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giovedì 30 luglio 2015

Una diversa narrazione europea

 

 

All'interno dell'Europa, quella che sta mancando è la "narrazione", la prospettiva comune di un progetto; nonostante, a mio parere, le cose realizzate e gli interventi presi siano della massima importanza.

 

 

Prendiamo, ad esempio, la questione Grecia. Ci sono stati limiti enormi, è vero, e tutti c'interroghiamo sulla capacità di tenuta del progetto europeo; ma, non dobbiamo sottovalutare il fatto che, nonostante i cosiddetti " egoismi " nazionali, si è intervenuti insieme dando ad un paese oggettivamente in "default" la possibilità di ottenere i mezzi finanziari per andare avanti.

Non sottovalutiamo, inoltre, i 35MM disposti, al di fuori del salvataggio, tramite i fondi strutturali ed il Piano Juncker, dedicati tutti interi allo sviluppo dell'economia greca: 35 MM sono il 10% del PIL greco. L'importante è la rapidità e l'efficacia dell'intervento.
La disponibilità dei vertici della Commissione a collaborare con il governo greco mi sembra encomiabile.

Questi due elementi, appena descritti, non sono da sottovalutare e potrebbero fare parte di una narrazione completamente diversa della situazione europea, rispetto alla sfiducia che si sta diffondendo.

Questi sono fatti

Anche la recente iniziativa di QE della BCE, per ca 1.600 MM previsti entro il 2016, sono fatti significativi, per non parlare della storia del cammino europeo percorso fino ad oggi.

Abbiamo integre tutte le possibilità di una narrazione diversa e di un progetto comune d'importanza storica.

Non possiamo eliminare le diversità nazionali, ma tenerle presenti, valorizzarle e considerarle un arricchimento di un progetto comune che riesca veramente a valorizzare il Continente in un progetto di sviluppo integrato e correttivo degli squilibri.
Tutto questo, abbiamo la credibilità e possibilità di farlo a credito comune ed è inutile continuare ad averne paura.

Possiamo, insieme, rivolgerci ai mercati finanziari e chiedere le risorse necessarie per realizzare dei progetti che interessino lo sviluppo comune.

Dobbiamo, inoltre, avere la capacità di gestire la nostra politica estera in maniera coordinata e riflettere ancora sulla validità e possibilità di miglioramento degli strumenti di governance, specialmente dell'area euro.

Abbiamo bisogno di una classe dirigente capace di portare avanti questo cammino.Qualcosa comincia a muoversi nel dibattito politico e sia il governo italiano, sia il Partito Democratico, ognuno nel proprio ambito, possono essere attori importanti di questo processo.

A tutti noi il compito di riproporre, con questa narrazione dell'Europa dei nostri giorni, l'attualità degli ideali dei padri fondatori.

 

 

 

domenica 26 luglio 2015

I bambini sanno


 
L'altra sera, in una Roma infuocata dall'afa, nell'arena dell'isola Tiberina, Walter Veltroni ha raccontato, con affettuosa partecipazione, l'incontro con i bambini del suo ultimo film.
"I bambini sanno" è un dialogo, volutamente paritario- ci spiega Veltroni- con ca. 30 bambini, fra i nove e i 12 anni, sui più importanti temi della nostra vita: Amore, Felicità, Dio, La crisi sociale e tanti altri ancora.
Paritario, perché -dice Walter- non ho mai voluto pormi in una posizione più elevata di giudizio nei loro confronti, come spesso, invece, è la loro comune esperienza nell'incontro con il mondo adulto. In quel caso, tendono naturalmente a tacere o rispondere con le parole che pensano siano più gradite a chi li esamina.
Si, l'incontro diventa quasi un esame. Questo, nel corso della lavorazione del film, non è mai successo; anzi, il materiale raccolto è stato ben superiore a quello che poi è stato il risultato che voi vedrete nel film, ridotto dopo un'ampia e dolorosa fase di montaggio.
Non è stato facile scegliere fra le diverse testimonianze; ma, il criterio che ho utilizzato è stato, almeno, quello di non escludere nessun bambino –aggiunge Walter, dopo la proiezione del film e rispondendo alle domande dell'intervistatore-.
Anche la scelta dei 39 bambini, fra i ca. 300 che si sono presentati ai provini, non è stata facile. Mi sono lasciato guidare dall'istinto e dalla luce che intravedevo nei loro occhi.
Veltroni racconta ancora, con profonda partecipazione, l'arricchimento personale ricevuto, ascoltando le considerazioni, i pensieri e le emozioni dei bambini intervistati. Ricorda la saggezza e la maturità di Kevin, un bambino filippino la cui mamma lavora in Italia come badante, che, alla domanda su cosa sia la felicità, risponde senza esitazione: sognare!
Ricorda  la simpatia di un altro bambino di nove anni che, come un moderno latin lover, si destreggiava nel rapporto con tre fidanzatine.
Ricorda ancora, sottolineandone la gravità,  la risposta di Julius, un bambino zingaro di nove anni, che, interrogato su cosa chiederebbe  di concreto a Dio, risponde  che vorrebbe che aggiustasse il mondo e che portasse un panino e una bottiglia d'acqua alla sua sorellina, che non ha niente per sé.
Non senza commozione, Walter sottolinea ancora la delicatezza e la maturità di una  giovane ragazza di dodici anni, appassionata scrittrice, che, dopo la morte del padre,  per attutire il dolore della mancanza  gli mandava degli SMS con il telefono nella speranza che potesse riceverli e raccontarle come stava.
Il film procede così,  senza falsa retorica, avanti nel dialogo fra il regista intervistatore e i bambini, accompagnato da una delicata ed intensa musica  in cui prevalgono le note del pianoforte. Forse diventa un po' monocorde e ripetitivo nella parte centrale; ma , alla fine , si riprende.
L'ultimo saluto, la scena finale del film, ci descrive l'emozione del piccolo zingaro che,  intervistato lì, in quello spiazzo del suo campo, alla domanda su che cosa gli piacerebbe vedere,  risponde: il mare. Non sono mai stato al mare! Non l'ho mai visto!
La macchina da presa, a questo punto, lo mostra mentre si avvia, all'interno di una pineta, in direzione in uno sfondo azzurro fra gli alberi, un misto fra cielo e mare.
Poi, il mare finalmente!
Il bambino  cammina fra gli spruzzi e le onde, felice, schizzando l'acqua e bagnandosi;   mentre, per la prima volta, sta in mezzo al mare.
 
