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martedì 24 novembre 2015

Verso una Patria Europea

 

 

 

Siamo di fronte a d un periodo importante di cambiamento ed il segno delle scelte di oggi sarà determinante per il nostro futuro.

L'Europa non ha saputo reagire con un progetto unitario  alla crisi economica, poi alla migrazione di massa in corso ed oggi agli attacchi terroristici.

La costruzione europea può fermarsi qui ed essere più capace di vincoli che di opportunità o può, invece,  andare avanti ed essere capace di fare un passo ulteriore.

E' probabile che questo non sia nei desideri di tutti i paesi membri, ma sarebbe importante che si formasse un primo nucleo capace d'iniziare un processo di unità federale, chiedendo insieme ai mercati delle risorse a debito per affrontare l'emergenza della disoccupazione e dell'immigrazione, attuando importanti investimenti pubblici comuni nei settori di punta della green economy, energia, servizi avanzati ecc. e per realizzare una difesa comune.

 La BCE sta portando avanti un programma d'immissione di ca. 1.600 miliardi di euro entro il 2016 nel sistema europeo aumentando contemporaneamente la liquidità e calmierando il costo del denaro ed il valore dell'euro.

Mi chiedo cosa sarebbe successo se, invece, questi 1600 miliardi fossero stati investiti in Europa per investimenti  pubblici , centralmemte coordinati fra i singoli Stati,   in sinergia con i privati per avviare o potenziare attività di servizio, produzione e ricerca di alto livello e dare immediatamente occupazione e lavoro, anche in deroga alle legislazioni nazionali, a disoccupati e migranti.

La stessa formazione del fondo di sviluppo e d'investimento europeo in Africa ha una dotazione modesta (ca. 3,5 miliardi) da attuare in un certo numero di anni (ca. 10).

Niente a confronto di quanto potrebbe essere necessario per dare un segnale forte a quelle popolazioni e per sostenere paesi come la Tunisia e l'Egitto che contrastano il terrorismo che cerca inutilmente d'intimidirli.

Recentemente, anche Romano Prodi segnalava poi la necessità di un coordinamento fra i servizi e le polizie europee sul piano dell'antiterrorismo e la necessità che si attui una politica comune, anche militare, di risposta.

La possibile estensione  del conflitto  con il terrorismo  oltre alla Siria e l'Irak anche alla Libia , o ad altri territori africani  impongono una maggiore presenza  comune  dell'Europa in ambito internazionale. Una presenza che non veda  i singoli stati europei muoversi  autonomamente ricercando di volta in volta le alleanze più utili.

La sensazione è che non si possa mantenere o accontentarsi, in Europa, della situazione attuale.

Bisogna fare dei passi importanti verso un'unità federale, rispettosa delle autonomie dei singoli Stati nazionali e della loro cultura, ma, nello stesso tempo, capace di fondare una Costituzione comune ed una politica economica, fiscale e di difesa unitaria, che si accompagnino a quanto è già stato costruito sul piano monetario.

Dobbiamo verificare subito la possibilità di percorrere questa strada e con chi.

Gli impegni presenti sono di tale portata da esigere una dimensione che supera quella nazionale e rappresentano forse l'occasione propizia per avviare questo processo.

Bisognerebbe almeno provarci.

 

 

 

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