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mercoledì 20 dicembre 2017

CRISI BANCARIA E VIGILANZA


All'interno del dibattito politico  è  frequente  riscontrare   la convinzione dell'esistenza di un nesso fra le difficoltà vissute dal sistema bancario italiano e la qualità del  sistema di vigilanza esercitato dalla Banca d'Italia e dalla Consob. Si avvertono spesso dei dubbi sulla qualità di questa sorveglianza che, a detta di molti, potrebbe avere inciso sull'andamento del settore. 
Quello che non mi sembra del tutto chiaro è  su quali aspetti si concentrino tali critiche: 
a) sui parametri di capitalizzazione?
 Mi sembra che su questo punto vi sia stata sempre un'attenta sorveglianza.
 Se poi parliamo ,invece, del ritardo con cui si è proceduto alla ricapitalizzazione delle banche dichiarate in difficoltà, molto è legato anche alla loro struttura proprietaria di cui certo non si può incolpare la Banca d'Italia. Per anni , al contrario, la presenza delle Fondazioni e dell'associazionismo locale nel capitale di molte banche è stato rivendicato come elemento di pregio del nostro sistema Italia, identificando in queste situazioni una garanzia  del loro carattere  popolare e democratico.
 Sappiamo tutti che invece popolare in Italia significa  spesso politico/partitico e locale fa riferimento a padronati e poteri non sempre illuminati . Quanto questo sia stato un freno al processo di un'adeguata capitalizzazione  delle banche è abbastanza evidente. Per lo più  è stato dettato dalla preoccupazione di perderne il controllo, ma non credo che questo sia un problema risolvibile con una migliore sorveglianza. E' stata più volte segnalata l'urgenza di una maggiore capitalizzazione; ma , detto questo , sono state  le forze del mercato , gli investitori, i possibili altri gruppi interessati ad acquisirne il controllo  che hanno deciso o decideranno ( per i casi in corso),in ultima analisi,  l'esito del problema.  
b) sulla quantità e qualità dei rischi assunti? 
Sull'aspetto quantità e qualità vi sono le regole di Basilea che vengono accuratamente seguite e i rischi sono costantemente monitorati. La qualità dei rischi è tra l'altro, secondo le regole di Basilea, essenziale per la determinazione del capitale necessario a presidio .- Una delle più gravi problematiche presenti in Italia per il recupero crediti è invece l'estrema lentezza del sistema giudiziario. Questo rende i tempi così lunghi da diventare, nei momenti di crisi, un problema enorme per l'equilibrio finanziario delle Banche . Le garanzie reali che fronteggiano i crediti in sofferenza sono spesso adeguate, ma di difficile recupero.-
 La crisi economica italiana è stata fra le più gravi all'interno della grande recessione iniziata nel 2008.Era naturale che le sofferenze siano state elevate ed il sistema bancario italiano ne sia uscito male.Quello che va sottolineato, tuttavia, è che la prima crisi finanziaria detonata negli USA ha avuto minori conseguenze immediate sul sistema bancario italiano rispetto agli altri paesi per il minor coinvolgimento in alcuni prodotti finanziari derivati. E' stato dopo , con le conseguenze della  crisi del debito pubblico e con la crisi economica delle aziende e le sofferenze rivenienti, che il sistema bancario italiano ha sofferto maggiormente.
c) sul costo del personale?
 Il sistema bancario è stato fra i primi a mettere in piedi un piano esuberi di concerto con le organizzazioni sindacali all'inizio degli anni 2000. Vi era anche la precisa visione strategica che i margini da intermediazione erano troppo bassi e si dovevano potenziare i margini da servizi . In particolare commissioni sulla consulenza finanziaria, titoli ecc. .Il personale veniva spostato il più possibile verso queste mansioni. C'è da dire ancora che la scarsa attitudine del risparmiatore italiano ad utilizzare il digitale e il web portava alla necessità di un ampia dislocazione territoriale, con un aggravio di costi rispetto al sistema bancario di altri paesi. Solo adesso, si pone con forza la necessità di una ristrutturazione, con una riduzione drastica degli sportelli e la riduzione complessiva del personale.
d) Adeguatezza del profilo di rischio dell'investitore nei confronti delle operazioni effettuate?
Per quello che mi risulta, in seguito alla Direttiva dell'Unione europea 2004/39/CE ( conosciuta come MIFID)recepita in Italia con il d.lgs 17 settembre 2007, n. 164. tutte le banche da quel momento hanno suddiviso la clientela per capacità e propensione al rischio facendo sottoscrivere adegata modulistica contenente i risultati di un'apposita intervista approfondita. In occasione della vendita di prodotti particolarmente rischiosi fanno sottoscrivere apposita informativa . Ho motivo di ritenere che da un punto di vista formale non vi sia molto da eccepire. Bisognerebbe entrare nel merito di diverse operazioni ma, una volta accertata, la comunicazione della rischiosità e l'accettazione della stessa da parte del cliente è difficile andare oltre. Siamo comunque in presenza di attività libere se non diversamente normate. E' necessara una motivata sentenza giudiziaria per poter parlare di eventuale truffa. 
Molti profilano un possibile conflitto d'interesse nei confronti della vendita dei propri titoli di credito alla clientela. In questo particolare caso stiamo parlando della proposta di ottenere un finanziamento per la propria attività. E' ovvio che una Banca lo chieda per se. Mi sembra assurdo impedirlo.
 A chi lo dovrebbe offrire se non alle persone con cui entra in contatto e che sono ovviamente i suoi clienti? Chi si sognerebbe di offrire i titoli della concorrenza ? 
E' come se il settore vendite della FCA vendesse ai propri clienti le auto della Renault.
 E' inevitabile che quando una Banca va in crisi siano i risparmiatori a soffrire. Non stiamo parlando dei piccoli depositanti perchè esiste una salvaguardia comune di tutela sui depositi  sino a 100.000 euro.
 L'attenzione si sposta pertanto sugli investitori di obbligazioni subordinate. In questo caso, come ogni titolare di obbligazioni emesse da azienda in difficoltà è difficile il recupero del proprio credito. Sia essa la FCA o la Banca Tal dei tali. Se il mercato dei titoli viene sospeso, siamo già di fronte al dramma del risparmiatore.
 In quale caso si può decidere di sostenere il suo credito con la fiscalità generale ( aiuto dello Stato)?
 Perché si dovrebbe tutelare un risparmiatore di un particolare settore e non di un altro? Certo, se vi è stata una truffa ed una sentenza che lo prova, va rimborsato da chi lo ha truffato; ma, qui si parla d'altro.
 Probabilmente è una questione di opportunità. Quale?
 Forse, quella di tutelare comunque il risparmiatore che orienta i suoi risparmi verso il finanziamento del sistema bancario?
C'è ovviamente una forzatura. La tutela già esiste per i depositanti sino a 100.000 euro .
Perché garantire a cura dello Stato  anche i titolari di obbligazioni e  non anche gli azionisti?
E' una questione di pura opportunità e non credo che si possa andare avanti ponendola come una questione di principio, su cui pochi sarebbero d'accordo.
 Anche nel caso della valutazione positiva dell'opportunità, mi sembra che ci troviamo davanti ad una scelta discutibile. Avrei preferito il salvataggio della Banca attraverso meccanismi da valutare e, a quel punto, la possibilità per il titolare di obbligazioni di ritornare in possesso del proprio credito in base ai tempi del risanamento finanziario della Banca in oggetto; magari, frazionandone il rimborso nel tempo.
Purtroppo quello che sembra assente nel dibattito su questo argomento è la preoccupazione per le possibili conseguenze sulla fiducia del risparmiatore.
Cosa pensate che passi nella mente di un risparmiatore in un momento come questo?
A mio parere, l'insicurezza.
Quello che , a mio avviso, lo preoccupa di più è il fatto che la sua sicurezza possa dipendere dalla qualità o meno di chi è preposto alla sorveglianza .Che  non vi siano, cioè, meccanismi automatici che in ogni caso , a prescindere dalla qualità delle persone , entrino in funzione per garantire il  suo credito. Il messaggio che passa dal Bail-in  sino alle vicende della Commissione parlamentare è invece che il risparmiatore, che incautamente ha più di 100.000 euro in una Banca, rischia di perderli e che ogni Banca   può finire in difficoltà grazie all'imperizia degli amministratori , degli organismi di vigilanza e della politica.
Possiamo permetterci il rischio di una tale incertezza per il risparmiatore?
La principale  funzione delle banche è l'intermediazione fra risparmio ed investimento. Mettere in pericolo questa funzione, alimentando la paura del depositante, è sbagliato.
In cosa consisterebbe una migliore vigilanza? Cosa bisogna fare per impedire che  una Banca  vada in crisi? Cosa bisogna fare quando una  Banca va in crisi?
Negli anni  trenta, durante la Grande Depressione, la risposta dei nostri padri e/o nonni fu quella,  in alcuni casi, della nazionalizzazione, della separazione delle banche d'investimento da quelle di credito ordinario e fra quelle  che operavano nel breve  e quelle che potevano operare nel medio e lungo termine.
Noi, moderni  e saccenti, abbiamo archiviato  tutto questo  ritenendolo superato e limitante. Addirittura, con le regole di Basilea,  abbiamo permesso uno  sconto relativo sulla capitalizzazione necessaria delle Banche  in base alla rischiosità o meno dei crediti concessi alla clientela. 
Non siamo intervenuti per disciplinare opportunamente meglio  le operazioni su derivati  e le cartolarizzazioni .
I tempi per il recupero del credito sono infiniti!
Ricordiamoci sempre che il volume dei possibili prestiti bancari è di molte volte superiore al proprio  capitale sociale . In realtà le banche prestano i soldi  ricevuti in deposito a vista e la fiducia del risparmiatore  è essenziale per il mantenimento del sistema. E' per questo motivo che gli Stati intervengono per salvare la banche e tutelare il risparmio. Coinvolgere i depositanti ( non gli investitori) nella crisi e/o nel pagamento del salvataggio di una banca è profondamente sbagliato.
Il problema non è ovviamente solo il Bail-in;  ma, pensare che  lo stesso, insieme ad una sorveglianza di qualità, sia risolutivo di ogni problema .
Le crisi purtroppo si verificano lo stesso  e sarebbe meglio pensare a come prevenirle  e come affrontarle quando si verificano, visto che il problema non può essere visto solo in chiave settoriale.
Ritorno  pertanto a chiedere:
a) le regole di  Basilea, comunemente accettate, ci garantiscono a sufficienza nei momenti di crisi?
b) Siamo certi che non vada considerata immediatamente in Italia una separazione fra Banche di credito ordinario e Banche d'investimento?
c) Va riconsiderata la separazione  fra banche di credito a breve e medio termine e regolamentare opportunamente la possibilità di  cartolarizzazione dei crediti? Ponendo ad esempio un limite all’utilizzo di questo strumento per la moltiplicazione del credito a fronte nel sistema?
d) non riteniamo necessaria un'adeguata regolamentazione dei prodotti derivati, ponendo dei  limiti d'importo in relazione all'operazione sottostante ed in ogni caso all’ammontare dei rischi complessivi da garantire? Non è il caso di porre un limite massimo allo spread applicato in ogni singola operazione e/o al  guadagno dell'intermediario finanziario?

