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giovedì 28 luglio 2011

Oltre la coalizione: Lista Civica Nazionale

 

 

E' ormai evidente  che il Paese sta attraversando ua delle fasi più difficili della sua storia repubblicana, non solo dal punto di vista economico ma anche da quello del suo declino morale e del senso di appartenenza nazionale.

In questo quadro la speculazione internazionale ci sta individuando come l'ennesimo punto debole di una catena  europea che  ha ragione di considerare: debole.

Debole, per l'inadeguatezza della  crescita del sogno europeo, fermatosi troppo presto al risultato della moneta unica, senza aver fatto corrispondere ad essa un deciso passo avanti verso l'integrazione dei popoli nel campo economico, culturale e politico.

Debole, per l'evidente difficoltà del salvataggio dell'Italia, in caso di default del proprio debito pubblico, di dimensioni pari a ca. sei volte quello greco.

In una situazione in cui nessuno può considerarsi al sicuro da una perdità di valore  e di prospettive, si evidenzia la totale inadeguatezza dell'attuale classe politica, travolta da un'ondata di indignazione nei confronti dei privilegi di cui gode e della scarsa limpidezza dei suoi comportamenti.

Nel mentre, è invece osservabile l'aspetto positivo di una ritrovata voglia di collaborazione del mondo dei produttori  espressa con il recente manifesto firmato dalla associazioni imprenditoriali, dalle Banche e dai Sindacati che richiedono un momento di discontinuità per la crescita.

L'altro aspetto  confortante è poi dato dalla ritrovata partecipazione politica dei cittadini e dei movimenti osservata  nelle recenti elezioni amministrative  e conclusasi con l'affermazione a Milano di Pisapia e a Napoli di De Magistris.

Il popolo arancione , vero vincitore delle amministrative, non strettamente riconducibile a nessuno dei singoli partiti politici di opposizione ,  ma rappresentativo di una partecipazione popolare più ampia.

Il terzo motivo di fiducia è rappresentato dall'azione di continuo richiamo al bene della Nazione, al rispetto della Costituzione   ed al valore della collaborazione esercitato dal nostro  Presidente  Giorgio Napolitano,  che gode del maggior consenso popolare rispetto a tutte le altre figure politiche ed istituzionale del nostro Paese.

E' proprio da Napolitano che è partito l'invito all'unità e ad un risveglio italiano capace di portarci fuori dal guado e la risposta più importante è venuta  subito dal mondo dei produttori: Confindustria, Banche e Sindacati.Il mondo dei produttori ha tuttavia bisogno di referenti politici che facciano la loro parte e realizzino quelle riforme invocate che consentano le condizioni necessarie per la crescita.

La nostra impressione è che né l'attuale Governo , chiuso in un'ottica di difesa del privilegio personale ( Berlusconi, i responsabili, categorie professionali e  ceti abbienti) o settoriale( Lega) né l'opposizione   politica  espressa dai  partiti  abbia la forza e la credibilità di realizzare questo processo.

Bisogna riproporre a livello Nazionale l'esperienza positiva del popolo arancione ed andare oltre la semplice sommatoria politica dei partiti d'opposizione per dare spazio , all'interno di una Lista Civica Nazionale, a personalità di valore della società civile che siano disponibili anche ad un impegno politico limitato ad una legislatura ma di rilevante significato. Candidati  che non siano costretti a subire la disciplina di questo o quel partito, ma  che rappresentino un'area più vasta e popolare all'interno di cui si deve sviluppare il confronto fra le parti sociali, i movimenti, le associazioni , i partiti politici ed anche isemplici cittadini che decidano di ritrovare, in questo particolare momento, una passione politica.

Solo un processo corale di questo tipo potrebbe ridare e rifondare il valore della politica ed avere l'autorità morale per attuare quelle grandi riforme  necessarie a liberare le energie latenti in questo Paese, a cominciare da quelle delle nuove generazioni e di tutti quelli che sono venuti in Italia  sognando un futuro migliore.

Saremmo lieti di poter far ricordare a lungo agli speculatori internazionali le perdite subite puntando sul default del nostro Paese.

