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giovedì 27 febbraio 2014

Svalutazione interna e crisi economica

Non si può negare che l'Italia abbia un problema di competitività del suo sistema economico.

In questo momento di relativa stagnazione, vi è un relativo equilibrio della bilancia commerciale, che risulta addirittura positiva; tuttavia, tutti fanno notare che permangono almeno due problemi:

a)      le nostre quote di mercato in alcune aree estere si riducono

b)      la flessione della domanda interna ha ridotto il livello delle importazioni . Cosa succederebbe in caso di ripresa?  Siamo cioè in grado, internamente, di essere competitivi rispetto ai prodotti d'importazione?

 

Da dove nasce questo problema? Cosa ci pone in relativa difficoltà, nel rapporto qualità prezzo, rispetto ai nostri concorrenti?

Su quali settori questo accadde?

 

Se andiamo a vedere i dati della nostra bilancia commerciale ci accorgiamo che uno degli aspetti più significativi è quello rappresentato dalla crisi del settore automobilistico e dalla dipendenza assoluta dall'estero per tutto quello che riguarda i prodotti e i consumi del mondo digitale , telefonia, computers ecc. ecc. Siamo quasi assenti nel settore elettrodomestici (molte delocalizzazioni) mentre i punti forza sono nel farmaceutico, macchinari , il cosiddetto made in Italy e nel settore alimentare .

Perché ci siamo fatti sfuggire questa realtà nel corso degli anni?

Come è avvenuto il crollo del percorso dell'Olivetti? Come è successo che abbiamo assistito così tranquillamente alla perdita quasi totale della produzione auto?

Che stiamo facendo per recuperare su tutto questo? Che stiamo facendo per ridurre complessivamente il costo energetico.? Cosa per rivedere il costo fiscale gravante sulle aziende? Cosa per alleggerire i costi burocratici ?

 

Siamo certi che la soluzione risieda nella svalutazione interna del costo del lavoro ?

Abbiamo un problema innanzi tutto di struttura del nostro settore produttivo che ci può portare rapidamente verso una meridionalizzazione del nostro Paese con produzioni a più basso valore aggiunto e più alta intensità di lavoro . In questo caso è certo che la maggiore competitività si ottiene con la riduzione del costo del lavoro; ma, forse, siamo ancora in tempo per non smobilizzare del tutto la nostra struttura produttiva e recuperare settori centrali. La questione Fiat deve essere discussa dal nostro Governo e contemporaneamente bisogna trovare delle soluzioni immediate per gli stabilimenti italiani abbandonati (Termini Imerese ecce).Il ministero dello sviluppo economico ci dovrebbe dire su quali settori dovremmo recuperare e come muoverci.

 

Se passiamo poi ad un'analisi dei costi aziendali, che determinano, alla fine, la competitività delle nostre aziende sul mercato, ci accorgiamo che si dovrà, certo, discutere del costo del lavoro; ma, che questo è già affrontato in maniera molto diversa in Italia a seconda dei settori e dei territori. La precarizzazione del lavoro giovanile ha notevolmente abbassato i costi nel settore dei servizi e commerciale in molte situazioni . Nel mezzogiorno molte attività sussistono grazie all'evasione fiscale e contributiva.

Ecco perché modificare e semplificare la normativa è una questione di sostanza . Accanto ad essa, tuttavia, il problema centrale è comprendere quali sono le questioni che stanno indebolendo la composizione produttiva del nostro Paese in alcuni settori chiave.

Se poi osserviamo la struttura dei bilanci ed il controllo di gestione di moltissime imprese possiamo vedere come una delle principali preoccupazioni sia costituita dalla debolezza finanziaria , dai costi energetici e dall'imposizione fiscale.

Oltre al costo del personale, la vera debolezza competitiva sta in questi aspetti, che impediscono qualsiasi progetto di sviluppo e d'investimento .

Il problema della capitalizzazione , della fiscalità e della debolezza finanziaria si ricorrono in un circolo devastante.

Le aziende sono sottocapitalizzate e ricorrono pertanto ad un apporto eccessivo dei finanziamenti terzi il cui costo incide fortemente sul risultato economico. Il costo del denaro ed il credit crunch in Italia sono poi completamente fuori mercato rispetto agli altri paesi forti europei . Questa è una delle principali condizioni di difficoltà delle aziende. Sul risultato economico gravano, inoltre, come macigni l'IRES e l'IRAP. Niente da dire sull'IRES che grava sull'utile economico delle aziende; ma, l'IRAP viene pagata anche se l'azienda non ha utili e indebolisce il capitale delle stesse, impoverendole.

