crescita, oggi, la rivitalizzazione del Mediterraneo può essere, soprattutto per i Paesi del Sud Europa, una grande occasione di sviluppo, insieme alle popolazioni del Medio Oriente e del Nord Africa.

Tutto questo può avvenire sotto la parola d'ordine del rispetto reciproco, della cooperazione, della convivenza pacifica.

Possiamo e dobbiamo sfidare le ipotesi terroristiche e conflittuali che vedono, nella guerra fra culture, religioni e popolazioni, l'unica modalità del rapporto con l'Occidente e l'unico percorso possibile per liberarsi da scambi ineguali e dalla realtà del sottosviluppo.

La convivenza pacifica è la base su cui sviluppare un progetto di crescita economica e culturale dell'area, che recuperi le luci di una storia passata. Nell'ambito di una nuova cooperazione è possibile il superamento di antiche diffidenze e di conflittualità mai risolte, come quelle che dividono gran parte del mondo arabo da Israele. La condizione deve essere quella della cooperazione per un profondo sviluppo economico e civile.

E' possibile convogliare su di una progettualità di questo tipo i capitali internazionali necessari per realizzare gli investimenti produttivi sul cui successo far crescere e sviluppare la credibilità di questa iniziativa?

Credo che sia possibile se i principali paesi del Sud Europa e non solo, partecipanti a questo progetto, dessero vita ad un fondo per lo sviluppo del Mediterraneo, all'interno della Comunità Europea, con caratteristiche simili a quello utilizzato per il risanamento del debito greco sostenuto inoltre dalla BCE:

E' possibile elaborando precisi progetti ed iniziative che prevedano nel dettaglio le caratteristiche dell'investimento ed il suo ritorno finanziario. Su queste basi credo che sia possibile ottenere il sostegno e la sottoscrizione delle obbligazioni finanziarie necessarie alla realizzazione delle diverse iniziative da parte degli investitori internazionali.

L'attuale basso costo del denaro sul mercato dei capitali dell'euro e del dollaro costituisce inoltre una buona premessa per le migliori condizioni dell'investimento e per il suo adeguato ritorno finanziario.

E' possibile prevedere un intervento nei paesi amici e disponibili nel Nord Africa  e Medio Oriente. E' possibile immaginare un utilizzo delle persone  nei settori, dell'agricoltura, della pesca, dell'energia. Si dovrebbe immaginare un grande processo d'investimento e cooperazione che veda partecipi e protagonisti i paesi disponibili e amici. L'investimento nella risorsa lavoro potrebbe essere per i primi anni a carico dell'Europa e così anche l'anticipo finanziario per la realizzazione degli investimenti produttivi  mentre i ricavi dovrebbero essere divisi fra il paese ospitante e l'Europa in modo da realizzare una vera e propria joint venture che realizzi nuovi insediamenti produttivi che nel tempo ripaghino l'investimento iniziale, trasformino parte degli assistiti in lavoratori pienamente integrati ed assicurino inoltre una  successiva corrente di profitto.

La spesa per gli investimenti produttivi dovrebbe essere totalmente rimborsata sia per la parte  capitale sia interessi grazie al ritorno dell'investimento.

SE poi, a giudizio e su iniziativa dei Paesi ospitanti si volessero coinvolgere gli imprenditori privati di quei paesi e non solo sarebbe importante immaginare un loro coinvolgimento diretto nel capitale di rischio ed un esame dello stesso da parte delle banche locali con la concessione anche di rischi in proprio.

,Dato 100 l'investimento complessivo, 20 dovrebbe essere coperto dalle risorse proprie dell'imprenditore, 30 da finanziamento a rischio pieno  della Banca locale e 50 erogato dalle risorse finanziarie europee. Ovviamente il piano di rimborso dovrebbe prevedere rate unitarie comprensive della quota relativa alla Banca locale ed europea.   In tal modo fatto ad esempio 100 il volume delle risorse europee impiegate avremmo un investimento complessivo di 200

 Rispetto a quanto descritto dovrebbe fare eccezione un piano d'investimento per la realizzazione nell'intera area di almeno 30 impianti fotovoltaici della dimensione di quello appena realizzato in Marocco della potenza di cpl 580Mw:

Si parla di una spesa complessiva di 300MM  di euro il cui ritorno può avvenire nello spazio di dieci anni. Successivamente al rimborso dell'investimento iniziale  i ricavi degli impianti dovrebbero essere divisi al 50% fra la nazione ospitante e l'Europa così come la destinazione energetica. .

