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martedì 24 luglio 2018

CONTRO IL PRECARIATO



A mio parere, l'unico vero modo per scoraggiare un uso improprio del lavoro precario è quello di farlo costare in maniera significativa più di quello a tempo indeterminato.

Ci sono due linee per fare questo :

a) Una è stata quella di rendere più appetibile quello a tempo indeterminato, con sgravi fiscali alle aziende .L'operazione ha avuto successo ma comporta un importante contributo da parte della finanza pubblica
b) L'altra è quella di aumentare il costo del lavoro precario di almeno un terzo in più di quello a tempo indeterminato. Unire la questione all'introduzione del salario minimo e prevedere ,ad esempio, che se un'ora di lavoro a tempo indeterminato costa 10 euro, quello precario debba costarne 13.

Non m'interessa limitare la possibilità di rinnovo del lavoro a tempo determinato, perché potrebbe essere assolutamente necessario per quell'azienda di poter disporre di quella tipologia di lavoratori e, avendo maturato esperienza positiva, richiamare al bisogno le stesse persone.

 Quello che sarebbe opportuno evitare è l'uso distorto del precariato per sostituire le risorse comunque stabilmente necessarie. Un forte disincentivo economico mi sembra utile per raggiungere questo obiettivo. 
Per concludere, ricorderei che questo disincentivo lo pagherebbero le aziende che vogliono ricorrere al lavoro precario mentre le incentivazioni a favore delle assunzioni a tempo indeterminato sarebbero a carico della finanza pubblica.
Non vedo nè nel Decreto Dignità proposto dal Governo in carica nè da parte del fronte dell'opposizione delle proposte che possano essere maggiormente risolutive. 
Il problema è complesso e tipico delle moderne società se anche ad esempio in Germania assistiamo all'utilizzo massiccio del minijob , un altro aspetto della parcellizzazione del lavoro.
Di fatto, tuttavia,  in quel paese la posizione permette l'accesso a sussidi statali per la famiglia, per i periodi di disoccupazione e per la casa che consentono di raggiungere un minimo di reddito continuativo.
La  protesta diffusa di molte persone  è , tuttavia , quella di non riuscire ad uscire più da quella situazione per passare ad una stabilizzazione lavorativa soddisfacente e professionalmente adeguata.

mercoledì 18 luglio 2018

RICOSTRUIAMO IL FUTURO




Nella storia passata, durante i grandi cambiamenti epocali, nei periodi di transizione, vi sono stati momenti di grande libertà personale perché i valori ed i vincoli comportamentali perdono la loro forza condizionante, lasciando ampi margini d’azione.
Allo stesso tempo, si perdono i valori di riferimento, le regole morali che sono alla base della cultura sociale.
Entra in crisi la stessa solidarietà ed il senso della convivenza civile, privata di valori di riferimento condivisi ed accettati. Nei momenti di passaggio, mentre da un lato si pensa di poter provare qualsiasi nuova esperienza, dall’altro si ha paura di tutto e soprattutto di assumersi la responsabilità del futuro. Sia strettamente personale come può essere quello d’impegnarsi in un rapporto d’amore, di paternità o di maternità, sia quello professionale o di prefigurazione di una nuova società.
In una situazione così incerta, è preferibile seguire la china, vivere alla giornata ed ascoltare le suggestioni che altri mettono in campo. Ascoltarle, verificarle e semmai, valutarne successivamente la forza e la bontà. Il relativismo e la sfiducia sono gli aspetti negativi della giusta necessità di verifica ed analisi della realtà.
Il pensiero unico “mainstream”, pur non essendo mai ufficialmente affermato è tuttavia, di fatto, pienamente condiviso e con esso si diffonde una sottomessa rinuncia alla speranza di nuovi possibili equilibri, frutto di nuovi assetti sociali e di nuove credenze.
Il tempo non usa mezzi termini ed, in assenza di un quadro potente di cambiamento, porta inevitabilmente all’acuirsi delle tensioni, delle paure, dello scontro di posizione per riuscire a mantenere quel livello di vita che si pensa possa essere in pericolo.
La tendenza naturale e generale al risparmio di energia può portarci, in prima battuta, ad evitare il cambiamento ritenuto troppo difficile, incerto , oneroso ed a tratti irrealizzabile; eppure, quello che viene percepito come più evidente e reale è solo un equilibrio fondato su riferimenti  ormai incapaci di cogliere le nuove problematiche presenti.
L’innovazione, al contrario, nasce sempre dalla contaminazione di diverse culture e gruppi sociali e ne rappresenta una nuova sintesi, un progresso dei termini di riferimento capace di rispondere in maniera più efficace alle nuove problematiche presenti.
E questa la sfida dei nostri tempi- I partiti politici privi ormai da tempo dei riferimenti ideologici del novecento sono stati indotti a negare il peso, la necessità e l’utilità di avere delle ideologie a sostegno  della propria esistenza anche perché quelle ideologie erano sorpassate dai tempi .
E’ molto più difficile, oggi, ritornare ad esplorare il futuro e su quella base trovare un supporto razionale , ideologico e culturale della propria azione sociale e politica; ma. è questa la priorità del nostro tempo.

lunedì 2 luglio 2018

Un cambio di passo europeo.




