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domenica 27 gennaio 2013

Le proposte di Confindustria ed il Piano del lavoro della CGIL

Nell'ultimo periodo le proposte in campo, volte ad individuare le possibili misure per rilanciare la crescita economica del nostro Paese, si sono arricchite con quelle organicamente prodotte da Confindustria e dalla CGIL con il suo "Piano per il lavoro".

Mentre Confindustria pone l'accento sulla necessità di recuperare competitività attraverso una sostanziale riduzione del costo del lavoro, unito ad un alleggerimento della pressione fiscale sui redditi più bassi e sulle imprese, la CGIL sottolinea la necessità del ruolo pubblico nel sostegno ed indirizzo all'attività economica del Paese, con un incremento della spesa pubblica rivolta alla creazione diretta di occasioni di lavoro per i giovani e di facilitazioni alle aziende private.

Entrambe le proposte richiedono, inoltre, un piano di riforme che vada nel senso del miglioramento dell'attività della Pubblica Amministrazione, dello sviluppo della ricerca ed innovazione e del sostegno alla spesa per infrastrutture.

All'interno del programma proposto da Confindustria, viene richiesto espressamente un recupero di competitività attraverso l'abbattimento dei costi ed il sostegno degli investimenti Si chiede pertanto:

a)     il pagamento immediato di 48 miliardi di debiti commerciali accumulati da Stato ed enti locali,

b)     la riduzione dell'8% del costo del lavoro nel manifatturiero e la cancellazione

per tutti i settori l'IRAP che grava sull'occupazione;

c )   lavorare 40 ore in più all'anno, pagate il doppio perché detassate e decontribuite;

d)  ridurre l'IRPEF sui redditi più bassi e aumentare i trasferimenti agli incapienti;

e)   aumentare del 50% gli investimenti in infrastrutture;

f)       sostenere gli investimenti in ricerca e nuove tecnologie;

g)      abbassare il costo dell'energia

 

Le risorse necessarie sono individuate sostanzialmente nella riduzione e diversa destinazione della spesa pubblica,utilizzando quanto è possibile ricavare dalla dismissione del patrimonio pubblico ed armonizzando le aliquote ridotte IVA  in vista di rimodulazione delle stesse in ottica UE. Viene inoltre richiesta la riforma del  Titolo V della Costituzione riportando allo Stato le competenze su materie di interesse nazionale e riducendo i livelli di governo.

L'esigenza di un recupero di competitività del sistema, attraverso una riduzione del costo del lavoro,  non deve farci dimenticare  le necessarie contropartite,  che non possono esaurirsi solo nella richiesta dello sgravio IRPEF nei confronti dei redditi più bassi; ma, anche, in tutto quello che riguarda  la fine della eccessiva precarizzazione del lavoro utilizzato, nei fatti, per ottenere una riduzione di costo. Bisogna ottenere anche delle garanzie rispetto alla ripresa degli investimenti privati.

Per altri versi, la prima cosa che  convince, invece, nella presentazione del " Piano del lavoro " della CGIL è il richiamo ad una ripresa della crescita che non può essere trascinata esclusivamente da un aumento delle esportazioni; ma, anche, dal sostegno alla domanda interna. Il nostro è un paese avanzato che deve essere in grado di avere una base industriale larga e avanzata oltre ad un sistema di servizi moderno. La caratteristica di un paese come il nostro è lo scambio di merci e servizi della medesima tipologia con gli altri paesi avanzati : La crescita del saldo attivo della bilancia commerciale è un obiettivo importante ma accanto ad esso bisogna realizzare un miglioramento complessivo del livello di vita soprattutto di vaste aree del paese in condizioni di sottosviluppo e di vaste aree della popolazione. Parlare pertanto di redistribuzione delle ricchezze diventa elemento essenziale dello sviluppo . In tal senso gli accenni ad una riforma fiscale che consenta di alleggerire il peso sui redditi più bassi, sul lavoro  e sulle imprese sembra essere rilevante.

