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domenica 19 febbraio 2017

AVANTI CON IL CONFRONTO



Desidero fare una prima osservazione  relativamente al dibattito congressuale appena avviato con l’Assemblea Nazionale del Partito Democratico   del 19 febbraio .
Molti ritengono che l'apertura della fase congressuale, che si concluderà con l'elezione del nuovo segretario  del PD, non rivesta i caratteri del confronto fra le posizioni politiche ed i diversi programmi .
 Questo non mi sembra vero; anzi, nessuno impedisce che nella varie convenzioni  a livello dei  Circoli  per poi proseguire  a quello provinciale, regionale e quindi nazionale non si realizzi  un ampio dibattito attorno alle varie tesi politiche connesse ai programmi dei candidati.
In passato, d'altra parte,  anche nel PCI ,nelle sezioni , in modo non molto diverso, si discutevano le varie mozioni congressuali legate ai diversi leaders   e via via si arrivava alla  fase nazionale con l'approvazione della mozione vincente .
 Oggi,  le primarie aperte, sin dal livello regionale, agli elettori (dandogli  forse un peso eccessivo rispetto agli iscritti  che in futuro potrebbe essere  ripensato,  stabilendo pesi diversi  in fase di consultazione elettorale  ed eventuali compensazioni)  costituiscono invece l’elemento di novità rispetto al passato all’interno dello Statuto del PD,   che, in tal modo, vuole essere  a pieno titolo un partito sia degli iscritti  sia  degli elettori .
Non vedo poi nessuna necessità di una eventuale Conferenza Programmatica ( richiesta a gran voce da molte parti come unica possibilità per la realizzazione di un reale confronto delle diverse posizioni) che sarebbe solo un inutile doppione del Congresso e che ha un senso proprio nello spazio  temporale intercorrente fra un Congresso e l'altro. La Conferenza programmatica è infatti prevista con cadenza annuale mentre la fase congressuale, legata all’elezione del nuovo segretario, dovrebbe teoricamente  avvenire al termine del suo mandato di quattro anni.
Venendo al nodo politico della fase attuale della vita del PD, l’ impressione è che la minoranza  veda nella linea politica attuale  del  Segretario  l’espressione di una visione  “antagonista” rispetto alla propria.
Nell’ascoltare gli interventi di Rossi , Emiliano e Speranza a Testaccio ieri nella loro  manifestazione congiunta, l'impressione è stata che considerino  Renzi e la sua politica come conflittuale  rispetto alle loro posizioni :una deriva di destra e neoliberista  rispetto alla tradizione della sinistra storica ed ideale italiana di cui loro si dichiarano i veri continuatori.
Presunzione da un lato di rappresentare  l’unica espressione della sinistra e degli interessi delle classi subalterne  e vetero conservatorismo dall'altro, spacciati per elemento di novità rispetto ai nuovi problemi sociali e mondiali.
Non a caso  all’interno dell’assemblea nazionale   vi è stata da parte di esponenti come Epifani, legati a questa minoranza, la condanna delle riforme strutturali portate avanti nel campo del lavoro  e della scuola che hanno rotto con una vecchia operatività consociativa .  Dal loro punto di vista siamo in presenza di contraddizioni talmente “ antagoniste “nei confronti degli interessi popolari  e della loro visione politica  da giustificare una scissione se non saranno rapidamente modificate le linee politiche attuali espresse da Renzi e dalla maggioranza a lui legata.
 In  qualche modo, questa concezione non può sottostare ai principi di subordinazione alla maggioranza, tipici delle regole democratiche,  perché non ne riconosce  l’autorità morale e politica.
Le loro critiche  non tendono ad andare avanti nella risoluzione dei problemi ancora presenti  dopo le riforme attuate ma a ripristinare l’ordine precedente  a partire da un metodo consociativo nei confronti del rapporto con il sindacato. Nella valutazione della riforma del lavoro non vengono valorizzati i risultati ottenuti con il passaggio a tempo indeterminato di ca. 600.000 giovani precari, l’apertura degli ammortizzatori sociali  ai disoccupati precari e l’aumento del sussidio di disoccupazione in molti casi dai 18 fino ai 24 mesi. Nel criticare gli aspetti ancora negativi presenti, come nella vicenda dei “voucher” o degli esodati, pensano di ritornare ai tempi passati. Invece di chiedere un ulteriore passo di tutela nei confronti dei disoccupati di lunga durata o dei giovani in cerca di prima occupazione,   cercando di colmare  i problemi ancora presenti  nella riforma del lavoro ,continuano a criticare  l’azione svolta dal governo definendola  lontana dai ceti popolari. Invece di valorizzare l’assunzione di 100.000 precari nella scuola,  ne evidenziano i limiti, probabilmente dovuti ad anni di colpevole silenzio sull’utilizzo di personale precario. Molto c’è ancora da fare, specialmente nel campo degli investimenti pubblici  e nel campo del lavoro, ma non mi rassicura pensare che le risorse necessarie possano essere recuperate  come ho sentito dire a Enrico Rossi principalmente  con il ripristino dell’IMU per chi se lo può permettere  o con l’introduzione di patrimoniali, o rivedendo le pensioni d’oro perché retributive o solo con un diverso utilizzo della spesa pubblica  o ancora non conteggiando tutti gli investimenti pubblici nel quadro di valutazione europea dei parametri finanziari di un Paese . Non credo che le risorse rivenienti potrebbero essere sufficienti e l’eventuale ulteriore aumento del debito pubblico potrebbe essere punitivo per il nostro paese con un ulteriore aumento della spesa per  interessi  sul totale della spesa annuale.  
