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lunedì 7 febbraio 2011

Una sfida per la crescita e l'occupazione

 

E' ormai evidente quanto sarà  complicato per un Governo, di qualunque colore politico,che dovrà reggere l'Italia nei prossimi anni, sperare di  ridurre la disoccupazione puntando su assunzioni di massa nel settore pubblico.

L'aumento della spesa pubblica conseguente sarebbe insostenibile!

Ci troviamo già adesso  a pagare in media  dai 70 agli 80 mld di euro l'anno per gli interessi  del nostro debito pubblico già arrivato al 120% del PIL ed in valore assoluto ad oltre 1.860 mld di euro.

Il nostro obiettivo dovrebbe pertanto  mirare al pareggio di bilancio se non addirittura all'avanzo sperando in tal modo di ottenere dalla ripresa della crescita, un riequlibrio del rapporto proporzionale neì confronti del PIL con una riduzione dal 120% al 100%  nello spazio di  5/10 anni,

ipotizando una crescita media del 3%.

Se la spesa pubblica va pertanto contenuta  , ha ragione tuttavia chi si pone anche l'obiettivo di una sua ristrutturazione e revisione . Bisogna in sostanza passare da una politica dei tagli lineari ad una basata su di una attenta revisione delle spese di ogni settore cercando di eliminare tutte quelle realtà improduttive e le  sacche di privilegio. Tutte le risorse ricavabili sono  da destinare  a favore soprattutto del settore della formazione e della ricerca ed a rendere almeno possibile  un limitato turn over degli impiegati dello Stato con qualche possibilità di occupazione giovanile.

Certo, tutto questo non può dare risorse sufficienti . Bisognerà ripensare alla prestazioni dei servizi e del welfare magari concentrando le risorse su obiettivi primari e dedicati al sostegno in particolare dei ceti meno abbienti. Può essere opportuno anche spostare gli stanziamenti da alcuni grandi progetti di lenta realizzazione verso una miriade di piccoli interventi degli enti locali  che darebbero immediatamente lavoro alle imprese.

Bisognerà poi, in tempi di difficoltà come questi, chiedere un doveroso sacrificio a chi ha una posizione personale di privilegio e di ricchezza , e quindi di maggiore responsabilità sociale. Si può sicuramente ipotizzare un sensibile aumento delle aliquote IRPEF sui redditi superiori a 100.000 euro annui con scaglioni che aumentino al punto da rendere non convenienti per nessuno le remunerazioni faraoniche .Aumentare la tassazione indiretta sui consumi dei beni di lusso e  su tutto ciò che produce inquinamento ambientale. Si può aumentare almeno al 20% la tassazione sulle rendite finanziarie in modo che siano almeno al livello delle minime aliquote IRPEF. Si può e si deve riconsiderare l'introduzione di una tassa sui patrimoni oltre la soglia di 5 milioni di euro.

Si possono fare tecnicamente mille altre cose  che gli esperti  non mancheranno di proporre ed argomentare : Quello che mi interessa in questa sede è fare passare il principio che le parti ricche della popolazione ( non parlo quindi dei ceti medi) debbano contribuire in questa crisi con un diverso sacrificio rispetto agli altri.

Il secondo aspetto che intendo sollevare è la necessità che le risorse ottenute  dalla riforma fiscale siano utilizzate da un  lato per ridurre il peso fiscale gravante oggi sul mondo del lavoro e dall'altro a finanziare  la ricerca, condizione indispensabile per porre le basi di un reale aumento di produttività del nostro sistema economico.

L'auspicata crescita del PIL e l'aumento dell'occupazione non possono  venire che dall'allargamento del settore privato della nostra economia. Dallo svilluppo dell'impresa, delle professioni, dell'artigianato.E' importante che lo Stato  effettui un'azione di stimolo perché le attività si indirizzino verso i settori in cui  possiamo disporre di un vantaggio competitivo all'interno di un mondo sempre più globalizzato. E' importante rimuovere gli ostacoli allo sviluppo dell'impresa  ed alla diffusione dell'iniziativa  attuando il processo di semplificazione burocratica delle attività, la liberalizzazione effettiva delle professioni ed in genere del mercato ed in  ultimo  ma non per ultimo favorendo l'accesso al credito.

 

Credo che questa carta, se usata in maniera innovativa, possa essere vincente. Il nostro sistema bancario rappresenta uno dei punti di forza dell'impresa Italia  insieme alla miriade di piccole e medie imprese.

Il sistema bancario ha una ramificazione territoriale di competenze   che gli ha permesso in passato di assolvere a compiti importanti. Penso ad esempio a quando fu affidato alle Banche il compito del controllo valutario su tutte le transazioni commerciali e finanziarie per lottare la fuga dei capitali o la rilevante azione capillare nel contrasto al riciclaggio di denaro sporco.