Ma vediamo, in concreto,  su cosa poggerebbe  la possibile  riforma fiscale proposta dalla CGIL?

a) piano strutturale di lotta preventiva all'evasione/elusione fiscale e contributiva e al sommerso. Si può programmare una riduzione dell'evasione fiscale e contributiva del 10% nel 2014 e del 20% nel 2015, anche prevedendo specifiche e vincolanti poste di Bilancio all'interno delle Leggi di finanza pubblica;

Ottenere un risultato di questo genere non sembra di facile realizzazione. Rimango dell'idea che per recuperare in maniera importante l'evasione bisognerebbe agire su tre fronti:

1)introdurre un vantaggio per il contribuente alternativo all'evasore ( possibilità di scaricare una percentuale di tutte le spese documentate )

2)rendere possibile l'emersione del lavoro nero nelle aree sottosviluppate del paese

3)attaccare d'iniziativa l'economia della criminalità organizzata .

Nei tempi brevi, non si può programmare con una buona approssimazione  la copertura della spesa pubblica in base ad un andamento diverso della lotta all'evasione.

b)introduzione dell'Imposta strutturale sulle Grandi Ricchezze (IGR), a sostituzione dell'IMU;

Sarebbe utile conoscerne meglio i meccanismi attuativi prima di esprime un giudizio.

c) rendere più efficace la Tassa sulle Transazioni Finanziarie internazionali (TTF), soprattutto per ridurre drasticamente la speculazione finanziaria di breve durata (quella che mette in difficoltà anche i debiti sovrani), che per sua natura ha bisogno di fare molti movimenti finanziari, e liberare risorse per gli investimenti "reali", che generano crescita e occupazione;

Va bene questo richiamo all'applicazione della TTF. Relativamente all'inasprimento della tassazione sulla rendita finanziaria sarebbe utile il ripristino dell'aliquota del 27% sugli interessi dei depositi bancari e postali. Bisognerà inoltre vedere se il nuovo bollo sui depositi titoli  con decorrenza gennaio 2013 darà i risultati auspicati. Un'altra iniziativa da realizzare potrebbe essere quella di  tassare in maniera secca ( 30%)l'utile attualizzato conseguito dalle istituzioni finanziarie e Banche  sulle operazioni di  derivati stipulate con la clientela. A regime , da questa serie di misure ,si possono ottenere almeno 3/4 miliardi.

d) in alternativa all'aumento dell'IVA previsto dal Governo, che ha un carattere regressivo e fa crescere l'inflazione, si può aumentare l'imposizione sulle rendite finanziarie (ora al 20%,esclusi titoli pubblici), ancora al di sotto della media effettiva europea;

Mi sembra che quanto detto  in precedenza non consenta ulteriori margini.

e) introduzione di tasse ambientali coerenti con l'indicazione europea in base alla quale "chi inquina, paga" (emissioni CO2, produzione di rifiuti tossici, consumo di combustibili fossili)e con la previsione di dinamiche premianti

Da verificare le forme attuative e le risorse ottenibili.

f) progressività dell'imposizione e riduzione della prima fascia e di un'intermedia

Discorso possibile e condivisibile. Si possono recuperare almeno sei miliardi attraverso una maggiore imposizione progressiva  a partire dai redditi superiori a 75.000/100.000  euro annui e fino a quelli superiori, da destinare ad una riduzione di almeno tre punti percentuali sui redditi più bassi.

Queste misure  di riordino fiscale  costituiscono una delle  assi portanti  del reperimento delle risorse necessarie. Accanto a questo tuttavia,  nel piano del lavoro,  la CGIL individua ancora delle altre opportunità utili al reperimento di ulteriori mezzi finanziari:

1) riduzione dei costi della politica e degli sprechi e redistribuzione della spesa pubblica possono produrre almeno 20 miliardi di euro di risparmi strutturali;

E' da verificare il reale impatto annuo del risparmio di spesa possibile con la destinazione a nuovo e diverso impiego. 20 miliardi mi sembrano una cifra molto alta. Mi accontenterei di reperire da questo processo di riforma risorse per 5/8 Miliardi .