Non mi sembra che questioni di questo livello si presentino ancora con una chiarezza tale da consentire la definizione di posizioni antagoniste  all’interno del PD. La stessa richiesta di tassazione patrimoniale per essere sufficiente ed efficace dovrebbe avere dei valori percentuali talmente elevati da renderla in parte  inapplicabile. Si può fare certamente qualcosa in questo ambito ma non possiamo aspettarci da una singola misura la risoluzione definitiva del problema.
Vedrei con maggiore interesse una ridefinizione delle aliquote IRPEF a partire dai 70.000 euro da cui si potrebbero ottenere maggiori introiti annuali di ca. 10MM ma non mi sembra che questa richiesta sia presente, in questi termini ,  nel programma della minoranza né che vi sia stata una presa in esame da parte della maggioranza.
Le stesse posizioni sull’Europa  richiedono una profonda riflessione comune proprio per  presentare agli italiani e in sede internazionale  una strada percorribile alternativa alle posizioni populiste e nazionaliste . Sul fronte poi del problema immigrazione chiedere di depennare il reato di clandestinità mi sembra proprio lanciare un messaggio contraddittorio nei confronti di chi si è avvicinato con sacrificio e  nella legalità al nostro paese. Personalmente, ritengo che, invece, un piano nazionale del lavoro che veda insieme  immigrati e disoccupati di lunga durata, uniti in una comune  esperienza di lavoro pubblico organizzato dallo Stato, contemporaneamente all’azione d’inserimento nel mercato  con l’ausilio degli uffici del lavoro, possa essere un obiettivo importante e mobilitante.
Queste riflessioni   mi portano a concludere che  non vi siano delle reali e  valide condizioni per una scissione  del Partito Democratico e del suo progetto. La convinzione che le contraddizioni evocate e raccontate non siano in realtà “ antagoniste “ e portatrici d’interessi  di classe, diversi e inconciliabili.
Con la stessa schiettezza penso, tuttavia,  che una parte consistente della cosiddetta minoranza lo creda e si stia preparando a considerare seriamente l’ipotesi di una scissione.
Perché dunque si presentano con quell'atteggiamento sintetizzato dall'intervento di Emiliano  ( sembra condiviso dagli altri )in Assemblea nazionale  ?
A mio parere, perché, coscienti di essere in ampia minoranza, cercano di  prendere tempo per ottenere almeno tre risultati :
a) scaricare la responsabilità di una eventuale scissione alla mancanza di capacità di sintesi e di attenzione da parte del Segretario Renzi e del gruppo dirigente del partito;
b) ottenere un risultato minimo : quello di restare  all'interno del partito ottenendo tuttavia una modifica della linea programmatica  grazie ad un compromesso con la Direzione attuale. Tutto questo in modo da poter vendere ai propri seguaci questo risultato ed ottenere un maggior peso  visibile all'interno del PD da spendere successivamente anche nell’ambito delle successive primarie
c) arrivare ad un risultato massimo:  giungere alla scissione dopo aver realizzato un’ampia propaganda e visibilità delle loro posizioni anche  a livello locale e sui media, in modo da aumentare la quota delle persone, oggi indecise ,che potrebbero seguirli in caso di scissione. 
Alla luce di quanto espresso , personalmente, non ho molta fiducia che i contrasti fra le varie posizioni interne al PD possano superarsi e ricucirsi in uno sforzo comune di collaborazione e rispetto reciproco.
E’ probabile, invece, che la scissione arriverà presto, perché la minoranza non otterrà gli spazi d’azione e di compromesso sulla linea  del partito che richiede.
Si consumerà in questo modo, forse definitivamente, quel processo d’incontro fra le culture progressiste italiane ( cattolico popolare e socialista) vissuto secondo un concetto di egemonia dell’una sull’altra.
Dobbiamo andare  avanti verso la capacità di gestire  in modo nuovo i problemi del nostro tempo , certo, utilizzando la storia e la cultura che ci vengono dalla tradizione culturale  e dalle lotte del movimento progressista ; dobbiamo ,tuttavia, essere capaci di riadattare questi concetti, insieme,  per affrontare i problemi del nostro tempo con la massima apertura ideale.


