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domenica 28 novembre 2010

COSA CI ASPETTA?

 

Mentre l'orchestra suona e le forze politiche litigano, i cittadini sentono  sul collo il fiato gelido delle misure restrittive messe in piedi dal nostro ministro dell'Economia come risposta Italiana alla più grande crisi economico finanziaria del dopoguerra.

Ma ….è stato servito solo l'antipasto…. e , come  osserva  il mondo della sinistra, i tagli alle pietanze della spesa pubblica sono stati lineari per non scontentare nessuno dei commensali.

Solo che, alcuni di essi, avrebbero avuto bisogno di maggior cibo per poter andare a scuola o al lavoro per poi tornare a casa con un po' di soldi; mentre, altri  potevano benissimo fare qualche sacrificio in più ( ministero della difesa e  costi della politica in  primis).

Il piatto forte arriva adesso con le decisioni sulla stabilità prese, a livello europeo, per rispondere alle difficoltà delll'area dell'euro di fronte agli attacchi della speculazione che si dirige verso i paesi che ne costituiscono i punti più deboli: quelli in cui il deficit ed il volume del debito pubblico sono fuori controllo. Il primo paese ad essere  colpito è stato la Grecia e dobbiamo ringraziare la prontezza e lo spirito unitario dei principali protagonisti europei se il problema è stato affrontato im maniera sostanzialmente efficace. Tuttavia, Germania e Francia , alla testa del gruppo di salvataggio, nel decidere la costituzione di un fondo di aiuto ai paesi in difficoltà, hanno preteso da tutti i partecipanti misure rigorose per un piano di stabilità. Queste misure,  che ogni paese sta mettendo in campo, prevedono tagli profondi della spesa pubblica ( e questo significa riduzione di posti di lavoro nel settore)  e rigido controllo  delle spese: è sostanzialmente una politica deflattiva che pretende il formarsi di un circolo virtuoso a partire dal risanamento. Dubbi su queste scelte così rigorose si sono affacciati anche nella mente della sig.a Merkel, se la stessa ha cominciato recentemente e dire che nella ipotesi di salvataggio delle economie degli stati pericolanti è giusto che parte della perdita sia assorbita anche dai privati investitori. E' come dire che non possiamo far pagare tutto allo Stato e non possiamo di conseguenza mettere noi( Germania ed altri Paesi in aiuto) la mano al portafoglio per salvare questo stato senza pretendere la partecipazione di chi ha in qualche modo investito in operazioni a rischio aspettandosi un lauto guadagno. Mi viene ijn mente a questo punto la difficoltà che continua ad avere la proposta di tassazione sulle transazioni finanziarie internazionali dello 0,05% ed il fatto che superata la crisi non vi sia stato un inasprimento delle tassazioni sui guadagni finanziari tale da scoraggiare le speculazioni. Il motto successivo alla crisi doveva essere : privilegiare il lavoro rispetto alla rendita finanziaria ed alla speculazione. Ma non c'è traccia di questo in Europa e nel mondo.

Se, continuando, prevale l'ipotesi di uno sviluppo  lento, accompagnato da  fasi di deflazione e riservato solo ai Paesi  più virtuosi, il costo sociale è enorme. Sulla società intera graverà infatti il compito di ripagare le perdite provocate dal collasso economico finanziario e dal possibile attacco speculativo che ne scoperchierà la brutale verità. Non vi saranno soldi per occupazione e lavoro. Non vi saranno risorse da destinare alla scuola e la ricerca e tutto questo potrà diventare  insostenibile per le masse popolari .

Alcuni economisti, a cominciare dal premio nobel Krugman e dall'italiano Savona, intravedono la possibilità di una disgregazione dell'area Euro. Il costo del mantenimento dell'appartenenza potrebbe in taluni casi superare quello della possibile uscita. In ambedue i casi i costi sono elevati.