2) riordino, agevolazioni e trasferimenti alle imprese, per recuperare almeno 10 miliardi;

Su questo campo mi sembra che l'obiettivo principale sia quello di indirizzare meglio la spesa specialmente  orientandola verso una riduzione generalizzata del carico IRAP relativo al costo del lavoro.

3) utilizzo di una parte delle risorse delle fondazioni bancarie (verso "valori collettivi e finalità di utilità generale", così come previsto dall'ordinamento italiano, L. 218/1990), soprattutto per il Piano per il Nuovo Welfare;

Un possibile anche parziale disimpegno finanziario delle Fondazioni dal sistema bancario, sostituite dall'arrivo di capitali stranieri o privati, metterebbe a disposizione di operazioni sul territorio nuove risorse.

4) utilizzo programmato dei Fondi europei;

Anche questo punto è interessante . Ad esempio  anche le  proposte del Sen Ichino  sul punto lavoro dell'Agenda Monti  presuppongono l'utilizzo dei fondi sociali europei con un coordinamento su base regionale.

5) scorporo degli investimenti dai criteri di applicazione del Patto di Stabilità e Crescita;

Possibile ed auspicabile una forte azione in tal senso. Bisogna  far presente  anche in sede europea la necessità che la spesa per investimenti sia accettata ed esclusa dalla misurazione del debito.

6) utilizzo dei Fondi pensione attraverso progetti per favorire la canalizzazione dei flussi di risparmio verso il finanziamento degli investimenti di lungo periodo, garantendone i rendimenti previdenziali;

Molto interessante da realizzare con appropriate capacità d'iniziativa e di coinvolgimento in grandi progetti nazionali secondo la modalità del project financing

7) la Cassa Depositi e Prestiti, sull'esempio della Caisse des Dépots francese, deve consolidare la missione di utilizzare le sue emissioni obbligazionarie di lungo e lunghissimo termine per attirare i capitali, oltre l'orizzonte temporale degli operatori tradizionali, su progetti di sviluppo e infrastrutturali per investimenti strategici e di lungo periodo sia per le PP.AA. che per le Società industriali, diventando così uno dei soggetti essenziali per l'innovazione e la riorganizzazione del Sistema Paese.

Sono assolutamente d'accordo . La Cassa e Depositi Prestiti  può essere il possibile finanziatore, insieme a Fondi pensione, Fondazioni e Banche ,di dieci grandi project financing d'interesse nazionale.

Relativamente poi all'utilizzo dei fondi recuperati penso che una spesa nei confronti dell'innovazione , delle infrastrutture,degli interventi sul territorio ed il welfare siano utili anche perché intervengono su settori in cui potremmo essere meno esposti alla concorrenza internazionale.In questo senso un aiuto all'occupazione in questi settori con sgravi fiscali alle aziende private o riapertura delle assunzioni pubbliche è da considerare positivamente.

In ultimo, ma non per ultimo, bisognerebbe che nei futuri programmi di governo si tenessero ben presenti  le richieste di Confindustria per la riduzione del costo del lavoro e del carico fiscale sull'IRAP per tutti i settori valutando i margini possibili per porre a carico della fiscalità generale parte degli oneri contributivi e della tassazione  La riduzione del costo del lavoro è insieme all'innovazione condizione essenziale per il recupero di competitività del sistema.Lo sviluppo della contrattazione di secondo livello , la detassazione del lavoro straordinario  e dei premi di produzione potrebbero consentire un ulteriore passo avanti nella direzione della produttività.

Per finire mi sembra condivisibile la critica all'abbattimento del costo generale del lavoro realizzato solo attraverso l'uso indiscriminato del lavoro precario. Le conseguenze in termini di socialità conplessiva sono altissime ed insopportabili. Ben diversa è l'esigenza di assicurare la corretta mobilità della forza lavoro verso gli impieghi più produttivi  utilizzando  adeguati ammortizzatori sociali per assicurare al lavoratore il massimo della sicurezza ed un adeguato servizio utile al "replacement" nel lavoro. Deve essere messo un forte argine che scoraggi l'uso distorto dei contratti atipici che di fatto spreca e distrugge lo sviluppo delle professionalità .