sabato 18 febbraio 2017

IL PD e il pericolo Scissione



L’esplosione dei contrasti fra le correnti del PD sta condizionando il panorama politico italiano.
Vi sono due questioni che si stanno intrecciando fra di loro; ma che, per comodità di ragionamento, terrei separate.
La prima riguarda la struttura del partito e le norme che lo regolano; la seconda, i contenuti del dibattito politico.
In qualche modo l'una influenza l'altra; ma, è bene ,per un attimo, provare a separarle logicamente.
Fin dall'inizio della sua storia, le norme  statutarie  del PD , relative alla gestione del processo di rappresentanza che dai Circoli procede sino all'Assemblea Nazionale, hanno portato   a privilegiare la formazione di " correnti", che si sono sovrapposte  alle strutture organizzative di base.
Probabilmente, questo è dovuto al fatto che, all’atto della sua nascita, si sia voluto creare un organismo nuovo,  in cui anche gli elettori potessero avere  un ruolo primario.
Viene scritto, infatti ,  a chiare lettere nella parte iniziale del suo statuto, che il PD  è fondato sulla partecipazione di iscritti ed elettori che, a pieno titolo, fanno parte di tutte le fasi della vita del partito .
In questo modo,  a mio avviso esagerando, viene data la possibilità, fin dal livello regionale, di organizzare l'elezione dei rappresentanti con la significativa partecipazione degli elettori .
Le liste collegate ai nominativi concorrenti a segretario  regionale formeranno poi tutta la classe dirigente locale del partito. In questo modo si svuotano i Circoli e gli iscritti di un ruolo preminente all'interno del partito ed in qualche modo s'invoglia la formazione di correnti ( partiti all'interno del partito) che concorrono fra di loro per ottenere il consenso elettorale.
Si sarebbe dato forse vita ,invece,  ad un  processo di partecipazione degli organismi di base più coinvolgente se si fosse prevista   una rappresentanza diretta dei Circoli che, di livello in livello, arrivasse sino all'Assemblea nazionale. Tra l'altro, con un percorso diretto ed autonomo da parte dei Circoli online. 
Si potrebbe  pensare di aprire le consultazioni agli elettori solo in occasione delle primarie per l’elezione del segretario nazionale, con  concorrenti  comunque scelti dall'Assemblea Nazionale sulla base del loro programma politico.
In questo modo le correnti, pur rimanendo,  potrebbero convivere con un ruolo più importante delle strutture di base all'interno delle quali dovrebbero ottenere il consenso, piuttosto che cercarlo solo fra gli elettori, che forse numericamente sono più rilevanti .
Il dibattito politico interno diverrebbe forse, a quel punto, più importante e cercato.
Veniamo ora alla seconda questione : i contenuti del dibattito politico .
Oggi, questo è gestito direttamente dalla varie correnti in un conflitto perenne fra di loro e spesso al di fuori delle stanze del partito, in un dibattito mediatico.
La gestione delle correnti è poi fatta in maniera verticistica attorno a figure " leader" . Siamo pertanto in presenza di un difetto dell'organizzazione della partecipazione collettiva alla costruzione delle idee.
