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lunedì 18 ottobre 2010

L'UNITA' SINDACALE E LA POLITICA

 

 

 

All'indomani della possente manifestazione  organizzata dalla FIOM,  a cui hanno aderito diverse componenti politiche e di movimento ( studenti , popolo viola ecc…) ci si interroga sul futuro dei rapporti fra le tre confederazioni sindacali.

Le ragioni delle divisioni in atto  sono profonde articolate e meritevoli di approfondimento, ma  fa bene chi come Bersani ritiene che compito di un partito come il PD sia quello di cercare  in ogni modo di ricomporle anche con una capacità propositiva., partendo dalla constatazione che comunque un progetto di cambiamento non può prescindere dal rappresentare  la popolazione presente alla manifestazione di Roma.

E' la politica l'ambito in cui il contrasto può essere sanato o da cui può uscire  un tentativo di mediazione e risoluzione?

Si può pensare di si per due motivi:

1)      perché un partito come il PD può essere la guida di un 'alleanza politica che si pone come rappresentante dell'intero  mondo dei produttori  ricucendo così    le differenze all'interno della sua proposta

2)      perché la politica ha il compito di  dirimere una delle questioni più spinose poste sul tappetto che è quella della rappresentanza sindacale  ma più ancora del rapporto fra democrazia e movimento.

 

In queste righe mi vorrei soffermare sul secondo aspetto . E indiscutibile  che le differenze sindacali andrebbero verificate e compattate nell'unico "locus" possibile : nella base, tra i lavoratori.

Ma che vuol dire questo? Chi deve decidere? Con quali strumenti ? Che rapporto deve esserci fra le organizzazioni di movimento e la totalità dei lavoratori? E fra questi e la controparte?

Le organizzazioni dei lavoratori : i sindacati, sono organizzazioni di movimento, nate nella lotta , che attraverso  gli anni  sono riusciti a darsi delle organizzazioni stabili, conquistato il riconoscimento ufficiale dalla controparte ed ottenuto per legge dei  diritti fondamentali per tutti i lavoratori. Tuttavia, proprio per garantire la loro piena autonomia, non è stato mai regolato il loro rapporto di rappresentanza con la totalità dei lavoratori, né ,di conseguenza, il vincolo di coerenza degli stessi rispetto agli accordi sottoscritti.

Questa regolamentazione chiama in causa il rapporto fra democrazia e movimento. I movimenti  nascono con operazioni di rottura rispetto all'organizzazione del quotidiano e coinvolgono con strumenti di democrazia diretta i partecipanti al movimento stesso. Questo ritiene , a ragione , di rappresentare gli interessi globali di tutta la categoria  e pertanto si ritiene autorizzato a lottare per tutti e fare in modo che le sue conquiste siano patrimonio comune. Il massimo di verifica  delle scelte avviene all'interno del movimento  con forme di democrazia diretta: asemblee , consultazioni aperte anche ai non iscritti .  Ma possono questi strumenti essere considerati sufficienti quando i movimenti si sono ormai consolidati nella storia come organizzazioni. E' come dire  che le votazioni politiche  dovrebbero essere  organizzate dai partiti politici  che verificano il consenso alle loro proposte fra gli iscrittti e i simpatizzanti. Che fine faranno le opinioni di tutto coloro che non partecipano attivamente alle consultazioni politiche? E' già un problema nelle attuali  democrazie il fenomeno dell'astensionismo e della disaffezione al voto, figuriamoci in una situazione dove  la votazione richiede un atto di volontà partecipativa. La questione della rappresentanza sindacale e del vincolo per tutti i lavoratori degli accordi sottoscritti va normata dalla politica per dare regole certe a tutti i soggetti del luogo di lavoro.: lavoratori , rappresentanti sindacali, imprese.Può essere il referendum lo strumento più idoneo? Quale deve essere  il ruolo delle assemblee? Quale caratteristiche deve avere la clausola di tregua dopo la sottoscrizione degli accordi? Quali i suoi limiti?

Su questo terreno impervio  si può tentare di contribuire al  ripristino dell'unità sindacale  non come precondizione ma come risultato di un metodo di gestione della rappresentatività.

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