Il vento dei movimenti migratori e della destabilizzazione dell'area del Mediterraneo sta prepotentemente investendo la stessa esistenza dell'Unione Europea, creando nuove tensioni sia all'interno dei singoli stati membri  che fra gli stessi.
Questo è un patrimonio sociale , culturale, economico e politico   che dobbiamo difendere, comprendendo, tra l'altro, che nella situazione attuale non ha senso pensare ad un superamento degli stati nazionali  quanto, piuttosto, alla valorizzazione della loro alleanza  e coordinazione attorno a grandi obiettivi comuni capaci d'incidere con successo  sui problemi della nostra epoca.
l'Europa ha alle sue spalle il grande successo della risposta comune data alla crisi del blocco sovietico . Grazie al fatto che la maggior parte dei paesi ex Comecon erano del nostro continente , la facilitazione del loro ingresso dentro L'Unione Europea ha permesso un loro sviluppo e la circolazione delle risorse umane. Vi è stato ,inoltre, un immediato benessere anche per i paesi fondatori che hanno sviluppato i loro commerci e gli insediamenti produttivi in quelle aree. Naturalmente, vi sono problemi da affrontare come le delocalizzazioni produttive; ma, forse, si può fare qualcosa proprio in ragione della nuova grande opportunità che si pone .
Si ! Una grande opportunità che è quella di rovesciare in senso positivo quello che oggi è un problema : L'area del Mediterraneo.
Oggi quest'area è attraversata da flussi migratori importanti e da una relativa destabilizzazione culturale , politica, economica e religiosa . Questa può rappresentare un grave pericolo per il nostro futuro se a prevalere sarà la paura reciproca e la lotta per prevalere l'uno sull'altro. Se, invece, si sarà capaci d'intraprendere la strada dello sviluppo reciproco e coinvolgente che permetta a tutta l'area di diventare un centro di benessere e di civiltà, ne saremo tutti avvantaggiati.
L'Europa ha davanti a sé questa sfida.
Gli stati costieri come l'Italia , la Grecia , la Spagna , la Francia ed altri possono farsi promotori di un grande processo di utilizzazione delle risorse umane e naturali esistenti e realizzare opportuni investimenti per trasformarle in ricchezza comune.Penso anche qui alla valorizzazione dell'esistente con investimenti, che vengano ripagati dai futuri ricavi  secondo un piano di ritorno prefissato, e continuino a produrre ricchezza sia per i paesi che investono, sia per quelli ospitanti, sia per tutta l'area.
I settori principali mi sembrano immediatamente quelli dell'energia , dell'agricoltura , della pesca , dell'estrazione di minerali ,della cantieristica , della realizzazione d'infrastrutture da coordinare anche con quelle previste dalla Cina nell'ambito della realizzazione della nuova via della seta , ed anche nuove fabbriche manifatturiere. Tutto questo comporterebbe una capacità d'investimento europea comune   di rilevanza molto maggiore di quella prevista attualmente  nei territori africani e del Medio Oriente .
E' una situazione di rilevanza storica  enorme e, pertanto, la destinazione dei fondi del prossimo bilancio europeo   dovrebbe tenerne conto .
Oltre ad un aumento importante dei fondi destinati agli investimenti fuori dall'area Europea, bisognerà concentrare gli sforzi comuni verso l'avvio di attività produttive nei nostri territori in cui dare occupazione ai migranti, anche economici, insieme  ai  disoccupati europei.
Questo potrebbe  costituire la base per uno sviluppo comune  altamente competitivo nel mondo.
Anche in questo caso,  la capacità di attrarre l'investimento comune  e di offrire il proprio territorio per ospitarlo  trasformerebbe il problema della migrazione in un'opportunità di crescita. Penso a settori non puramente assistenziali ma  al contrario legati allo sviluppo dello sfruttamento energetico ( impianti fotovoltaici)  o l'avvio di una diffusa produzione di auto elettriche per esempio ecc. ecc.
In questi casi e per queste attività bisognerebbe evitare la dispersione dei fondi in finanziamenti a pioggia ma concentrarli su pochi  grandi investimenti diretti e realizzati   centralmente dagli Stati beneficiari.
Dobbiamo operare un cambio di passo importante che potrebbe avere una rilevanza storica tale da renderci i protagonisti del futuro del mondo.