 
 

lunedì 20 luglio 2015

WHIPLASH

 

 

 

Qual è il nostro più grande pregio che, in certe situazioni,  può trasformarsi in difetto?

Forse, proprio la capacità d'adattamento, che ci ha reso leaders fra gli organismi viventi e ci ha permesso di sopravvivere a mille ostacoli e difficoltà, trovando sempre la soluzione ai nostri problemi.

Quest'osservazione potrebbe sembrare un controsenso, perché la capacità d'adattamento comporta lo sforzo importante di plasmare se stessi alla realtà che ci circonda; ma, allo stesso tempo, dentro questa capacità, c'è la pigrizia estrema del risparmio delle energie e la disponibilità a farsi cambiare da ciò che ci circonda, se non riusciamo a adattarlo alle nostre esigenze.

Un intreccio inestricabile, quindi fra passività ed attività.

Questa coscienza della sostanziale pigrizia umana fa essere. Terence Fletcher, uno spietato ed inesorabile insegnante musicista per evitare che uno qualunque dei suoi allievi possa essere soddisfatto delle proprie prestazioni e non arrivare a più alti livelli artistici.

"Non esistono in qualsiasi lingua del mondo due parole più pericolose di "bel lavoro" dice Terence Fletcher ad Andy.

 Un " bel lavoro" può essere una definizione mortale,   per un musicista in crescita, e portarlo a non cercare mai di superarsi.

 Ma, qual'è il limite oltre il quale spronare un allievo può trasformarsi in una vera e propria persecuzione ed ottenere il risultato opposto di scoraggiarlo ed allontanarlo da questo percorso?

Il più grande sassofonista di tutti i tempi, John Coltrane, non si scoraggiò di fronte alla violenza con cui fu rimproverato dal suo maestro.

Un John Coltrane non molla mai! Io ho la tranquillità di aver provato con tutti mezzi di non permettere che un artista non si manifestasse nel pieno delle sue possibilità e si accontentasse di restare un mediocre suonatore-risponde Fletcher-

Il film prende il nome dal brano musicale su cui si svolgerà l'apprendistato del batterista, Andrew,fino alla sua esplosione artistica.

Il racconto è tutto concentrato sul rapporto fra insegnante ed allievo e sul ruolo che l'esercizio, la passione, il sacrificio rivestono, in qualunque attività, per poter raggiungere traguardi ambiziosi.

IL giovane allievo, dopo aver abbandonato la scuola di musica e denunciato (in incognito) l'insegnamento   del maestro, ottenendone l'allontanamento, lo rincontra per caso ed è convinto a partecipare ad un importante spettacolo, sotto la sua direzione artistica.

La vendetta del maestro, durante lo spettacolo, porta Andy ad uscire di scena disperato; ma, alla fine, non molla e ritornato sul palco, mentre Fletcher sta per presentare un nuovo pezzo che non conosce, attacca a suonare, dando l'avvio a tutta la band, il brano Caravan, concludendo con uno splendido assolo sotto gli occhi, alla fine, complici del maestro.

 Molto non viene detto, molto viene forse tralasciato, ma senza grandi pretese il film ci porta alla fine senza pause e con il buon ritmo della batteria.

Diretto da Damien Chazelle e interpretato da Miles Teller e da J.K.Simmons, il film ha ottenuto tre oscar: il primo a Simmons come Miglior attore non protagonista, il secondo a Tom Cross per il Miglior Montaggio e l'ultimo a Craig Mann, Ben Wilkins e Thomas Curley per il Miglior sonoro.