e) Non riteniamo opportuno chiedere la revisione delle regole del Bail-in,  escludendo totalmente i depositanti,  per qualsiasi importo, dal coinvolgimento nel salvataggio delle banche?

martedì 5 dicembre 2017

CRESCITA E PROBLEMI DEL LAVORO



" La ripresa del processo di accumulazione del capitale ha fornito la spinta maggiore (+0,5 punti percentuali il contributo alla crescita degli investimenti) accompagnata da una espansione più contenuta dei consumi delle famiglie (+0,2 punti percentuali il contributo). La variazione delle scorte ha fornito un apporto negativo
(-0,5 punti percentuali) mentre il contributo della domanda estera netta è tornato ad essere positivo (+0,2 punti percentuali) a seguito dell’incremento sia delle importazioni di beni e servizi (+1,2%) sia delle esportazioni (+1,6%), in significativa accelerazione dopo il rallentamento nel secondo trimestre"(fonte: Nota mensile sull'andamento dell'economia italiana Novembre 2017 ISTAT)
I principali settori d'esportazione riguardano poi (Fonte: Ministero Sviluppo economico):
a) Macchine di impiego generale 23.685M(2014) 5,9% 23.524M(2015) 5,7% 22.922M(2016) 5,5% 14.903(gen-ago2016) 5,5% 15.829M(gen-ago2017) 5,4%
b)Altre macchine di impiego generale 21.513M ( 2014) 5,4%- 22.1118M(2015) 5,4% 22.829M(2016) 5,5% 14.773M (gen-ago2016) 5,4% 16.161M ( gen-ago2017) 5,5%
c) Autoveicoli 15.257M(2014) 3,8% 19.962(2015) 4,8% 21.278M(2016) 5,1% 13.457M(gen-ago2016) 4,9% 15.523M(genago2017) 5,3%
d) Medicinali e preparati farmaceutici 18.797M(2014)4,7% 17.597M(2015)4,3% 18.908M(2016) 4,5% 12.266M(gen-ago2016) 4,5% 14.035M(gen-ago 2017) 4,8%
e)Altre macchine per impieghi speciali 18.982M(2014) 4,8% 19.777M(2015) 4,8% 20.196M 4,8% 12.988(gen-ago2016) 4,8% 13.376M(gen-ago2017) 4,6%
 f)Articoli di abbigliamento, escluso l'abbigliamento in pelliccia 15.573M(2014) 3,9% 15.808M(2015) 3,8% 16.199M(2016) 3,9% 10.838M(gen-ago2016) 4,0% 11.249M(gen-ago 2017) 3,8%
g)Prodotti chimici di base, fertilizzanti e composti azotati,materie plastiche e gomma sintetica in forme primarie 13.234M(2014) 3,3% 13.567M(2015) 3,3% 13.339M(2016) 3,2% 8.723M(gen-ago2016) 3,2% 10.035M(gen-ago2017) 3,4%
h) Prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio 13.927M(2014) 3,5% 12.281M(2015) 3,0% 9.942M(2016) 2,4% 6.196M( gen-ago2016) 2,3% 8.647M(gen-ago2017) 3,0%
L'Italia mantiene  il suo aspetto manifatturiero anche se alcuni settori semi-artigianali ,come quello della lavorazione del cuoio , delle calzature e dei mobili non crescono se non addirittura diminuiscono . Assente anche fra i primi posti il settore alimentare. 
L'aumento significativo degli investimenti privati, credo   che evidenzi il successo dell'iniziativa del governo con il programma "Industria 4.0"; tuttavia, al momento, è l'incremento delle ore lavorate che consente alle imprese italiane di resistere e svilupparsi sui mercati.
"L’attuale fase di tonicità del mercato del lavoro è accompagnata dal forte incremento delle ore lavorate (+0,7% in T3 rispetto a T2). Conseguentemente si riduce la produttività del lavoro sia in termini di ore lavorate sia in termini di unità di lavoro ""( fonte: Nota mensile sull'andamento dell'economia italiana Novembre 2017 ISTAT)
E questo è l'altro problema che abbiamo davanti che va dalla precarizzazione al vero e proprio sfruttamento, in alcuni casi. Non potremo ricucire dei valori reali di convivenza sociale ed una cultura altrettanto valida, se non sapremo dare un'indicazione importante su questi temi. L'aumento della produttività ha bisogno degli investimenti tecnologici; ma, anche, di un utilizzo migliore della risorsa umana, della sua valorizzazione e della sua formazione (a tal proposito rimangono inascoltati da anni gli incitamenti di Romano Prodi verso un rilancio delle scuole tecniche)
Non si può rimandare ad esempio l'aumento significativo dell'ora di lavoro precario rispetto a quello stabilizzato.Bisogna inoltre ricominciare a parlare della sicurezza del lavoro e dei limiti al possibile sfruttamento.
 C'è poi una questione che, prima o poi, dovrà essere affrontata  in maniera chiara  ed è quella del volto italiano della "flexisecurity".
Questa ha dei limiti che sono molto pesanti:
a) il processo di tutela del lavoratore si limita all'ASPI ed ai contratti di ricollocamento e potenziamento degli uffici del lavoro in fase ancora d'implementazione. Deve essere affrontata e risolta la questione della disoccupazione di lunga durata, l'inattività e la difficoltà d'ingresso nel mercato del lavoro oltre che della conseguente marginalità. : Questa è una questione di cui l'intera società deve farsi carico.
b) L'applicazione del " Jobs Act" deve essere estesa quanto prima al mondo del lavoro pubblico. Questo è essenziale per modificarne radicalmente l'aspetto e migliorare l'utilizzo della risorsa lavoro. Accanto a questo va chiesta la possibilità di passaggio da un settore all'altro della Pubblica Amministrazione  con la necessaria graduazione rispetto all'anzianità di lavoro ed anche il possibile trasferimento territoriale: Non ultimo, va considerato anche il demansionamento, pur mantenendo la retribuzione percepita al momento, ma senza ulteriore accesso a scatti retributivi automatici . Allo stesso tempo, il sistema premiante e la retribuzione del settore pubblico vanno radicalmente modificati nel segno della meritocrazia  , dell'efficienza e dell' educazione complessiva del sistema pubblico Italiano a lavorare per obiettivi .
c) bisogna limitare la possibilità di utilizzo del lavoro precario come durata ed applicazione ed aumentare in maniera significativa il suo costo orario rispetto al lavoro continuativo: Devono essere inoltre totalmente equiparati gli aspetti di tutela e di contribuzione.