Riprendendo i vari discorsi in campo darei invece ulteriore risalto ad un utilizzo della dismissione del patrimonio pubblico che opportunamente organizzato potrebbe dare risorse annue di almeno 5/10 miliardi. Questa proposta  contenuta nel programma di Confindustria  mi sembra interessante   perché, invece di utilizzarlo per la riduzione immediata dello stock del debito pubblico, punta a sostenere lo sviluppo ottenendo poi nel tempo , grazie alla crescita del PIL il miglioramento del suo rapporto col debito.

Complessivamente da tutte le proposte fatte potremmo recuperare con molta probabilità complessivamente ca. 20 miliardi di risorse  che potrebbero trovare impiego sia parzialmente  nei programmi di sostegno all'investimento ed all'occupazione presenti nel programma CGIL sia nell'obiettivo della riduzione del costo del lavoro e della tassazione delle imprese. Accanto a queste operazioni si potrebbero aggiungere quelle che potrebbero essere messe in gioco grazie all'azione della Cassa depositi e prestiti, i Fondi pensione, Le Fondazioni e le Banche per il finanziamento di dieci grandi project financing nazionali nel campo delle infrastrutture ed anche nei casi possibili della ricerca applicata.

 

 

 

 

 

sabato 19 gennaio 2013

Equità e lavoro

La campagna elettorale è ormai in pieno svolgimento e davanti agli occhi degli italiani sfilano i rappresentanti dei partiti e delle coalizioni, che si propongono per il governo del Paese. Il momento è difficile e la sensazione diffusa è che ormai il tempo delle promesse è scaduto. Bisogna voltare pagina e subito. Nessuno è più disposto a tollerare le immagini di spreco, di corruzione e di privilegio a cui abbiamo assistito in questi anni. Il deterioramento del tessuto economico e sociale ha raggiunto e superato il limite della sopportazione ed il male oscuro della disoccupazione angoscia le famiglie. Il panorama italiano è costellato da imprese in difficoltà che tagliano il personale, altre che ricorrono alla cassa integrazione, altre che preferiscono delocalizzare. In ogni famiglia è presente un figlio o un nipote in attesa di un qualunque lavoro, un padre o una madre che temono un esubero o un licenziamento. Non si può aspettare oltre! Il necessario percorso di risanamento dei conti pubblici deve coniugarsi subito con la ripresa economica e sociale del nostro Paese. All'interno di questo quadro fosco   vi è un elemento positivo: - gli ultimi dati forniti dall'ISTAT relativi alla Bilancia Commerciale. A novembre, la stessa è in attivo di 2,4 miliardi che salgono fino a 8,9 tenendo conto dei primi 11 mesi dell'anno, ai massimi dal 2002, frutto di un cumulato di 10,1 miliardi con i paesi Ue e di -1,251 miliardi con i paesi extra Ue. Secondo l'Istat, l'import cede il 2,2% in termini congiunturali e segna un crollo dell'8,2% a livello tendenziale. Le esportazioni a novembre sono salite del 3,6% tendenziale e dello 0,4% congiunturale. E' prevedibile che il 2012 raggiunga un saldo positivo della bilancia commerciale pari a ca. 10 miliardi di euro. Se tutte le altri componenti del PIL fossero rimaste inalterate avremmo avuto una crescita dello stesso di ca. lo 0,6%.  Ma non è così!

Commentando questi dati il Ministro Passera ha affermato che se questa tendenza positiva sarà confermata, l'Italia potrà generare entro i prossimi tre anni "150 miliardi di euro di export aggiuntivo, superando la quota di 600 miliardi, tra beni e servizi, entro la fine del 2015".

L'aumento delle vendite di prodotti petroliferi raffinati verso Francia e paesi OPEC contribuisce a sostenere per oltre un punto percentuale la crescita tendenziale delle esportazioni nazionali.

