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venerdì 26 giugno 2015

MASTRU CIFULIANU


Reinterpretazione

di un'antica favola siciliana


C’era una volta, e ancora c’è, una terra cinta dal mare.
Arsa dal sole e con dentro un monte che sbotta e sprizza sassi di fuoco!
In un tempo che c’era e or non c’è più, accadde una storia che forse è vera !
Così la ricordano e così era, e se così non  sarà, in altro modo sarà!

                    

 Chi la racconta era una nonna, col viso schiarito da un  lume a petrolio,
Quando non c’era la televisione e neanche la radio d’ascoltare.
Si stava seduti accanto alla “conca” ,cercando il calore  per riscaldare,
mentre le braci e le parole creavano un mondo tutto da immaginare.

                    
In un paese che non so, viveva un  bravo calzolaio che tutti conoscevano come” Mastru Cifulianu “. Stava al lavoro tutto il giorno e spesso non aveva neanche il tempo per andare a casa a mangiare, nonostante  la sua abitazione fosse solo  ad un isolato di distanza dalla bottega.
Così stando le cose, la moglie, che sapeva quanto gli piacessero i legumi, verso metà mattinata, metteva a sobbollire dei fagioli  in una pentola di coccio con un rametto di salvia e uno spicchio d’aglio e quando erano quasi pronti , per l’ora di pranzo, toglieva la pentola dal fuoco , aggiungeva dell’olio d’oliva a crudo e di corsa usciva da casa per portare il tutto alla  bottega .
Quando Mastru Cifuliano vedeva arrivare la moglie, le faceva mettere la pentola su di un tavolino accanto, nell’attesa di mangiare quei benedetti fagioli. La pentola, che era di coccio, manteneva nel frattempo il suo calore e  i fagioli continuavano a sobbollire insieme all’olio d’oliva, che era stato aggiunto, espandendo per tutto il vicinato un profumino da leccarsi i baffi.
Attratti da quell’odore, si presentarono alla porta di Mastru Cifulianu dei briganti!
Erano brutti ceffi, con la barba ispida e non rasata e gli occhi cattivi  che, al solo guardarli, sentivi che quel giorno non avrebbe portato niente di buono:
-     Mastru Cifuliano ……….  vi trattate bene!!! Il profumo dei vostri fagioli si sente per tutto il paese e voi non vi degnate di dividerli con i vostri ospiti. L’ospite è sacro!…….. e non accontentarlo…… è una grave offesa!
      
Così dicendo, il capo dei briganti  si avvicinò alla pentola e la scoperchiò: 
-   Ma che meraviglia è questa? Com’è che i fagioli stanno bollendo senza fuoco?
Mastru Cifulianu sapeva di non poter combattere contro i  briganti usando la forza. Questi erano in maggior numero ed  armati; inoltre, erano  balordi disposti a tutto,  avvezzi ad una vita di violenza . Così, pensò che se non poteva liberarsi di loro con la forza doveva provare  ad usare l’astuzia  e disse:
-  Ah! ….  se sapeste!  …..  Io sono un uomo fortunato! Questa che vedete è una  pentola magica!  Quando ho fame la riempio d’acqua e quando  non c’è nessun altro attorno le dico “Pentola lavora, io sono il tuo padrone” e come per miracolo essa si riempie del cibo che desidero e lo cucina senza bisogno della brace.
-  Ma….. attenzione! …  Basta che ci sia qualche altro  presente  o che cerchi di costringermi ad usarla con la forza, la pentola non funziona più. Si ribella e non lavora!
- Ah!  Ah!  Ah!  .... - rise divertito – ma i fagioli sono pronti e vi invito a  mangiare.

            