sabato 2 dicembre 2017

LE SCELTE NECESSARIE



Le varie proposte sulla gestione della spesa pubblica e sul tema fiscale  continuano  ad essere al centro del dibattito politico  perchè, in effetti,   stiamo parlando del tema centrale  di ogni proposta  politica e cioè delle   risorse necessarie e della loro disponibilità.
A tal proposito , vorrei sottoporvi una piccola riflessione ipotetica sui temi del deficit pubblico :
Facciamo l'ipotesi di avere una pressione fiscale complessiva che per comodità poniamo al 40% del PIL di ipotetici 1000MM. Avremmo un risultato di 400MM di entrate fiscali per lo Stato. Se il PIL aumentasse del 2% e cioè diventasse di 1.020MM il 40% relativo sarebbe di 408MM
Se vi fosse poi un deficit pari al 2% del PIl su 1000MM sarebbe di 20MM; mentre il 2% del nuovo PIl sarebbe di 20,4MM. In sostanza mantenendo la stessa percentuale di pressione fiscale sul PIl e la stessa percentale di deficit in presenza di una crescita del PIL del 2% per ogni 1.000MM si avebbero maggiori risorse per la spesa pubblica pari a 8,4 MM.
Se invece, in presenza di un aumento del PIL del 2%, si mantenesse sempre la stessa pressione fiscale del 40% ma si proponesse la riduzione del deficit di 0,8% sul PIL ,nella nuova situazione si porterebbe il deficit ad un ammontare di 12,20MM, con una riduzione in valore assoluto di ca 8 MM coperta dalle maggiori entrate fiscali .
E' facile programmare, pertanto, in presenza di un costante aumento annuo del PIL un progressivo azzeramento del deficit iniziale e l'inizio della riduzione dello stock del debito e della sua incidenza sul PIl . Tutto questo ipotizzando un mantenimento in valore assoluto della spesa pubblica nel tempo previsto dal progetto di riduzione del deficit e dell'incidenza del debito complesivo sul PIL. Successivamente, ogni aumento del PIl porterebbe alla posibilità di un aumento della spesa pubblica. 
E' evidente che all'interno di questa ipotesi di lavoro, un'azione politica importante ci costringerebbe a rivedere l'attuale suddivisione della spesa pubblica e/o delle entrate fiscali . Alla luce di quanto detto, un aumento ad esempio della progressività sui redditi elevati ed altre misure fiscali sui patrimoni elevati . sulle successioni ecc. potrebbero  consentire degli sgravi sul cuneo fiscale gravante sulle imprese , sui salari più bassi ecc.o consentire nuovi ammortizzatori sociali per la disoccupazione 
Se invece optiamo per un aumento dell'attuale deficit avremo sicuramente maggiori entrate e mezzi per un aumento immediato della spesa pubblica molto superiore. Tutto questo però a scapito  dei parametri finanziari complessivi fino a quando non si deciderà di ridurre progressivamente sia il deficit che il debito.
Sulla base di quanto esposto, desideravo pertanto  sottolineare alcuni punti :
a) Non sembra sostenibile l'ipotesi che il mantenimento di un deficit all'interno dei parametri del 2,9% porti automaticamente alla riduzione dell'incidenza del debito sul PIL; anzi, fino a quando il PIl crescerà con un incremento pari o minore del 2,9% su base annua, il rapporto peggiorerà. Il miglioramento si verificherà solo se il PIl aumenterà in misura maggiore del 2,9 % su base annua.
b) a parità di pressione fiscale sul PIL è importante cambiare radicalmente il peso atttribuito ai diversi settori e redditi. In sostanza, sarebbe utile introdurre una maggiore progressività sui redditi elevati che ci permetta di ridurre sostanzialmente il cuneo fiscale sul lavoro, ridando maggiore competitività alle nostre imprese.Allo stesso tempo, altre misure sui patrimoni elevati ,sulle successioni , sul web , ecc. potrebbero consentire ulteriori sgravi sul lavoro. Anche un maggiore contributo sui servizi  pubblici per i redditi più elevati potrebbe consentire una riduzione della spesa a carico dei redditi più bassi 
c) Sarebbe importantissimo modificare radicalmente la qualità della spesa pubblica mettendo al primo posto adeguati ammortizzatori sociali per la disoccupazione di lunga durata ed i contratti di ricollocamento, legati alla proposta di un piano nazionale del lavoro.Ritorna importante mettere al primo posto i servizi sociali a favore dei più bisognosi : Dal reddito d'inclusione , alle case popolari ecc ecc. Bisogna far ripartire  dei grandi investimenti  pubblici ,in sinergia con i privati , capaci di dare un indirizzo allo sviluppo economico del nostro paese.
 Molte spese andrebbero sacrificate a favore di queste? E' possibile e doveroso.
Allo stesso modo anche diversi settori della Pubblica Amministrazione ormai in possibile soprannumero di personale ,grazie all'utilizzo degli strumenti informatici, dovrebbero essere ridimensionati a favore di altri .
Diventa essenziale inoltre una gestione meritocratica e motivazionale delle retribuzioni tale da scoraggiare ed emarginare i comportamenti di disaffezione e di assenteismo: Francamente gli aumenti a pioggia previsti nell'ultimo rinnovo contrattuale del settore pubblico sembra del tutto ingiustificato anche in considerazione del fermo dell'inflazione di questi anni.

giovedì 2 novembre 2017

RIFORMA FISCALE, NUOVO WELFARE E AZIONE DELLO STATO.




La realizzazione di un nuovo Welfare,  che sostenga  il cittadino nelle difficoltà legate alla discontinuità del lavoro , offra adeguati servizi sociali e  tuteli gli emarginati e le categorie deboli, deve essere la  priorità di un movimento politico progressista.
Teniamo presente come il problema della discontinuità del lavoro ed il pieno utilizzo dei diversi fattori di produzione sia uno dei punti centrali di questo passaggio epocale dello sviluppo economico,  fondato sulla crescente digitalizzazione  e sull'ampia globalizzazione  . Durante i periodi di cambiamento,  nuovi settori di popolazione e di attività  possono subire processi di emarginazione e di espulsione dal mercato del lavoro e dalla produzione, andando ad alimentare l'esercito di persone  da riavviare all'interno della popolazione attiva.
Il nuovo Welfare deve essere capace di sostenere  ed affrontare queste nuove urgenze sociali.
I movimenti migratori  richiedono delle misure adeguate  per permettere un pieno utilizzo delle risorse lavoro in arrivo; ma, non dimentichiamo che, allo stesso tempo,  questo comporta la necessità di dare  una risposta anche alla marginalità di tanti giovani italiani che, a loro volta, alimentano un fenomeno migratorio in uscita dal nostro paese per mancanza di sbocchi professionali.
Un partito progressista, che si pone  come guida di un  paese,  deve essere anche in grado, dunque,  d'indicare un'adeguata  politica economica di sviluppo economico e sociale,  capace di utilizzare pienamente i fattori di produzione disponibili e dare un senso allo sviluppo economico, compatibile con il rispetto della natura che ci circonda.
Questo significa  capire quanto possa essere utile anche l'azione diretta dello Stato nell'avvio di attività produttive che l'iniziativa privata non è ancora capace d'intraprendere   o di portare a piena maturazione. A questo scopo è necessario riavviare in maniera nuova la sinergia fra pubblico e privato, rivoluzionando l'attuale  struttura di partecipazioni e di attività esistente  e l'efficacia e funzionalità della pubblica amministrazione.
Ora, è inutile girarci intorno, ma  tutto questo non può essere fondato,  nel lungo periodo,  se non su di una contribuzione  fiscale dei cittadini in forma maggiormente progressiva sui loro redditi e le loro rendite  finanziarie , immobiliari o di partecipazione societaria; specie, quando anche il frutto dell'investimento  continua ad alimentare una distribuzione diseguale delle ricchezze che accentua la marginalità di larghi strati della popolazione.
Occorrerebbe probabilmente rivedere accuratamente tutti questi aspetti ma ritengo che  questa riforma sia una delle priorità d'affrontare.
Questo, perché diventa sempre più evidente come  debba essere necessariamente separato  il campo dell'assistenza sociale da quello della previdenza  e che il tutto non possa pesare unicamente sul contributo del lavoro. Ciò, fra le altre cose, produce un alto costo  per l'impresa che ne riduce la competitività complessiva.
L'assistenza sociale deve pesare sulla fiscalità generale e questo significa sostanzialmente solidarietà sociale in misura maggiormente progressiva in base al reddito ed al patrimonio. Ci piaccia o non ci piaccia  non ci sono alternative o possibili differimenti della questione.
Oggi la marginalità  sta interessando addirittura  le generazioni  e larghi strati della popolazione . Sta diventando una delle condizioni della normale vita sociale e sfido chiunque ad affermare che questo sia l'indicatore di una società in buono stato di salute.


mercoledì 13 settembre 2017

IL FUTURO ORGANIZZATIVO DEI PARTITI? I CIRCOLI ONLINE.



