UNA NUOVA FISCALITA' PER LA CRESCITA
L'autunno ci riporta la ripresa del dibattito politico ed in primo luogo la constatazione che se la crisi economica è per lo meno tamponata e vi sono, a detta dei principali banchieri mondiali Bernanke e Trichet , segnali diffusi di ripresa è anche vero che la stessa cammina a diverse velocità all'interno degli stessi Paesi Europei e appare complicata dalla contestuale presenza di problemi di occupazione.
Il presidente di confidustria Emma Marcegaglia lamenta il ritardo della nostra economia e una politica di governo che si è mostrata troppo episodica e priva di un disegno di sviluppo complessivo. Per ripartire è necessario, afferma, un nuovo patto sociale con l'obiettivo di aumentare i salari insieme ad una maggiore produttività delle aziende e con la riduzione delle tasse su imprese e lavoratori.
"La pressione fiscale per chi paga le tasse - ha detto Marcegaglia - è troppo alta, soprattutto su imprese e lavoratori".
D'altra parte che sia necessario non limitarsi ad una politica di stabilità , indispensabile data la situazione del nostro debito pubblico, ma che sia venuto il tempo di programmare la crescita è un obiettivo indispensabile dettatoci anche dalla stessa Europa.
In questi giorni infatti è previsto la riunione dell'Ecofin che ha l'obiettivo di stimolare i vari membri a mettere in atto una politica economica comune le cui linee fondamentali sono individuabili con due sigle"SCP" e "NRP" dove la prima sta per " Stability and convergence program" ed è stata adottata anche dal nostro Governo con le recenti manovre finanziarie mentre la seconda " National Reform Program" , vale a dire una politica nazionale di riforme che sviluppi la capacità competitiva del Paese, ci vede ancora in una fase di impostazione.
Su quali temi il ministro Tremonti ed il Governo intendono muoversi? Lo ha dichiarato in una recente intervista a Repubblica lo stesso Ministro Tremonti. "Sulla competitività abbiamo messo a fuoco alcuni punti essenziali. Indicativamente, per ora sono otto: la competizione con i giganti; il costo delle regole; il Sud; il nucleare; il rapporto capitale-lavoro; il fisco; il federalismo fiscale; il capitale umano, cioè ricerca scientifica e istruzione tecnica."
Se finora tuttavia la dichiarazione di inesistenti margini di manovra , da tutti condivisa, non ha permesso di affrontare seriamente questi problemi oggi sembra che la volontà di ragionare sulla riforma fiscale apra il dibattito su dove e come reperire le fonti necessarie. Lo stesso Tremonti nella citata intervista afferma che bisogna " allargare e semplificare la base imponibile, ridurre le aliquote, concentrare il "favor" fiscale su tre voci essenziali: famiglia, lavoro, ricerca " .
D'altra parte lo stesso Presidente del Consiglio annuncia che alla riapertura delle Camere il suo governo chiederà la fiducia al Parlamento su cinque punti programmatici in cui attuare le riforme fra cui al primo posto c'è proprio la riforma tributaria e il federalismo fiscale.
Se fino ad oggi pertanto si è cercato di recuperare risorse dal taglio della spesa dello Stato e dalla lotta all'evasione fiscale ( operazione che quest'anno ha permesso il recupero di ca 9 mld) oggi si pone il problema di percorrere una terza strada quella di recuperare risorse da una modifica del sistema tributario. Tuttavia al di là delle generiche affermazioni della volontà di agevolazione nei confronti delle famiglie , del lavoro e delle imprese sarà importante capire chi pagherà di più e come.
Da parte nostra, credo che il PD non possa che ribadire la necessità del trasferimento del carico fiscale dalle fasce deboli a quelle più ricche e dal reddito al patrimonio.
E' necessario riprendere con forza il discorso della tassazione della rendita finanziaria ( già operato in paesi come la Gran Bretagna con un incremento dal 18% al 28%) e adottare una imposta progressiva sul reddito che modifichi in maniera significativa le aliquote sui redditi superiori ai 150.000 euro annui.
Riguardo alla tassazione finanziaria non mi stancherò di suggerire, in leggera polemica con la posizione ufficiale del PD , che bisognerebbe .
1) aumentare l'aliquota su ogni tipo di rendita finanziaria dall'attuale 12,50% al 20% compresi i titoli di stato ( questi ultimi esclusi dalla proposta del PD)
2) mantenere l'aliquota sui depositi bancari al 27% ( il PD afferma che anche su questo tipo di deposito l'aliquota debba essere portata al 20%) .
Questo passaggio è importante perché consentirebbe ad un paese che è ancora fra i dieci più ricchi del mondo di fare un esame di coscienza e recuperare le risorse necessarie per il suo sviluppo. Si avrà il coraggio di toccare queste sacche di privilegio? Sarà comunque importante indicare che esiste questa possibilità per trovare le risorse necessarie alla ripresa e che scelte diverse non possono che essere dettate da interessi di parte.
Roma, 5 /9/2010 Giuseppe Ardizzone
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