La flessione degli acquisti di autoveicoli dalla Germania e di computer, apparecchi elettronici e ottici dalla Cina contribuisce alla diminuzione tendenziale registrata per le importazioni. Si presentano fortemente dinamici anche i settori di produzione di macchinari, prodotti in pelle e alimentari. Il 51% delle esportazioni lorde dell'Italia è rappresentato da valore aggiunto originato dal settore dei servizi. Il contenuto in servizi è specialmente alto per il prodotto alimentare e l'equipaggiamento per i trasporti.

Dove invece è tutto fermo, anzi in flessione, è  nella dinamica degli investimenti e dei consumi frenati dalla riduzione degli ordinativi, dall'incremento del peso fiscale,  dalle difficoltà occupazionali e dalle prospettive negative sull'andamento economico generale.

La situazione è stagnante e per sbloccarla è necessario riprendere un cammino di speranza, fondato sul lavoro e l'impegno di tutto il corpo sociale.

E' necessario innanzi tutto un patto sociale per il lavoro.

Da una parte le forze sindacali dovrebbero impegnarsi a rinunciare a qualsiasi aumento salariale (anche per adeguamento del costo della vita) per i prossimi tre anni sia nel settore privato sia pubblico; mentre, dall'altra, tutte le risorse disponibili dovrebbero consentire una riduzione immediata del cuneo fiscale, del costo lordo del lavoro, con conseguente incremento della competitività del nostro Paese.

Contemporaneamente dovremmo stimolare l'assunzione dei giovani under 35 valutando la possibilità di azzerare per tre anni il cuneo fiscale nei contratti di apprendistato, a tempo indeterminato.

La copertura finanziaria della prima misura, che dovrebbe riguardare i redditi sino a 28.000 euro, potrebbe essere ottenuta attraverso una maggiore progressività delle aliquote IRPEF sui redditi più elevati. Si potrebbero adottare aliquote del 45% oltre 75.000 euro, del 50% oltre 150.000 euro, del 60% oltre 300.000 euro, del 65% oltre 500.000 euro ed infine del 75% oltre 1.000.000 di euro.

La progressività delle aliquote è l'unico strumento che consente l'eguale trattamento dei diversi cittadini davanti allo Stato e rappresenta un correttivo contro l'eccesso di divaricazione delle retribuzioni e delle ricchezze avvenuto in questi anni.

Per quanto riguarda invece il finanziamento dell'abbattimento per tre anni del cuneo fiscale sui nuovi contratti di apprendistato a tempo indeterminato per gli under 35 è possibile pensare di destinare a questo scopo le risorse aggiuntive che, a partire dall'anno in corso, entreranno nelle casse dello Stato grazie all'incremento dallo 0,10% allo 0,15% del bollo sui depositi titoli e le altre forme di amministrazione finanziaria senza più il limite massimo di 1.200 euro. Si potrebbe anche ripristinare a tal fine anche l'aliquota del 27% sugli interessi dei conti e depositi bancari ridotta recentemente al 20% ed utilizzare i ricavi rivenienti dall'introduzione della tassazione dello 0.05% sulle transazioni finanziarie.

Queste misure sul lavoro devono essere unite ad una revisione del meccanismo degli ammortizzatori sociali potenziando l'ASPI (nel senso della durata e della funzionalità  delle agenzie del lavoro) ed introducendo organicamente un reddito minimo di cittadinanza (unendo in un solo strumento ciò che è attualmente previsto a sostegno della povertà) a decremento dell'utilizzo della cassa integrazione straordinaria, in deroga e della mobilità.

Le stesse categorie datoriali e sindacali potrebbero procedere alla costituzione di un fondo apposito che integri nel tempo quanto già stanziato dallo Stato.

Queste condizioni sono necessarie per rendere accettabile e sostenibile la piena realizzazione anche in Italia di una riforma del lavoro che vada nel senso della flexsecurity come è già realizzata nei paesi scandinavi da applicare su base volontaria e sperimentale, come sostiene da tempo il Sen. Ichino, a partire dai nuovi assunti, lasciando invariate le regole che riguardano i lavoratori in essere.

Solo in tal modo sarà possibile realizzare dinamicamente quel continuo utilizzo della risorsa umana verso gli impieghi più produttivi,  assicurando la necessaria flessibilità e dinamicità del mercato del lavoro.