I briganti non si fecero pregare due volte e cominciarono a mangiare con avidità, condendo il tutto con sonori rutti. Quando ebbero finito, il loro capo si rivolse a Mastru  Cifuliano dicendogli:
-Bravo!…Bravo! …e volevate tenere questo ben di Dio tutto per Voi, quando, come avete visto, abbiamo tante bocche da sfamare? Non pensate alle nostre mogli ed ai nostri figli? Noi abbiamo bisogno! Non è per cattiveria, ma questa pentola ce la dovete dare.
E Mastro Cifuliano , di rimando
-Ma prendetela pure! Solo che non v’aspettate che funzioni. Ve l’ho detto, è una pentola capricciosa e non sente ragioni. Con la forza non funziona. Non dite che non vi ho avvisato!
Bene, bene, non preoccupatevi. -rispose il capo dei briganti-Ci penseranno le nostre mogli a farla funzionare. Tenete! - e, buttando due soldi sul tavolo, aggiunse-  questi sono per la pentola. Non andate a dire che ve l’ho presa senza pagarla. -
Così dicendo, si alzò dalla sedia e rivolto ai suoi compari, gridò: Andiamo. -Lasciando il povero Mastru Cifuliano più confuso che persuaso.
 Ma guarda che confusione per una pentola di fagioli!
 Non aveva più voglia di restare in bottega. Si era fatto anche tardi e gli venne voglia di tornare a casa. Chiuse i battenti di legno spesso della porta e si avviò. Era ormai giunto l’imbrunire, quando il sole, al tramonto, lascia gli ultimi fuochi di colore al buio delle tenebre. La campagna intorno perdeva già la definizione dei suoi particolari per lasciarsi andare ad un gioco di sagome di alberi e cespugli, che si stagliavano sullo sfondo di un cielo, ancora chiaro, che perdeva colore.
La casa non era lontana e vi arrivò presto.  La moglie lo accolse   sull’uscio e lui, rapidamente, le raccontò tutto, suscitando esclamazioni di sorpresa e di spavento.
Poi, pian piano, la calma ritornò nella casa e marito e moglie si sedettero fuori, davanti all’uscio, ad aspettare il sonno della notte. In lontananza, qualche cane abbaiava rompendo quel silenzio di pace, che li circondava. La notte era calda e limpida. La luna, alta nel cielo, porgeva la gobba a ponente con accanto due stelle luminose.  Una era più piccola, ma l’altra sembrava una candela accesa nel cielo. Il sonno non tardò ad arrivare e marito e moglie si alzarono ed andarono a dormire.

L’indomani , tutto soddisfatto, il capo dei briganti invitò a casa  tutta la sua ciurmaglia, comprensiva di mogli e figli  per far ammirare a tutti i poteri della nuova pentola. L’allegria si trasformò, tuttavia presto in rabbia. Le urla e le maledizioni si unirono ai bisticci ed ai rimproveri della moglie che gli rinfacciava di essersi fatto prender per il naso da un semplice artigiano.  Gli altri componenti della banda giurarono e spergiurarono di aver visto con i loro occhi la pentola fare il suo dovere, tanto che avevano “sbafato fagioli a sazietà”, ma il gruppo delle mogli non ne volle sapere gridandogli in faccia che erano  sicuramente ubriachi e si erano fatti fregare come degli “scunchiuruti” privi di senno.
La  vedremo! Vi farò vedere io  chi è “scunchiurutu”  e chi , alla fine, rimane fregato! Mastru Cifuliano siete morto-gridò il capo,  sbattendo con forza il pugno sul tavolo e facendo sobbalzare tutti attorno dallo spavento.- Tutti con me! Andiamo a prendere quel cane morto!
Furono fuori in un attimo,  come una folata di vento rabbioso, decisi a vendicarsi . Arrivarono subito alla bottega  di Mastru Cifuliano e, senza dargli il tempo di spiegarsi o di reagire, lo picchiarono e ,ormai privo di sensi, lo misero legato in un sacco per portarselo dietro e buttarlo dalla scogliera.