La comunicazione nei tempi della RETE ha assunto dei connotati originali e ,soprattutto, delle possibilità innovative e di contatto che prima erano impraticabili.
Ognuno di noi ha la possibilità di trasmettere con facilità suoni , immagini, scritti e riflessioni proprie e di altri che lo hanno interessato e che vuole condividere con amici e conoscenti   in tutte le parti del mondo.
La politica fa parte delle relazioni umane e pertanto deve utilizzare ampiamente questi strumenti .La necessità  di uscire dai luoghi  WEB di scontato consenso, per diventare  sostanzialmente intermediari nei confronti di chi non la pensa come noi,  comporta, tuttavia, la necessità di un rapporto fra realtà virtuale e quella fisica.
 E' proprio nel rapporto con il territorio , con il lavoro,  con tutto ciò che viviamo direttamente che riusciamo meglio a capire cosa desideriamo e possiamo, a quel punto, fare in modo che il  rapporto di partecipazione al processo di comunicazione politica  avvenga  sia orizzontalmente , sia dal basso verso l'alto, sia con un ritorno  verso il basso. 
Perché si verifichi questo incontro e queste condizioni, dobbiamo banalmente far ritorno a quella che è la base della politica: cioè, la volontà delle persone di agire per la risoluzione dei problemi comuni vissuti nella propria realtà sociale.
Se non si parte da questo, rimanendo su di un livello di eccessiva astrazione, si rischia di restare nell'area del commento culturale , dell'osservazione  giornalistica, ma non della politica attiva.
E' importante che questo processo cammini sulle gambe di un rapporto con una realtà politico sociale concreta e con le organizzazioni ed associazioni di uomini che cercano di agire per cambiarla.
Per fare un esempio concreto , possiamo pensare a quelli  che  possono essere i processi legati ad un settore lavorativo. 
Prendiamo ad esempio i lavoratori del settore credito. Ognuno di loro ha un'esperienza giornaliera comune dei problemi della propria vita lavorativa e sente con chiarezza anche tutti i problemi del settore , le aspetattive della clientela,i problemi legati alla crisi finanziaria, le azioni intraprese dal governo , le regole e le leggi che regolano il settore.
 Molti di loro fanno parte o comunque danno la loro adesione ai sindacati di categoria che li rappresentano e che mediano anche con le altre parti sociali e con le istituzioni . All'interno di questo insieme  di persone che vivono e s'interessano di questi problemi si formano opinioni , correnti di pensiero , discussioni e anche assunzioni di responsabilità da parte di alcuni che decidono d'impegnarsi maggiormente ,  aderendo alle varie forme associative  esistenti, per portare avanti la risoluzione dei problemi comuni.
In qualche modo, queste persone, pur avendo idee diverse, comunicano fra di loro e dibattono anche con tutti gli altri ,rappresentando dei punti di riferimento. Quasi tutti poi cercano d'inquadrare i problemi del setttore in quelli sociali più complessi della loro vita e all'interno di una visione generale della società, che è in fondo la politica.
E' necessario, pertanto, che chi decide di assumere maggiori responsabilità ed ha le stesse idee politiche possa anche avere dei momenti organizzativi comuni dove scambiare le proprie opinioni ed organizzare proposte politiche . 
E' inevitabile che in questa fase l'aspetto della comunicazione sia molto più vicino alle eco chambers, mentre l'azione di queste persone nei confronti degli altri sarà molto simile a quella esercitata dagli intermediari "influencers"
E' normale, anche, che queste persone ,facenti parte di una stessa organizzazione politica, mandino verso l'alto dei contenuti sui problemi che vivono quotidianamente e  ricevano in contropartita delle indicazioni dai loro vertici, sviluppando quella comunicazione bidirezionale. tanto auspicata.
 In sostanza, per concludere, quello che voglio dire è che anche nei tempi della RETE la qualità dei processi nasce dall'incontro con l'impegno nel territorio e nel settore lavorativo, all'interno del quale la funzione politica coincide di fatto con quella d'intermediario e influencers ,ma anche con l'assunzione di responsabilità.
E' all'interno di questo processo che può realizzarsi anche la formazione della classe dirigente ed una reale partecipazione democratica. E' importante   che tutto questo possa usufruire degli strumenti di partecipazione moderni connessi all'utilizzo della RETE. In tal modo, possono essere superati i limiti temporali e territoriali che spesso impediscono  o rendono problematica la partecipazione a molte persone.
I Circoli  online possono costituire  la prima immediata risposta che i partiti politici possono dare alle persone senza per questo negare la posibilità di accoppiare a questa forma organizzativa   incontri sul territorio, eventi  ecc ecc. e tutte  le altre  tradizionali attività politiche. La forma organizzativa online  può permettere, inoltre, complessivamente una forte riduzione dei costi logistici ed organizzativi ed assicurare un'importante trasparenza delle attività svolte, dlle decisioni prese, della formazione della classe dirigente  e della scelta dei candidati alle elezioni locali e politiche. 
Sarebbe importante riflettere e arrivare ad una sintesi, almeno a livello provinciale,  facendo confluire gli esistenti circoli  territoriali in una realtà online.
Per quanto riguarda i circoli su base tematica o lavorativa o generalisti potrebbe esserci invece un'aggregazione libera meno vincolata al territorio e confluente in un coordinamento nazionale di settore.
E' importante comunque che tutti gli iscritti alle nuove realtà di sintesi possano partecipare alla votazione diretta dei propri rappresentanti sia all'interno del partito che nelle Istituzioni.
Solo così potra essere compiuta e resa vincente la modernizzazione dell'organizzazione democratica dei partiti. 

giovedì 27 luglio 2017

STOP AI VITALIZI ? C'é odore d'incostituzionalità



Ho provato a leggere il testo della legge Richetti e , spero di sbagliarmi, trovo veramente originale  questo modo di riorganizzare l'importo del vitalizio per coloro che già ne godono da tempo e ben prima dall'entrata in vigore delle leggi che lo hanno modificato.

 l'Art. 2 della legge  Richetti parla di una suddivisione dell'importo dell'indennità parlamentare in due parti, di cui una costituita dal contributo pensionistico a cui viene assoggettato il parlamentare e l'art.4  ne stabilisce  il versamento .
 Ciò va bene  per il futuro, ma di quale contributo stiamo parlando per il passato se, come sembra , non è stato mai versato? 
Di quale calcolo col sistema contributivo stiamo parlando?
Mi sembra che siamo in presenza di una semplice riduzione del vitalizio e basta,con un calcolo basato su di una presunzione di contributo che non vi è mai stata.
Siamo nel campo della totale supponenza?  Quale senso può essere dato a tutto questo? 

Ripeto,mi auguro di non aver capito niente, ma mi sembra  evidente l'incostituzionalità della violazione del principio della non retroattività. della legge. Qualunque costituzionalista o chiunque conosca un minimo di diritto dovrebbe giungere a queste conclusioni. 
La cosa più pericolosa è poi non tanto la legge in sé, ma il fatto che venga richiesta a gran voce, in nome di una populistica esigenza di giustizia, la violazione del principio costituzionale.

Chi  ci proteggerà dalla violazione di tale principio in altre situazioni? Chi lo giudicherà essenziale ?

La Costituzione è il patto primario fra i cittadini e nessuno può violarla. Mi aspetto pertanto  che la Corte Costituzionale  non faccia passare questa legge. La cosa più grave è che una buona parte del Parlamento l'abbia approvata e sia stata  proposta da uno dei principali esponenti del PD.
E' vero, esistono retribuzioni assurde all'interno della nostra società , una distribuzione delle ricchezze prodotte profondamente ineguale; ma, il modo di risolverla non è certo quello di scagliarsi contro questa o quella categoria che non ci piace, specie poi in maniera retroattiva. 

Perché non chiediamo anche di farci restituire  buonuscite milionarie concesse in passato a dirigenti di società controllate? 
Chi colpiremo?
I calciatori si, ma i cantanti no? Gli attori no ma gli avvocati si? Ecc... ecc.