L'imposta regionale sulle attività produttive, colpisce il valore della produzione netto cioè il reddito prodotto al lordo dei costi per il personale e degli oneri e dei proventi di natura finanziaria.E' un'imposta proporzionale al fatturato e non all'utile d'esercizio.In questo modo, le aziende non si ricapitalizzano e questo si traduce in scarsi investimenti. Moltissime aziende vanno in perdita per pagare l'IRAP.

L'IRAP andrebbe ridotta fortemente se non abolita ; tuttavia il 90% del gettito ottenuto viene attribuito alle Regioni per finanziare il Fondo sanitario nazionale e il 30% dell'intera spesa sanitaria italiana è finanziato dall'IRAP. Come sostituirla? 

Sarà sicuramente necessario chiedere un contributo maggiore ai redditi più elevati nella fruizione del servizio sanitario.

Il costo del denaro ed il credit crunch possono essere sicuramente migliorati con l'utilizzo del Fondo di garanzia per le PMI ma il suo potenziamento deve essere forte. Come fare?

Se poi guardiamo ai costi energetici, è conoscenza comune che sono superiori di ca. il 30% rispetto a quelli sostenuti dalle aziende dei nostri concorrenti . Cosa viene fatto su quest'aspetto?

La sensazione diffusa è che il vero problema di perdita della competitività Paese non risieda pertanto, principalmente, nel costo generale del lavoro, quanto nella necessaria migliore allocazione dei fattori di produzione , nello spostamento dell'imposizione fiscale dal lavoro e dall'impresa alla rendita e sulla progressività dei redditi, nella riduzione dei costi energetici, nella semplificazione burocratica.

Tornando infine sul salario reale : non siamo nella condizione di ridurre i salari nominali dei lavoratori che sono già bassi . Dobbiamo invece intervenire, con lo strumento fiscale, in maniera progressiva per recuperare risorse dai redditi elevati e dalle rendite a favore del lavoro, per ridurne il costo lordo. 

C'è poi da ottenere, a parità di costo del lavoro, un incremento significativo della produttività , utilizzando al meglio gli impianti , rivedendo le mansioni, specie nel settore pubblico, favorendo   la parte retributiva legata ai risultati ed obiettivi (anche con facilitazioni fiscali) e dando spazio alla contrattazione aziendale . Favorendo il reinvestimento degli utili in azienda con l'esenzione fiscale.

Non dimentichiamo, infine, che una riduzione significativa dello stock del debito pubblico è programmabile nel tempo con la valorizzazione, messa a reddito e vendita del patrimonio immobiliare e di diverse partecipazioni aziendali. Il risultato sarebbe una riduzione significativa degli interessi pagati   ogni anno con la possibilità di utilizzare le risorse rivenienti per nuovi investimenti.

Veniamo adesso sul piano europeo.

La paura dell'insostenibilità della moneta comune, a causa del rischio della possibile insostenibilità dei debiti pubblici di alcuni paesi, costringe il dibattito e le soluzioni prospettate in un vicolo cieco ,che indebolisce le potenzialità complessive del Continente. Questo, mette a rischio la sostenibilità dello stesso processo d'integrazione europea. Per sbloccare questa situazione di stallo sarebbe necessaria una politica di quantitative easing, adottata dalla BCE e riservata non al sostegno del debito degli stati quanto al finanziamento delle imprese. Uno stimolo per lo sviluppo dell'intera area economica europea trascinata da investimenti, con complessivo miglioramento della struttura produttiva europea e delle condizioni di vita generali . Se consideriamo i singoli Stati delle parti di un unico organismo possiamo pretendere il loro equilibrio finanziario solo se siamo in grado di guidare globalmente lo sviluppo complessivo a livello centrale . Se questo non accadrà il fallimento è segnato.

Le resistenze ed i malumori verso l'adozione di un'importante politica di Quantitative Easing da parte della BCE nascono probabilmente dall'errore politico di presentare questa proposta legandola all'acquisto dei titoli di Stato dei paesi membri o a sostegno di una possibile operazione di mutualizzazione del debito degli stessi. Entrambe le ipotesi sono, non solo velleitarie, ma correttamente sentite come sbagliate da una parte consistente della popolazione europea. La solidarietà non può essere imposta e deve procedere gradualmente con un progetto d'integrazione comunemente accettato. E' necessario, comunque, mantenere ampi spazi alla forte diversità nazionale presente nell'area.

La critica alle possibili operazioni OMT, dichiarate da Draghi a sostegno dell'irreversibilità dell'Euro, ed il ricorso alla Corte Costituzionale tedesca da parte di molti cittadini di quel Paese, non sono comprensibili se non come dissenso nei confronti delle conseguenze di un possibile azzardo morale da parte degli Stati con problemi di debito. Costituiscono il rifiuto di una solidarietà forzata nei loro confronti, che, inevitabilmente, ricadrebbe sulle spalle dei cittadini dei paesi considerati più forti.