                                                     
Mastru Cifuliano si sveglio, in preda agli scossoni, in piena oscurità. Sentiva le ossa rotte ma era ancora vivo ! Era legato mani e piedi e rinchiuso dentro un sacco, ma riusciva a respirare. Lo stavano tasportando sicuramente con un carro e sentiva tutte le scosse del terreno accidentato.
Ad un tratto,  il carro si fermò e sentì i briganti scendere.
Mastru Cifulianu mi sentite? – gridò il capo dei briganti-  Vi sento , vi sento- rispose lui.
Bene, allora, alla faccia vostra, prima di buttarvi nel mare dalla scogliera e fare piazza pulita della vostra persona, noi ce ne andiamo a mangiare!
Se avete fame ,vi possiamo dare ,qualche stronzo di cane! Lo volete? Aah.. lo volete?
Non voglio!...Non voglio!.. – ripeteva, gridando disperato Mastru Cifuliano –
I briganti si allontanarono per andare a mangiare e lasciarono così il povero Mastru Cifuliano solo sul  carro, chiuso dentro un sacco a lamentarsi gridando : Non voglio! Non voglio!
Non voleva morire e continuò a gridare disperato “non voglio” per tanto tempo, quando, ad un certo punto, sentì avvicinarsi qualcuno  che, con voce sconosciuta e timorosa, gli chiese:
-Cos’è che non volete? Che ci fate chiuso in un sacco?
Mastru Cifuliano rispose :
-Non voglio la figlia del Re. Me la vogliono fare sposare contro la mia volontà. Io sono sposato ed amo mia moglie e loro per costringermi mi hanno messo nel sacco.
-Ma cosa dite? – rispose l’uomo- io sono un povero pastore e sarei stato ben felice di sposare la figlia del re  e di avere una vita diversa e con tante ricchezze!
- Allora prendete il mio posto- gli disse subito Mastru Cifuliano-Mettetevi nel sacco al posto mio e nessuno se ne accorgerà. Arriverete a corte , davanti alla figlia del re,  e nessuno potrà impedirvi di sposarla.
- Dite che si può fare? –rispose il pastore
- Certo, ma sbrighiamoci – disse Mastru Cifuliano- i gendarmi stanno tornando.
In fretta e furia , il pastore aiutò Mastru Cifulianu a liberarsi e questi, a sua volta, lo aiutò a mettersi nel sacco , al suo posto, sopra il carro. Detto fatto, si allontanò rapidamente portandosi con sé il gregge del pastore.
Dopo un po’ i briganti furono di ritorno satolli ed ubriachi. Vedendo tutto a posto ed il sacco con dentro il presunto Mastru Cifuliano esattamente dove era stato lasciato, senza sospettare nulla, ripresero il viaggio verso la scogliera e ,appena arrivati, buttarono dall’alto,  nel mare, il malcapitato pastore , interrompendo il suo sogno di nobiltà.
Quale fu la loro sorpresa quando sulla strada del ritorno scorsero Mastru Cifuliano circondato dal suo nuovo gregge di pecore!?!
Questa proprio non ci voleva, pensò Mastru Cifulianu, scorgendo i briganti, Ed ora che gli dico? Cosa faccio? Poi con un radioso sorriso  andò loro incontro dicendo:
-cari amici , finalmente  vi ritrovo. Non sapevo proprio come ringraziarvi!

 I briganti non credevano ai loro occhi.
 -Capo, ma l’abbiamo appena buttato giù dalla scogliera- dissero in molti- Questo qui è un fantasma!
-Ma quale fantasma e fantasma! –rispose Mastru Cifuliano – mi volete far credere che non sapevate che quella scogliera è miracolosa?  Vi devo ringraziare! Ogni persona che si butta in mare dalla scogliera ritorna a terra come nuovo insieme ad un gregge di pecore. Gli sterminati campi del mare  gli regalano un gregge di pecore tutto per lui! Avete capito?
 Grazie ! Grazie ! Sono per sempre obbligato ! Salutamu!  S’abbenerica!
Così dicendo si allontanò,  lasciando i briganti con la bocca aperta e gli occhi sgranati.
-Ma se è così , diventiamo tutti ricchi! – disse il capo- se ci buttiamo tutti noi , con le nostre mogli ed i nostri figli dalla scogliera, avremo tante pecore e greggi  che non le ha neanche il Re.
-Vero è- risposero in coro i briganti- Di corsa,… andiamo!
E così, corsero felici  verso la scogliera, portando con sé   le famiglie, con gli occhi perduti in un sogno di ricchezza, e .....
non tornarono mai più!

 

 

 

           

 

            -

domenica 14 giugno 2015

IL GABBIANO

           

Vola il gabbiano bianco e grigio

Vola maestoso sul mare

Vola sulla terra, vola nel cielo.

 

Affascinato dall'orizzonte e dal sole

Si ferma a volte ad aspettarti per

Seguire i sentieri del tuo cuore.

 

 

Gli sono compagne le note del canto

Che, con un lieve sussurro,

Fluiscono dalle tue labbra

Gli è fedele la luce dei tuoi occhi

In cui si specchia nelle ore più cupe

 

Se la lotta e la paura lo hanno segnato,

lavalo nell'acqua fredda dell'oceano,

cura le sue ferite, stecca le sue ossa,

fa' che non si stanchi di volare

 

Lo stormo si allontana e lo reclama

e volare in mezzo   è il suo destino.