 

venerdì 15 luglio 2011

Manovra e Sviluppo

Mentre viene approvata  in tempi rapidi una dura manovra finanziaria di oltre 70mld, che colpisce particolarmente i ceti medi e popolari,lasciando i ricchi  tranquilli a prendere il sole estivo, non troviamo  delle condizioni forti per la crescita del PIL né per una ripresa della nostra competitività internazionale ,ponendo le basi per uno sviluppo fondato su di un forte attivo della bilancia commerciale.

Fa specie inoltre lo slittamento del taglio dei costi della politica che invece era richiesto dalla pluralità dei cittadini.

Senza una forte crescita non è possibile né ridurre  in maniera significativa il rapporto debito/PIL né migliorare le condizioni di vita di tutti noi migliorando altresì le possibilità di occupazione per le giovani generazioni.

Ma l'Opposizione è in grado di offrire al Paese un progetto più credibile?

A mio parere l'attuale proposta per la crescita del PD è debole per i seguenti motivi:

a) la proposta dei bonds europei per lo sviluppo è giusta ma ha tempi lunghi  che non possiamo attendere. Per il momento dobbiamo fare da soli

b) la lotta al precariato è debole perchè non abbraccia la riforma flexsecurity del sen Ichino con l'introduzione del contratto unico a tempo indeterminato, la possibilità del licenziamento economico e l'attuazione degli ammortizzatori sociali per il reinserimento , la disoccupazione e l'inoccupazione con la formazione ed il ricorso in ultima analisi del reddito di solidarietà attiva

c) la proposta di riforma fiscale è debole e non va nel senso della discontinuità radicale e di un maggior onere a carico dei ricchi e dei grandi patrimoni.

d) tutto il resto è abbastanza presente anche nella manovra di stabilizzazione di Tremonti

e) il punto delle liberalizzazioni va perseguito ma senza gli altri non è efficace

f) non si può pensare di reperire le risorse importanti per farci ripartire senza stravolgere l'attuale  distribuzione della ricchezza ed i sistemi di potere basati sulla corruzione e la rendita.

La mia impressione  è che  bisogna porre  mano a quelle riforme  di procedure e di processi che assicurino le precondizioni necessarie per lo sviluppo ( relazioni industriali chiare e prevedibili,modifica del diritto del lavoro,esigibilità rapida dei crediti, scelte energetiche efficaci, semplificazione delle procedure  per lo svolgimento delle attività , liberalizzazioni, legalità)e che favoriscano la libera inziativa, la meritocrazia la legalità e la giustizia sociale.

Queste precondizioni  potrebbero favorire  ed attrarre gli investimenti  anche da parte estera.

Rimane per ultimo il problema decisivo di dove dirigere le risorse per ottenere il massino risultato.Dobbiamo privilegiare tutte quegli investimenti  ad alto utilizzo della risorsa lavoro di elevata professionalità e con un relativo basso apporto di capitale favorendone lo sviluppo con la leva del credito parzialmente garantito dalla firma dello Stato e con agevolazioni fiscali.

Dobbiamo privilegiare i nuovi mercati rispondenti alle esigenze della  green economiy , alla richiesta di una migliore qualità della vita ( ricerca sanitaria ecc) , al turismo culturale  ecc

Dobbiamo cogliere l'opportunità della nuova forte richiesta di miglioramento presente nel'area del  Mediterraneo( favorire gli scambi , attrarre le migliori intelligenze ecc)e valutare un  rapporto privilegiato   con la Turchia ( in rapida crescita di ca il 10% e unico paese islamico con una esperienza storica laica)

-Costringere il gruppo Fiat a chiarire e spiegare i tempi del suo investimento in Italia

-Concertare tutto questo con una grande coalizione delle forze politiche e del mondo del lavoro per un grande progetto giovane di rinascita del paese che sappia integrare all'interno anche i lavoratori immigrati.

Mi rendo conto del quadro internazionale in cui ci muoviamo e come delle proposte  limitate al quadro nazionale possano sembrare insoddisfacenti .

