di Laura Sgaravatto e Giuseppe Ardizzone
Palmira, nome greco
dell'originale Tadmor (palma) in aramaico, si trova in un'oasi a 240 km a
nord-est di Damasco e 200 km a sud-ovest del fiume Eufrate, soprannominata
"Sposa del deserto", è stata per molto tempo incrocio di culture e punto
di riferimento in quanto snodo commerciale di importanza strategica per viaggiatori,
commercianti, mercanti che attraversavano il deserto siriaco-arabo seguendo la
Via della Seta.
Per la sua unicità,
bellezza, importanza dal punto di vista archeologico è stata dichiarata
Patrimonio dell'umanità dall'UNESCO nel 1980 e dal 2013 è stata inserita nella
lista dei patrimoni in pericolo.
Dalla
"bellezza" delle immagini dei monumenti di Palmira si giunge
all'attualità che lega il sito ad un tema doloroso e "orribile".
Orribile il tentativo
della sua distruzione da parte dell'ISIS.
Orribile la
decapitazione del suo maggiore studioso di fama mondiale, Khaled al-Asaad
(1932-2015).
L'archeologo dal 1963 e
per quarant'anni è stato direttore del museo e del sito di Palmira. Dal
2003 se ne occupava in qualità di consulente di Dipartimento dei Musei e delle
Antichità e là si trovava al momento della sua occupazione da parte dei
combattenti dell'ISIS. Consapevole del grave pericolo che correva non ha
rinunciato fino all'ultimo a presidiare e mettere in salvo i reperti più
preziosi di Palmira, rifiutandosi, secondo quanto riportato da "The
Guardian", di fornire informazioni ai terroristi su dove fossero nascoste
molte opere d'arte. Rapito a metà luglio e torturato, Asaad è stato ucciso il
18 agosto 2015 sulla piazza di fronte al Museo della città nuova di Palmira,
Tadmor e il corpo decapitato è stato esposto al pubblico con appeso
un cartello riportante scritto il nome della vittima con l'aggiunta
"apostata e partigiano del regime sciita" del presidente Bashar
al-Assad; sotto il nome, cinque capi d'imputazione:
"rappresentante
della Siria nelle conferenze della blasfemia";
"direttore delle
statue archeologiche di Palmira";
"ha visitato l'Iran
partecipando alla festa per la vittoria della rivoluzione di Khomeini",
fondatore della Repubblica islamica iraniana di confessione sciita;
si leggono poi altre due
accuse che riguardano "legami" della vittima con esponenti del regime
di Damasco.
La distruzione dei monumenti, la decapitazione di Khaled e le sue
motivazioni possono sembrare ai nostri occhi e alla nostra cultura
inspiegabili, incomprensibili.
Cosa può generare tanto odio?
Perché distruggere parti
di un patrimonio comune dell'intera umanità?
Guarda caso (ma non è un
caso) l'orribile ha bisogno di distruggere la bellezza per affermare la
vittoria dell'odio sull'amore. La morte sulla vita.
La bellezza è la strada,
la scorciatoia che la natura ha offerto al nostro cuore per superare la paura
e, attraverso l'amore che suscita, arrivare al coraggio che ci fa amare la
vita; ma, la paura, può portare a vedere in tutto, anche in noi stessi, un
nemico che ci mette in pericolo.
L'angoscia
insopportabile che questo ci fa provare, ci porta poi a desiderare di
eliminarlo.
La vittoria della paura
è la morte della vita.
Si può pensare che
questo processo mentale riguardi solo poche persone: i terroristi, ma si può
anche pensare che sia l'atteggiamento prevalente in ciascuno di noi, contro cui
lottare strenuamente. La violenza è la risposta di chi non sa trovare altro
modo per avere "ragione", è debolezza di chi non sa amare, di
chi è vittima di una cultura che non apprezza il dissenso, la libertà di
espressione.
La violenza distrugge
l'umanità (popoli, il pianeta...) per questo dobbiamo trovare in noi la
capacità di rinunciare ad essa, cercando di porre rimedio alle ingiustizie in altro modo.
Ecco perché nel nostro cuore avevamo assegnato il Nobel a Khaled.
Il premio per la pace 2015 è stato
assegnato al Quartetto per il Dialogo in Tunisia composto da Wided
Bouchamaoui, presidente del sindacato patronale Utica, Houcine Abassi,
segretario generale del sindacato dei lavoratori, Abdessattar ben Moussa,
presidente della lega dei diritti umani, Mohamed Fadhel Mahmoud, presidente
dell'associazione degli avvocati (Reuters
)e noi auguriamo
loro di continuare nel processo di democratizzazione del loro Paese.
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