Lo statuto del partito prevede diversi momenti di confronto: a) i forum tematici ( non funzionanti ); b) la conferenza programmatica ( invocata recentemente da Orlando) che francamente lascia il tempo che trova all'interno di questa organizzazione del partito; c) l'Assemblea Nazionale dove deve avvenire il dibattito politico ed il confronto di contenuti propedeutico alla scelta dei candidati a segretario .
Teniamo presente che, comunque, i candidati devono avere un minimo di approvazione da parte dell'Assemblea nazionale o dagli iscritti . Il problema non è, pertanto, che teoricamente il dibattito non possa avvenire; è che non avviene perché le posizioni sono precostituite ed il confronto avviene nelle "primarie".
D'altra parte, il dibattito anche all'interno delle correnti è poco presente e viene condotto con strumenti forse non adeguati. Nulla vieta strutturalmente la possibilità del confronto nel partito ,se si vuole ; solo, che interessa poco, perché il gioco politico e l'affermazione delle correnti avvengono nel voto, con il coinvolgimento esterno degli elettori alle primarie o alle diverse elezioni  regionali.
Questi problemi erano presenti e conosciuti anche nella precedente gestione dei vari segretari come  , Veltroni , Franceschini, Bersani ecc.  Problemi,  ritengo, conosciuti da tutti.
La scissione è pertanto non calzante con i problemi attuali del partito perché non li affronta.
Si dovrebbe semmai chiedere un cambiamento statutario per dare maggior peso agli iscritti ed ai circoli fino al livello dell'Assemblea Nazionale. Questo, tuttavia, non lo richiede nessuno dell'opposizione; mentre, invece, dei cenni sulla costruzione di strumenti per una  maggior democrazia interna si trovano nel documento della Commissione Nazionale sulla “Forma partito”.
Se veniamo poi ai contenuti, bisogna essere disponibili al confronto, accettando anche di essere poi in minoranza. Questa è la legge della democrazia. Questo non significa che, anche all'interno delle correnti ,non si possa chiedere un cambiamento delle posizioni politiche e della strategia.
Ben vengano pertanto i rapporti con il mondo delle associazioni e dei vari settori del lavoro. Con gli intellettuali e la cultura ecc. ecc.
Il luogo di confronto delle diverse correnti deve essere, tuttavia, all'interno delle strutture di base, sino al livello dell'Assemblea nazionale e l'elezione del segretario, e non nelle  elezioni dei vari organi regionali e nazionali, aperte anche agli elettori, che determinano oggi, nei fatti, tutta la classe dirigente del partito.
E’  necessario  il superamento  di questa impostazione .  Il dibattito ideale e politico  costituisce la ricchezza di ogni organizzazione. La sua capacità di ascolto nei confronti della realtà che la circonda  e  di utilizzo dell’intelligenza collettiva di tutte le sue componenti sono le caratteristiche di una comunità e di una  sintesi vincente.
E’ solo quando il contrasto delle posizioni ideali , culturali e politiche raggiunge il livello della “contraddizione antagonista” che ha senso parlare di separazione , di scissione di un patrimonio umano e politico  con tutte le conseguenze che questo comporta.