Sono questi i temi su cui dovrebbe soffermarsi maggiormente "tutta" la nostra classe politica. E' probabile che presto dovremo mettere in cantiere una manovra di diverse decine miliardi l'anno per cominciare a rientrare, in tempi ragionevoli, dal nostro debito pubblico.

Che impatto avrà sulle possibuilità di reperire risorse per la crescita? Riusciremo a finanziare il recente piano per il Sud  che, al di là di normali possibili, critiche, rappresenta un buon tentativo da continuare?

Potremo in un momento  come questo completare le importanti riforme sul federalismo e sulle forme istituzionali di contrappeso ?

Può un Europa priva di una capacità politica,  che vada oltre quella attuale, affrontare con successo queste sfide?

E' senz'altro ragionevole, come dice Savona, per un paese come il nostro, che la classe politica si accordi su un piano B di salvataggio che preveda uno sbocco ad una possibile crisi dell'Euro con la necessità di agire da soli e contare solo sulle nostre forze.

 In questa ipotesi  Savona afferma

 " potrebbe l'economia italiana uscire dallo stallo gestendo la quantità di moneta o i tassi dell'interesse e potendo svalutare, come fa il Regno Unito? Questa è una parte del piano B che noi economisti dovremmo studiare. Questa politica potrebbe causare una crisi inflazionistica e un crollo di valore del debito pubblico. L'aumento dei prezzi e la perdita di valore del debito pubblico con il conseguente innalzamento del suo costo scuoterebbero il paese dall'illusione di poter vivacchiare sotto un'inesistente ombrello europeo. La storia insegna che una crisi salutare è sempre stata il fondamento di una nostra ripresa di vitalità."

 

Personalmente ritengo che le possibilità di riuscita del piano A ( restare all'interno dell'area Euro)  per l'Italia siano elevate. Questo sia per il già buon rapporto Deficit/PIL sia per il fatto che il nostro debito pubblico è prevalentemente coperto dalle sottoscrizioni dei privati italiani.Inoltre , ha ragione chi in passato aveva richiesto a viva voce la possibilità di uscire dai parametri di stabilità con operazioni finalizzate esclusivamente allo sviluppo e superando le politiche deflattive.

Se a livello europeo si avesse il coraggio di intraprendere una politica coordinata ed unitaria di sviluppo, finanziata dall'emissione di bond europei, sarebbe un importante segnale per i mercati della presenza di una volontà politica unitaria della "nazione "europea. L'Europa  acquisterebbe  un peso internazionale di arbitro fra i grandi colossi orientali e gli Stati Uniti d'America. Il passo successivo sarebbe dotarsi finalmente di un governo Politico Federale  e di un esercito.

Nel piano B il nostro futuro non  potrebbe che essere maggiormente legato ai paesi del Mediterraneo , alla Russia . all'India ed alla Cina  anche per i comuni interessi energetici ed agli sbocchi di mercato per i nostri prodotti.

In ognuno dei due scenari sarebbe comunque  opportuno che a livello nazionale si decidesse con rapidità un  piano di sviluppo  basato sul recupero del  divario di produttività del lavoro nei confronti degli altri paesi, sulla green economy, sul turismo e cultura patrimonio unico dell'Italia, sullo sviluppo del Sud ( continuando ciò che è stato apena iniziato con il recente piano del Sud), sul rilancio della scuola e della ricerca, sul superamento della mortificazione, a causa del precariato, del bene più prezioso che abbiamo a disposizione : i ns giovani. Questo piano nazionale non può inoltre prescindere da una decisa redistribuzione della ricchezza a favore del lavoro, della famiglia e del'impresa.

Chi deve pagare di più?: Le rendite ( soprattutto finanziarie), i patrimoni ma anche i redditi elevati.

Non possiamo abolire ad esempio la speculazione finanziaria, ma possiamo fare in modo  di tassare tanto i guadagni da ridurne l'attrazione rispetto all'investimento direttamente produttivo. Il clima nel mondo è sensibile a questi discorsi! La nostra classe politica si faccia parte attiva di questo processo.