 

 

 

lunedì 13 luglio 2015

Una difficile Europa


 
 
E' ormai chiaro che, raggiunto l'accordo sulla Grecia, dobbiamo pensare a quello che è apparso il malato più grave: " Il progetto Europa".
 Da un lato, non si ha la capacità di adottare politiche complessive di sviluppo dell'intera area richiedendo il finanziamento ai mercati (e/o il sostegno monetario della BCE a fronte di un bilancio a debito comune) dall'altro vediamo che, in situazioni limite come la Grecia, diventa quasi necessaria la sospensione della sovranità politica nazionale con seri problemi di convivenza democratica.
 La moneta unica continua a svolgere un ruolo importante di riserva di valore per il risparmio comunitario. La sua forza di riferimento contribuisce a mantenere basso il costo del denaro; tuttavia, nonostante ciò e pur in presenza dell'operazione di QE messa in atto dalla BCE, non vediamo una decisa impennata, in tutta l'area, degli investimenti dei privati, tale da perseguire gli obiettivi di sviluppo comunitari prefigurati, capace di far crescere il PIL complessivo europeo in termini soddisfacenti ed iniziare un tentativo di recupero del divario nei confronti dei grandi colossi economici mondiali come Stati Uniti e Cina.
 Manca il traino della spesa pubblica, in senso anticiclico, specialmente nei paesi che stanno peggio finanziariamente e che quindi non possono utilizzarlo.
Anche se paesi come la Germania cominciassero a spendere in deficit, addirittura superando i limiti del Fiscal Compact, il risultato non sarebbe sufficiente per fare da volano allo sviluppo di tutta l'area. E' l'intera Europa che deve crescere a ritmi molto più elevati. Per ottenere questo risultato, deve ripartire la crescita anche nei paesi più deboli.
 E' per questo che c'è   bisogno di forti investimenti pubblici europei (che avrebbero il pregio di poter essere immediati e lungimiranti. ) che si muovano nell'obiettivo di realizzare la crescita generale riducendo contemporaneamente gli squilibri interni e il divario con le altre aree avanzate del mondo.
Dobbiamo investire per ridurre la dipendenza globale energetica, per migliorare le vie di trasporto interne di merci, persone e quelle digitali per la trasmissione dei  dati emigliorare  la comunicazione, per gestire insieme la pressione demografica dei popoli vicini che desiderano accoglienza, per migliorare il livello complessivo dei servizi e dell'opportunità del cittadino europeo.
Ripeto, tuttavia, che gran parte dei paesi in difficoltà non possono farlo e i paesi in equilibrio finanziario o che presentano una relativa crescita o eccedenza della bilancia commerciale sono "restii "a farlo.In assenza d'adeguate risorse finanziarie per l'avvio di una politica espansiva, la principale proposta che viene dalla "governance" europea è quella di un ritorno alla crescita dei  paesi più deboli attraverso profonde riforme strutturali (che consentano la liberazione di risorse destinate alla rendita, la possibilità d'emersione del merito e la creazione di condizioni favorevoli ed appetibili per l'investimento privato) e la svalutazione interna del costo del lavoro, unito alla riforma del mercato del lavoro, nell'obiettivo di una maggiore flessibilità e della riduzione del CLUP: In quest'ultimo caso, tuttavia, la sola riduzione del costo del lavoro non è condizione sufficiente per assicurare uno sviluppo soddisfacente o una riduzione degli squilibri se non è accompagnato da un contemporaneo investimento nell'innovazione che assicuri il mantenimento o meglio il miglioramento della posizione di quel paese all'interno della catena internazionale di produzione del valore. Tutte le analisi dello scambio commerciale e di servizi fra paesi sviluppati, infatti, c'insegna che essi scambiano beni e servizi di pari qualità. Quello è l'obiettivo da perseguire all'interno dell'Europa. Evitare che vi siano aree specializzate nella produzione di beni e servizi di più basso valore, cristallizzando gli squilibri. Senza aggiungere alle riforme strttturali ed alla modernizzazione e flessibilità del lavoro , adeguate risorse per la ricerca e l'innovazione corriamo il rischiodi aumentare il divario fra i paesi membri. Se i paesi  più deboli non riescono a trovare queste risorse da una redistribuzione interna delle ricchezze e dall'eliminazione delle sacche d'inefficienza e di corruzione,  bisogna ricorrere all'espansione del debito anche e soprattutto nelle situazioni più difficili , dove c'è il rischio di non ottenere credito dai mercati .
E' evidente che siamo in una trappola da cui o si esce tutti insieme o ci si separa ritornando in maniera organizzata alle monete nazionali.
Con questa sostanziale latitanza della politica di sviluppo comunitaria, oggi, le differenze fra i paesi europei sono destinate ad aumentare e non a diminuire. La moneta unica, impedendo un riaggiustamento, attraverso la concorrenza dei cambi, ed una politica espansiva a debito, per i paesi già in difficoltà di bilancio, sancisce il mantenimento di questa situazione.
Da queste difficoltà nascono i sentimenti antieuropei, che si diffondono nei vari paesi membri e che, in mancanza di un recupero immediato e credibile del progetto europeo, sono destinati ad affermarsi. Sarebbe un grave errore non investire nel futuro europeo  e perdere , di fatto ,  i risultati fin qui conseguiti.  Possiamo non essere ancora convinti dell'urgenza di uno stato federale europeo, la nostra aumentata diffidenza può farci essere restii a cedere ulteriori pezzi di sovranità nazionale; ma, non dobbiamo essere incapaci d'immaginare, con generosità e collaborazione, l'avvio di un processo di sviluppo comune di uscita dalla crisi sociale ed economica che stiamo vivendo .
Nessun paese  può pensare che tutto questo non lo riguardi.
 