Solo quando le posizioni dell’altro ci sembrano espressione della negazione più profonda delle nostre motivazioni ideali e politiche che diventa necessario separarsi.

giovedì 9 febbraio 2017

PRIORITA' PER UN PROGETTO PAESE



Le difficoltà presenti in questa fase della storia del nostro Paese e del quadro internazionale che lo circonda richiederebbero un profondo ripensamento globale sui sistemi di organizzazione sociale.
L’eredità culturale del secolo scorso ci ha lasciato alcuni modelli di riferimento importanti che andrebbero aggiornati sulla base dei nuovi problemi che ci troviamo ad affrontare. Primo fra tutti il pieno utilizzo della risorsa lavoro, intesa come completa espressione delle sue potenzialità umane, ed un adeguato investimento della ricchezza prodotta in un  futuro rispettoso dell’ambiente e della persona.
La lezione socialdemocratica  e cristiano sociale sono quelle che forse più di tutte   sono riuscite  ad interpretare meglio i bisogni delle persone  realizzando, come  diceva  Einaudi, quella sintesi  fra libertà individuale e socialismo necessaria per il benessere sociale. Il socialismo rappresentava il limite posto ad una libera iniziativa irrispettosa del bene comune; mentre, la libertà d’azione individuale rappresentava  il limite nei confronti del controllo eccessivo e totalitario sul singolo componente della comunità. Senza la creatività personale e la possibilità di andare oltre ,nella sperimentazione, non vi sarebbe innovazione.
Non possiamo pensare che le soluzioni siano preconfezionate ed oggi si pone il problema , al contrario, di avere l’umiltà di ricominciare a riflettere e cercare insieme nuove soluzioni che permettano una nuova stagione di collaborazione sia all’interno delle nostre società che nei rapporti internazionali, sconfiggendo le tentazioni isolazioniste e protezioniste spacciate come risolutrici della corretta sete di sicurezza sociale  ed individuale di ognuno di noi.
Venendo ai problemi del nostro Paese,  non possiamo evitare di notare la pesantezza di una crisi economica perdurante che si accompagna ad una  altrettanto grave crisi  della cultura sociale e politica.
Ritengo che un’azione di governo che  si ponga l’obiettivo di risollevare il paese in questo momento, dopo la brutta battuta d’arresto della sconfitta del fronte del SI al Referendum Costituzionale, non possa prescindere dall’affrontare le seguenti priorità:

A)      PIANO NAZIONALE DEL LAVORO 
       Un polmone di lavoro che permetta di gestire insieme il fenomeno immigrazione e  la disoccupazione italiana di lunga durata contemporaneamente alla ricerca di un lavoro continuativo con l’assistenza dei centri per l’impiego. Al contrario di una logica puramente assistenziale e di sussidio  che espone poi le persone ad un contemporaneo  ingresso in un mercato del lavoro illegale e marginale  , l'inserimento di queste risorse produttive all'interno di un piano nazionale del lavoro ( con la creazione di squadre di lavoratori impegnate sia nella costruzione di alloggi popolari e di strutture sociali  sia nella messa in sicurezza del territorio  o nel recupero produttivo di aree agricole del demanio pubblico, nel settore dell’assistenza domiciliare verso anziani  ,malati ecc. ecc.).  potrebbe costituire un percorso d'integrazione sociale. Colmerebbe, inoltre, il vuoto  prodotto dall'abolizione dell'art 18  restituendo al lavoratore la continuità  della  sua condizione di lavoratore pur all'interno di una mobilità d'impiego. L'integrazione al lavoro dei migranti, arrivati legalmente o illegalmente nel nostro paese, potrebbe poi essere il veicolo più opportuno per una loro reale integrazione ed il successivo ottenimento della cittadinanza.