Potrà allora raccontare

dei mondi lontani conosciuti

e di come si possa volare

da soli in alto controvento.

Così in alto da bruciarsi al sole!

 

Incaponendosi capriccioso

Nelle sue passioni, lo osserverai,

Ormai vecchio, sorridere sornione

Per il piacere di volare

Avvitandosi in cielo

Incurante della morte.

 

 

Roma, 12 luglio 2004

venerdì 5 giugno 2015

MARE

 

 

 

MARE

 

 

Due strisce folte di nero e di bianco sormontano gli occhi,

fessure  sottili di luce nella roccia del volto.

Protetto  dal vocio tutt'intorno,

il vecchio siede assorto nella notte

Sulla sedia accanto all'uscio di casa.

Di fronte….. pezzi  di  nero inchiostro stellato

si confondono con la sagoma della ringhiera

e di  Salamina   che chiude l'orizzonte.

Ferro e fuoco d'Occidente e d'Oriente!

Quanti morti su quell'acqua 

che, adesso,  riflessi di  luna grande, rossastra,

incombente,  striano di colore.

Mare, succo  nero di seppia,

Mare, vita perenne di giovinezza ,di maturità,di vecchiaia.

Mare che hai portato i sogni di un ragazzo oltre l'orizzonte,

Restituiscine uno a chi ti guarda  sul finire del tempo.

.

 

31/7/2002

venerdì 29 maggio 2015

La CORRIDA

L'arena era piena di gente che aspettava l’imminente corrida.

In Spagna, la corrida rappresenta la sfida di un uomo contro il toro. Nel torero,la folla vuole vedere un uomo capace di combattere il toro  senza averne paura. Un uomo  che faccia giostrare il toro attorno a sé, beffandolo ad ogni carica.

Delle persone, vicino a me, discutevano sui tori. Nell’aria tersa scoppiavano mortaretti ed il suono delle voci indistinte sembrava il rombo di un ‘aeroplano.

Alcuni dicevano che i tori erano buoni. Che erano bassi e tarchiati e con delle corna  dure e piccole; ma, altri diceva  che , pur potenti e veloci fossero, Paco, il torero, li avrebbe fatti giostrare ed uccisi elegantemente.

Il sole scottava i volti della gente e splendeva alto nel cielo azzurro. Alcuni avevano comprato delle noccioline, prima di entrare nell’arena,  ed ora le mangiavano  in attesa dell’entrata dei toreri.

C’erano parecchi turisti  che scattavano fotografie. Faceva un gran caldo e molti si toglievano le giacche; il venditore di cappelli, quel giorno, avrebbe fatto di certo affari. Qui e là si accedevano delle controversie. I fortunati  si erano scelti  i posti più vicini all’arena  in modo da vivere lo spettacolo quasi direttamente.

Nell’aria c’era un senso d’attesa. Domandai  ad un mio vicino chi fosse Paco ed egli mi rispose che era un torero  dallo stile spavaldo e temerario; ma, nello stesso tempo, elegante .

Un idolo della folla!

Si udirono degli squilli di tromba. L’ingresso dell’arena si aprì facendo entrare nello spazio sabbioso gli Alguaciles, che conducevano solennemente i loro cavalli bardati. Ad un metro circa di distanza, li seguiva  la Cuadrilla con al centro , nel suo sfolgorante costume rosso, Paco, l’Espada, che si ergeva  in tutta la sua elegante e slanciata figura.

La folla era impaziente. Osservai i miei vicini. Avevano  gli occhi fissi sull’arena  ed i visi bruciati , storti in una smorfia d’attesa e d’apprensione.

La Cuadrilla  si era allontanata  dal centro dell’arena. La folla ammutolì di colpo. Tra poco  il toro sarebbe entrato come una vaporiera imbizzarrita.

Un grido percorse l’arena in tutta la sua ampiezza. Il toro era entrato correndo.