 
 
 

mercoledì 8 luglio 2015

Dopo il Referendum Greco

A distanza di pochi giorni dall'esito del referendum greco, che ha rifiutato le condizioni poste dell'Eurogruppo per nuovi aiuti finanziari, Tsipras si è rivolto al Parlamento europeo richiedendo da un lato una ristrutturazione del debito e dall'altro nuove risorse per superare questo momento di difficoltà finanziaria e avviare la ripresa economica del suo paese.  Quello che continua a sottolineare è che il risultato del referendum rappresenta una definitiva condanna popolare delle politiche d'austerità, fin qui applicate in Europa nei confronti dei paesi più deboli finanziariamente, e la richiesta di ribaltare quest'atteggiamento con l'applicazione di politiche espansive, fondate soprattutto sull'aumento della spesa pubblica.

Queste posizioni sono poi riprese, in diversi paesi, da molti commentatori e da diversi esponenti politici che richiedono un allentamento dei vincoli del Fiscal Compact e l'adozione di politiche espansive.

Tutto questo tuttavia non deve farci dimenticare che, quando un paese si trova all'interno di un'area comunitaria in cui viene adottata una moneta la cui emissione e controllo non è più nella sovranità dei singoli paesi ma della banca centrale comune ( in questo caso la BCE), gli Stati non possono utilizzare lo strumento dell'espansione monetaria a loro discrezione, né possono dare mandato alla propria banca centrale nazionale di comprare, emettendo moneta, i propri titoli di debito pubblico, anche quando il mercato li ritiene non appetibili, calmierandone il prezzo ed i rendimenti. Oltretutto, in un regine di moneta comune,   l'espansione monetaria senza limiti di un paese o il cosiddetto azzardo morale conseguente farebbero pagare indirettamente anche agli altri paesi i propri costi.

Se, pertanto, il paese ,che vuole adottare una politica espansiva della propria spesa pubblica, presenta un bilancio pubblico seriamente sbilanciato finanziariamente è purtroppo facile che subisca il rifiuto dei mercati, pagando quindi un prezzo spropositato ed insostenibile che lo porta al Default. Se poi, come nel caso Greco, questo è, di fatto, già avvenuto ed i detentori del suo debito sono gli altri paesi europei, venuti in soccorso sostituendosi ai creditori del mercato dei capitali. Ogni richiesta finanziaria (qualunque ne sia la motivazione) diventa un appesantimento per il bilancio finanziario degli altri Paesi membri. In una situazione in cui diversi paesi si trovano ad affrontare una situazione d'economia stagnante, potrebbero rispondere che ben volentieri adotterebbero, piuttosto, politiche espansive per far ripartire la crescita del proprio paese. Siamo,pertanto, di fronte ad una situazione di non facile soluzione ed in cui sarebbe forse utile trovare un ragionevole compromesso fra le parti.

La politica espansiva monetaria adottata dalla BCE con la sua operazione di quantitative easing, l'indebolimento relativo del cambio euro- dollaro ed il crollo del prezzo del petrolio dovrebbero in qualche modo aver posto delle basi comuni di miglioramento delle condizioni in tutta l'area, Grecia compresa. L'Europa ha già stanziato per politiche di sviluppo, integrazione e riduzione degli squilibri ca. 20 MM a favore della Grecia nel suo bilancio programmatico 2014/2020 e Tsipras potrebbe benissimo chiedere che questi fondi possano esser utilizzati subito, con un anticipazione tramite BEI o BCE per politiche di crescita ed occupazione. 20 MM sono pur sempre ca. l'8% del PIL greco!

Le occorrenze finanziarie, stimate in ca.. 50MM dal FMI per i prossimi due anni, possono essere prese ulteriormente in carico dall'Europa tramite l'ESM; ma, alla condizione che Tsipras accetti almeno le principali richieste dell'eurogruppo., ottenendo semmai una scadenzatura anche per questi importi a partire dal 2024 (epoca a cui è scadenzato l'inizio del rimborso del grosso del debito ed in cui si spera che il ritrovato equilibrio finanziario e la crescita del paese lo pongano nella condizione d'iniziare il rimborso degli altri paesi europei trasferendo il debito sul mercato dei capitali).

