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martedì 20 settembre 2016

LA POLITICA SULL'IMMIGRAZIONE DOPO BRATISLAVA







Uno dei punti dolenti dell'incontro europeo a Bratislava è stato quello  relativo  alla realizzazione di una  politica europea nei confronti della migrazione.
 Eppure l'accordo con la Turchia era stato una mossa in questa direzione che poteva lasciar immaginare una maggiore capacità comune di affrontare il problema !
Guardando la questione dalla parte italiana , mi sembra ineccepibile  ad esempio affermare  che se l'Europa ha una frontiera esterna ,  le nostre coste sono "frontiera esterna" europea, e pertanto  gli immigrati  che sbarcano da noi , sono immigrati che sbarcano in  Europa.
Dopo una prima registrazione  mi sembrerebbe  pertanto doveroso  accettare  che:
1) se sono profughi aventi diritto di asilo, debbano essere loro  ad indicare in quale posto dell'Europa vogliano vivere;
2) se non hanno diritto, bisognerà pensare a rimpatriarli,  e pertanto dovrebbe essere logico  pretendere che sia la U.E. a negoziare, con il suo peso e la sua autorità, gli accordi con i paesi di origine e/o con paesi amici disponibili  ed anche a sostenere le spese dei rimpatri."
Aggiungo ancora che anche i centri di prima  accoglienza  nei diversi paesi  europei  dovrebbero essere finanziati da  fondi europei e che l'inserimento nel mercato del lavoro  dovrebbe essere in ambito   europeo..Vi dovrebbe poi essere  l'immediata destinazione delle persone che utilizzano il centro  in lavori socialmente utili e/o in primi lavori d'ingresso nel mondo del lavoro a condizioni particolari stabilite in sede europea in deroga alle legislazioni nazionali del lavoro ( zero cuneo fiscale, orario ridotto di lavoro ad es 30 ore settimanali , stipendio di ca 450 euro mensili  che costituisce un incasso per il centro di accoglienza ecc);. Si potrebbe ipotizzare un anno di tempo  dopo il quale in caso di mancato inserimento stabile a tempo pieno  nel mercato del lavoro dovrebbe considerarsi il rimpatrio.
Accanto a questo penso sia indispensabile  l'avvio di una azione diplomatica europea  che ottenga da un lato l'impegno e la disponibilità dei paesi aderenti al rimpatrio dei migranti che non riusciremo ad integrare e dall'altro l'impegno  europeo per la realizzazione d'investimenti produttivi in joint venture con i governi e le imprese locali e/o  non, che realizzino occasioni di lavoro in questi paesi.ed un risvolto economico utile per tutti I Primi paesi oggetto dell'intervento potrebbero  essere la Tunisia , l'Egitto, L'Algeria . Il Marocco ,l'Iraq  il Libano ecc chiedendo opportune reciprocità  e garanzie per la gestione complessiva di  eventuali rimpatri. E' possibile immaginare un primo  utilizzo delle persone  nei settori, dell'agricoltura, della pesca, dell'energia. Si dovrebbe immaginare un grande processo d'investimento e cooperazione che veda partecipi e protagonisti i paesi disponibili e amici. L'investimento nella risorsa lavoro potrebbe essere per i primi anni a carico dell'Europa e così anche l'anticipo finanziario per la realizzazione degli investimenti produttivi  mentre i ricavi dovrebbero essere divisi fra il paese ospitante e l'Europa in modo da realizzare una vera e propria joint venture che realizzi nuovi insediamenti produttivi che nel tempo ripaghino l'investimento iniziale, trasformino parte degli assistiti in lavoratori pienamente integrati ed assicurino inoltre una  successiva corrente di profitto.
La spesa per gli investimenti produttivi dovrebbe essere totalmente rimborsata sia per la parte  capitale sia interessi grazie al ritorno dell'investimento.
Se poi, a giudizio e su iniziativa dei Paesi ospitanti, si volessero coinvolgere gli imprenditori privati di quei paesi e non solo sarebbe importante immaginare un loro coinvolgimento diretto nel capitale di rischio ed un esame dello stesso da parte delle banche locali con la concessione anche di rischi in proprio.
,Dato 100 l'investimento complessivo, 20 dovrebbe essere coperto dalle risorse proprie dell'imprenditore, 30 da finanziamento a rischio pieno  della Banca locale e 50 erogato dalle risorse finanziarie europee. Ovviamente il piano di rimborso dovrebbe prevedere rate unitarie comprensive della quota relativa alla Banca locale ed europea.   In tal modo fatto ad esempio 100 il volume delle risorse europee impiegate avremmo un investimento complessivo di 200
 Rispetto a quanto descritto dovrebbe fare eccezione un piano d'investimento per la realizzazione nell'intera area di almeno 30 impianti fotovoltaici della dimensione di quello appena realizzato in Marocco della potenza di cpl 580Mw:
Si parla di una spesa complessiva di 300MM  di euro il cui ritorno può avvenire nello spazio di dieci anni. Successivamente al rimborso dell'investimento iniziale  i ricavi degli impianti dovrebbero essere divisi al 50% fra la nazione ospitante e l'Europa così come la destinazione energetica.
Ripeto che  tutti  gli investimenti  sopra descritti dovrebbero essere preceduti da un vero e proprio accordo con i paesi amici attraverso di cui gli stessi dovrebbero impegnarsi a loro volta ad accettare i rimpatri e gestire i migranti nel loro territorio.