Il patto del lavoro deve rappresentare la punta di diamante di un processo di rinnovamento della società italiana che deve vedere nel riallargamento  del credito bancario (pur nell'attenta valutazione del rischio), nel potenziamento della ricerca ed innovazione e nella riqualificazione dell'amministrazione e della spesa pubblica le altre condizioni necessarie al sostegno dell'attività produttiva ed alla crescita del nostro Paese.

Dobbiamo operare inoltre affinché la meritocrazia e la mobilità sociale siano la base costituente dei nostri rapporti sociali, liberandoci da tutte quelle consorterie ed interessi di parte che ne impediscono il libero sviluppo.

La prossima legislatura può essere l'occasione per realizzare questo cambio di passo che consenta all'Italia di recuperare la perdita di competitività verificatasi in questo ultimo ventennio e di puntare ad assumere un ruolo primario nel panorama europeo.

 

 

 

venerdì 11 gennaio 2013

Reddito minimo garantito

La situazione della disoccupazione in Europa è drammatica ha detto il presidente dell'Eurogruppo Jean Claude Juncker al Parlamento UE. Ha quindi insistito perché si ritrovi "la dimensione sociale dell'unione economica e monetaria, con misure come il salario minimo in tutti i Paesi della zona euro, altrimenti perderemmo credibilità e approvazione della classe operaia, per dirla con Marx". Sgombriamo il campo innanzi tutto da ogni possibile equivoco sull'accezione del termine "salario minimo "che non vuole dire stabilire un minimo contrattuale europeo bensì la predisposizione in ogni paese membro di forme di sostegno alla povertà, alla marginalità, alla disoccupazione di lungo periodo e all'inoccupazione.  D'altra parte, il concetto non è nuovo perché proprio la Commissione Europea, nel suo documento "Europa 2020", aveva già indicato il tema della lotta alla povertà come una delle sette iniziative Faro del progetto. L'iniziativa Faro era chiamata, infatti "Piattaforma europea contro la povertà". Per la sua realizzazione, a livello UE, la Commissione intendeva adoperarsi per:

– creare una piattaforma di cooperazione per adottare misure concrete volte ad alleviare il problema dell'esclusione sociale   anche un utilizzo mirato dei fondi strutturali, in particolare del FSE;

– elaborare e attuare programmi volti a promuovere l'innovazione sociale per le categorie più vulnerabili, combattere la discriminazione e a definire una nuova agenda per l'integrazione dei migranti.

– valutare l'adeguatezza e la sostenibilità dei regimi pensionistici e di protezione sociale e riflettere su come migliorare l'accesso ai sistemi sanitari.

A livello nazionale, gli Stati membri dovevano, dal canto loro, cercare di sensibilizzarsi sul problema, cercando, inoltre, di utilizzare appieno i propri regimi previdenziali e pensionistici per garantire un sufficiente sostegno al reddito e un accesso adeguato all'assistenza sanitaria.

Siamo, pertanto, di fronte ad una richiesta d'inclusione della marginalità e di sostegno alla disoccupazione ed all'inoccupazione che non si limita all'individuazione di forme di sostegno al reddito; ma, anche, della possibilità d'accesso ai servizi sanitari e a servizi di formazione ed inclusione.

Limitandoci per il momento, tuttavia, esclusivamente al problema dell'introduzione di un reddito minimo garantito o salario di cittadinanza, vediamo che ad esempio, contrariamente alla situazione italiana, il quadro europeo presenta in molti paesi diverse misure di sostegno e queste, alla fine, permettono a quelle società di affrontare in maniera meno traumatica la flessibilità del lavoro e i periodi di crisi occupazionale. Nella situazione italiana potrebbero rappresentare inoltre anche una difesa contro i fenomeni di delinquenza e corruzione diffuse in diverse aree territoriali afflitte da problemi dl ritardo dello sviluppo, come quella meridionale.