 

 

giovedì 25 novembre 2010

La scuola e le risorse

 

 

 

Gli studenti ed il mondo della scuola sono in uno stato di aperta contestazione che non sembra limitarsi alla protesta  nei confronti della riforma del Ministro Gelmini, ma  mette in discussione la prospettiva precaria del proprio futuro.

La principale preoccupazione è vedere la solitudine di queste lotte nei confronti del mondo politico.Non che non vi siano stati segnali importanti di solidarietà: primo fra tutti quello del segretario del PD , On. Bersani ma il loro contenuto non sembra adeguato.

Non si può non essere  d'accordo con il severo giudizio sulla riforma Gelmini e sul sostegno di principio al mondo della scuola pubblica e alle sue lotte; ma, se vogliamo fare un passo avanti sia su questo problema che su altri, fino a finire con la scelta delle alleanze, dobbiamo una volta per tutte affrontare il problema delle risorse disponibili.

A parità di risorse, si può solo contestare la politica dei tagli lineari operata da Tremonti e quindi scegliere con chiarezza i settori della spesa pubblica da penalizzare a favore di altri . Questa scelta va fatta subito e con chiarezza ... altrimenti si rischia di fare pura demagogia senza ottenere credibilità.

Seconda questione : il piano di stabilità europeo ci chiamerà dal 2011 a mettere in piedi un piano credibile di rientro del nostro debito pubblico che si attesta sul 120% del PIL. Questo significa che non solo le risorse sono limitate ma che si dovranno sostenere nei prossimi anni manovre di rimborso di diverse decine di miliardi ciascuna.

A questo punto non si può rimanere ancorati alla debole proposta di riforma fiscale approvata nella recente assemblea nazionale del PD senza ritrovarsi con un fucile scarico in mano. Le scelte sono dolorose( tassare in maniera forte rendite, patrimoni e redditi alti e prevedere la galera per l'evasione fiscale) ma dividono  con chiarezza il mondo della destra (che non può operare una redistribuzione della ricchezza pena perdita del proprio consenso elettorale) ed un mondo di sinistra che invece deve pretendere la redistribuzione della ricchezza ( detenuta da una ristretta minoranza della popolazione) del nostro paese attraverso la leva fiscale diretta e indiretta a sostegno del mondo produttivo e delle classi sociali più povere .

Delle alleanze politiche, che abbiano la possibilità di durare,   si potranno fare solo tra chi condivide la stessa  impostazione di fondo e le stesse scelte.

Una riforma seria della scuola passa attraverso scelte  propedeutiche di questo tipo.

venerdì 19 novembre 2010

STUDENTI, IMMIGRATI ,OPERAI UNITI NELLA LOTTA

 

La gravità della  crisi economico/finanziaria  ha permesso di scoprire dei punti deboli del sistema economico internazionale , sempre presenti ma ampiamente sottovalutati anche perché  l'Occidente  in generale non ne veniva colpito direttamente. I danni  provocati dallo sviluppo diseguale venivano sostanzialmente scaricati sui paesi sottosviluppati. Su di essi infatti si sono abbattuti i disastri ecologici, ambientali le logiche di scambio diseguale dei beni  e una divisione ineguale  internazionale del lavoro. Quando la crisi ha posto lo stop all'indebitamento privato degli Stati Uniti di America, cresciuto  oltre ogni limite  tollerabile, ed ha evidenziato  il gigantesco debito pubblico  della maggior parte dei paesi occidentali attraverso cui è stato finanziato il nostro livello di benessere si sono evidenziati alcuni limiti strutturali del nostro  modello di sviluppo:

 

1)      Incapacità di utilizzo pieno e ottimale  della risorsa lavoro

2)      Creazione di aree strutturali di marginalità ed impoverimento della popolazione

3)      Progressivo incremento della disuguaglianza.

