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sabato 9 marzo 2013

Democrazia partecipativa e Rete

 

In ogni periodo storico è sempre esistita una continua dialettica fra Movimenti ed Istituzioni.

I Movimenti riuniscono le persone per la realizzazione di un obiettivo  e vivono nella condivisione dei contenuti elaborati insieme. Normalmente, presentano le caratteristiche di un "comunismo elementare" e utilizzano forme il più possibile vicine alla democrazia diretta. Il "Movimento" lega le persone che lo compongono anche sul piano affettivo ed, in questo senso, le idee ed i valori sono vissuti con passione, costituendo spesso un'esperienza totalizzante. I Movimenti, tuttavia, non sono eterni. Essi si relazionano in maniera dialettica con le istituzioni, modificandole e modificandosi. Grazie alla forza ideale dei loro partecipanti l'intera società e le istituzioni, che la rappresentano, vengono investite da una tale forza di cambiamento da essere costrette a modificarsi per sopravvivere. Allo stesso tempo, il Movimento, per continuare la sua vita nel tempo oltre la fase eccezionale della sua nascita, deve organizzarsi e darsi delle regole che assicurino la sua sopravvivenza in una forma  istituzionale.

Quello che appare originale e peculiare nella realtà contemporanea è l'interazione che si è verificata fra i Movimenti e le nuove possibilità tecnologiche, come la Rete.

La Rete ha permesso uno sviluppo dei Movimenti collettivi in tempi rapidi e  su grandi spazi fisici. 

Ha permesso una continua interazione intellettuale ed ideale fra i suoi componenti, anche se la riduzione della necessità della fisicità ha ridotto le implicite possibilità affettive  e la  totalizzazione dell'esperienza. Lo strumento ha inoltre permesso ai leaders carismatici  di godere della possibilità di avere costantemente un'enorme platea digitale.

Se accoppiamo a quest'elemento la possibilità di partecipazione in rete d'ogni singolo membro, l'"assemblearismo" e la democrazia diretta ricevono dal Movimento un'ulteriore legittimazione come unico strumento possibile d'organizzazione.

E' tuttavia legittimo chiedersi se, nel passaggio dialettico al rapporto con le istituzioni e nella conseguente necessità di passare dalla fase del movimento iniziale a quella strutturata d'organizzazione, questo modo di procedere non possa rivelare dei limiti insormontabili.

Proprio per permettere un'adeguata ed incisiva partecipazione ed una vita duratura del Movimento è necessario frammentare nel tempo e nello spazio i processi, creare diversi livelli d'approfondimento, consentire la presentazione e il consolidamento dei diversi punti di vista e di programmi differenti e/o contrastanti, predisporre momenti di delega rappresentativa, necessari proprio per portare avanti gli obiettivi comuni. Creare insomma nuovi livelli organizzativi

Le possibilità offerte dalla Rete permettono una nuova e diversa capacità assembleare ed una partecipazione non solo fisica delle persone, La discussione assembleare o l'adesione alla posizione vincente è tuttavia sufficiente per affermare che è soddisfatto il requisito della democrazia? Non è forse necessario anche prevedere all'interno della partecipazione  il momento della delega e vari livelli sempre più complessi nella formazione delle idee e nell'assunzione di responsabilità.?Come si procede quindi nella formazione delle idee e dei programmi? La forma organizzativa segue e facilità la formazione delle idee e la loro realizzazione concreta? Il percorso di responsabilità è legato a questo processo?Come vengono amministrate le disponibilità economiche ?