.A partire dal caso greco si pongono tuttavia diverse questioni per l'intera area:

-La prima è che l'Europa è troppo timida nei suoi programmi di sviluppo, destinando risorse troppo modeste e rifiutandosi di farsi finanziare direttamente dai mercati( eurobonds) o monetariamente dalla BCE.Il bilancio comunitario è più orientato ad un'azione d'aiuto nei confronti dei paesi più deboli, con l'obiettivo della riduzione degli squilibri. Non si pone, invece, importanti obiettivi di sviluppo di tutta l'area che vengono lasciati all'iniziativa dei singoli stati nazionali. Questo fa sì che non vi sia una risposta importante e trainante allo sviluppo ed alla crisi a livello comunitario così come stenta ad esservi anche una valida politica internazionale. Non fare questo, riporta l'Unione al ruolo originario di Mercato Comune facendo risultare poco credibile l'architettura della moneta unica che invece ha portato molti vantaggi

-Il secondo limite è che decentra troppo la gestione delle risorse a livello nazionale, con il risultato che molti fondi, com'è accaduto anche all'Italia, sono rimasti inutilizzati ed in ogni caso l'intervento è troppo a pioggia. Bisognerebbe accoppiare almeno una serie di progetti importanti decisi centralmente e gestiti dagli stati nazionali anche in sinergia fra di loro, ma con l'obbligo di una rendicontazione che permetta di seguire centralmente tempi e metodi della realizzazione.

-Vi è poi la questione della gestione di un possibile Default di uno stato membro e della crisi di fiducia rispetto ai mercati.Il caso Grecia dimostra che bisogna avere degli strumenti molto più puntuali e condivisi preventivamente per affrontare queste situazioni. La creazione del fondo salva stati è stato un timido passo in questa direzione ma bisognerebbe scrivere ed approvare con referendum dei diversi paesi componenti un vero e proprio "diritto fallimentare", se si può usare il termine, comportando l'automatica esclusione dall'euro di chi non lo rispettasse. Bisognerebbe inoltre prevedere la possibilità d'interventi di potenza finanziaria molto superiore.

Se non riusciremo ad evitare il Grexit, se non vogliamo o non crediamo che possa essere utile qualcosa di molto più complesso di un semplice mercato comune, senza arrivare ad uno stato federale ma provando a presentarci e collaborare insieme (sia sul piano della presenza politica internazionale sia sul piano della gestione economica complessiva dell'area con progetti e fondi che superino la dipendenza del loro successo dalle iniziative e dalle singole azioni nazionali), non ci resta che un ritorno organizzato alle monete nazionali.

Seguiremo a quel punto l'esempio inglese? O cominceremo a costruire muri come pensano di fare gli ungheresi?

 

 

 

 

domenica 5 luglio 2015

NUOVE REGOLE COMUNI IN EUROPA

 

 

                  

Quasi tutti gli elementi essenziali delle attuali difficoltà erano presenti sin dalla costruzione della moneta unica; ma, oggi due punti sono diventati evidenti ed insoddisfacenti:

-ad esempio c'era e c'è chi pensava/pensa alla possibilità reale di attuare una politica economica importante unitaria che avrebbe permesso di superare insieme i momenti di crisi economica e programmare lo sviluppo europeo nei momenti di crescita.I progetti Europa 2020, lo stesso fatto di avere un bilancio che divide risorse ai diversi paesi con l'obiettivo di ridurre in qualche modo gli squilibri ed indirizzare gli investimenti verso gli obiettivi progettuali vanno in questa direzione; ma, le risorse destinate allo scopo sono state modeste. Allo stesso tempo, non cogliamo la possibilità di presentarci insieme sui mercati dei capitali per ottenere credito (emissione di eurobonds). Se oggi assistessimo al successo di politiche di crescita complessiva dell'area Europa ed un'uscita forte dalla crisi si potrebbero tollerare ancora sia gli squilibri sia le cessioni di sovranità. Così non è. La fame, la disperazione e la disoccupazione sono presenti in vaste aree d'Europa e giudicano qualsiasi struttura e politica. Il problema è diventato politico prima ancora che economico. Ed è su questo piano che va affrontato. Vi è un forte contrasto in atto con il risorgere di nazionalismi giusti o sbagliati che siano, rimproveri vicendevoli, ma soprattutto c'è tanta gente priva di lavoro, di servizi, di protezione sociale.