4)      Incapacità di passare rapidamente ad uno sviluppo rispettoso dell'ambiente sia nella produzione di beni, nello stile di vita ,nell'utilizzo delle fonti energetiche e nello smaltimento dei rifiuti.

5)      Incapacità di ridurre il disequilibrio fra le diverse aree del mondo

 

Tutti questi aspetti  ci costringono a ripensare il rapporto fra iniziativa privata e collettività troppo facilmente liquidato a favore della prima  dopo la caduta del muro di Berlino. L'iniziativa privata , il desiderio di miglioramento sono un motore irresistibile della storia umana  ma è pur vero che esse vanno subordinate  come ci ha insegnato l'esperienza socialdemocratica  all'interesse delle collettività a cui appartengono. L'individuazione dell'elefantiasi dello Stato è stata una analisi corretta ma la conseguenza da trarre  non era lo smantellamento del ruolo equilibratore dello Stato rispetto al mercato  bensì la ricerca delle disfunzioni  che lo paralizzano ( burocrazia, clientelismo,  occupazione dell'amministrazione da parte della politica ecc.) .

Va riconosciuto il malfunzionamento strutturale del mercato. La  "manus " invisibile non funziona! Troppe volte ci accorgiamo che  il risultato delle libere forze del mercato è la concentrazione delle ricchezze, il monopolio delle attività produttive, lo scempio dell'ambiente, la povertà ecc ecc.

La nostra proposta sulle dinamiche del lavoro del nostro Paese va inquadrata all'interno di questa analisi.

La prima  contraddizione  verso cui bisogna intervenire è quella del dualismo presente fra un mercato del lavoro degli occupati a tempo indeterminato  e quello del lavoro cosiddetto precario. Tale contraddizione risulta ancora più insostenibile non solo per la disparità di garanzie ma anche per l'aspetto generazionale che ha assunto.Citando una riflessione degli economisti Boeri e Garibaldi " Quando una piccola quantità di lavoratori continua a entrare e uscire dalla disoccupazione generando forti flussi dall'occupazione alla disoccupazione e viceversa, mentre il resto dei lavoratori è saldamente legato a un posto fisso, è evidente che vi è qualche cosa di completamente distorto nel mercato del lavoro e spetterebbe quindi alla politica economica di intervenire."In tal senso riteniamo che il progetto di Flexsecurity  del prof Ichino dia una prima risposta importante al problema tentando di rompere l'immobilismo  che  impedisce qualsiasi flessibilità con la conseguenza che troppo spesso le aziende, non potendo fare diversamente, stanno utilizzando il lavoro precario per ottenerla sia in entrata che in uscita. Tuttavia la contraddizione fondamentale del sistema economico è l'incapacità del mercato di garantire il pieno incontro fra domanda e offerta di lavoro  con il risultato di costringere una parte della popolazione alla marginalità e all'inoccupazione. Questa massa di persone,  insieme ai lavoratori immigrati, costituisce l'esercito di riserva del lavoro su cui vive e prospera anche l'altro grande settore del mercato del lavoro: quello del cosiddetto lavoro nero e marginale, privo di diritti , di garanzie ,spesso gestito in combutta con la delinquenza  organizzata in vaste aree territoriali.

E' per questo che è indispensabile che lo Stato metta in campo delle iniziative volte a garantire a tutti dei diritti universali: un salario di cittadinanza, un tetto , l'istruzione la salute, la tutela complessiva dell'ambiente, intervenendo direttamente in quanto le forze indipendenti del mercato non riescono ad assicurare tutto questo.

 

Si pone pertanto con urgenza la necessità di operare questi  interventi:

 

-         introduzione del progetto Flexsecurity del prof. Ichino con le relative modifiche del diritto del lavoro

-         l'introduzione di un ente pubblico del lavoro che dia lavoro, formazione e pieno utilizzo delle risorse  lavoro, marginali, disoccupate ed inoccupate in cambio di un salario di cittadinanza

-         disincentivazione del lavoro precario facendolo costare  più di quello a tempo indeterminato.