La concorrenza spietata ed in alcuni casi sleale dei paesi emergenti è conosciuta e ci chiama a rivedere la nostra organizzazione economica e le regole stesse  del WTO e degli scambi valutari ma altrettanto importante e il peso della finanziarizzazione del sistema internazionale

L'evidente peso, sulla crisi mondiale, di una deregolamentazione della finanza è qualcosa che dovrebbe farci riflettere a lungo mentre cerchiamo di comprendere come muoverci in Italia.
Di certo la vecchia verità che l'unica vera ricchezza deriva dal lavoro ci dovrebbe portare a decidere di ridurre inesorabilmente lo spazio fin qui ottenuto dalla rendita in tutte le forme in cui si manifesta ( dalla finanza, all'immobiliare, dalla speculazione alla corruzione, al malaffare) per evitare soprattuttio che gli sforzi per il risanamento piuttosto che porre le basi per lo sviluppo vadano ad ingrassare ulteriormemente i rendimenti dei capitali finanziari.

Ecco perché nessuna politica di risanamento può essere slegata da un progetto di crescita  a cui le risorse devono essere indirizzate.

Il controllo di questo processo dovrebbe essere seguito e controllato dai ceti popolari attraverso le proprie rappresentanze politiche  privilegiando ancora una volta il lavoro rispetto alla rendita e ponendo le basi per uno sviluppo fondato sulla libera iniziativa, la meritocrazia, la legalità e la giustizia sociale.

D'altra parte in situazioni di emergenza come queste c'è il rischio che nonostante la possibile virtuosità delle scelte si sia costretti a pagare alla speculazione un prezzo troppo alto. Ancora una volta la rendita che succhia il sangue al lavoro . Ad esempio, i tassi applicati sul debito greco sono da strozzinaggio e tolgono energie e risorse allo sviluppo ed allo stesso risanamentoOggi i grandi gruppi finanziari hanno mezzi  a volte talmente grandi da far impallidire gli stati nazionali. Sarebbe utile stabilire delle regole dei mercati  con un accordo di tutti i Governi aderenti al Fondo Monetario Internazionale ed alla Banca Mondiale tali da impedire seriamente le operazioni speculative.

Bisognerebbe vietare le vendite allo scoperto e farsi promotori perchè venga adottata questa misura  definitavemente a livello mondiale  come una delle condizioni di stabilità insieme alla tassazione dello 0,05% su tutte le transazioni finanziarie

In una situazione del genere bisognerebbe che tutti i paesi aderenti al FMI venissero finnaziati solo ed esclusivamente dallo stesso interrompendo il collocamento sul mercato del debito oltre ad esempio il 70% del PIL in cambio di garanzie di rimborso verificabili..

Ma questa ipotesi da verificare e perfezionare poi tecnicamente  è ancora più difficile da realizzare di quella che coltivò a suo tempo il Presidente americano Wilson  a proposito della Società delle Nazioni che in realtà  ebbe vita con la prima guerra mondiale e fu  demolita dalla seconda per poi cedere il posto agli organismi come l'ONU ed altri che hanno vissuto grazie all'interesse reciproco  ad allo stallo fra il mondo occidentale e quello oltre la Cortina di ferro.

Oggi tutto è cambiato e nuovi scenari  e protagonisti si affacciano  nelka scena chiedendo potere, rispetto e maggiore ricchezza . Saremo in grado di conciliare i reciproci interessi?

Nel frattempo anche in Europa non riusciamo a deciderci ad adottare una politica economica, fiscale e di sviluppo comune né riusciamo ad approfittare della domanda di sviluppo che sta nascendo nel Mediterraneo.

La proposta degli eurobonds che a mio avviso , pur con dei ritocchi indispensabili, si muove nella direzione giusta, viene avversata dai Paesi più virtuosi e più forti che ne verrebbero svantaggiati. Bisognerebbe avere la capacità di trovare delle soluzioni e dei leaders Europei capaci di far accettare dei sacrifici oggi a tutti in cambio di un ruolo comune di protagonisti domani. Ma  anche su questo punto il pessimismo della storia passata e della ragione ci ammoniscono.

Pure alla fine bisogna tentare di  ridurre le possibilità di investimento speculativo sui mercati cominciando dal debito degli stati sovrani per arrivare poi a quello delle imprese e all'azionario.