 

Quest'ultimo piano d'investimenti e gli altri sopra descritti dovrebbero essere preceduti da un vero e proprio accordo con i paesi amici attraverso di cui gli stessi dovrebbero impegnarsi a loro volta ad accettare i rimpatri e gestire i migranti nel loro territorio.

Se superassimo le diffidenze reciproche e l'estremismo di una visione culturale e religiosa intransigente e irrispettosa delle ragioni dell'altro, potremmo forse riuscire a trasformare quest'area da focolaio di tensioni a fulcro di sviluppo culturale, scientifico e produttivo.  

 

 

lunedì 20 giugno 2016

LE RAGIONI DEL POPULISMO

          

 

 

Alla luce dei risultati del ballottaggio delle ultime amministrative, non si può non cercare di riflettere sulle motivazioni che hanno permesso l'affermazione, fra la popolazione, dei candidati di movimenti, come il Cinque Stelle, di evidente matrice populista.

Non dobbiamo dimenticare, inoltre, anche la crescente importanza, all'interno dell'area di Centro Destra, della Lega Nord.

Mi sembra che il fenomeno presenti delle peculiarità legate alla storia politica ed economica del nostro Paese; ma, in qualche modo, rifletta e s'inquadri all'interno della grande trasformazione che ha investito i paesi occidentali ed i rapporti internazionali, successivamente alla crisi finanziaria del 2007/2008.

La crisi della classe politica tradizionale investe, infatti, molti paesi europei e gli stessi USA; mentre, forti tensioni   sono presenti nell'area del Mediterraneo.

Il dibattito politico interno alle elezioni presidenziali americane vede, come non mai, l'esasperazione dei toni usati dal leader repubblicano Donald Trump e, a sinistra, l'originalità di un politico come Sanders, che riscopre proposte e toni di lotta nei confronti di un'eccessiva ineguaglianza sociale.

La stessa affermazione di Corbyn, all'interno del Labour britannico, segue un percorso analogo. Movimenti come Podemos in Spagna, Syriza in Grecia ma, anche, di Alba Dorata, della Lega Nord, di Casa Pound ecc. ci parlano di una vasta insofferenza nei confronti dell'establishment da destra e da sinistra.

Movimenti come quello degli Indignados, Occupy Wall Street   o come il Movimento Cinque Stelle affondano le loro radici in una richiesta di partecipazione dal basso e di critica alle scelte delle classi politiche dominanti, avvertite sempre più come estranee e legate ai poteri forti della società, che non si curano e non soddisfano più le necessità delle classi popolari e degli stessi ceti medi.

Siamo probabilmente in presenza di una crisi e trasformazione del modello di sviluppo delle nostre società e della sua conseguente gestione politica.

I punti principali di questo processo riguardano sia il controllo e la gestione dei fattori produttivi: capitale, lavoro tecnologia, sia il rapporto ed il nesso fra l'azione dello Stato, o pubblica che dir si voglia, e l'iniziativa economica privata, sia la nuova configurazione del welfare, sia il rapporto fra cittadino ed istituzione ed il percorso della rappresentanza politica.

Tutto questo all'interno di un quadro internazionale in profondo riassetto degli equilibri di potere e della divisione del lavoro.

Quasi tutti i movimenti evidenziano il profondo disorientamento avvertito all'interno della popolazione su questi processi, che oggi sono vissuti in prima persona con la difficoltà di sopportare la flessibilità del lavoro, che significa, concretamente, il pensiero di cambiare lavoro nel corso della propria vita lavorativa, affrontare periodi di disoccupazione, poter forse disporre di minori garanzie sindacali nei confronti di possibili abusi dei datori di lavoro, ipotizzare tempi per il godimento del diritto alla pensione più lunghi e possibili importi pensionistici più modesti.