Non si opera in questo modo! Ci sono delle regole costituzionali  da rispettare e prima fra tutte la non retroattività degli effetti dei provvedimenti legislativi. 
Per attuare una redistribuzione delle ricchezze il metodo più semplice e paritario è quello fiscale. 
Invece di cavalcare la giusta indignazione ed il malessere popolare con provvedimenti discutibili, perché nessuna forza politica  porta avanti un semplice programma di redistribuzione  basato su una riforma fiscale di questo tipo?: 

i) tassazione specifica dello 0,20% sulle ricchezze finanziarie detenute dalla famiglie italiane. 
Secondo i dati forniti dalla Banca d’Italia le ricchezze finanziarie al 2014 ammontano, al netto delle passività, a ca. 2.991 miliardi di euro. Una tassazione aggiuntiva dello 0,20% (pari ad esempio a ca. 200 euro su di un montante di 100.000 euro) darebbe risorse per ca. 5,9 miliardi d’euro annui
ii) tassazione sulle transazioni finanziarie;
iii) tassazione del 75% sugli utili delle istituzioni finanziarie ed assicurative relativi alle operazioni di derivati;
iv) tassazione patrimoniale progressiva sui patrimoni immobiliari superiori a 1M di euro;
v) tassazione progressiva sulle successioni ereditarie d’importo superiore a 1M di euro;
vi) aliquote progressive IRPEF a partire dai 70.000 euro in su da cui si possono ricavare maggiori risorse annue di ca. 10MM;
vii) web tax sugli utili realizzati in Italia da parte delle multinazionali del settore digitale.
Quest'ultimo punto, insieme a quello sulle transazioni finanziarie, dovrà probabilmente essere ottenuto con un'azione congiunta dei diversi paesi a livello europeo. Potrebbe in questo caso essere utile ripartire i ricavi della tassazione al 50% con la UE”

lunedì 26 giugno 2017

DOPO LE AMMINISTRATIVE



L'esito delle recenti elezioni amministrative può dare degli spunti di riflessione   anche su quelle che potranno essere le  azioni dei diversi partiti in vista delle  prossime politiche . 
Mi sembra che la novità più grossa sia rappresentata dal fatto che  una nuova riedizione del centrodestra può risultare vincente .
In forza di questa ipotesi è possibile  che vengano superate le  loro divisioni interne . Se percepiscono che, grazie ad un rinnovato accordo, sono in grado di andare a governare il Paese, lo faranno.
 Probabilmente punteranno ad ottenere la fiducia dell'elettorato su alcuni punti sensibili come quello della sicurezza, del contenimento del fenomeno migratorio, di una revisione ( più che un'uscita) del rapporto con l'Europa, di una riduzione della pressione fiscale.
La prima conseguenza immediata di questo ragionamento sarà un possibile  diverso atteggiamento anche rispetto alla legge elettorale.
 Sono convinto che si ritornerà a parlare di maggioritario di coalizione .
Che posizione prenderanno il PD , la sinistra variegata e il M5S in caso di una proposta forte dell'intero arco del centro destra in tal senso?
Forse il M5S sarà contrario, mentre i vari gruppi della sinistra potrebbero spingere verso un premio di coalizione per aumentare il propio peso politico. Basteranno i loro voti, uniti a quelli del centro destra, per una modifica in tal senso della legge elettorale?
E il PD? Che posizione assumerà in questo caso?
Ancora una piccola nota sul M5S: ho l'impressione che l'ipotesi di una rifondazione della coalizione di centrodestra tolga possibili voti al M5S lasciandogli i consensi degli irriducibili anti-sistema  e dei più orientati comunque a sinistra. Se questo fosse vero e percepito da Grillo e Casaleggio, potremmo assistere, da parte loro, ad un serrato corteggiamento della Lega da una parte  e dell'estrema sinistra dall'altra; magari, puntando sull'aspetto anti Europa, proprio per far fallire possibili saldature  del centro destra o del centro sinistra.

Il PD ha, intanto, tutto l'interesse a caratterizzarsi come partito della Nuova Europa a due velocità di Macron e Merkel; ma, con un ruolo da protagonista.
 Per fare questo,  più che chiedere maggiore elasticità, deve puntare sugli obiettivi comuni della gestione dell'immigrazione e dei rapporti economici e politici con medio Oriente e Nord Africa  . Migliorare l'impianto militare della difesa comune europea . Far crescere la quota degli investimenti comuni diretti sugli obiettivi di sviluppo programmatici del prossimo bilancio unitario.
Sul fronte interno questo significa, in qualche modo, rivedere la politica fiscale più volte annunciata e propagandata e con essa anche la politica del lavoro. 
Se si riapre il dibattito e la discussione profonda su questi punti  all'interno del partito prima e di conseguenza in tutto il paese dopo , il PD ha ancora la possibilità di assumere un ruolo di leadership  ed ottenere la fiducia dell'elettorato alle prossime politiche  per guidare il  processo di rinnovamento.
Tale discussione  avrà una forte influenza anche sulle alleanze che, a secondo di come  si articoleranno le posizioni, potranno avere uno sbocco o in una riconferma delle attuali alleanze di governo allargate a Forza Italia o  in una riproposizione di un nuovo fronte della sinistra unità, ma in una prospettiva avanzata e moderna, superando le attuali contrapposizioni ancorate su di una visione del passato non riproponibile. 

Non credo che si possa prescindere da tutto questo e rimanere  spettatori isolati o peggio ancora passivi. L'Italia sta passando uno dei momenti più difficili della sua storia. Siamo di fronte ad una crisi profonda dello stesso tessuto  sociale e della convivenza civile. Una forza di governo oggi non può limitarsi ad una oculata e sana amministrazione senza  proporsi anche come movimento ideale.

Personalmente sono convinto che tutto questo chiama anche in causa le modalità organizzative tradizionali dei partiti che  risultano oggi totalmente anacronistiche ed incapaci di assumere quel ruolo di organizzazione dell'intelligenza collettiva e della partecipazione politica che è il loro compito. Anche su questo punto si può giocare e vincere la battaglia contro il populismo anti-sistema .

sabato 3 giugno 2017

UNIONE SOCIALE DEMOCRATICA



Il  percorso verso la condivisione ed approvazione di una nuova legge elettorale sembra procedere con difficoltà  ed in questo quadro , sarebbe utile che il centro-sinistra riuscisse a superare le proprie divisioni e costruisse insieme una Unione Sociale Democratica.
Unione è il primo termine del progetto  e descrive semplicemente la necessità di trovare dei punti d’accordo programmatici per rappresentare adeguatamente in Parlamento i bisogni delle classi lavoratrici e di quei milioni di meno fortunati che oggi vivono ai margini delle nostre società o vedono peggiorare sensibilmente le loro condizioni di vita.
 Che poi questo si realizzi attraverso una grande coalizione o con forze che si presenteranno autonomamente, perché ritengono di portare avanti obiettivi e progetti diversi  non è al momento prevedibile. Non sfugge tuttavia l’importanza  di un’operazione del genere che  potrebbe portare il mondo di centrosinistra a superare quel 40% di consensi fra gli elettori  che lo porterebbe a dare un governo stabile al Paese.
Personalmente, ho sempre desiderato che l’insieme delle persone di centrosinistra riuscisse ad esprimere un’unica formazione politica  e comunque a fare delle proprie differenze interne  una risorsa e non un elemento di divisione incompatibile .
Questo finora non è successo,  bisogna prenderne atto e sperare che si cambi passo.
Il secondo termine del progetto è Sociale.
Questo è per me l’aspetto più sofferto in questo momento perché  non riesco a cogliere nell’intero mondo del centrosinistra un progetto ampio e completo da condividere. Purtroppo una delle peggiori eredità che ci sono state tramandate dagli anni della corruzione  ed inefficienza è quello di un diffuso scetticismo rispetto alla funzione pubblica; eppure, se ci riflettiamo un attimo, tutti gli studiosi individuano  fin dal secolo scorso nell’azione pubblica la chiave fondamentale per correggere gli errori e le inefficienze del libero mercato. L’azione pubblica è centrale ma è spesso temuta e considerata portatrice  d’inefficienza e corruzione.
Dal mio punto di vista questo non è ammissibile. L’azione pubblica ed il welfare sono sempre più centrali; anzi, forse devono riuscire oggi ad essere ancora più efficaci per affrontare i rischi  e le incertezze della società globalizzata.
La questione sociale è sempre più attuale richiede maggiore attenzione.
 Le differenze sociali e le ineguaglianze sono aumentate rispetto al passato con la concentrazione della ricchezza in un numero sempre minore di persone ed una divisione annuale dei reddito nazionale sempre più insopportabilmente diseguale. Interi settori della popolazione vivono nell’emarginazione, i livelli di disoccupazione e della popolazione attiva sono del tutto insoddisfacenti.
Questi sono evidenti segnali dell’incapacità di questa organizzazione sociale di funzionare in maniera soddisfacente ed è necessario che le forze di centrosinistra invertano questa tendenza, cominciando da subito a ridurre le distanze di reddito esistenti, utilizzando anche il sistema fiscale come fattore di dissuasione e di recupero di risorse da distribuire ai  meno fortunati.
Da dove prendere le risorse ? Forse continuando ad indebitare le casse dello Stato e credendo che tutto possa essere risolto dalla ripresa più consistente della crescita economica?
No, credo che il centrosinistra debba cominciare a chiedere un maggior contributo a chi ottiene dei redditi troppo elevati rispetto agli altri, a chi detiene patrimoni  e rendite finanziarie eccessive per iniziare a risanare il debito pubblico e redistribuire le risorse verso chi ne ha più bisogno ed in tal modo aiutare la ripresa economica nel segno del rispetto per l’ambiente e la persona.
Da dove reperire pertanto le risorse?
Innanzitutto con una riforma fiscale    che operi con i seguenti strumenti:
i) tassazione specifica dello 0,20% sulle ricchezze finanziarie detenute dalla famiglie italiane. 
  Secondo i dati forniti dalla Banca d’Italia le ricchezze finanziarie al 2014 ammontano, al netto   delle passività, a ca. 2.991 miliardi di euro. Una tassazione aggiuntiva dello 0,20% (pari ad  esempio a ca. 200 euro su di un montante di 100.000 euro) darebbe risorse per ca. 5,9 miliardi   d’euro annui
ii)    tassazione  sulle transazioni finanziarie;
iii)   tassazione del 75% sugli utili  delle istituzioni finanziarie ed assicurative  relativi alle                    operazioni di  derivati;
iv)   tassazione patrimoniale progressiva sui patrimoni immobiliari superiori a 1M di euro;
v)    tassazione progressiva  sulle successioni ereditarie d’importo superiore  a 1M di euro;
vi)   aliquote progressive IRPEF  a partire dai 70.000 euro in su  da cui si possono ricavare maggiori    risorse annue di  ca. 10MM;
vii)  web tax sugli utili realizzati in Italia da parte delle multinazionali del settore digitale.
Quest'ultimo punto, insieme a quello sulle transazioni finanziarie, dovrà probabilmente essere ottenuto con un'azione congiunta dei diversi paesi   a livello europeo. Potrebbe in questo caso essere utile ripartire  i ricavi della tassazione al 50% con la  UE”