-La seconda questione è che mi sembra evidente il fatto che non esista un valido ed organizzato strumento condiviso di salvataggio di qualunque paese membro che dovesse trovarsi, anche per sua colpa reiterata, in una situazione di grave crisi finanziaria, con rifiuto del credito da parte dei mercati. Quando parlo di Grecia –caso scuola- mi riferisco a questo.La creazione del fondo salva stati è solo uno dei punti utili ma andrebbe articolato meglio con possibilità di fondi ben superiori rivolgendosi insieme ai mercati e magari finanziando a tassi superiori il paese in crisi da un lato per aiutarlo ma dall'altro per far pesare comunque il costo.Andrebbe poi previsto il possibile commissariamento politico dei paesi in crisi? Andrebbe prevista l'organizzata uscita dall'euro per i paesi che non permettessero l'attuazione di queste modalità?

Tutte ipotesi e modalità che vanno tuttavia stabilite prima e condivise.Andrebbero formulate ed accettate, preventivamente, dai diversi stati membri con una nuova adesione ad una carta intraeuropea, sottoponendoli a referendum ecc. ecc.

Anch'io penso che il ritorno alle monete nazionali sia una resa, anche se si potrebbe valutare un loro possibile ruolo insieme all'euro.

Quello di cui comunque, penso, non possiamo accontentarci è lasciare le cose come stanno Oggi è estremamente difficile capire in quale direzione andare. Da un lato tutti noi desideriamo mantenere il valore dei risparmi e del nostro potere d'acquisto, i vantaggi di presentarci insieme sui mercati mondiali con trattati commerciali, una difesa comune la libera circolazione delle persone, delle merci e dei capitali all'interno dell'area ed anche quel minimo segnale d'intervento a favore delle aree arretrate che viene fatto. Dall'altro, l'indebitamento in una moneta di cui non controlliamo l'emissione dovrebbe prevedere un sistema di salvataggio nel caso in cui i mercati (anche a causa delle nostre cattive politiche interne) ci rifiutano il credito e ci mettono in crisi molto più articolato, trasparente e valido tale da consentire a tutti i paesi membri di sapere in anticipo i termini della questione di discuterli ed accettarli. Questa dovrebbe essere forse la lezione della Grecia.

 

venerdì 3 luglio 2015

Crisi greca, un caso scuola

Il FMI ha fatto giustamente notare che le esigenze finanziarie della Grecia fino al 2018 ammontano ad ulteriori 50,6MM, cui devono aggiungersi ca. 16MM di debiti in scadenza.

Ora, mi sembra normale che chi è già intervenuto finanziariamente per sostituire un mercato di capitali non più disponibile a finanziare il debito pubblico greco, di fronte alla situazione attuale di difficoltà, desideri decidere, insieme al Governo Greco, come saranno utilizzati i soldi prestati. Siamo pertanto in evidente e necessaria cessione di sovranità. Tutto questo, non perché non si abbia interesse alla ripresa economica della Grecia (che poi è l'unica condizione per i creditori di riavere i propri soldi), ma per essere sicuri che questo processo avvenga.

In tutto questo, vi possono essere posizioni diverse, strategie anche contrastanti ma un compromesso è l'unica possibilità reale di affrontare con successo la situazione.

 Questo vale per l'uno e per l'altro fronte. Comprendere come e con quali conclusioni arrivare al compromesso. D'altra parte, anche a livello internazionale si preme per questo risultato.

Quello che, invece, diversi analisti cominciano a pensare è che questa situazione di mutuo soccorso è in qualche modo un obbligo non desiderato né dall'una né dall'altra parte.Nel senso che non si è mai riusciti a raggiungere un " sentiment " europeo capace di far capire sia ai popoli delle diverse aeree di essere parte di una nazione europea (verso di cui vi sono degli obblighi) né all'insieme dei governanti europei di avere il compito di gestire uno sviluppo dell'intera area.

In ogni cosa vanno valutati i vantaggi e gli svantaggi:

La moneta unica ha portato diversi vantaggi legati alla stabilità e alla decisione comune di non utilizzare il piano monetario per sviluppare forme di competitività fra i vari paesi europei.

Ha svolto bene il suo compito di misurazione del valore ma non ha consentito, nel momento di crisi finanziaria ed economica successiva al 2008, di adottare una politica generale espansiva monetaria anticiclica a sostegno di una maggior spesa pubblica proprio nei paesi più colpiti dalla crisi economica a causa di una loro minore competitività e di una struttura economica più debole.

Questa è stata sostanzialmente la conseguenza delle diverse esigenze ed interessi dei paesi membri che compongono l'unione. Paradossalmente, si è dovuto lottare per mantenere a ca. 900MM il bilancio europeo fino al 2020; quando, invece, avrebbe forse dovuto quadruplicare; ma, nessuno ha voluto ipotizzare la presentazione comune dell'Europa sul mercato dei capitali (emissione di eurobonds).

Ognuno ha desiderato limitare, invece, il più possibile l'impegno economico comune.

Qualcosa in ogni modo è stata fatta. La mia impressione è che è stato fatto generalmente così poco da entrare come area in deflazione e costringere la BCE ad inventarsi l'operazione di QE che, tuttavia, non ha ancora realizzato l'accelerazione immediata degli investimenti che si sarebbe potuta ottenere tramite un incremento dell'investimento pubblico (generale o dei singoli paesi).