Accanto alla richiesta di flessibilità c'è, tuttavia, in molte aree la presenza di una forte inoccupazione, che colpisce, in special modo, le parti deboli della popolazione come le donne i giovani e gli anziani

C'è poi la diffusa percezione di una diseguale distribuzione delle ricchezze ed una sproporzione esagerata dei redditi percepiti fra una massa della popolazione, che comincia a comprendere anche i ceti medi, e sempre meno privilegiati.

Una sproporzione delle ricchezze che aumenta la fascia del capitale puramente finanziario, che non riesce a trasformarsi in capitale produttivo per la generale riduzione degli investimenti legati ad una complessiva crisi della domanda ed a una ridotta competitività nei confronti dei paesi emergenti che possono applicare ridotti costi del lavoro   a parità di contenuto tecnologico della produzione.

 

La crisi finanziaria del 2007 è poi diventata anche una crisi finanziaria del debito pubblico, coinvolgendo l'organizzazione e sostenibilità del welfare nei paesi europei, che avevano fatto dello Stato sociale uno dei punti cardini di eccellenza della propria cultura.

Anche su questo, il malcontento popolare prova ad individuare nelle classi dominanti e nel nesso fra politici e poteri forti dell'economia e della società la causa della riduzione o del peggioramento delle misure sociali di cui ha goduto fino a quel momento. La gestione delle risorse pubbliche, la loro destinazione e, spesso, deviazione ,con fenomeni di corruzione / concussione, diventano il punto centrale della contestazione della classe politica tradizionale. La richiesta di un nuovo rapporto fra cittadino ed istituzioni.

 

Se poi il riassetto internazionale,   ad esempio dell'area dei Balcani prima ed oggi del Mediterraneo, inaugura movimenti migratori di portata storica è possibile che, ad esempio, progetti come quello dell'integrazione europea siano messi in seria difficoltà, così come la capacità di accoglienza culturale e d economica delle nostre società.

 

Tutti questi problemi, almeno negli ultimi vent'anni, non hanno avuto una convincente risposta da parte della politica tradizionale e spesso l'analisi ideologica e culturale sono state latenti ed insufficienti. Le forze progressiste, in particolare, sono rimaste legate ad una visione dell'organizzazione sociale che nel corso degli anni ha evidenziato molti problemi spesso ignorati e che non hanno trovato una sufficiente risposta nella loro elaborazione culturale..

 La sfida di modernizzazione che, ad esempio, la nuova dirigenza del PD sta portando avanti incontra forti resistenze all'interno dello stesso partito; mentre, d'altra parte, dovrà ancora fare i conti con la richiesta di un nuovo rapporto di partecipazione del cittadino con le istituzioni, con una ridefinizione del concetto di lotta alla disuguaglianza nelle società moderne, con una ridefinizione del welfare e del rapporto fra l'azione pubblica e l'economia nel segno del supporto all'innovazione e d'indirizzo dello sviluppo.

Dovrà inoltre sfidare sul terreno della costruzione europea resistenze e timori che possono portarci tutti  verso un nuovo , pericoloso e  conflittuale  nazionalismo.

Su queste scelte e su questi terreni sarà possibile misurarsi e vincere la battaglia nei confronti di soluzioni populiste che, se pur oggi sembrano raccogliere consensi, alla distanza possono diventare pericolose per la democrazia e la libertà ed incapaci di assicurare un reale sviluppo e benessere economico e civile delle popolazioni.

La gente desidera una risposta alla propria insicurezza e una speranza per il futuro. Desidera avere la possibilità, con il proprio lavoro, di assicurare un sereno futuro alla propria famiglia. Desidera protezione dalla prepotenza e dall'ingiustizia della corruzione e della delinquenza. Desidera che sia data la giusta importanza alla meritocrazia ma che anche l'ultimo cittadino abbia il diritto/dovere di vivere con rispetto all'interno della società..E' disponibile ad accogliere le persone che bisognose bussano alla sua porta ma desidera analogo rispetto per la propria casa e per le regole che la dirigono.