Il ministro Tremonti utilizzò bene questa competenza quando ad un certo punto intervenne sulle modalità di svolgimento delle procedure per ottenere i finanziamenti a fronte della legge 488 obbligando le Banche a gestire la richiesta dei finanziamenti e subordinando l' erogazione dei finanziamenti agevolati della Cassa Depositi e Prestiti ad eguale finanziamento concesso a proprio riaschio dall'istituto Bancario. In tal modo, si costringeva la Banca a valutare attentamente il progetto del richiedente sia nell'interesse proprio che dello Stato con indubbi miglioramenti sulla qualità dell'erogazione.

Anche la costituzione del Fondo di garanzia per le  PMI ( piccole e medie imprese)  intervenendo con garanzia statale  mediamente sino al 50% ( in alcuni casi al 60% e  nei riguardi dell'impresa a conduzione femminile sino anche all'80%) del finanziamento richiesto è uno degli strumenti che ha permesso a molte aziende di sottrarsi alla eccessiva  attenzione ( stretta creditizia?) con cui il sistema bancario opera in questa fase economica. E' uno dei casi in cui permettendo tra l'altro anche ai Confidi di porsi in mezzo fra la garanzia statale e le Banche  i soldi messi a disposizione dallo Stato a favore delle imprese si sono moltiplicati.

Nei prossimi  anni  questo strumento , opportunamene potenziato come dotazione ed allargato oltre che all'artigianato ( come è stato già fatto) anche alla libera professione  e con incremento della granzia a carico dello Stato sino all'80% nel caso di start up, di imprese giovanili e/o femminili potrebbe rappresentare un importante strumento per la crescita.

Bisogna pensare inoltre  che l'investimento dello Stato   andrebbe tarato come  peso sul rischio possibile di default dell'impresa garantita. Facciamo l'esempio di una garanzia all'80% per imprese giovanili  che coprisse  100.000 imprese per un importo medio di 100.000 euro.La parte dell'80% garantito ammonterebbe  a  8 mld di euro,  mentre 2mld di euro resterebbero a carico del sistema bancario, che comunque, avendo questo rischio, agirebbe con la dovuta cautela nell'esame delle richieste.Il rischio effettivo di default, quindi di possibile spesa effettiva per lo Stato, sarebbe invece ben minore; infatti, anche ipotizzando un default delle attività del 30%( percentuale  assolutamente esagerata) la spesa effettuiva sarebbe di 2,4 mld di euro. In termini di occupazione giovanile con una spesa dello Stato possibile di 2,4mld effettivi si potrebbero realizzare almeno ca nuovi 200.000 posti di lavoro ( 2 in media per ogni nuova impresa).Considerando che il numero totale di disoccupati ammonta a ca 2,1M di lavoratori vi sarebbe una conseguente riduzione di ca il 9% della disoccupazione ed in particolare di quella giovanile .. 

Questo criterio e questo esempio adattati alle varie situazioni d'impresa potrebbe rappresentare uno degli strumenti per incentivare la crescita del nostro paese anche in termini di nuova occupazione.

Rimane comunque la necessità di mantenere alta l'attenzione sui nostri grandi campioni nazionali, a cominciare dalla Fiat ( la cui testa va mantenuta in Italia), che hanno il compito di qualificare il nostro sistema economico complessivo  e che grazie alla dimensione  sono in grado di concorrere adeguatamente in alcuni importanti settori di attività.

Abbiamo parlato di semplificazione dell'attività d'impresa, di ricerca , di liberalizzaione del mercato e di accesso al credito come condizioni adatte a favorire la ripresa della nostra crescita economica  e quindi di migliorare le possibilità di nuova occupazione. E' importante tuttavia cogliere l'opportunità perché questo avvenga all'interno di un quadro diverso .del diritto del lavoro.Un quadro che consenta al sistema di disporre della necessaria flessibilità per spostare verso i settori più produttivi la risorsa lavoro ma nello stesso tempo consentire al lavoratore di mantenere le garanzie  ed i diritti necessari a vivere degnamente la sua cittadinanza. 

La proposta per un nuovo diritto unico del lavoro  avanzata dal PD  che  si articola  secondo i concetti della  flex-security europea; l'universalità dei diritti fondamentali di cittadinanza, in particolare il welfare orientato a promuovere il benessere di tutto il nucleo famigliare, cercano di affrontare e risolvere queste questioni non dimenticando di proporre misure volte a scoraggiare l'uso del lavoro precario ( facendolo costare più di quello ordinario) e pensando ad un contratto unico d'ingresso a garanzie progressive.

La risorsa lavoro sia intellettuale che fisica è il patrimonio di ogni società  ed in particolare è l'elemento fondativo della nostra Repubblica. La lotta alla disoccupazione e la crescita sono gli obiettivi primari di ogni società per dare una soddisfacente prospettiva di vita ai propri componenti ed in special modo alle future generazioni ed è con questi problemi che dovrà misurarsi  chiunque si candida a dirigere la cosa pubblica.

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