Mi auguro che fra le proposte dello Stability Forum, nel prossimo ottobre, vengano prese misure severe di regolazione della finanza-Da più parti giustamente viene richiesta la separazione fra le Banche che operano  su operazioni d'investimento e speculative con quelle commerciali. I rischi sui derivati andrebbero coperti da una cassa di compensazione mondiale di cui tutto il sistema bancario dovrebbe rispondere e con una precisa proporzione fra i rischi di controparte assunti e la propria capitalizzazione. 

In sostanza bisogna porre fine alla finanziarizzazione del sistema economico mondiale dove risorse ingenti vengono sottratte alle popolazioni ed alle imprese per arricchire  questi grandi gruppi finanziari che dividono poi ai loro soci ed ai singoli investitori i proventi delle proprie operazioni . Siamo sempre  alle solite . La rendita succhia il sangue all'animale togliendogli le energie per lavorare e vivere.  

martedì 12 luglio 2011

IL TEMPO DELLE SCELTE

Un vero e proprio attacco speculativo ha colpito il nostro Paese.

Dai titoli bancari, che hanno subito le perdite più vistose nonostante le parole rassicuranti sulla solidità del sistema bancario italiano pronunciate da Mario Draghi, sino ai titoli di Stato che ora dopo ora hanno incrementato il loro spread rispetto ai Bunds tedeschi.

Ciò comporterà l'ulteriore allontanamento degli investimenti esteri in Italia ed un maggior onere degli interessi sul debito pubblico, già intorno agli 8o Mld di euro. In poche parole, ancora minori risorse a disposizione per la nostra economia.

Avevamo già definito la manovra di stabilizzazione portata avanti dal Governo come iniqua , perché rischia di peggiorare ulteriormente le condizioni di vita di alcune categorie di persone come i pensionati e prefigura una riforma fiscale che riduce al 40% l'aliquota massima nei confronti dei redditi più elevati;irresponsabile perché sposta il grosso degli introiti nella nuova legislatura , poco credibile perché le promesse sono sempre oggetto di incredulità e ne è la prova l'attacco speculativo odierno.

Eppure se andiamo a leggere punto per punto il decreto legge elaborato dal governo ci potremmo rendere conto delle difficoltà che sta incontrando l'opposizione nel criticarlo.

C'è un tentativo di riduzione dei costi della politica,di semplificazione e di selezione della spesa con la ricerca dell'introduzione dei costi standard come parametro di riferimento, ci sono richiami all'utilizzo dei fondi europei, agevolazioni fiscali nei confronti del lavoro al sud e dei giovani imprenditori .. La volontà di sostenere l'innovazione , la capitalizzazione delle PMI ecc. Il tentativo di tassazione della rendita finanziaria , delle Banche e delle Assicurazioni. Tutte misure sicuramente migliorabili ma che vanno nella direzione giusta.

Quello che manca è la decisione di realizzare una discontinuità col passato che ci metta nelle condizioni di voltare pagina e di far ripartire la crescita.

Il nostro Paese ha bisogno di stabilizzare la spesa pubblica e di risanare il debito ma ha soprattutto bisogno di liberare le energie di cui è in possesso-

Libera iniziativa, meritocrazia , legalità e giustizia sociale sono le quattro condizioni indispensabili e pre/economiche per far ripartire il nostro Paese e bisognerebbe che in maniera rapida ed efficace ci si occupasse di creare queste condizioni.

E' vero, si comprende e si sottolinea l'importanza dell'accordo del 28 giugno fra Confindustria e Sindacati che può rappresentare una base importante per la crescita, ma se non si abbraccerà definitivamente il progetto della flexsecurity, prospettato dal Sen. Ichino (1) per consentire una allocazione corretta delle risorse umane verso le realtà più produttive ed il superamento della tragedia della mortificazione lavorativa delle nuove generazioni lo spreco delle risorse umane diventa insostenibile.

Accanto a questo bisogna che l'Opposizione ed il PD in testa prendano coscienza che è loro compito promuovere la richiesta di reperimento delle risorse necessarie alla stabilizzazione e allo sviluppo chiedendo un sacrificio alle classi agiate.