Rapidi i Banderilleros entrarono in azione, agitando i loro mantelli scarlatti davanti al muso  della bestia  per farla innervosire. Subito dopo , fecero il loro ingresso nell’arena  i Picadores , sui loro cavalli bardati,reggendo in mano la lunga Pica. Uno dei Banderilleros agitò la cappa dinanzi al toro…..Quello  calò la testa e caricò….Aveva il rosso negli occhi e vedeva sempre più vicina la cappa  agitata che lo innervosiva…Eccola!…Eccola!
Ad un tratto la cappa sparì ed esso si trovò a tu per tu con i Picadores. Pancho, il Picador, osservava il toro.Prese la mira e calò la Pica sul dorso del toro, appoggiandovisi con tutte le sue forze. La bestia , però, aveva ormai toccato il ventre del cavallo e l’aveva squarciato. Ora, le budella dell’animale uscivano fuori dalla ferita. Era uno spettacolo rivoltante; ma , la folla vedeva solo il toro ed il Picador. Un cronista, vicino a me, scriveva sul bloc notes che , finora, lo spettacolo non aveva offerto niente d’eccezionale. Ora, il toro era stato lasciato solo , al centro dell’arena. Dalle sue narici usciva il fiato , misto a polvere . Entrarono quindi i Banderilleros, ciascuno con due aste di legno, le banderillas, munite di fiocchi e rivestite di carta colorata ma con la punta in acciaio.Si fece avanti il primo e corse incontro al toro. Questo caricò e, quando sembrava che l’animale stesse per colpirlo, il banderillero piantò nel dorso del toro le aste e , facendo leva su di esse, si sollevò e scartò di lato. Gli altri fecero la stessa cosa. Alla fine , la bestia si trovò con le banderillas piantate nel dorso. Cercò di smuoverle, ma le punte d’acciaio erano entrate a fondo nella sua carne. .La cosa lo innervosì ancora di più. Ora, il cronista scriveva che i banderilleros erano stati molto bravi e avevano svolto il loro compito con maestria. Il toro era fermo ed ansava. Le trombe squillarono e Paco, l’Espada, entrò nell’arena tenendo in mano la muleta e lo stocco e fu salutato da un lungo e consistente applauso. La sabbia si alzava in nuvolette giallastre dietro i suoi passi.Egli guardava ai lati della pista. Dietro le staccionate robuste, Paco intravedeva gli altri toreri pronti ad ogni evenienza. Osservò la folla che lo acclamava e pensò che essa voleva da lui uno spettacolo senza risparmio d’energia e d’audacia. Voleva provare il brivido per il rischio continuo della vita che lui avrebbe corso e pensò ancora che , se egli non l’avesse accontentata, gli stessi che ora l’acclamavano lo avrebbero , in seguito , deriso e criticato. Ora , il toro era fermo dinanzi a lui. Dal collo gli colava il sangue vermiglio che, cadendo sulla sabbia, si mescolava ad essa macchiandola di un colore bruno. Gli occhi bovini lo fissavano; erano rossi dalla rabbia.La bocca era piena di bava schiumosa. Ora era lì davanti a lui. Era una sfida, una sfida a morte. Paco lo sapeva, si ripeteva ogni domenica. I muscoli dell’animale affioravano sotto la pelle e sembrava volessero schizzar fuori. Il suo corpo era pervaso da un tremito di collera. Era massiccio sulle zampe. La folla , adesso , stava silenziosa e aspettava. Paco si mosse. Il suo passo era lento e deciso. Sollevò la muleta che , piegata in alcuni punti, assumeva un colore violaceo. Incitò il toro…………incitò ancora. Quello abbassò la testa e caricò. Caricava diritto al corpo di Paco. Ora egli lo vedeva sempre più vicino avvolto in una nuvola di polvere gialla. Paco si mosse lentamente di lato ed il suo fianco sfiorò le corna del toro nella sua corsa , mentre la muleta si drizzava tesa sul corpo dell’animale. La folla gridò ……Ooolé! Ed ogni volta il toro caricava e si lanciava nel vuoto accompagnato da un sonoro ….Ooolé! Sembrava quasi che il toro fosse fuori posto nell’arena. Paco lo trattava come se non avesse nessuna importanza e lo evitava quasi con insofferenza. La sua condotta, così temeraria e spavalda, faceva impazzire la folla! Il cronista , vicino a me, scriveva emozionato :” non si era mai visto uno spettacolo simile dai tempi di Belmonte e Manolete”. ? Ora Paco aveva impugnato lo stocco. Era l’ultimo passaggio del toro. Il silenzio entrò nell’arena e ammutolì la folla. Gli occhi di tutti fissavano l’uomo e la bestia . Uno davanti all’altra su quella terra giallastra. Paco agitò la muleta. Il toro caricò ancora……………….Uno……due passi…….un passo indietro……..e alzò la muleta mentre la bestia passava. Ora era lì sotto il suo sguardo e per un attimo era lui , Paco, ad averla lì tutta per sé… mirò ….. e subito dopo lo stocco era entrato completamente nella carne del toro , fra la collottola e la spalla…………………………………… Il toro rimase fermo….., istupidito. La folla esplose in un boato e ,come se fosse stato ucciso da quel suono, la bestia piegò le ginocchia e cadde al suolo, mentre Paco alzava il braccio destro al cielo ,in segno di vittoria , fra le grida e gli applausi della folla.