In un periodo come quello che stiamo attraversando, in cui la disoccupazione, specie giovanile, sta assumendo livelli insopportabili e dove spesso molte aziende sono costrette a ridurre i propri occupati, misure di sostegno alla disoccupazione di lunga durata e all'inoccupazione diventano essenziali per la pace sociale e la convivenza civile. Quando, come nella situazione italiana, la crisi economica si esprime nella riduzione del reddito delle famiglie, nella disoccupazione di massa ed a questa si accoppia una diffusa indignazione nei confronti della classe politica e dirigente del paese, la situazione può diventare esplosiva. Misure di sostegno sono quindi indispensabili e prioritarie.

 E' per questo che è indispensabile che lo Stato metta in campo delle iniziative volte a garantire a tutti dei diritti universali: un salario di cittadinanza, un tetto, l'istruzione, la salute, la tutela complessiva dell'ambiente, la possibilità del reinserimento nel mondo del lavoro.

Sarebbe utile consentire un accesso alle strutture pubbliche del lavoro per tutte le risorse marginali, disoccupate ed inoccupate in cambio di un reddito di solidarietà attiva, adeguatamente disciplinato. E' interessante a questo proposito l'iniziativa della Regione Lazio in base alla legge regionale 4/2009: istituzione del reddito minimo garantito, con fondi a suo tempo stanziati sino al 2011. Sostegno ai redditi in favore dei disoccupati, inoccupati o precariamente occupati. - Data del Provvedimento 20/3/2009.

Contenuti principali della legge sono che i beneficiari sono i disoccupati, gli inoccupati, i precari e i lavoratori privi di retribuzione che abbiano residenza nella regione Lazio da almeno 24 mesi, siano iscritti nell'elenco anagrafico dei centri per l'impiego (con l'eccezione dei lavoratori privi di retribuzione), abbiano un reddito personale imponibile non superiore a 8mila euro nell'anno precedente la presentazione dell'istanza, non abbiano maturato i requisiti per il trattamento pensionistico.Ai disoccupati e agli inoccupati viene corrisposta una somma di denaro non superiore a settemila euro annui. E' previsto che i percettori del reddito debbano accettare le proposte di lavoro indicate dagli uffici dell'impiego.

Tutto è ovviamente perfezionabile e migliorabile ma riteniamo che nei programmi elettorali delle forze politiche che si presentano per le prossime elezioni politiche questo tema dovrebbe essere maggiormente sottolineato pur se, in effetti, è già presente sia all'interno dell'Agenda Monti sia nelle proposte di SEL e del PD.

A pagina 18 del documento programmatico, ormai comunemente definito " Agenda Monti " si dice:

"La crisi e la recessione hanno creato nuove povertà e aggravato il disagio dei tanti italiani che già erano ai margini della società o si trovano a rischio d'esclusione sociale.Il Governo ha completamente ridisegnato la social card, trasformandola in un vero strumento d'inclusione attiva nella società, con servizi legati all'effettiva ricerca di lavoro o inserimento in attività organizzate a livello locale. E' un'esperienza che dovrebbe essere generalizzata studiando come creare un reddito di sostentamento minimo, condizionato alla partecipazione a misure di formazione e di inserimento professionale.Anche i servizi sociali territoriali, che hanno sofferto nella stretta della finanza pubblica, devono essere riconosciuti nella loro importanza fondamentale, trovando una soluzione di finanziamento strutturale e di lungo periodo.Infine bisogna giocare la partita di un vero e proprio piano per l'autosufficienza."

Non ripetiamo quanto più volte espresso da SEL e dal PD sull'argomento ma sottolineiamo ancora l'importanza che gli ammortizzatori sociali in Italia prevedano da subito un forte sostegno nei confronti degli esclusi dal lavoro. A maggior ragione, proprio adesso che nel nostro sistema  di Welfare si sono ottenuti maggiori margini complessivi grazie ad una riforma pensionistica che, con tutti i problemi da affrontare (in particolar modo il livello pensionistico che raggiungeranno a suo tempo le attuali nuove generazioni), rimane comunque una delle più equilibrate, in rapporto alla previsione della durata media di vita e della percentuale di futuri pensionati sulla popolazione attiva, del quadro europeo.