E' probabilmente  vero che i tradizionali rapporti fra democrazia , partecipazione e rappresentanza siano stati profondamente modificati dalle nuove possibilità tecnologiche offerte dalla Rete.; tuttavia,  tali nuove possibilità non possono modificare la sostanza di questi rapporti ma solo la modalità, permettendo in tal modo un miglioramento della qualità stessa della democrazia.Cerco di spiegarmi meglio: la Rete permette una maggiore circolazione delle idee e delle informazioni a costi bassissimi e quasi nulli . Tutto questo mentre si annullano i problemi connessi alle distanze fisiche ed ai tempi personali disponibili.Non sono cose da poco .In sostanza,si riesce a dipendere molto meno che nel passato dai "media" e dal loro potere di controllo. Si riesce  a superare il monopolio dell'informazione e della gestione selettiva dei contenuti e delle idee .La possibilità di far discutere in modo stabile e continuativo  persone che distano da loro centinaia di chilometri può consentire una maggiore presenza consultativa e decisionale su problemi importanti o la collaborazione  diffusa su progetti d'approfondimento tematico.Tutto questo non è trascurabile; tuttavia, non porta automaticamente alla democrazia diretta ed alla possibile negazione del concetto di delega e rappresentatività. Porta invece alla necessità di dare spazio ad una reale democrazia partecipativa sia all'interno delle organizzazioni politiche che nelle istituzioni.Nessuno oggi potrà affermare che per motivi di tempo, di spazio ,d'informazione o di distanza non è possibile, organizzare o consultare o decidere insieme su alcune questioni.Il problema ,quindi, è di procedere nella realizzazione di tutte le modifiche organizzative necessarie ma riconoscere allo stesso tempo la differenza di cultura , d'esperienza di vita, di passione , di coraggio, di saggezza ecc ecc. esistenti fra le persone e che da un lato permettono ad alcuni  di assumersi responsabilità  maggiori  e dall'altro gli fanno ottenere la fiducia da parte degli altri che gli delegano delle funzioni. Un processo di delega e di rappresentanza pertanto di maggiore qualità e trasparenza che parte realmente da una base  diversamente organizzata.Tutto questo all'interno di una nuova realtà che offre maggiori possibilità di controllo , trasparenza e verifica da parte di una base attiva e partecipante.Il comune cittadino DEVE poter esprimere il suo giudizio sulle questioni scottanti e  su tutto quello che lo riguarda;tuttavia,  non gli si può chiedere  di predisporre gli studi e le proposte tecniche relative,di decidere e di occuparsi direttamente di tutto  perché sarebbe macchinoso e non efficace. D'altra parte non affiderei mai a dei tecnici il potere di decidere per conto mio ; mentre, invece, attraverso un processo progressivo di delega, affiderei la possibilità di prendere delle decisioni ad una classe dirigente che avrei condiviso attraverso un processo trasparente di delega. Su cosa quindi baserei la delega? Sulla fiducia che una persona ha saputo guadagnarsi nella guida di un gruppo di cui si è assunto progressivamente la responsabilità e da cui ha ottenuto la fiducia. informandosi su tutto quello che non conosce, chiedendo aiuto tecnico e sottoponendolo al parere ed all'intelligenza comune, dedicandosi al bene del gruppo ed avendo il coraggio di prendere decisioni difficili . In questo percorso di responsabilità vedo la crescita e la formazione della classe dirigente .

 

 