Questa ipotesi di lavoro  potrebbe essere valida anche se, paradossalmente,  vi fossero solo pochi paesi ( Italia , Grecia , ecc)  ad ospitare nel loro territorio i centri di accoglienza  ed in prima battuta vi fosse una distribuzione ineguale delle presenze : E' ancora accettabile ma solo per il primo anno se dopo è garantito il rimpatrio di chi non ha trovato un lavoro continuativo nell'intero mercato europeo: Se comunque i fondi europei hanno coperto le spese , se è stata fatta una politica comune di presidio delle frontiere e di acordo con i paesi  del Nord Africa e Medio Oriente per lo sviluppo dell'area ed i rimpatri.
Se neanche questo verrà fatto e verremo lasciati da soli al nostro destino allora dovranno essere riviste molte cose compresa la modalità della nostra partecipazione europea. In ogni caso dovremo gestire  i flussi dei migranti con modalità simili ma a nostro carico e dovremo tentare accordi  diretti con i paesi del Nord Africa e Medio Oriente che si dichiareranno disponibili .
Vi sarà un grosso problema  di natura finanziaria che si sommerà a quanto è già necessario per il rilancio del nostro  sviluppo ed il sostegno alla nostra disoccupazione e dovremo tentare di ricorrere al mercato con l'emissione di  bond specifici.
Riusciremo a questo punto a non peggiorare ulteriormente i nostri parametri finanziari e rimanere nei parametri del Fiscal Compact? Riusciremo in ogni caso ad avere un piano di lavoro credibile e vincente che riesca a convincere i mercati a darci fiducia?
Personalmente non lo ritengo possibile se non grazie ad una contemporanea  grande redistribuzione interna delle ricchezze, che unita ad una grande modernizzazione e semplificazione della nostra società, alla fine riesca a e spostare  le risorse verso il lavoro.

mercoledì 14 settembre 2016

RESPONSABILITA’, LAVORO, SOLIDARIETA’

















La forza e la gravità della crisi economico/finanziaria, che dal 2007-2008 ha progressivamente ridotto il livello di vita dei paesi occidentali, ha colpito in modo particolarmente grave il nostro Paese che, da tempo, presenta problemi di crescita della sua economia.