Come  spendere quindi le risorse ottenute?
La funzione pubblica deve indirizzarsi innanzitutto  sugli investimenti produttivi, favorendo i settori della ricerca innovazione ed energia.
E’ necessaria contemporaneamente una profonda riforma della pubblica amministrazione che continui le indicazioni già realizzate dal ministro Madia.    Introdurre la gestione delle attività e delle prestazioni lavorative per obiettivi quantificabili e verificabili legando ad essi anche il sistema premiante. Introdurre anche nel settore pubblico  le modalità presenti nell’impiego privato, compreso il possibile demansionamento, trasferimenti da un  settore e l’altro della pubblica amministrazione e il trasferimento  territoriale .Tutto questo accanto ad una completa revisione e riqualificazione della  spesa pubblica
 il secondo punto da attuare è una sensibile riduzione del cuneo fiscale sul lavoro  ponendolo a carico della fiscalità generale: In tal modo le imprese potrebbero trovare immediate risorse sia per abbassare i propri prezzi di vendita che per investire adeguatamente considerato anche il recente sostegno del governo sulla possibilità di un maggiore ammortamento  sugli investimenti tecnologici .
L’altra grande questione è quella della realizzazione di un ampio piano nazionale del lavoro.
 Un polmone di lavoro che permetta di gestire insieme il fenomeno immigrazione e  la disoccupazione italiana di lunga durata contemporaneamente alla ricerca di un lavoro continuativo con l’assistenza dei centri per l’impiego. Al contrario di una logica puramente assistenziale e di sussidio  che espone poi le persone ad un contemporaneo  ingresso in un mercato del lavoro illegale e marginale  , l'inserimento di queste risorse produttive all'interno di un piano nazionale del lavoro ( con la creazione di squadre di lavoratori impegnate sia nella costruzione di alloggi popolari e di strutture sociali  sia nella messa in sicurezza del territorio  o nel recupero produttivo di aree agricole del demanio pubblico, nel settore dell’assistenza domiciliare verso anziani  ,malati ecc. ecc.).  potrebbe costituire un percorso d'integrazione sociale. Colmerebbe, inoltre, il vuoto  prodotto dall'abolizione dell'art 18  restituendo al lavoratore la continuità  della  sua condizione di lavoratore pur all'interno di una mobilità d'impiego. L'integrazione al lavoro dei migranti, arrivati legalmente o illegalmente nel nostro paese, potrebbe poi essere il veicolo più opportuno per una loro reale integrazione ed il successivo ottenimento della cittadinanza.

Il terzo punto del progetto riguarda il termine  “Democratico”
Francamente m’interessa poco il dibattito sulle preferenze elettorali  e le primarie se si continua a gestire il sistema dei partiti senza sviluppare nessuna reale forma di partecipazione politica alla formazione dei contenuti programmatici . Recentemente una ricerca ha evidenziato come questa funzione sia stata di fatto appaltata ai vari Think Tank , alle fondazioni a commissioni di tecnici  della squadra personale di questo o quell’altro politico. Non esiste una reale partecipazione democratica del cittadino alla vita politica dei partiti e l’unica possibilità che gli è rimasta è quella al massimo di esprime il suo si  o no ad una linea politica elaborata da altri spesso al di fuori delle strutture organizzative del partito di riferimento.  Questo non è più possibile  specialmente quando il web offre oggi la possibilità di superare i limiti di tempo e di spazio  esistenti ed ostativi di una ampia partecipazione popolare alla vita politica.: Del resto le strutture informatiche permettono anche una riduzione notevole dei costi. I circoli di base possono essere organizzati online e permettere una reale interazione fra le persone , una intensa attività culturale  e politica di proposta, la scelta consapevole di un percorso di responsabilità attraverso cui  formare una nuova classe dirigente conosciuta ed approvata dalla base. I circoli online dovrebbero essere presenti in ogni collegio elettorale per avere la possibilità/capacità di organizzare tutta una serie di attività politiche sul territorio ed arrivare poi alla scelta dei candidati per le elezioni sia locali che nazionali. Diventa sempre meno utile storicamente la funzione dei vecchi circoli territoriali Questi devono essere semmai sostituiti da attività sul territorio organizzate dai Circoli online. E’ facile a questo punto fare in modo che all’interno della direzione dei circoli online vengano scelti dei rappresentanti per un livello superiore organizzativo  regionale e nazionale. Una struttura più semplice e più partecipata .
La realtà che abbiamo davanti agli occhi, oggi, è molto diversa. 
Questo è invece il partito o la coalizione che vorrei: L’Unione Sociale Democratica.
Una unione del centro sinistra capace di ottenere la guida del paese e porlo in maniera stabile all’interno della nuova Europa che si sta configurando. Una nuova Europa capace d’investire nel Continente Africano e di stabilire un  asse di collaborazione nella nuova via della seta, proposta dalla Cina. Una Europa che faccia da stimolo agli USA ed alla GB per tornare ad avere quel rapporto dinamico che fin qui è stato motore di sviluppo non solo economico ma anche scientifico e culturale.


lunedì 29 maggio 2017

Le "vie" del nostro futuro



La nuova politica americana, portata avanti dal Presidente Trump, e l'uscita della Gran Bretagna dall'Europa stanno di fatto rilanciando la prospettiva di una maggiore integrazione europea.

Dopo il recente incontro  del G7 a Taormina è sembrato sempre più chiaro che l'Europa deve poter sviluppare un suo ruolo autonomo  e comune nel panorama internazionale. Ha ragione la Signora Merkel quando pensa  che l' Europa debba contare su se stessa e pertanto, inevitabilmente, si darà maggior peso alla difesa comune, alla gestione comune dei rapporti internazionali e si dovrà affrontare insieme la questione dell'instabilità del Medio Oriente e del Continente Africano che riversano milioni di persone nel Mediterraneo , verso le coste europee, nella speranza di una vita più degna di essere vissuta. 

All'interno di questo  possibile quadro evolutivo, ritengo che paesi come l'Italia e la Spagna, nonostante i loro problemi , possano inserirsi da subito nel nucleo principale dei paesi  interessati a questo progetto, proprio  per una relativa comunanza  d'interessi  con la Francia di Macron.

Sullo sfondo del nuovo assetto internazionale,  sembra poi profilarsi   un importante ruolo per la Cina , che si  è appena fatta promotrice di un grande progetto di sviluppo  con la sua proposta della "Via delle seta" e con la sua  volontà d'investire ca 800 MM di dollari nelle necessarie infrastrutture.
L'asse Cina- Europa può diventare l'immagine del  nostro futuro e può davvero rappresentare la speranza di uscire vincenti da un periodo tanto oscuro come quello attuale. C'è da dire  ancora che la "via della seta" può ragionevolmente entrare in Europa anche per via  marittima attraverso il territorio Italiano ed i suoi porti, nonostante  quello di Atene, dopo la recente acquisizione cinese,  sia in "pole position".

Le nostre società hanno bisogno di una nuova spinta di civiltà non solo riuscendo ad affrontare in maniera positiva e vincente la globalizzazione dell'intero sistema economico, ma affrontandone i limiti ed adottando le adeguate misure per superarli.

Di certo non è la riedizione della guerra commerciale, che tristemente negli anni trenta del secolo scorso fu la deriva  in cui sfociò la "grande depressione",  la possibile soluzione. 
Non sono i dazi indiscriminati che possono proteggerci; tuttavia, dovremmo, come Europa insieme a al G20 ed ai paesi più consapevoli, metterci d'accordo perché sia  il WTO  sia i vari trattati commerciali fra continenti    pongano delle condizioni e delle possibili sanzioni nei confronti di chi si oppone al rispetto del clima, ai diritti umani e del lavoro . Su questo bisognerebbe che vi fosse una maggiore iniziativa internazionale da parte delle organizzazioni del  mondo del lavoro stabilendo accordi e iniziative di lotta comuni anche sul piano internazionale. 

