Pagine

venerdì 7 dicembre 2012

A volte ritornano

Che si può dire della decisione di Berlusconi di ritornare, in prima persona, a condurre il PDL o quella che sarà, in ogni caso, la sua continuazione? A volte ritornano.

Di certo, non se n'avvertiva la mancanza né in Italia né in Europa, se la notizia del suo ritorno ha portato ad un aumento immediato della febbre da " spread".

Ritornano di nuovo i sospetti che molte posizioni del suo partito siano dettate da interessi personali da salvaguardare e, di certo, l'immagine che si riflette all'interno del centro destra è quella, un po' avvizzita e un po' rifatta, del suo leader.

Lontani mille miglia da quella che fu propagandata come la missione del PDL e di Forza Italia: realizzare nel nostro Paese una grande rivoluzione liberale; il pericolo che serpeggia nelle dichiarazioni dello stesso Berlusconi, oltre che di alcune fra le personalità più in vista del suo partito, è che siamo piuttosto in presenza di una possibile deriva populista. Trovare un nuovo nemico cui addossare le responsabilità della difficile situazione in cui è stato portato il Paese nel corso dei vent'anni dalla sua discesa in campo, diventa adesso un " imperativo categorico". Chi meglio di un Europa, piegata agli interessi della Germania e dei paesi forti del Nord, può rappresentare meglio le fattezze di un nemico da combattere?

Come non utilizzare la politica dell'"austerità" per indicarla come la responsabile di tutti i mali e dell'avvitamento della nostra economia? Quale migliore occasione per far dimenticare la connivenza con l'arretratezza, la corruzione, il privilegio, l'attacco all'autorevolezza della magistratura, la necessità di dover procedere ad una riforma strutturale del nostro sistema economico per recuperare la competitività e la produttività perduta?

Il passo indietro di un anno fa per consentire un governo tecnico sostenuto da quasi tutto l'intero arco costituzionale è acqua passata, è superato.Il momento critico è alle spalle ed il governo Monti non ha saputo né assicurare misure d'equità, né riportato il Paese alla crescita.

E' questa la critica sulla base della quale il PDL sembra aver staccato la spina al governo ed aperto la campagna elettorale.

L'unica cosa che le forze politiche, durante quest'ultimo anno, avrebbero dovuto fare: la riforma elettorale, giace in Parlamento, vittima di stucchevoli distinguo fra le parti. Tutti sono più o meno convinti che, alla fine, il " Porcellum" è forse il sistema più conveniente. Di certo, per Berlusconi la possibilità di formulare la lista dei futuri candidati è un'arma che gli consente di controllare adeguatamente il suo partito. Anche gli ex di Alleanza Nazionale sanno bene che una possibile rottura con il capo, in questo momento, li porterebbe all'esclusione dal futuro Parlamento.

Tutti insieme quindi cavalcando il sentimento popolare di protesta contro i sacrifici imposti dal governo, contro le tasse, contro la politica di austerità richiesta dall'Europa e forse anche contro la moneta unica, come dice già la Lega Nord (possibile alleato di coalizione) e come serpeggia in vari ambienti sia di destra sia antagonisti, che vedono nell'Euro la causa di tutti i mali che affliggono il nostro Paese.

Lo stesso Movimento Cinque Stelle sembra carezzare l'idea di cavalcare questa tigre. L'idea di affidare ad una bella svalutazione competitiva le sorti della nostra ripresa lusinga molti.Una bella svalutazione democratica che riduce il valore di tutti i redditi e dei risparmi in maniera equa e solidale; ma, che consente il recupero di una competitività importante per la produzione nazionale. Peccato che, quasi sicuramente, i benefici di questa misura sarebbero pagati con l'aumentato costo dell'energia e delle materie prime di cui siamo importatori per non parlare del possibile ulteriore aumento del costo del denaro necessario per il finanziamento del nostro sistema pubblico e privato.. La principale preoccupazione è che, inoltre, una soluzione di questo tipo rimandi ad un tempo futuro, troppo futuro, la decisione di procedere all'attuazione di tutte quelle riforme necessarie per eliminare le cause della perdita progressiva di competitività del nostro Paese. Dall'eccessivo peso della rendita rispetto alla produzione ed al lavoro, al peso intollerabile della corruzione e della malavita organizzata, all'eccessiva pesantezza burocratica che rende difficile l'operatività delle aziende, alla giustizia civile lenta e che rende non semplice la ricuperabilità del credito, al ritardo degli ultimi anni nel campo della ricerca ed innovazione, ad un sostanziale rallentamento degli investimenti produttivi con scarsa o nulla presenza di quelli esteri ecc..

Sarà credibile un centro destra antisistema che può spingersi fino ad accogliere al suo interno temi anticasta?

Come si rapporterà con la stessa un Movimento Cinque Stelle, il cui leader ha espresso più volte incertezza sull'utilità della moneta unica?  Il peso non indifferente raggiunto nei sondaggi da questo movimento gli addossa oggi una responsabilità politica importante. Da movimento di protesta contro la "casta", quello di Grillo ha oggi la responsabilità di diventare un gruppo politico capace di suggerire un progetto per il futuro del paese e quindi di scegliere l'area in cui collocarsi e le politiche sociali da privilegiare. Penso che nel futuro Parlamento, come già oggi all'interno della Regione Sicilia, pur con tutti i distinguo, questo movimento ha davanti a se la scelta di cavalcare una protesta fine a se stessa o invece quella di costruire, insieme alle forze progressiste, una nuova Italia.

Oggi le forze riunite nella coalizione che ha appena designato Pierluigi Bersani come suo leader, hanno un compito non indifferente. Portare il paese fuori dalla recessione ed assicurare una possibilità di lavoro ed un futuro ad intere giovani generazioni nel segno dell'equità e della meritocrazia. La coalizione dei progressisti farebbe bene a presentarsi in posizione autonoma alle prossime elezioni chiedendo ampia fiducia ai suoi elettori sul proprio programma. Ha ragione tuttavia Bersani a dichiararsi sempre disponibile, successivamente, a valutare senza nessuna pregiudiziale ogni possibilità di collaborazione, anche su iniziative specifiche o su progetti a scadenza, con le forze di centro che non accettano di adeguarsi o di sottomettersi alla deriva populistica.

L'obiettivo comune può essere quello di coniugare un necessario mantenimento degli impegni europei sulla stabilità con la capacità di operare le riforme necessarie per liberare le risorse umane, organizzative e monetarie utili per la crescita.

Trovare la copertura finanziaria per una quota aggiuntiva d'investimenti che consentano l'incremento e lo sviluppo della nostra struttura produttiva. Riuscire, allo stesso tempo, a porci come forza di riferimento dell'unità Europea e come polo di attrazione dello sviluppo del bacino del Mediterraneo sono poi i necessari corollari per un'adeguata collocazione internazionale. Il compito è arduo ma non impossibile. Bisognerà trovare le parole d'ordine che permettano ad ognuno di noi d'impegnarci nella costruzione di questo progetto, potendone ogni giorno verificare il risultato.

Buon lavoro.

 

 

Nessun commento:

Posta un commento