Nel corso di questi ultimi anni, il quadro strutturale è peggiorato. Abbiamo perso la nazionalità di molte imprese prestigiose, altre hanno preferito trasferire la loro sede sociale e fiscale altrove, altre hanno delocalizzato i propri stabilimenti.
Abbiamo perso posizioni nel confronto fra i livelli di produttività dei principali paesi nostri concorrenti. Il nostro CLUP viaggia con un divario di ca. il 20% rispetto a quello dei paesi più avanzati dell'area europea ed il cuneo fiscale sul lavoro a carico delle nostre aziende è particolarmente gravoso. Non meno pesante appare il livello degli investimenti dedicati all'innovazione che è sensibilmente più basso di quello dei nostri principali partners internazionali.
Tutto questo comporta, per i più deboli, il peggioramento delle opportunità di lavoro e delle condizioni di vita. L'allargarsi del fenomeno della disoccupazione e della povertà. Oltre quattromilioni e mezzo di cittadini italiani ha un reddito al di sotto della soglia della povertà e la disoccupazione si mantiene ancora su livelli molto elevati.
Se a questo, aggiungiamo la pressione migratoria, che ancora per molti anni probabilmente graverà sul nostro paese, ci rendiamo conto di come sia necessario tentare un grande sforzo di solidarietà collettiva per superare questo difficile momento.
Mi sembra che le strade da battere non possano che essere quelle della responsabilità, del lavoro, della solidarietà.
Per quanto riguarda il primo aspetto penso che sia chi ricopre il più basso livello lavorativo che il più elevato ed, in sostanza, ogni cittadino di questo Paese dovrebbe sentire, in prima persona, la responsabilità di rendersi utile per superare questo difficile momento.
Come, in altri tempi, suggeriva J.F Kennedy in un suo famoso discorso non chiediamoci cosa l'Italia e lo Stato possono fare per noi; ma, piuttosto, quello che "Noi" possiamo fare per la comunità cui apparteniamo. Come possiamo rendere migliore ed efficiente il nostro lavoro , la nostra presenza sociale, il nostro rapporto con gli altri. Come possiamo evitare di fermarci a dire che una questione non è di nostra competenza ma provare, comunque, a risolverla insieme agli altri, coinvolgendo chi ne ha la responsabilità. Provare, insieme agli altri cittadini, a migliorare il livello culturale ed il diffuso senso civico del nostro Paese.
Vogliamo e ci sentiamo in grado di assumere questa responsabilità?
 Almeno, proviamoci!

La seconda questione è il lavoro.

Dobbiamo favorire tutte le occasioni che consentano di dare lavoro.
Dobbiamo tentare di comprendere la lezione tedesca contenuta nella riforma Hartz e pretendere che chiunque goda di un sussidio sociale sia disponibile a prestare un lavoro socialmente utile offerto dallo Stato e non possa rifiutare qualunque offerta di lavoro privato anche se di qualifica inferiore alla sua professionalità. Allo stesso tempo dobbiamo tentare di combattere la trappola del mini-job impedendo che si cristallizzi in una situazione definitiva e porti progressivamente all'emarginazione. Probabilmente si dovrà prevedere un periodo massimo oltre il quale il lavoratore possa acquisire una specie di diritto di prelazione nel mercato del lavoro; ad esempio, sotto forma di vantaggio fiscale per l'impresa che lo assume, paragonabile a quello che ha permesso il passaggio a tempo indeterminato di molti contratti di lavoro precari, recentemente in Italia.
Dobbiamo completare la riforma della Pubblica Amministrazione consentendo:
a)      il demansionamento 
b)      la possibilità di trasferimento fra un settore e l'altro
c)      la possibilità del trasferimento territoriale
d)      l'equiparazione al settore privato per quanto riguarda la possibilità di licenziamento definendo in questo caso i parametri necessari, le  modalità. ed indennità
e)      una riforma della struttura del salario individuale legandone una parte (il 25% ?) alla produttività personale
Questo per permetterne una ristrutturazione complessiva nel segno della maggiore produttività ed efficienza.
Dobbiamo dedicare risorse alla riduzione del cuneo fiscale sul lavoro a carico delle imprese. E' questo il modo più rapido per recuperare in tempi brevi maggiori livelli di produttività senza intaccare  il potere d'acquisto dei salari operai.
Dobbiamo aumentare le risorse dedicate alla disoccupazione, in particolare di lunga durata.
Lo Jobs Act, recentemente approvato, è nato nello spirito di consentire la flessibilità e la mobilità del lavoro verso il suo impiego maggiormente produttivo; ma, tutto questo non deve essere pagato personalmente dal singolo lavoratore, il quale ha il diritto di essere adeguatamente sostenuto dall'intera società.
Diventa evidente pertanto una riqualificazione produttiva di tutto il sistema Italia, sia privato che pubblico orientato verso una maggiore produttività e verso una maggiore solidarietà verso chi deve reinserirsi nel lavoro, desidera entrare nel mercato per la prima volta o appartiene a strati della popolazione ancora più svantaggiati come le donne, gli anziani.  Una spesa pubblica orientata il più possibile alla produttività ed alla realizzazione d'economie esterne per le imprese e la solidarietà verso i più deboli, con un possibile sacrificio dei più forti a contribuire maggiormente per il godimento dei servizi pubblici.
Abbiamo bisogno di nuove risorse pubbliche  da destinare allo scopo e parte di quelle attuali devono essere utilizzate  in modo diverso.
Le maggiori risorse pubbliche possono venire dallo sfruttamento e valorizzazione del patrimonio artistico, culturale e paesaggistico. Possono venire dalla migliore utilizzazione del personale. Possono venire da una diversa allocazione della spesa verso servizi che possano avere degli introiti diretti. Possono ottenersi attraverso un aumento delle tariffe dei servizi a carico dei più abbienti. Possono venire anche da un maggiore contributo di solidarietà da parte delle famiglie più ricche.