I singoli paesi, specialmente i più deboli, si trovano pertanto nella difficoltà di poter effettuare una politica espansiva anticiclica, a debito, perché non hanno la piena sovranità monetaria e la loro azione, peggiorando ulteriormente oltre i limiti consentiti dal Fiscal Compact la propria situazione finanziaria, può essere rifiutata dai mercati, porre il paese in una situazione di difficoltà e   coinvolgere immediatamente la stabilità anche degli altri paesi, oltre ad incorrere in possibili sanzioni.

I corretti vincoli della disciplina di bilancio, necessari all'interno di una comunità come quella europea, si scontrano pertanto con le esigenze di una maggiore libertà d'azione dei governanti dei singoli paesi, che vorrebbero adottare strategie di politica economica diverse e sentono un vincolo al proprio mandato politico.

Non entro nella correttezza o meno delle varie ipotesi di politica economica; ma, desidero limitarmi a quest'aspetto, di natura prettamente politica. La conseguenza delle problematiche esposte è la crisi della solidarietà infraeuropea contemporaneamente al fastidio per i limiti posti, di fatto, alla propria sovranità politica.

E' partendo da queste considerazioni, che mi pongo dei dubbi sul futuro della moneta unica, non perché non riconosca i suoi vantaggi, ma perché, politicamente, si presentano contraddizioni di difficile risoluzione.

D'altra parte, all'interno delle stesse popolazioni dei paesi più deboli, alla richiesta di una maggiore libertà d'azione, si accompagna la preoccupazione della perdita di valore dei propri risparmi e del potere d'acquisto, in caso di un'uscita unilaterale dalla moneta unica.

Non mi sembra che vi siano soluzioni semplici a portata di mano; ma, non mi sembra possibile negare l'evidenza. I problemi esistono e vanno affrontati.

Un ritorno concordato alle monete nazionali quali svantaggi presenta? Vi possono essere misure per ridurli? Ad esempio mantenendo in vita anche l'euro per le transazioni internazionali e/o come moneta di riserva per il risparmio?

Quali percorsi diversi, al contrario, possiamo seguire senza rinunciare a nuovi pezzi di sovranità nazionale?

Concludendo, il caso Grecia mi sembra un caso scuola che non è ripetibile.

Non basta affermare che bisogna evitare che un paese si trovi in una situazione finanziaria difficile.Bisogna sapere che gli incidenti esistono e possono verificarsi.

Cosa fare in quei casi? Abbiamo strutture adeguate per affrontarli?

Mi sembra proprio di no e, pertanto, bisogna trarne le conseguenze.

 

 

 

GREXIT e ripensamento sulla moneta unica?

Desidero fare alcune considerazioni in margine al negoziato.che vede di fronte le Istituzioni Europee, il FMI e la Grecia. Da parte di molti, si aspetta il risultato del referendum greco per sapere se verrà accettata un'ipotesi di compromesso o se il cosiddetto Grexit sarà, alla fine, l'epilogo di questa vicenda, con l'uscita della Grecia dall'euro e, secondo alcuni commentatori, anche dall'Unione Europea. La mia impressione è che, purtroppo, com'è avvenuto in tanti altri momenti della storia passata, la crisi greca metta in evidenza

come il progetto d'unità europea stia mostrando i suoi ampi limiti. Quando si è cercato di passare da un mercato comune ad una prospettiva d'unità politica, anche nelle forme più limitate di tipo federale, i limiti del percorso si sono evidenziati pienamente ed in special modo nell'area euro. La principale conseguenza è nei confronti della moneta unica, che  senza un riferimento ad un debito unitario, ad una politica economica federale e ad un'unità politica non ha un futuro.

Vediamo, infatti, come il risultato sia una difficile trattativa su tutto in cui, alla fine, vi è in gioco da un lato il principio stesso di solidarietà e dall'altro la sovranità nazionale.

Non siamo capaci di una politica unitaria europea che non sia niente di più di un'alleanza possibile fra gli interessi dei singoli stati sovrani.

Niente di più!

Lo vediamo anche sulla questione " immigrazione" dove le recenti parole di delusione del nostro Capo del Governo, Renzi, sono evidenti. Spesso, alleanze con risultati deludenti; tuttavia, quello che è stato realizzato è già meglio di niente e va in qualche modo difeso e tutelato cercando di lavorare tutti per atterrare su di un terreno morbido: vale a dire, cercare di mantenere le conquiste più importanti di questi anni di storia comune europea, smantellando ciò che non ha un evidente futuro.Sempre più spesso le divisioni nazionali potranno assumere aspetti rilevanti e sempre più spesso sarà evidente che molti vincoli europei dovranno essere ridimensionati.