-         Avvio di un importante piano di edilizia popolare.

-         Sviluppo importante della formazione e della ricerca.

-         Sgravio fiscale sul mondo del lavoro ( imprese e lavoratori)

-          

La copertura di questi provvedimenti deve passare attraverso un concreto processo di redistribuzione della ricchezza a favore delle classi popolari utilizzando  principalmente la leva fiscale ed un taglio selezionato della spesa pubblica che ridistribuisca risorse a scapito della  spesa per la politica e gli armamenti. Si deve provvedere ad un'attenta revisione delle invalidità e una seria lotta all'evasione fiscale ( con maggior ricorso alle pene  detentive ).

La copertura finanziaria  può trovare il suo completamento sia con un maggior onere delle classi agiate nell'utilizzo dei servizi sociali sia con un maggior peso della tassazione indiretta sui beni di lusso che sull'incremento del prelievo fiscale  sui redditi elevati ed i patrimoni ( ICI, tassa di successione, rendite finanziarie, tassa pluriennale di scopo). La sommatoria di queste misure potrebbero  coprire un fabbisogno annuo  di oltre 24 miliardi di euro  tanti quanto bastano per  dare un salario di cittadinanza di 500 euro al mese a quattro milioni di persone ( pari a ca. il 6% della popolazione del nostro paese). La tassa patrimoniale di scopo e l'ICI potrebbero essere inoltre sufficienti a far partire un importante piano di edilizia popolare .Le ulteriori risorse sarebbero a mio avviso sufficienti per un importante sviluppo della formazione e della ricerca e per uno sgravio del peso sul lavoro e le imprese.

E' il mondo della produzione e del lavoro l'asse politico e sociale  a  sostegno di questo piano di lavoro. Le imprese chiedono un quadro di riferimento chiaro , provvedimenti immediati, un piano progettuale di ampio respiro che ponga il lavoro al centro di qualsiasi progetto politico. Le risorse di uno dei paesi più sviluppati del mondo devono essere orientate verso il lavoro e non verso la rendita e/o la finanza.

Le gambe su cui cammina questo progetto sono già nelle piazze , ancora senza un'organizzazione politica unitaria: sono gli operai delle fabbriche in cassa integrazione o che minacciano la ristrutturazione e la delocalizzazione, sono i lavoratori precari dello Stato e privati che rischiano di esser espulsi dal mercato del lavoro, sono i disoccupati , gli inoccupati, le donne , gli immigrati senza diritti che chiedono  un riconoscimento ed un ruolo sono le migliaia di giovani studenti che chiedono una formazione ed un futuro.

Forze che chiedono un progetto di sviluppo e di speranza .

Dice un grande giovane di colore negli Stati Uniti  d'America : si può fare! Aggiungerei si deve fare!

domenica 7 novembre 2010

UNA GIORNATA SPECIALE

 

 

Ancora una volta , dopo averlo apprezzato nel discorso di Mirabello, non si può non dare atto dell'alto livello ideale e politico dell'intervento di Fini a chiusura della Convention di Futuro e Libertà per l'Italia.

Non sottovaluterei il discorso di Fini che ha toccato quasi tutti i punti sensibili della situazione attuale; inoltre, ha individuato nel patto fra le generazioni,nel mondo dei produttori ( recependo il tavolo di lavoro fra Confindustria e  Sindacati come punto di riferimento) e nei moderati le gambe su cui fare camminare il proprio discorso. Un discorso in cui con chiarezza pone la propria candidatura per il governo del Paese aprendo all'UDC e dichiarandosi disponibile ad ascoltare anche le ragioni dell'opposizione.