La seconda questione urgente è quella di ampliare e non di ridurre il welfare, proteggendo anche  categorie di piccoli imprenditori e settori di lavoro , messi in crisi dal processo di globalizzazione per consentire anche a loro una possibilità di reinserimento lavorativo. 

Il nuovo welfare deve anche rispondere alla maggiore  richiesta di flessibilità del lavoro. Essa  non deve pesare sul singolo lavoratore ma sulla fiscalità generale, che deve accompagnare il singolo lavoratore nel suo periodo  di disoccupazione, anche  di lunga durata,  verso il reintegro in una condizione lavorativa. 

La destabilizzazione che vivono le nostre moderne  società, in cui le differenze sociali aumentano e minano la stessa possibilità di convivenza  toccando anche i ceti medi, costituisce poi l'altra grande sfida che abbiamo davanti . 

Risuonano forti  nel silenzio di molti , su questo tema,  le  parole semplici da Papa Francesco : " non dobbiamo dare solo assistenza e sussidi,  ma lavoro a tutti, per dare dignità e cittadinanza ".

Non posiamo pensare  che questo possa avvenire solo con la crescita economica ( peraltro necessaria),  ma dividendo oggi e subito le opportunità di lavoro esistenti in maniera più equa e generale per tutti. 
Creando lavoro a cura della funzione pubblica.
Distribuendo, allo stesso modo e con  differenze molto più contenute, i redditi del lavoro e dell'impresa, utilizzando come equilibratore lo strumento fiscale. 
Riducendo adeguatamente la fetta destinata alla remunerazione della finanza.

lunedì 24 aprile 2017

Dove reperire le risorse



Quando si parla di dove reperire le risorse necessarie per la crescita ed il completamento delle riforme strutturali  ho   paura che vi sia una sostanziale  mancanza di idee e soprattutto che non si vogliano toccare alcuni punti per paura di perdere consensi elettorali; tuttavia, credo che sia necessario prendere delle decisioni e queste, a mio parere, non possono essere nè quella di pensare di aumentare la tassazione indiretta, in un paese che naviga a vista appena fuori dalla recessione, nè l'ulteriore aumento dell'indebitamento pubblico senza contropartita e con l'uscita dall'euro, nè quello , più morbido , di espandere ancora il debito pubblico solo per poter effettuare gli investimenti chiedendo che non vengano conteggiati nei limiti stabiliti dal Fiscal Compact. La questione di fondo in quest'ultimo caso è che se i mercati reagissero male alle nostre iniziative ii costo del nostro debito pubblico diventerebbe in breve tempo insostenibile , peggio del periodo 2011 che ha portato Monti al governo . Quando si parla pertanto d'investimenti pubblici bisogna spiegare , a mio parere , con dovizia di particolari il piano di ritorno dell'investimento . In sostanza, il processo economico che permetterà di ripagare in un tempo stabilito capitale ed interessi investiti creando un ulteriore utile in termini economici , di occupazione e di modernizzazione del sistema . Solo di fronte ad operazioni di questo tipo anche imponenti sono convinto che i mercati potrebbero addirittura non solo essere disponibili a considerare favorevolmente il rischio paese ma ad avere anche  interesse a partecipare all'operazione proposta. Bisogna uscire dal generico ed entrare nel merito. Riqualificare la spesa pubblica premiando il merito e la maggiore produttività delle risorse impiegate.

Da dove prendere quindi  le ulteriori risorse necessarie, oltre  a quanto sarà possibile  fare con una riqualificazione della spesa pubblica?
Innanzitutto con una riforma fiscale    che operi con i seguenti strumenti:

i)     tassazione specifica dello 0,20% sulle ricchezze finanziarie detenute dalla famiglie italiane.               Secondo i dati forniti dalla Banca d’Italia le ricchezze finanziarie al 2014 ammontano, al netto           delle passività, a ca. 2.991 miliardi di euro. Una tassazione aggiuntiva dello 0,20% (pari ad                  esempio a ca. 200 euro su di un montante di 100.000 euro) darebbe risorse per ca. 5,9 miliardi              d’euro annui
ii)    tassazione  sulle transazioni finanziarie;
iii)   tassazione del 75% sugli utili  delle istituzioni finanziarie ed assicurative  relativi alle                           operazioni di  derivati;
iv)   tassazione patrimoniale progressiva sui patrimoni immobiliari superiori a 1M di euro;
v)    tassazione progressiva  sulle successioni ereditarie d’importo superiore  a 1M di euro;
vi)   aliquote progressive IRPEF  a partire dai 70.000 euro in su  da cui si possono ricavare maggiori           risorse annue di  ca. 10MM;
Vii)  web tax sugli utili realizzati in Italia da parte delle multinazionali del settore digitale.


Quest'ultimo punto, insieme a quello sulle transazioni finanziarie, dovrà probabilmente essere ottenuto con un'azione congiunta dei diversi paesi   a livello europeo.
 Potrebbe in questo caso essere utile ripartire  i ricavi della tassazione al 50% con la  UE .

lunedì 27 marzo 2017

Una nuova politica fiscale europea




La  difesa e lo  sviluppo del progetto Europeo rappresentano una delle più  grandi risposte unitarie alla sfida della globalizzazione . Il documento sottoscritto a Roma  in questi giorni, contenente   la decisione  di muoversi a due velocità per unire su progetti più ambiziosi  chi è disposto  ad iniziare  subito ( lasciando agli altri la possibilità di partecipare successivamente), è il punto decisivo di questa fase d'integrazione .

In particolare , credo che bisognerebbe puntare sull'elemento fiscale con un accorgimento  che ritengo possa aggregare e nello stesso tempo smuovere le resistenze nazionali . 
Bisogna che la forza comune europea venga utilizzata per  portare avanti una Web Tax che colpisca le attività nell'area delle multinazionali informatiche . 
Allo stesso tempo, in tutta l'area deve essere  applicata subito  una tassazione sulle transazioni finanziarie ed allo stesso tempo si deve realizzare ,  anche con delle tappe  in un arco massimo di due anni ,l'uniformità della tassazione societaria per evitare sconfinamenti come quelli della FCA.

Per fare in modo che tutto questo diventi  appetibile anche sul piano politico nazionale , bisognerebbe suddividere gli introiti della nuova tassa web sulle multinazionali e quella sulle transazioni finanziarie al 50% fra gli stati nazionali di competenza e l'UE.

In tal modo sia la struttura centrale avrebbe immediatamente un incasso autonomo per l'investimento comune, sia  gli stati nazionali trarrebbero vantaggio nei loro bilanci dalla nuova applicazione fiscale ottenuta attraverso la forza comune .

Solo a questo punto, con un bilancio  comune rafforzato da un incasso autonomo, diventerebbe importante considerare il rafforzamento dell'unione politica  con la  proposta dell'elezione popolare diretta del Presidente della Commissione. 
Tale proposta verrebbe giustificata dal ruolo diverso di questa figura, rispetto al passato,  per la gestione delle più ampie risorse finanziarie comuni ( da utilizzare ad esempio per il sostegno alla disoccupazione non strutturale, alla ricerca scientifica , alle infrastrutture ecc,)  per una  difesa ed una  politica internazionale comune , per una  politica di gestione del fenomeno  della migrazione fondata non solamente  su principi comuni di accoglienza , ma soprattutto d'investimento nelle aree di provenienza.

Il futuro del progetto europeo  gioca, in questa fase storica, un ruolo strategico all'interno  del complessivo processo di globalizzazione mondiale.
Questo , sia nei confronti dell'equilibrio fra i grandi attori mondiali sia nei confronti delle aspettative delle popolazioni dei diversi paesi membri e di quelle dei paesi confinanti, in particolare del Mediterraneo.
La capacità di vincere questa sfida può assicurare un lungo periodo di benessere e prosperità .
Dobbiamo essere, tuttavia, capaci di lavorare nella prospettiva di una cooperazione comune, nel segno del rispetto della diversità e del valore insopprimibile delle diverse culture e storie nazionali.