E' necessario ,perché altrimenti il Paese rischia l'implosione e la decadenza definitiva che non potrà non coinvolgere anche i più ricchi. C'è da dire inoltre che molte posizioni di agiatezza in questi anni si sono realizzate anche in modo non sempre limpido, approfittando di favoritismi ,elusioni fiscali ecc che di certo non hanno favorito la meritocrazia e la libertà d'iniziativa.

Se oggi pertanto si richiederà a questi settori sociali di essere lungimiranti ed offrire un loro speciale contributo non credo che si realizzi una ingiustizia o una prepotenza.

L'importante è che le disponibilità rivenienti da queste misure siano esclusivamente indirizzate allo scopo proposto.

Più volte abbiamo ritenuto che il rientro del peso del debito pubblico entro limiti più accettabili nel tempo richiesto dall'UE e dai mercati possa essere realizzato con una patrimoniale di scopo che possa essere applicata sui grandi patrimoni superiori ai 2 milioni di euro.

Per reperire invece risorse per lo sviluppo (soprattutto attraverso l'utilizzo del credito di firma dello Stato a sostegno della leva finanziaria) è importante aumentare e non ridurre le aliquote sui redditi superiori a 100.000 euro con scaglioni progressivi.

E' il momento delle scelte .

L'opposizione non può pensare di essere credibile e soprattutto di avere una utilità senza assumere posizioni radicali su questi punti.

E' possibile che queste scelte possano allontanare dal nostro partito molte persone, ma non ha senso continuare a cercare un consenso privo di contenuti significativi e proporsi al governo senza che questo comporti un cambiamento radicale delle prospettive del nostro Paese.

I tempi non lo permettono!

(1) cfr anche " una proposta per il lavoro" documento del Circolo PD on line " Libertà è Partecipazione"

http://circolopd.ning.com/forum/topics/una-proposta-per-il-lavoro





lunedì 4 luglio 2011

28 Giugno 2011-Un patto per il lavoro

 

Il 28 giugno 2011 è stato firmato ,fra le maggiori organizzazioni sindacali e Confindustria, un accordo che probabilmente  costituirà un punto di riferimento costante  per le relazioni industriali in Italia nel prossimo futuro.

Si è affrontato con chiarezza il tema della rappresentatività delle organizzazioni sindacali, della cosiddetta clausola di tregua e delle deroghe al CCNL in modo da porre le premesse per un ritorno all'unità sindacale  e ad una concertazione tra tutte le forze del lavoro ( sia datoriali che dei lavoratori) tale da poter rappresentare la premessa ed il riferimento ideale per un processo di rinnovamentro e sviluppo del nostro Paese.

E' stato un progetto coraggioso e passato fin troppo sotto riga, offuscato dal risalto concesso sui media a posizioni critiche e contrapposte come quelle del gruppo Fiat, nella persona di Sergio Marchionne, e del segretario della Fiom Cremaschi.

Quello che è stato realizzato è invece un accordo equilibrato che rivendica la centralità del valore del lavoro nella nostra società e la necessità di un quadro di riferimento costituito dal contratto nazionale senza per questo chiudere  gli occhi di fronte alla possibilità di stabilire accordi più vantaggiosi per tutti a livello aziendale.

Già il PD  nelle conclusioni di Fassina  alla Conferenza del lavoro di Genova aveva auspicato una soluzione del genere che permettesse una riunificazione del fronte del lavoro.

Poco comprensibile diventa a questo punto  la critica di Cremaschi alla filosofia guida dell'accordo

Di cui riporto il link del testo per una rapida consultazione:

http://www.cgil.it/Archivio/PRIMOPIANO/materiali/20110628%20Accordo%20interconfederale%20Confindustria%20CGIL%20CISL%20UIL.pdf

 

Cremaschi  ritiene che l'accordo sposi la filosofia di Marchionne in quanto nelle sue premesse auspica :"un sistema di relazioni industriali che crei condizioni di competitività e produttività tali da rafforzare il sistema produttivo, l'occupazione e le retribuzioni"

Premesso che nel testo dell'accordo la frase è preceduta dalle parole " è  obiettivo comune l'impegno di realizzare un sistema………………………………………………… ecc."

Continua stabilendo che " la contrattazione deve esaltare la centralità del valore del lavoro".