Ha posto l'ultimatum a Berlusconi decretando la fine dell'attuale governo e di una stagione politica.
Non mi sembra che si stia traccheggiando o si possa dire ancora che Fini si muova in una logica di inciucio di palazzo.

Se c'è un limite del suo discorso , da cui il mondo della cosiddetta sinistra può invece ripartire, è semmai quello di  sottovalutare il carattere dirompente  della profonda diseguaglianza sociale che necessità di una riforma fiscale redistributiva e di una revisione del diritto del lavoro e del welfare. Non solo ,come dice Fini; per essere un welfare delle opportunità ma per affrontare la marginalità e lo spreco delle risorse umane che sono il risultato evidente dei limiti strutturali del mercato del lavoro nel mondo della globalizzazione.

Ci sarà un motivo se il Governatore della Banca d'Italia individua nella precarietà una delle cause  strutturali della mancanza di competitività e produttività della struttura economica italiana !
Futuro e libertà è un gruppo  che  prospetticamente si pone fra i protagonisti della politica italiana ed uno fra gli interlocutori  più seri con cui ci si dovrà confrontare.

L'intera sinistra dovrà dimostrare di avere argomenti più validi da mettere in campo per lo sviluppo dell'Italia.

Non sottovaluterei, in questa giornata importante, nè il suo discorso nè quello di Renzi che ha chiuso una manifestazione a Firenze piena di forze giovanili di cui abbiamo tutti bisogno ed il PD in particolare.

lunedì 1 novembre 2010

IL DECLINO E LA VIOLENZA

Chi ha avuto l'opportunità di seguire gli interventi di Tremonti e Draghi nella Giornata del Risparmio ha potuto comprendere come nuovi equilibri mondiali attraversino il nostro tempo. I grandi blocchi che si contendono il primato economico e politico nel mondo attuale sono ormai  gli USA e la Cina seguiti a breve distanza dall'Europa Unita, dalla Russia, dal Giappone e quindi dall'India, Brasile e Corea. Questi paesi emergenti hanno già ottenuto una modifica della rappresentanza e dei rapporti di forza all'interno del Fondo Monetario Internazionale e l'impegno per una nuova redistribuzione dei seggi a loro favore entro il 2013. D'altra parte le difficoltà di rapporto con il mondo islamico complicano ulteriormente i rapporti internazionali.

E' finito, secondo Tremonti, ogni residuo privilegio dell'era coloniale e le Nazioni si affacciano alla competizione internazionale senza alcun vantaggio di posizione. Ogni Paese in sostanza, dovrà sostenere il proprio livello di benessere con la propria  capacità di lavoro, d' investimento di capitale, di capacità di ricerca e innovazione e aggiungerei anche con la  propria volontà unitaria  di crescita ed il  proprio spirito di sacrificio . Non è tempo in cui le società occidentali  possano pensare di ottenere dei benefici senza un'adeguata contropartita-

In tutto questo non c'è una reale possibilità di far valere il nostro peso specifico se non riusciamo a muoverci come un corpo unico europeo. Fortunatamente questo aspetto comincia ad essere condiviso da  tutte le classi politiche dirigenti dei diversi paesi, pur con qualche tentazione individualistica, mentre  la mia impressione è che non via sia altrettanta coscienza nelle popolazioni. In esse, al di là dei facili luoghi comuni europeisti non vi è ancora nessuna abitudine a concepirsi come un'unica nazione . E' questa una grande sfida urgente e irrimandabile. L'Europa ha bisogno di un Governo Centrale con importanti deleghe ed una struttura federale. Ha bisogno di un esercito europeo e l' attenzione verso processi culturali unificanti,da inventare e sostenere.

E' una grande sfida che tuttavia può anche fallire  , con le conseguenze facilmente immaginabili.