Fino a quando resteremo in questa logica non faremo un passo avanti verso uno sviluppo forte dell'area.

Il precedente interessante è costituito, invece, dall'operazione LTRO di 1000 miliardi, effettuata dalla BCE, nei confronti del sistema bancario, di prossima scadenza, che, tuttavia, nella forma in cui si è svolta, ha rappresentato un'ulteriore legame fra il debito degli stati ed il sistema bancario, senza che l'economia reale ne avesse un beneficio diretto. L'operazione, che si potrebbe invece porre in essere, è quella di un grande prestito verso il sistema delle imprese europee, con immissione di una liquidità di almeno 4.000 MM . Una forma di acquisto, da parte della BCE, del credito perfezionato dalle banche commerciali nazionali in sinergia con la BEI nei confronti del sistema delle imprese europee.

Questo intervento sarebbe preferibile per diversi motivi :

1)      perché non richiederebbe l'intervento delle finanze degli stati membri né la convinzione della bontà del progetto da parte degli investitori internazionali

2)      perché può essere stabilito un prezzo conveniente per il sistema delle imprese verso cui si dirige

3)      perché verrebbe legato alla realizzazione di un progetto di sviluppo europeo deciso e scadenzato con l'accordo dei paesi membri che ne potranno seguire la realizzazione. 

4)      Perché può essere realizzato pretendendo la cooperazione fra imprese dei diversi stati membri.

L'operazione non potrebbe essere criticata come portatrice d'irresponsabilità o di azzardo morale perché prevede il rimborso del prestito da parte delle aziende fruitrici .

Vede il sistema delle banche commerciali nazionali , interessato e vigile a valutare correttamente la bontà del richiedente e la sua capacità di rimborso perché a loro carico e rischio diretto verrebbe posto almeno il 30% dell'operazione di finanziamento.

Il rischio relativo al 70% dell'operazione a carico della BCE verrebbe tutelato dalle banche nazionali insieme al loro credito diretto e con le procedure di tutela legislative previste dai singoli ordinamenti giuridici. L'eventuale insolvenza possibile non avrebbe conseguenze infine sulla BCE per quanto riguarda la "sorte capitale" in quanto La Banca Centrale non avrebbe ottenuto risorse dagli investitori internazionali o dagli Stati membri ma  autonomamente , stampando moneta. La mancata restituzione manterrebbe pertanto quella quota di liquidità nel sistema . Quello che potrebbe ipotizzarsi  come un valore d'insolvenza prudenziale del 15% , pari a ca. 420 miliardi, si tradurrebbe pertanto in un permanere nel sistema di quella parte di liquidità con conseguenze  modeste in termini d'inflazione .

L'unico minor utile per gli stati membri ,che si potrebbe verificare, è il mancato introito degli interessi relativi alle insolvenze che tuttavia sarebbero ampiamente compensati dalla plusvalenza determinata dagli interessi percepiti sull'intera operazione.Interessi che non sarebbero stati prodotti in assenza dell'operazione stessa.

Un partito, come il PSE, che sostiene posizioni, in sede europea, come quella dell'utilizzo della Tobin tax per finanziare lo sviluppo dell'area; a maggior ragione, dovrebbe apertamente sostenere una politica di quantitative easing della BCE, separata dal sostegno del debito dei singoli Stati nazionali, ed invece rivolta alla realizzazione di una crescita dell'intera economia europea , secondo un progetto condiviso, grazie alla mobilitazione del sistema delle imprese e delle banche commerciali   di tutti i paesi membri.

Tutto questo permetterebbe anche di affrontare il problema dello squilibrio  fra le economie dei paesi membri non riducendo la soluzione alla sola  competitività sul costo del lavoro,  attraverso meccanismi  di svalutazione interna.

La competitività rimane aperta ed il desiderio di migliorare  le condizioni di ogni Paese possono costituire  uno stimolo reciproco  per la modernizzazione e l'attuazione di riforme strutturali volte a migliorarne la competitività. Sarebbe tuttavia importante stabilire delle regole minime di convivenza europea  per fare in modo che la concorrenza, specie sul costo del lavoro, non sia eccessiva e non diventi fonte di povertà , disoccupazione e disperazione per milioni di cittadini . Un livello salariale minimo europeo potrebbe essere la prima condizione di base generale  che un partito come il PSE dovrebbe porre nel proprio programma politico per le prossime elezioni, come elemento qualificante di una visione diversa dello sviluppo dl Continente.

La recente adesione del PD al  PSE  ed il "semestre italiano" possono essere l'occasione per portare avanti con forza questi temi e trasformare le attuali difficoltà  di convivenza nell'opportunità di un cambiamento che porti l'Europa verso traguardi più ambiziosi.

Il futuro è nelle nostre mani!

 

 

 

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