La solidarietà:
Si possono individuare due flussi principali aggiuntivi di risorse:
Il primo riveniente da una tassazione specifica dello 0,20% sulle ricchezze finanziarie detenute dalla famiglie italiane.
Secondo i dati forniti dalla Banca d'Italia, le ricchezze finanziarie delle  famiglie italiane  al 2014 nel Supplemento al bollettino statistico- Nuova serie –Anno XXIV –16 dicembre 2015- n. 69

        Nella  Tavola uno ,il totale delle  attività finanziarie  del 2014 delle famiglie italiane  è pari a  3897,2 MM  dont  crediti commerciali 102,5MM, partecipazioni in soc. persone 211,9  MM prestiti dei soci alle cooperative  15,6MM,riserve tecniche assicurazione 803,8. Se proviamo a depurare il dato da questi ultime attività indicate,  pari a cpl. 1133,8MM , abbiamo un importo di  2763,4MM.  Lo 0,20%  sarebbe  pari a  5,5MM . Stiamo parlando di una tassazione di 2000 euro su attività finanziarie di 1.000.000 d'euro .

Il secondo flusso di solidarietà potrebbe essere riveniente dall'aumento dell'imposizione fiscale progressiva per i redditi superiori a 70.000 euro annui.
Nello studio sui dati IRPEF 2014  elaborati dal Ministero delle Finanze ed economia
http://www1.finanze.gov.it/finanze2/analisi_stat/v_4_0_0/contenuti/analisi_dati_2014_irpef.pdf?d=  si legge che :"I soggetti che dichiarano un'imposta netta Irpef sono 30,7 milioni (il 76% del totale contribuenti) e dichiarano un'imposta netta pari a 151,2 miliardi di euro per un valore pro capite di 4.920 euro; circa 10 milioni di soggetti hanno imposta netta pari a zero. Si tratta, ad esempio, di contribuenti con livelli reddituali compresi nelle fasce di esonero oppure di contribuenti che fanno valere detrazioni tali da azzerare l'imposta lorda. Analizzando la distribuzione dell'imposta per classi di reddito complessivo si evidenzia che i contribuenti con redditi fino a 35.000 euro (85% del totale contribuenti con imposta netta) dichiarano il 47% dell'imposta netta totale, mentre il restante 53% dell'imposta netta totale è dichiarata dai contribuenti con redditi superiori a 35.000 euro (15% del totale dei contribuenti). I soggetti con un reddito complessivo maggiore di 300.000 euro dichiarano il 4,9% dell'imposta totale "
In valore assoluto, l'imposta  dichiarata da questo solo gruppo di reddito (oltre € 300.000) è pari a  7,40 MM . Oggi, a questi redditi viene applicata un'aliquota del 43% mentre, se provassimo ad applicarne una del 75%, si avrebbero risorse aggiuntive per 5,5MM d'euro.Se diversamente si volessero invece incrementare progressivamente le aliquote marginali a partire dai redditi superiori a € 70.000, probabilmente, si potrebbe ottenere un risultato anche superiore, senza arrivare ad un'aliquota del 75% per i redditi oltre i 300.000 euro, restando sufficiente una fino al 65%.

Comprendo che parlare di maggiore imposizione fiscale e di solidarietà, in un momento in cui da ogni parte si richiede una riduzione del carico fiscale, possa sembrare impopolare ed addirittura improvvido. In realtà, la maggiore solidarietà è richiesta ai più abbienti e non è strettamente connessa ad un incremento complessivo del carico fiscale rispetto al PIL. Si possono prevedere delle riduzioni su altri segmenti (come ad esempio io stesso suggerisco per quanto riguarda il cuneo fiscale a carico delle imprese).Si possono prevedere delle riduzioni sulle fasce deboli di reddito grazie ad una lotta più serrata all'evasione fiscale. Si possono pensare a delle riduzioni dovute all'incremento delle entrate dello Stato rivenienti dalle prestazioni di servizi, tariffe o sfruttamento del patrimonio artistico ecc.