Non credo che Cremaschi non possa condividere   la centralità del lavoro  come obiettivo della contrattazione. Non vedo inoltre perché mai tutto il mondo del lavoro non debba ritenere importante conseguire l'obiettivo  di creare condizioni favorevoli ad uno sviluppo che, di pari passo alla crescita della competitività e della produttività, consenta un incremento dell'occupazione e delle retribuzioni.

Veniamo adesso ai punti ancora più spinosi , oggetto di controversia :la clausola di tregua e le deroghe al contratto nazionale .

Cremaschi rigetta l'accordo definendolo una forma di "porcellum" burocratico ricalcando la definizione utilizzata per la legge elettorale .Egli ritiene che venga tolta la possibilità ad una sigla sindacale, contraria ad un accordo, di poter scioperare  e di prevedere inoltre il ricorso al voto dei lavoratori solo in presenza di accordi siglati  dalle RSA , il cui meccanismo di formazione è di diretta emanazione sindacale.

In realtà il testo dell'accordo prevede un preciso rapporto fra la effettiva rappresentatività delle RSU fra i lavoratori ,concedendo pertanto alla maggioranza il diritto di sottoscrivere i contrattti e, come accade nei sistemi democratici, renderne vincolanti i contenuti anche nei confronti della minoranza sindacale .

Rimane tuttavia la piena libertà nei confronti del singolo lavoratore quando si dice:" Eventuali clausole di tregua sindacale a livello aziendale hanno effetto vincolante esclusivamente per le organizzazioni firmatarie dell'ipotesi di Accordo del 28 giugno e non riguardano i diritti in capo ai singoli lavoratori."

Viene sottolineato inoltre che :" Le Federazioni di categoria nel quadro delle scelte di questo documento,definiranno specifici regolamenti sulle procedure per i loro rinnovi contrattuali,al fine di coinvolgere sia gli iscritti che tutti i lavoratori e le lavoratici. Tali regolamenti dovranno prevedere sia il percorso per la costruzione delle piattaforme che per l'approvazione delle ipotesi di accordo.

Queste intese potranno prevedere momenti di verifica per l'approvazione degli

accordi mediante il coinvolgimento delle lavoratrici e dei lavoratori in caso di

rilevanti divergenze interne alle delegazioni trattanti.

Le categorie definiranno, inoltre, regole e criteri per le elezioni delle RSU e per

la consultazione dei lavoratori e delle lavoratrici per gli accordi di II livello."

 

Mi sembra che venga pertanto ampiamente espressa la volontà di stabilire modalità condivise dii consultazione dei lavoratori in caso di forti contrasti  così come è già previsto, ed ammesso dallo stesso Cremaschi, in caso di accordi siglati dalle RSA aziendali.

In ultimo, la mancata condivisione del testo dell'accordo passa attraverso la critica alle deroghe al CCNL che costituiscono la premessa per  intese aziendali che favoriscano l'affermarsi  della diffusione del salario flessibile  di cui una parte importante legata alla produttività o ai risultati individuali.

Questa è una sfida teorica che ritengo importante accettare. Se da un lato infatti vanno garantiti i diritti inalienabili e di base per tutti i lavoratori è anche vero che si discute da molti anni su come premiare la produttività anche in maniera diseguale. Si è ormai disposti ad accettare che vengano stabiliti dei criteri di sviluppo della parte flessibile del salario   legata alla differenza produttiva di un'azienda; ma ,la questione che va tenuta presente è la misura della parte variabile  rispetto a quella fissa perché non si arrivi a delle sproporzioni . Va inoltre tenuto presente che è possibile accettare il principio di una diversità di tattamento della parte flessibile all'interno di una stessa azineda per singolo lavoratore in relazione ai differenti obiettivi di budget predeterminati.

E' utile che la contrattazione aziendale entri all'interno di questi ambiti? Io ritengo di si. Che sia possibile ma costituisca un terreno di approfondimento sindacale e culturale da non dare per scontato.

Quello che dobbiamo comunque sottolineare è che da questo accordo può ripartire una nuova unità sindacale che sia il soggetto di riferimento per un confronto con la controparte e con le forze politche.