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sabato 22 dicembre 2012

La più bella del mondo

 

No, Benigni, non si riferisce a Gina Lollobrigida, che fu la protagonista del film di tanti anni fa: "La donna più bella del mondo"; ma, alla Costituzione della Repubblica Italiana. Già, la Repubblica! Una forma di Stato per noi oggi quasi ovvia; ma, che non lo era quando, alla fine della seconda guerra mondiale, i nostri padri dovettero sceglierla con il referendum popolare, che pose fine alla dinastia dei Savoia.

Era quella un'Italia orgogliosa di aver riscattato il proprio suolo dall'occupazione tedesca e che usciva da una dolorosa guerra civile. Nella mia infanzia e fino all'età adulta, in Sicilia, ho sempre provato un senso di privazione rispetto ad un pezzo di storia che non abbiamo vissuto. Lo sbarco alleato aveva già liberato, per prima, la Sicilia e, nelle nostre famiglie, non avevamo ricordo o traccia della " Resistenza " e della guerra partigiana che aveva toccato profondamente il Nord Italia.

Per tutti gli anni '50 e '60 le lotte Partigiane e la celebrazione del 25 aprile venivano vissute quasi in maniera distante, come se appartenessero ad un'altra realtà. Fu poi con le lotte studentesche ed operaie della fine degli anni '60 che, finalmente, si ebbe una profonda circolazione della cultura, delle idee, della tradizione storica della Resistenza e dei valori condivisi dei nostri padri costituenti.

 Cattolici, liberali, esponenti del partito d'azione, comunisti, socialisti tutti uniti da ideali comuni e dalla volontà di porre le basi solide della convivenza civile di un popolo nuovo in cui, finalmente, era il cittadino ad essere il protagonista, senza alcuna distinzione e pari di fronte alla legge.

Un bene prezioso per noi tutti la Costituzione. Un baluardo contro uno dei possibili inganni peggiori della democrazia: quello costituito dal potere senza limiti della maggioranza. Chi ci proteggerà altrimenti dal potere totalizzante della maggioranza? Chi ci assicurerà la libertà di dissentire? Chi tutelerà i diritti della persona? 

C'è stato consegnato, come ha giustamente sottolineato Benigni nel suo commento, un bene prezioso che contiene, nei dodici principi fondamentali, tutte le indicazioni per un vivere comune all'insegna del rispetto, dell'impegno e della solidarietà.

Personalmente, desideravo sottolineare un aspetto che mi sembra particolarmente caratterizzante: l'aver deciso di fondare sul concetto di "lavoro" la nostra Repubblica. Di riconoscerne a tutti i cittadini il diritto e di porre l'accento sulla necessità di promuovere "le condizioni che rendano effettivo questo diritto" come recita l'art.4. Il dettato costituzionale dice poi  qualcosa di ancora più importante e cioè che "Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società." Ha il "dovere", ci viene detto. In sostanza che non possiamo vivere il "lavoro" solo come un obbligo necessario per procurarci i mezzi per vivere. Non possiamo vivere il lavoro con fastidio, aspettando il momento della libertà costituito dalle ferie o dalla pensione. Non possiamo,   pertanto, assolutamente comportarci in modo assenteista, giustificandolo con un frainteso senso di estraneità causato dalla nostra condizione subordinata. No! Il principio Costituzionale ci chiede di partecipare con orgoglio e dedizione al lavoro, cogliendone l'aspetto del servizio, della partecipazione e della responsabilità. Sono tutte cose che oggi non sono per niente né ovvie né scontate. Valori che pongono le basi di un rispetto del lavoro. Qualunque tipo di lavoro e di qualsiasi livello. E' un messaggio che le nuove generazioni dovrebbero valutare attentamente perché le vecchie forse non lo hanno sempre fatto.

 

 

 

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