venerdì 1 marzo 2013

Per un governo di minoranza

Il recente risultato elettorale testimonia la profonda crisi della nostra società in presenza di una recessione economica, che grava pesantemente sulle prospettive di reddito e d'occupazione dei cittadini, e della mancanza di fiducia in una classe politica, vista come distante dalla gente, incapace di recepirne i bisogni ed interessata solo al mantenimento dei propri privilegi. Questo miscuglio esplosivo ha posto spesso, nella storia, le condizioni per veri e propri terremoti del panorama politico e del rapporto fra i ceti e le classi sociali. In molti casi, la novità ideale, necessaria per affrontare con successo i problemi, non ha trovato strada nelle politiche esistenti, creando le condizioni per l'irruzione di forze nuove dai connotati spesso rivoluzionari. In altre situazioni, personalità di rilievo hanno avuto la capacità di proporre formule nel segno della speranza, per ridare fiato non solo all'economia, ma all'intero spirito delle nazioni. Penso ad esempio all'esperienza del New Deal americano o a tanti altri esempi della storia passata. Anche il nostro paese vive un momento, di cambiamento e di ristrutturazione della politica, che ha portato alla recente affermazione elettorale del Movimento Cinque Stelle.Con il voto così ampio a questo gruppo, gli elettori hanno inviato qualcosa che assomiglia ad un ultimatum. Più che un'adesione convinta ad un programma di governo, questo voto sembra unire un malessere di diversa provenienza con obiettivi che, su molti aspetti, potrebbero anche essere inconciliabili. Ci si chiede, infatti, quanti di coloro che hanno votato Grillo, disgustati dallo spettacolo d'insipienza e corruzione offerto spesso dalla politica, siano poi d'accordo con le ipotesi di uno sviluppo basato sulla possibile decrescita ma con maggiore attenzione alla qualità della vita sociale (i cui indicatori sono in ogni caso da verificare e da dibattere adeguatamente). Quanti pensano che il nostro Paese sia sostanzialmente fallito finanziariamente e oggetto dei voleri della finanza internazionale, cui paga un contributo interessi intollerabile, per cui l'unica soluzione potrebbe essere quella di procedere ad un piano di ristrutturazione dello stesso debito.? Quanti inoltre ritengono possibile e preferibile una possibile uscita dall'euro ed una svalutazione competitiva della nostra moneta che decurti immediatamente il valore dei nostri risparmi, degli stipendi e delle pensioni? Quanti ritengono inutili i grandi lavori della TAV che permetterebbe la partecipazione italiana alle vie di comunicazioni più avanzate europee e lo sviluppo del transito delle merci su ferro? Probabilmente, molti ritengono questi problemi distanti dal quotidiano ed intanto sentono il Movimento Cinque Stelle presente in tutte le situazioni in cui la politica tradizionale non riesce a d offrire sostegno ed aiuto. .Il movimento ha inoltre fatto suoi alcuni punti considerati ormai irrinunciabili dalla maggior parte delle persone come testimonia anche l'esito dei due referendum sull'energia nucleare e sull'acqua La parola d'ordine è, infatti, quella di preservare i beni comuni alla gestione pubblica e di orientare il piano energetico nazionale sempre più verso le fonti energetiche rinnovabili. C'è tuttavia una forma di semplificazione nel trattare le questioni che certo non giova alla gestione dei fenomeni.Lo troviamo ad esempio nella difficoltà ad accettare la necessaria presenza sul territorio nazionale di termovalorizzatori dove smaltire almeno la parte residua dei rifiuti non riciclabili nonostante il possibile successo di un'estesa e capillare raccolta differenziata.La fiducia degli elettori, inoltre, è   riposta nella possibilità dello sviluppo di una democrazia partecipativa, che consenta un controllo dal basso del personale e dell'azione politica, mentre, da parte loro, le forze politiche tradizionali sono rimaste impermeabili al cambiamento ed all'apertura delle proprie strutture organizzative. Troppo spesso, la necessità della sopravvivenza dell'organizzazione ha prevalso sull'accoglimento di un percorso di democrazia partecipativa di base e sul web. L'utilizzo delle possibilità della Rete è stato, anzi, completamente sottovalutato ed utilizzato solo come cassa di risonanza, mentre, la sua forza consiste proprio nella maggiore possibilità di partecipazione della base alla vita politica , compresa l'elaborazione dei contenuti . La Rete può dunque essere uno dei luoghi di formazione del personale politico, come ha intuito Grillo.

Ora, siamo di fronte ad un'emergenza che richiede la definizione di priorità, pur coscienti del rischio di nuove elezioni a breve.

Il Partito Democratico ha la responsabilità della proposta e sarebbe auspicabile che, pur non potendo contare su di una maggioranza precostituita, si presenti in Parlamento chiedendo la fiducia su di un programma minimo d'azione che permetta di affrontare l'emergenza intervenendo subito su alcuni fattori critici:

Pensiamo che il tentativo di formazione   di un governo, capace di ottenere in Parlamento i numeri per andare avanti, debba poggiare almeno su sei priorità:

N. 1.  Riduzione drastica dei costi della politica, dei privilegi della casta Abbattere i costi, non solo economici, della politica, quelli diretti e ancor più quelli indiretti. La riforma politica deve riguardare numero e retribuzione delle persone impiegate in politica, lo scioglimento degli Enti inutili nati per foraggiare clientele di partito e riciclati, il numero dei mandati, il numero dei parlamentari e dei consiglieri, la misura e le modalità di controllo del finanziamento pubblico, la trasparenza degli atti amministrativi, la messa in rete di tutti gli atti pubblici compresi appalti mandati di pagamento oltre che ai rimborsi dei politici. E' necessario procedere alla regolamentazione normativa dei partiti e ad una modifica del ruolo ed operatività delle fondazioni.