Questo sistema di moneta unitaria non funziona strutturalmente. Non c'è nessuna condivisione degli obiettivi economici che ogni singolo Stato Membro intende portare avanti. Il fatto, poi, di non avere più la sovranità monetaria ha portato a quello che vediamo nella vicenda greca. Se la Grecia potesse stampare a suo piacere l'euro, i creditori internazionali non correrebbero alcun pericolo di non essere rimborsati; ma, tutta l'area euro subirebbe, di fatto, delle ripercussioni sul valore della moneta e sul livello dei prezzi. Non parliamo poi dell'azzardo morale conclamato per cui ogni paese, a sua volta, potrebbe fare lo stesso. Ho volutamente estremizzato, paradossalmente, quest'ipotesi per entrare nel problema del contrasto che si viene a creare fra la necessaria responsabilità di uno Stato all'interno della comunità europea e la difficoltà ad accettare una limitazione della propria sovranità.

In mancanza di una seria prospettiva d'unità politica, di bilancio, di politica economica comune e di una BCE che assuma un ruolo diverso da quello indicato dagli attuali trattati, non vedo come la situazione greca, alla fine, non diventi la cartina di tornasole della crisi dell'euro. C'è quindi da gestire un atterraggio morbido per tutti a cominciare dalla Grecia.

D'altra parte pensiamo davvero che questa situazione possa durare?

Le spinte popolari anti euro si moltiplicano e possono creare danni molto maggiori innescando processi d'aperta conflittualità fra le nazioni.

Tempo fa avevo proposto una presentazione unitaria sui mercati dei capitali da parte dell'Europa ed in seguito la suddivisione interna del debito fra i diversi Stati a prezzi diseguali in base a rating condivisi. Questo, in qualche modo, poteva costituire un deterrente maggiore di regole sostanzialmente poco capaci, alla luce dei fatti, di funzionare efficacemente. Potrebbe configurarsi come  un'altra ipotesi di ripiego che non  prevedrebbe la necessità dell'unità politica. Anche qui, tuttavia, si potrebbe obiettare il fatto che un paese potrebbe accettare di pagare un interesse elevato, ma agire lo stesso in azzardo morale, provocando dei danni agli altri membri in termini di valore della moneta e stabilità dei prezzi. Ritorniamo pertanto alla questione dell'insostenibilità di una moneta unica senza un'unità politica alle spalle.

Se riteniamo difficile la realizzazione di un processo d'unità politica europea è meglio capire che è meno traumatico un ritorno concordato alle monete nazionali, smontando insieme la moneta unica e ridando ad ogni paese la sua indipendenza in campo di politica economica e di sovranità monetaria. Si potrebbe ipotizzare anche la permanenza dell'euro (da utilizzare per esempio solo per le transazioni internazionali interne all'area. o per altre possibilità da definire) insieme ad un ritorno per tutti i paesi membri alle monete nazionali senza pericolose fuoriuscite unilaterali.In ogni caso, un intervento della BCE potrebbe essere necessario per prendere tempo e gestire una fase comune di predisposizione delle regole necessarie.

Nel frattempo sulla specifica situazione negoziale greca, ho l'impressione che peserà più di quanto pensiamo l'interesse internazionale. Non a caso pochi giorni fa Obama ha telefonato "intensamente" alla Merkel perché non si perda di vista l'obiettivo di mantenere la Grecia nell'area euro.In sostanza, il messaggio è un invito all'Europa a fare i passi opportuni perché la Russa non trovi un alleato solido in Grecia grazie ad una possibile comunanza d'interessi (nuovo gasdotto che passa per la Grecia in cambio di un grosso aiuto economico in cambio ancora di uno schieramento a favore di un ammorbidimento delle posizioni europee verso la Russia o almeno della minaccia di un'entrata della Grecia nell'area d'influenza russa?ecc. ecc.).D'altra parte la bassa inflazione nell'area euro potrebbe, al di là delle questioni di principio, permettere di trovare un modo perché la Grecia possa avere morbidi tempi di rientro nel mercato dei capitali e nel frattempo i capitali necessari per riprendersi. IL FMI ha valutato in ca altri 50 MM le occorrenze ,che si potrebbero magari affrontare con misure monetarie non ortodosse; ma, la politica internazionale può avere cammini " originali". Teniamo presente ancora che in tutto questo non è stato considerato il ruolo delle tensioni in Medioriente e che milioni di persone premono dalla Turchia e dalla Libia verso l'Europa passando proprio dalla Grecia e dall'Italia. Che posizione assumono oltre all'Europa nel suo insieme, la Russia, gli USA, la Cina in qualcosa che riguarda gli equilibri del Nord Africa e del Medio oriente a partire dallo stato islamico e con in mezzo anche Israele?

Non è una situazione chiara, né facile. Fatto salvo tutto quello che si può dire sulle varie politiche economiche da adottare, sul futuro strutturale dell'euro e sulle modalità attuali di gestione del debito pubblico greco, credo che le pressioni internazionali avranno il loro peso sull'evolversi della situazione.