venerdì 22 maggio 2015

Maggiori risorse per lo Stato nel segno dell'equità.




 

Proviamo a fare qualche considerazione sulla possibilità ed efficacia di una riforma fiscale che colpisca in maniera più progressiva i redditi.
La bontà di una misura di questo genere consisterebbe principalmente nell'equità del provvedimento, che avrebbe l'effetto di ottenere da un lato una maggiore distribuzione delle ricchezze prodotte e dall'altro un effetto dissuasione rispetto a remunerazioni eccessivamente diseguali.
Se oggi possiamo osservare come diverse generazioni dei nostri giovani stentino a trovare un posto di lavoro e mediamente ottengano uno stipendio/salario di ca mille euro al mese, il vedere contemporaneamente retribuzioni che, a torto o a ragione, superano di oltre dieci volte questi livelli, assume dei toni scandalosi.
Molti, di fronte a queste argomentazioni, sono soliti alzare le spalle, dire che sono d'accordo ma che il gioco non vale la pena di essere condotto fino in fondo, perché i vantaggi sarebbero irrisori, che tutto questo sarebbe alla fine controproducente,perché penalizzerebbe l'investimento produttivo.
Mi sembra, pertanto, utile rispondere facendo una piccola simulazione di quelli che potrebbero essere i vantaggi. economici concreti, in una situazione come quella italiana, prendendo come base i dati della dichiarazione dei redditi 2010.
Secondo questi dati i redditi erano distribuiti nella maniera seguente.
 
- 1,09 % dei contribuenti pari a n. 336.779 persone , avevano redditi da 100.000 a 200.000 per il 10,20 % dell'imposta totale pari 15,23MM su redditi complessivi di ca 33,7 MM
- 0,15%   dei contribuenti pari n. 46 .345 persone con redditi da  200.000 a 300.000  per il 2,74 % dell'imposta totale  pari a 4,09MM su redditi complessivi per 9,2 MM
-0,10 % dei contribuenti  pari a   n. 30.897  persone dichiaranti con reddito   superiore a 300.000      per il 4,70 % dell'imposta  totale., pari  a 7,02MM
 
L'imposta complessiva del periodo era di  149,4 MM  per 30.897.194 di dichiaranti .
 
Se ipotizzassimo che su tutte queste particolari classi di reddito venisse applicata un'aliquota progressiva articolata  secondo i seguenti livelli modificati, avremmo i seguenti risultati :
 
 
-aliquota  del 60% per lo scaglione di contribuenti  con redditi compresi fra 100.000 e 200.000 euro –maggiore introito  ca 2,58MM
-aliquota del 68% per lo scaglione di contribuenti con redditi  compresi fra 200.000 e 300.000 euro-maggiore introito ca 2,27MM
-aliquota 75% per lo scaglione di contribuenti con redditi superiori a 300.000 euro- maggiore introito  ca.4,64MM .
 