A livello della Regione Italia il quadro è ancora peggiore – La situazione economica vede la presenza di un mercato del lavoro in cui la parte pubblica  vive nella prospettiva della progressiva contrazione dell'occupazione ed il   privato é lacerato fra un mercato del lavoro giovanile e precario, un mercato settoriale e territoriale dominato dal lavoro nero ed infine un mercato della forza lavoro forte  assistito dalle piene garanzie dello statuto dei lavoratori. Ma riesce la dinamica del mercato a soddisfare la piena occupazione della risorsa lavoro ed il  suo migliore utilizzo? Questa situazione del lavoro costituisce un motivo di serenità e di crescita per le famiglie ed in genere per la popolazione del nostro paese? Assicura la necessaria flessibilità alla aziende? Non mi sembra, anzi è fonte di una profondo disagio personale e sociale.

Il mondo delle  imprese a sua volta si dibatte di fronte ai problemi storici della  sua evoluzione economica: una generale sottocapitalizzazione , la mancanza di competitività in assenza di  campioni di grandi dimensioni  internazionali, il fermo dell'investimento in innovazione. Il peso eccessivo degli oneri fiscali una minore competitività rispetto al passato ed un basso livello  di produttività.

Dal punto di vista territoriale siamo lacerati  dal divario fra Nord e Sud dove quest'ultimo non riesce più a stare al passo né dal punto di vista politico che economico ed è sempre più monopolio dell'illegalità organizzata.

La struttura dello Stato e la politica ma anche la stessa società civile danno un'immagine di sé sempre più in difficoltà.

Questa è una situazione generale di declino politico, economico, civile e morale. Fa specie dover aggiungere anche morale in un paese in cui si trova ubicata la sede centrale di una delle più importanti organizzazioni religiose mondiali: La Chiesa Cattolica. Eppure, è quello che sta accadendo. Diviso dall'incapacità di seguire un processo di crescita globale, ogni settore della popolazione grida la sua insoddisfazione ed il proprio disagio contaminati dal sorriso sprezzante dell'opportunismo realista vincente.

E' questo il segno più forte del declino. Convivono la disperazione del sofferente insieme all'arroganza del potere e l'uno si ciba dell'altro. Non riesce mai a decollare un disegno complessivo di salvezza reciproca ma si diffonde sempre più l'insofferenza per il disagio altrui che ha la colpa di crearci fastidio e peggiorare il nostro livello di vita- Nella misura in cui il declino infrange la speranza  della socialità e della solidarietà non può che sfociare nella violenza- L'un contro l'altro armati solo per poterci difendere e sopravvivere. E' questa la spirale del declino e della violenza.  Spesso l'azione violenta rappresenta il balbettio di una incapacità di padroneggiare la realtà che ci circonda. La ricerca di un nemico, del responsabile del proprio disagio e/o solo dell'inadeguatezza sono le strade più facili per negare le conseguenze logiche dell'analisi della situazione  e delle scelte che non sappiamo o non vogliamo fare.

Tutto questo rappresenta solo una possibilità di quello che una situazione di  declino può creare a livello locale, nazionale, europeo, mondiale; ma, ricordiamoci che l'unica alternativa possibile non può che essere frutto del nostro impegno, della partecipazione, della solidarietà ed infine della capacità di proporre un progetto di crescita complessivo e alternativo. Troppe volte nel passato le fasi di crisi economica si sono accompagnate  a profonde crisi sociali sfociate poi in grandi sommovimenti  o addirittura in guerre fra le Nazioni. Tutto questo  ci deve spingere a cercare le soluzioni possibili, a non smettere mai di operare per il miglioramento e la riduzione del divario sia fra i diversi paesi che fra le classi sociali rimuovendo gli ostacoli alla promozione sociale  ed allo sviluppo rappresentati in primo luogo da un'eccessiva concentrazione della ricchezza in poche mani. Dobbiamo premiare i migliori senza sacrificare chi non riesce a stare al passo. Dobbiamo  saper ascoltare le motivazioni  degli altri e preoccuparci delle loro esigenze. Le difficoltà possono essere occasione di miglioramento.