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venerdì 3 luglio 2015

Crisi greca, un caso scuola

Il FMI ha fatto giustamente notare che le esigenze finanziarie della Grecia fino al 2018 ammontano ad ulteriori 50,6MM, cui devono aggiungersi ca. 16MM di debiti in scadenza.

Ora, mi sembra normale che chi è già intervenuto finanziariamente per sostituire un mercato di capitali non più disponibile a finanziare il debito pubblico greco, di fronte alla situazione attuale di difficoltà, desideri decidere, insieme al Governo Greco, come saranno utilizzati i soldi prestati. Siamo pertanto in evidente e necessaria cessione di sovranità. Tutto questo, non perché non si abbia interesse alla ripresa economica della Grecia (che poi è l'unica condizione per i creditori di riavere i propri soldi), ma per essere sicuri che questo processo avvenga.

In tutto questo, vi possono essere posizioni diverse, strategie anche contrastanti ma un compromesso è l'unica possibilità reale di affrontare con successo la situazione.

 Questo vale per l'uno e per l'altro fronte. Comprendere come e con quali conclusioni arrivare al compromesso. D'altra parte, anche a livello internazionale si preme per questo risultato.

Quello che, invece, diversi analisti cominciano a pensare è che questa situazione di mutuo soccorso è in qualche modo un obbligo non desiderato né dall'una né dall'altra parte.Nel senso che non si è mai riusciti a raggiungere un " sentiment " europeo capace di far capire sia ai popoli delle diverse aeree di essere parte di una nazione europea (verso di cui vi sono degli obblighi) né all'insieme dei governanti europei di avere il compito di gestire uno sviluppo dell'intera area.

In ogni cosa vanno valutati i vantaggi e gli svantaggi:

La moneta unica ha portato diversi vantaggi legati alla stabilità e alla decisione comune di non utilizzare il piano monetario per sviluppare forme di competitività fra i vari paesi europei.

Ha svolto bene il suo compito di misurazione del valore ma non ha consentito, nel momento di crisi finanziaria ed economica successiva al 2008, di adottare una politica generale espansiva monetaria anticiclica a sostegno di una maggior spesa pubblica proprio nei paesi più colpiti dalla crisi economica a causa di una loro minore competitività e di una struttura economica più debole.

Questa è stata sostanzialmente la conseguenza delle diverse esigenze ed interessi dei paesi membri che compongono l'unione. Paradossalmente, si è dovuto lottare per mantenere a ca. 900MM il bilancio europeo fino al 2020; quando, invece, avrebbe forse dovuto quadruplicare; ma, nessuno ha voluto ipotizzare la presentazione comune dell'Europa sul mercato dei capitali (emissione di eurobonds).

Ognuno ha desiderato limitare, invece, il più possibile l'impegno economico comune.

Qualcosa in ogni modo è stata fatta. La mia impressione è che è stato fatto generalmente così poco da entrare come area in deflazione e costringere la BCE ad inventarsi l'operazione di QE che, tuttavia, non ha ancora realizzato l'accelerazione immediata degli investimenti che si sarebbe potuta ottenere tramite un incremento dell'investimento pubblico (generale o dei singoli paesi).

I singoli paesi, specialmente i più deboli, si trovano pertanto nella difficoltà di poter effettuare una politica espansiva anticiclica, a debito, perché non hanno la piena sovranità monetaria e la loro azione, peggiorando ulteriormente oltre i limiti consentiti dal Fiscal Compact la propria situazione finanziaria, può essere rifiutata dai mercati, porre il paese in una situazione di difficoltà e   coinvolgere immediatamente la stabilità anche degli altri paesi, oltre ad incorrere in possibili sanzioni.

I corretti vincoli della disciplina di bilancio, necessari all'interno di una comunità come quella europea, si scontrano pertanto con le esigenze di una maggiore libertà d'azione dei governanti dei singoli paesi, che vorrebbero adottare strategie di politica economica diverse e sentono un vincolo al proprio mandato politico.

Non entro nella correttezza o meno delle varie ipotesi di politica economica; ma, desidero limitarmi a quest'aspetto, di natura prettamente politica. La conseguenza delle problematiche esposte è la crisi della solidarietà infraeuropea contemporaneamente al fastidio per i limiti posti, di fatto, alla propria sovranità politica.

E' partendo da queste considerazioni, che mi pongo dei dubbi sul futuro della moneta unica, non perché non riconosca i suoi vantaggi, ma perché, politicamente, si presentano contraddizioni di difficile risoluzione.

D'altra parte, all'interno delle stesse popolazioni dei paesi più deboli, alla richiesta di una maggiore libertà d'azione, si accompagna la preoccupazione della perdita di valore dei propri risparmi e del potere d'acquisto, in caso di un'uscita unilaterale dalla moneta unica.

Non mi sembra che vi siano soluzioni semplici a portata di mano; ma, non mi sembra possibile negare l'evidenza. I problemi esistono e vanno affrontati.

Un ritorno concordato alle monete nazionali quali svantaggi presenta? Vi possono essere misure per ridurli? Ad esempio mantenendo in vita anche l'euro per le transazioni internazionali e/o come moneta di riserva per il risparmio?

Quali percorsi diversi, al contrario, possiamo seguire senza rinunciare a nuovi pezzi di sovranità nazionale?

Concludendo, il caso Grecia mi sembra un caso scuola che non è ripetibile.

Non basta affermare che bisogna evitare che un paese si trovi in una situazione finanziaria difficile.Bisogna sapere che gli incidenti esistono e possono verificarsi.

Cosa fare in quei casi? Abbiamo strutture adeguate per affrontarli?

Mi sembra proprio di no e, pertanto, bisogna trarne le conseguenze.

 

 

 

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