Si avrebbe in sostanza la possibilità reale di un maggiore introito annuo di ca.  9 MM che a mio parere potrebbe essere utilizzato
1)      per ampliare il pilastro di  sostegno alla disoccupazione  arrivando a coprire anche quella di lunga durata  
2)      avviare la riduzione del cuneo fiscale del lavoro per procedere con immediatezza alla riduzione del CLUP ed aumentare la competitività del nostro sistema produttivo. .
Rimane poi necessario  avviare  un ripensamento complessivo sulla possibile progressività dell'utilizzo della cedolare secca  al posto del cumulo del reddito, riveniente dalle rendite e plusvalenze finanziarie ed immobiliari, con gli altri redditi da lavoro . Sembra veramente  incomprensibile ad esempio  il mettere  sullo stesso piano il pagamento dei tributi su di un affitto immobiliare di  600 euro mensili e quello di più appartamenti e titoli finanziari con una rendita complessiva di 5.000 euro mensili.
Se pensiamo ancora che la ricchezza delle famiglie italiane  alla fine del 2012, in soli  mezzi finanziari netti era pari a 2,775 miliardi , ipotizzando un rendimento medio dello 0,75% lordo possiamo  anche immaginare che un ritocco complessivo della tassazione sugli interessi o in alternativa  sul volume dei depositi possa produrre  almeno uno, due miliardi di ulteriore gettito fiscale.senza produrre fuga di capitali.
Tutto questo ,unito ai maggiori ricavi suesposti, relativi ad un'inasprimento dell'imposizione fiscale progressiva sui redditi, dovrebbe poter permettere di affrontare meglio i punti d'intervento sul lavoro .
Come ultima proposta, non posso che richiamare l'attenzione sull'opportunità di una patrimoniale straordinaria  dell'ammontare minimo di 400/500MM  che abbatta l'ammontare complessivo del debito, e quindi il suo costo annuo, da legare alla dismissione del patrimonio immobiliare/mobiliare pubblico . Per evitare che il costo sia proibitivo per il contribuente la proposta potrebbe comprendere il finanziamento dell'imposta  da parte della CDP ed il conferimento, in cambio, al contribuente delle quote azionarie di una società  costituita allo scopo ( a cui andrebbe conferito  il patrimonio pubblico  in dismissione ) con un vincolo di possesso delle stesse per un periodo di cinque anni. In tal modo il peso effettivo per il contribuente sarebbe costituito dal costo finanziario del prestito e dalla possibile minusvalemza fra il valore delle quote azionarie conferitegli  e quello di realizzo dopo il periodo del vincolo di possesso.
 
 
 
 
 
 

sabato 16 maggio 2015

Maternità

 

 

Io non voglio che tu

Muori mai Mamma!

Così ti dicevo , bambino,

Mentre mi abbracciavi, sorridendo;

Ma , te ne sei andata…..

In un soffio di primavera.

 

 

Roma, 13/4/2009

 

 

martedì 12 maggio 2015

'68

 

 

 

 

 

Un cappotto rosso e dei capelli neri

Sul suo viso da cerbiatto

Parlava tesa e fremente tra i fumi di cento sigarette

E già sapevo che un giorno l'avrei guardata negli occhi

Per chiederle tutto.

 

L'assemblea continuava

Ed io l'avevo attesa per anni.

L'aria sapeva di Pisa ,Bologna, di Trento.

A Roma………………non si aspettava più.

 

Il rosso delle bandiere  era spiegato al vento

 quel giorno di maggio che per la prima volta  scendevo in piazza

E ricordo il distintivo

Che  una faccia sconosciuta mi appuntò sul petto.

 

Era facile cantare la rabbia e l'amore

Aspettando insieme la risposta alle idee.

Già il partito mi chiedeva tanto

Quando nelle nostre riunioni

Parlasti del mio sorriso e la storia appena

Iniziata  era impedita  da un altro amore.

Quante volte eppure stringesti le mie mani

Quando la paura ci prendeva e zitti si andava avanti

E mi domando se qualche volta

pensi a quei tempi…ora che avrai dei bimbi!

E mi chiedo cosa dirai loro se , adulti,

ti parleranno di ciò di cui  Noi …parlavamo

O avrai già dimenticato quando…..

piangendo mi dicesti …. Resta!

 

 

Facevo le smorfie agli elogi di Stalin

Poi che te ne sei andata,

quando qualcuno diceva che la rivoluzione era alle porte

e invece la gente se ne andava via.

Eppure , era vero che insieme la speranza era tanta 

E la sua forza tremenda.

 

Tornò Milano a farci innamorare.

Quando Lei arrivò, parlava dei cattolici

E sembrava sempre dentro una casa di vetro

A perdersi nei suoi mille impegni.

 

Ci ritrovammo a parlare , già stanchi

E l'amicizia ci spinse a guardare gli anni vissuti,

preconizzando il significato politico del privato.

 

 

Oggi ne parlerei ancora

Ora che gli anni sono passati

e il lavoro ci tiene lontani da noi stessi.

Eppure la forza è ancora intatta

E la rabbia è lì , intera , terribile, presente

E il dolore dell'abbandono è tanto

Quando non posso fare a meno di considerare

Quei giorni il nostro punto di  riferimento.