domenica 19 febbraio 2017

AVANTI CON IL CONFRONTO



Desidero fare una prima osservazione  relativamente al dibattito congressuale appena avviato con l’Assemblea Nazionale del Partito Democratico   del 19 febbraio .
Molti ritengono che l'apertura della fase congressuale, che si concluderà con l'elezione del nuovo segretario  del PD, non rivesta i caratteri del confronto fra le posizioni politiche ed i diversi programmi .
 Questo non mi sembra vero; anzi, nessuno impedisce che nella varie convenzioni  a livello dei  Circoli  per poi proseguire  a quello provinciale, regionale e quindi nazionale non si realizzi  un ampio dibattito attorno alle varie tesi politiche connesse ai programmi dei candidati.
In passato, d'altra parte,  anche nel PCI ,nelle sezioni , in modo non molto diverso, si discutevano le varie mozioni congressuali legate ai diversi leaders   e via via si arrivava alla  fase nazionale con l'approvazione della mozione vincente .
 Oggi,  le primarie aperte, sin dal livello regionale, agli elettori (dandogli  forse un peso eccessivo rispetto agli iscritti  che in futuro potrebbe essere  ripensato,  stabilendo pesi diversi  in fase di consultazione elettorale  ed eventuali compensazioni)  costituiscono invece l’elemento di novità rispetto al passato all’interno dello Statuto del PD,   che, in tal modo, vuole essere  a pieno titolo un partito sia degli iscritti  sia  degli elettori .
Non vedo poi nessuna necessità di una eventuale Conferenza Programmatica ( richiesta a gran voce da molte parti come unica possibilità per la realizzazione di un reale confronto delle diverse posizioni) che sarebbe solo un inutile doppione del Congresso e che ha un senso proprio nello spazio  temporale intercorrente fra un Congresso e l'altro. La Conferenza programmatica è infatti prevista con cadenza annuale mentre la fase congressuale, legata all’elezione del nuovo segretario, dovrebbe teoricamente  avvenire al termine del suo mandato di quattro anni.
Venendo al nodo politico della fase attuale della vita del PD, l’ impressione è che la minoranza  veda nella linea politica attuale  del  Segretario  l’espressione di una visione  “antagonista” rispetto alla propria.
Nell’ascoltare gli interventi di Rossi , Emiliano e Speranza a Testaccio ieri nella loro  manifestazione congiunta, l'impressione è stata che considerino  Renzi e la sua politica come conflittuale  rispetto alle loro posizioni :una deriva di destra e neoliberista  rispetto alla tradizione della sinistra storica ed ideale italiana di cui loro si dichiarano i veri continuatori.
Presunzione da un lato di rappresentare  l’unica espressione della sinistra e degli interessi delle classi subalterne  e vetero conservatorismo dall'altro, spacciati per elemento di novità rispetto ai nuovi problemi sociali e mondiali.
Non a caso  all’interno dell’assemblea nazionale   vi è stata da parte di esponenti come Epifani, legati a questa minoranza, la condanna delle riforme strutturali portate avanti nel campo del lavoro  e della scuola che hanno rotto con una vecchia operatività consociativa .  Dal loro punto di vista siamo in presenza di contraddizioni talmente “ antagoniste “nei confronti degli interessi popolari  e della loro visione politica  da giustificare una scissione se non saranno rapidamente modificate le linee politiche attuali espresse da Renzi e dalla maggioranza a lui legata.
 In  qualche modo, questa concezione non può sottostare ai principi di subordinazione alla maggioranza, tipici delle regole democratiche,  perché non ne riconosce  l’autorità morale e politica.
Le loro critiche  non tendono ad andare avanti nella risoluzione dei problemi ancora presenti  dopo le riforme attuate ma a ripristinare l’ordine precedente  a partire da un metodo consociativo nei confronti del rapporto con il sindacato. Nella valutazione della riforma del lavoro non vengono valorizzati i risultati ottenuti con il passaggio a tempo indeterminato di ca. 600.000 giovani precari, l’apertura degli ammortizzatori sociali  ai disoccupati precari e l’aumento del sussidio di disoccupazione in molti casi dai 18 fino ai 24 mesi. Nel criticare gli aspetti ancora negativi presenti, come nella vicenda dei “voucher” o degli esodati, pensano di ritornare ai tempi passati. Invece di chiedere un ulteriore passo di tutela nei confronti dei disoccupati di lunga durata o dei giovani in cerca di prima occupazione,   cercando di colmare  i problemi ancora presenti  nella riforma del lavoro ,continuano a criticare  l’azione svolta dal governo definendola  lontana dai ceti popolari. Invece di valorizzare l’assunzione di 100.000 precari nella scuola,  ne evidenziano i limiti, probabilmente dovuti ad anni di colpevole silenzio sull’utilizzo di personale precario. Molto c’è ancora da fare, specialmente nel campo degli investimenti pubblici  e nel campo del lavoro, ma non mi rassicura pensare che le risorse necessarie possano essere recuperate  come ho sentito dire a Enrico Rossi principalmente  con il ripristino dell’IMU per chi se lo può permettere  o con l’introduzione di patrimoniali, o rivedendo le pensioni d’oro perché retributive o solo con un diverso utilizzo della spesa pubblica  o ancora non conteggiando tutti gli investimenti pubblici nel quadro di valutazione europea dei parametri finanziari di un Paese . Non credo che le risorse rivenienti potrebbero essere sufficienti e l’eventuale ulteriore aumento del debito pubblico potrebbe essere punitivo per il nostro paese con un ulteriore aumento della spesa per  interessi  sul totale della spesa annuale.  
Non mi sembra che questioni di questo livello si presentino ancora con una chiarezza tale da consentire la definizione di posizioni antagoniste  all’interno del PD. La stessa richiesta di tassazione patrimoniale per essere sufficiente ed efficace dovrebbe avere dei valori percentuali talmente elevati da renderla in parte  inapplicabile. Si può fare certamente qualcosa in questo ambito ma non possiamo aspettarci da una singola misura la risoluzione definitiva del problema.
Vedrei con maggiore interesse una ridefinizione delle aliquote IRPEF a partire dai 70.000 euro da cui si potrebbero ottenere maggiori introiti annuali di ca. 10MM ma non mi sembra che questa richiesta sia presente, in questi termini ,  nel programma della minoranza né che vi sia stata una presa in esame da parte della maggioranza.
Le stesse posizioni sull’Europa  richiedono una profonda riflessione comune proprio per  presentare agli italiani e in sede internazionale  una strada percorribile alternativa alle posizioni populiste e nazionaliste . Sul fronte poi del problema immigrazione chiedere di depennare il reato di clandestinità mi sembra proprio lanciare un messaggio contraddittorio nei confronti di chi si è avvicinato con sacrificio e  nella legalità al nostro paese. Personalmente, ritengo che, invece, un piano nazionale del lavoro che veda insieme  immigrati e disoccupati di lunga durata, uniti in una comune  esperienza di lavoro pubblico organizzato dallo Stato, contemporaneamente all’azione d’inserimento nel mercato  con l’ausilio degli uffici del lavoro, possa essere un obiettivo importante e mobilitante.
Queste riflessioni   mi portano a concludere che  non vi siano delle reali e  valide condizioni per una scissione  del Partito Democratico e del suo progetto. La convinzione che le contraddizioni evocate e raccontate non siano in realtà “ antagoniste “ e portatrici d’interessi  di classe, diversi e inconciliabili.
Con la stessa schiettezza penso, tuttavia,  che una parte consistente della cosiddetta minoranza lo creda e si stia preparando a considerare seriamente l’ipotesi di una scissione.
Perché dunque si presentano con quell'atteggiamento sintetizzato dall'intervento di Emiliano  ( sembra condiviso dagli altri )in Assemblea nazionale  ?
A mio parere, perché, coscienti di essere in ampia minoranza, cercano di  prendere tempo per ottenere almeno tre risultati :
a) scaricare la responsabilità di una eventuale scissione alla mancanza di capacità di sintesi e di attenzione da parte del Segretario Renzi e del gruppo dirigente del partito;
b) ottenere un risultato minimo : quello di restare  all'interno del partito ottenendo tuttavia una modifica della linea programmatica  grazie ad un compromesso con la Direzione attuale. Tutto questo in modo da poter vendere ai propri seguaci questo risultato ed ottenere un maggior peso  visibile all'interno del PD da spendere successivamente anche nell’ambito delle successive primarie
c) arrivare ad un risultato massimo:  giungere alla scissione dopo aver realizzato un’ampia propaganda e visibilità delle loro posizioni anche  a livello locale e sui media, in modo da aumentare la quota delle persone, oggi indecise ,che potrebbero seguirli in caso di scissione. 
Alla luce di quanto espresso , personalmente, non ho molta fiducia che i contrasti fra le varie posizioni interne al PD possano superarsi e ricucirsi in uno sforzo comune di collaborazione e rispetto reciproco.
E’ probabile, invece, che la scissione arriverà presto, perché la minoranza non otterrà gli spazi d’azione e di compromesso sulla linea  del partito che richiede.
Si consumerà in questo modo, forse definitivamente, quel processo d’incontro fra le culture progressiste italiane ( cattolico popolare e socialista) vissuto secondo un concetto di egemonia dell’una sull’altra.
Dobbiamo andare  avanti verso la capacità di gestire  in modo nuovo i problemi del nostro tempo , certo, utilizzando la storia e la cultura che ci vengono dalla tradizione culturale  e dalle lotte del movimento progressista ; dobbiamo ,tuttavia, essere capaci di riadattare questi concetti, insieme,  per affrontare i problemi del nostro tempo con la massima apertura ideale.