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lunedì 12 settembre 2011

E se Krugman avesse ragione ?

 

 

 

 

L'economia italiana continua ad essere sotto esame e,nonostante la pesante manovra in corso di approvazione, i mercati continuano a mostrare la propria sfiducia nei nostri confronti, penalizzando ulteriormente il differenziale dei nostri BTP decennali rispetto ai Bund tedeschi e peggiorando la valutazione delle azioni delle nostre imprese.

Eppure, l'Italia, per la prima volta dopo moltissimi anni,  sta cercando di mettere in piedi una politica volta al pareggio di bilancio e l'ammontare del debito pubblico complessivo , pur elevato rispetto al Pil,  sta per essere fermato e contenuto nei suoi livelli con prospettive di un graduale ridimensionamento.

Cos'è dunque che non convince? Perché continua a peggiorare il clima di fiducia nei nostri confronti, testimoniato dal'aumento  del Credit Default Swap  che si attesta intorno al 4,50% ?

Vi è probabilmente la sommatoria di due fattori interconnesi: il primo riguarda la prospettiva unitaria Europea, sempre meno credibile,la seconda riguarda invece direttamente la valutazione del nostro Paese e la sua capacità di affrontare in maniera positiva la crisi economica in corso.

Se guardiamo all'Europa, le preoccupazioni di un ristagno della sua economia stanno diventando sempre maggiori e la politica di rigore invocata  sembra che stia portando, come primo risultato, una progressiva stagnazione.

 In questa situazione, i paesi più virtuosi si stanno ingiustamente sentendo coinvolti in un destino comune di declino che mal sopportano  lasciando prevedere possibili tensioni sia nel progetto di costruzione dello Stato Europeo che nella continuità della moneta unica,che non a caso sta subendo un deprezzamento rispetto al dollaro.

Che questo sia un male e fonte di possibile inflazione,mi sembra   nel breve l'inconveniente minore mentre invece  consentirebbe complessivamente forse una migliore appetibilità dei nostri prodotti;tuttavia, il rischio di stagflazione è sempre possibile e probabilmente la paura di non tenere sotto controllo i prezzi e di monetizzare l'eccedenza del debito dei paesi europei più deboli ha portato molti esponenti tedeschi a non condividere la recente politica della BCE e fanno presumere la possibile via d'uscita dalla crisi dell'Euro a due velocità. Molto lucidamente il prof. Zingales immagina che la Germania , Francia e i paesi più forti possano fare un passo avanti verso un'integrazione più forte anche della politica fiscale escludendo i paesi più deboli.

La paura di una recessione mondiale ed in particolare di un ruolo di stagnazione dell'Europa, appesantito dai paesi più deboli, con il rischio di una spaccatura degli stesssi nei confronti dei paesi più forti, è forse il vero motivo di una crisi di fiducia degli investitori nei confronti della sottoscrizione del debito pubblico italiano.

L'altra faccia della medaglia è rappresentato proprio dalla valutazione dell'Italia fra i paesi deboli dell'Europa: questo  probabilmente non solo per l'entità del suo debito ( controbilanciato comunque dal settimo PIL mondiale)  ma a mio avviso soprattutto per la mancanza di prospettive di crescita e stabilità politica.

Perché dovrei investire i miei soldi in un paese che non cresce ed è afflitto da insufficienze politiche , organizzative, burocratiche, da un forte peso  della delinquenza organizzata  ecc ecc.?

Certo, siamo un Paese importante che ha tecnologie, prodotti, professionalità ed imprese  di livello mondiale, ma le contraddizioni in campo sono tali che un  qualunque investitore può preferire di restare alla finestra  e non rischiare.

Spero di aver chiarito perché la questione non mi sembra quella di ridurre al più presto l'ammontare del debito pubblico quanto quella di assicurare una  prospettiva di sviluppo ed una credibilità internazionale che ci consenta di uscire vincenti da questa crisi.

 E' indubbio che, in presenza di una crisi di credito,  corriamo il rischio del  default e pertanto la riduzione dell'ammontare complessivo del debito diventa una questione di sopravvivenza ,ma è anche vero che se per ridurre il debito, in presenza di una stagnazione del PIL,  dobbiamo ricorrere ad una patrimoniale di ca 300/400 miliard, sottraendo risorse complessive per lo sviluppo, questo può ucciderci!

Forse in questo senso la raccomandazione di Krugman di badare meno al deficit e più alla crescita può risultare  veritiera.

Se una possibile patrimoniale dedicasse queste risorse allo sviluppo ed alla crescita  invece che al ripianamento del debito, potremmo ridurre  nell'arco di 5/8 anni  il rapporto debito /Pil anche intorno al 100%  se riuscissimo a crescere complessivamente nello stesso periodo  intorno al 20/24%..

E' la differenza del progetto che diventerebbe significativa. Da una parte vi sarebbe il salvataggio di un corpo che sta comunque annegando , mentre dall'altro vi sarebbe una realtà in crescita che provvede contemporaneamente  al suo risanamento finanziario.

 Le conseguenze sociali sarebbero poi  enormi. Una crescita del 20/24% in otto anni potrebbe e dovrebbe essere accompagnata da maggiori opportunità di occupazione, dal risanamento della spesa pubblica, dal raggiungimento dell'obiettivo dell'attivo della bilancia commerciale  aprendoci con forza verso tutti quei paesi emergenti , anche nell'area del Mediterraneo, che possono rappresentare un'occasione di miglioramento reciproco tentando così di aumentare  la nostra quota nel  mercato mondiale.

 

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