B)      RIDUZIONE DEL CUNEO FISCALE DEL LAVORO
Un altro intervento, su cui è necessario procedere, è quello della riduzione del cuneo fiscale sul lavoro a carico delle imprese. In questo caso, è necessario prevederne il passaggio a carico della fiscalità generale.

C)       RIFORMA FISCALE che operi con i seguenti strumenti:
i)     tassazione specifica dello 0,20% sulle ricchezze finanziarie detenute dalla famiglie italiane. Secondo i dati forniti dalla Banca d’Italia le ricchezze finanziarie al 2014 ammontano, al netto delle passività, a ca. 2.991 miliardi di euro. Una tassazione aggiuntiva dello 0,20% (pari ad esempio a ca. 200 euro su di un montante di 100.000 euro) darebbe risorse per ca. 5,9 miliardi d’euro annui
ii)        tassazione  sulle transazioni finanziari;
iii)       tassazione del 75% sugli utili  delle istituzioni finanziarie ed                               assicurative  relativi alle  operazioni di  derivati;
iv)       tassazione patrimoniale progressiva sui patrimoni immobiliari superiori a 1M di euro;
v)       tassazione progressiva  sulle successioni ereditarie d’importo superiore  a 1M di euro;
vi)       riqualificazione spesa pubblica
vii)     aliquote progressive IRPEF  a partire dai 70.000 euro in su  da cui si possono ricavare maggiori risorse annue di  ca. 10MM;

D)      RIFORMA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE. 
    Introdurre la gestione delle attività e delle prestazioni lavorative per obiettivi quantificabili e verificabili legando ad essi anche il sistema premiante. Introdurre anche nel settore pubblico  le modalità dell’impiego privato compreso il possibile demansionamento, trasferimenti da un  settore e l’altro della pubblica amministrazione e il trasferimento  territoriale .Tutto questo accanto ad una completa revisione e riqualificazione della  spesa pubblica

E)    TUTELA DELLA MATERNITA’. Misure che aiutino le famiglie e le donne a gestire  senza problemi  la maternità senza limitazioni in campo lavorativo( penalizzazioni e licenziamenti) e con adeguati sostegni  delle strutture pubbliche  ( asili nido ecc).Prevedere  misure  anche nei confronti delle aziende  che si trovano a sostenere dei costi maggiori  per sostituire il personale in maternità. (  può essere proponibile anche l’utilizzo del personale coinvolto nel progetto di cui al punto A  del Piano nazionale del Lavoro)

F)     RIFORMA DELLA GIUSTIZIA . Maggiore responsabilità gerarchica sui PM e revisione del sistema carcerario  ( con introduzione del lavoro obbligatorio come base per il recupero sociale delle persone) . Maggiore severità nell’applicazione delle  pene specialmente in caso di omicidio.

G) PROGRAMMA D’INVESTIMENTI PUBBLICI  , anche in sinergia con i privati, con particolare attenzione alla ricerca ed innovazione e valorizzazione del patrimonio culturale , artistico e paesaggistico del paese senza tralasciare la manutenzione e messa in sicurezza del territorio

H)   sul piano internazionale  MANTENIMENTO DELLA PERMANENZA ALL’INTERNO DEL PROGETTO EUROPEO ed impegno per una maggiore integrazione. Insistere sull’azione europea comune di contenimento dell’immigrazione  con investimento nelle aree di partenza.

  Attorno a questi  otto punti è possibile  tentare la mobilitazione delle persone volta alla creazione di un movimento collettivo d’impegno civile e politico per la rinascita del nostro Paese, dove ognuno possa trovare uno spazio per la realizzazione del proprio futuro.
Una società civile fondata sulla solidarietà , integrazione e sviluppo della creatività ed iniziativa personale all’interno di un progetto sociale condiviso di sviluppo e di crescita economica,  nel segno del rispetto della persona e dell’ambiente.