N.2  approvazione di una nuova legge elettorale ed avvio di una stagione di riforme istituzionali del nostro Paese che consenta di realizzare l'obiettivo della piena governabilità ed efficienza.. Abolizione delle Province, accorpamento dei Comuni minori, soppressione di una camera, elezione diretta del Presidente della Repubblica, che assuma anche il ruolo di capo del governo. Questi potrebbero essere  i cambiamenti istituzionali  utili per portare il paese alla  piena governabilità.

N. 3. Legge sul conflitto d'interessi.Norme efficaci per la lotta alla corruzione, peso intollerabile, fattore di spreco, di distorsione dei mercati e di degrado della vita civile.

N.4 . Introduzione del reddito di cittadinanza  e del contratto unico d'ingresso a garanzie progressive, opportunamente incentivato per i giovani , le donne e gli over 50, con riduzione drastica delle forme di lavoro precario . Vengono sollevate spesso molte critiche all'introduzione del redito di cittadinanza  visto come premio  per la pigrizia lavorativa. Questa visione è oggi fuorviante perché il problema principale è quello d'intervenire sulle situazioni di bisogno, provocate da una crisi economica senza precedenti nel dopoguerra, con strumenti di tipo universali che permettano di toccare il fenomeno della disoccupazione di lunga durata, l'inoccupazione e la marginalità. L'importante è che il reddito sia concesso a patto che queste persone nel frattempo prestino  la propria manodopera in lavori utili, accettino percorsi formativi  validi per il reinserimento lavorativo ed in generale per l'occupazione e non possano rifiutare nessun lavoro continuativo proposto. La copertura economica  di un provvedimento di questa portata ( il cui  costo  potrebbe ammontare ad almeno  ca. 7.000 euro annui per persona)   è ovviamente difficile . Un provvedimento  che riguardasse  almeno due milioni di persone  costerebbe ca. 14 miliardi l'anno. Questi soldi vanno comunque trovati a  partire da un diverso utilizzo della spesa per il welfare  ( anche rivedendo i meccanismi della cassa integrazione e mobilità  oltre che le remunerazioni pensionistiche  e gli stipendi pubblici oltre i cinquemila euro netti ) considerando anche  le risorse rivenienti in bilancio dalla recente riforma pensionistica da mantenere invariata, dai rispermi ottenuti attaraversoi, taglio dei costi della politica e riforme istituzionali ( abolizione province ecc) la maggiore tassazione del gioco d'azzardo, quanto sarà  possibile destinare da una riforma fiscale ( cfr. punto 5) ecc.

N.5. riforma fiscale generale a favore delle imprese e del lavoro con l'obiettivo della riduzione del cuneo fiscale sul lavoro per la ripresa della competitività

N:6 avvio di un programma di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico  per il finanziamento di misure per la crescita e per la riduzione dello stock del debito .Si ritiene  importante evitare la dismissione delle quote detenute in alcuni gioielli  della nostra economia come ENI e Finmeccanica, proprio per salvaguardarne  l'italianità

Un PD e un governo, che mettessero in agenda e realizzassero questi punti, aprirebbero un percorso virtuoso di fiducia e partecipazione fra Istituzioni e cittadini  oltre che alcuni punti fermi per la lotta alla disoccupazione  ed una ripresa della nostra competitività . Tutto questo non potrebbe che essere visto  con interesse e fiducia anche dai mercati finanziari.Se tutto questo non dovesse realizzarsi, è meglio dare  fiducia ad un governo di transizione, guidato da una personalità di alto rilievo, che duri per il tempo necessario alla riforma della legge elettorale, e tornare il prima possibile a nuove elezioni.