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lunedì 20 aprile 2015

CIAO ...come ti chiami?

Questa è una riflessione personale sulla situazione dei movimenti migratori nel Mediterraneo. Il fenomeno è inarrestabile ed è legato alla speranza di miglioramento che è davanti agli occhi di queste migliaia di persone.

 I loro luoghi d'origine sono aree di fuga per tanti motivi: la violenza, la guerra, la fame, l'oppressione, l'arretratezza.

 Essi, probabilmente, pensano che i tempi della riscossa sono molto lunghi ed egemonizzati da chi vuole, comunque, uno scontro a fuoco con l'Occidente, reo di tutti i mali.

Chi dialoga con i paesi avanzati, e cerca di portare la modernizzazione, sa di doversi scontrare prima o poi con l'ala oltranzista e violenta. In tutto questo, qualcuno pensa di fare da solo e di guardare a quell'Occidente, solo a poche miglia marine, dove, forse, c'è una nuova possibilità.

E noi cosa facciamo? Noi cosa vogliamo?

L'Europa è una delle aree più ricche e più vecchie del mondo dove, nei paesi del sud in crisi, c'è poco spazio pure per i giovani.

 L'Europa è chiusa a tutela dei propri privilegi. Meritati o no, non è questo il punto. La questione è che non ha più intenzione di mettersi in gioco.

Non vuole farlo al suo interno dove, pur di mantenere per ognuno la sovranità nazionale e pur di non rischiare un deprezzamento del valore dei propri risparmi, non è disposta a mettere in comune neanche il proprio avvenire. Badate bene, non il passato, ma l'avvenire, lasciando comunque prevalere il merito e le capacità, in un quadro di solidarietà per gli ultimi.

Figuriamoci se è disposta ad aprire le sue frontiere!?!

 Lo ha fatto allargandosi ad est per motivi politici ed economici, di cui hanno usufruito alcuni più di altri.

Ma il sud!?!

Mettersi in gioco e rischiare di perdere quello che si è accuratamente messo da parte, per una massa di gente ignorante e magari portatrice di valori e fedi inconciliabili con le nostre, è veramente folle!

 E poi perché?

Che vantaggi ne avremmo?  Avremmo solo svantaggi.

L'ingresso di una massa enorme di personale poco qualificato farebbe crollare i salari e le garanzie degli attuali lavoratori dei settori a più alta concentrazione di lavoro ed, in ogni caso, farebbe da calmiere su tutto il marcato del lavoro, riducendo i nostri livelli di vita. Certo, sarebbe anche possibile operare una profonda ristrutturazione dei divari salariali, riducendoli notevolmente, e cercare di aumentare la ricchezza complessiva grazie a questa iniezione d'energia; ma, l'impatto immediato sarebbe comunque forte.

Il Welfare? Potremmo pensare di mantenere gli attuali livelli? No, forse dovremmo limitarli solo a più incapienti ed aprire il loro utilizzo agli immigrati gradualmente.

Ed il nostro modo di vivere? Sarebbe sicuramente contaminato. Saremmo costretti ad incontrare gusti, usanze, convinzioni, valori forse per molti versi insopportabili. Eppure, la storia dell'antropologia e dell'innovazione culturale c'informa che tutte le civiltà maggiori e tutte le innovazioni culturali sono il frutto della contaminazione fra culture diverse.

Perderemmo i vantaggi del nostro mondo? Sì, ma, forse, se fosse rispettato e mantenuto il principio della meritocrazia e della libera iniziativa, nel quadro della solidarietà e dell'equità, potremmo sperare di accettare il confronto, emergere, se ne abbiamo le capacità, ed essere premiati. Forse, un premio meno offensivo, nella differenza con gli ultimi, di quelli attuali; ma, sempre, un premio importante.

E poi, probabilmente, la nostra Europa potrebbe diventare un'area di civiltà, pace e progresso, capace di essere presa ad esempio dagli altri popoli sia del Mediterraneo, sia d'altre parti del mondo.

 Perché no?

 Sicuramente, anche un'area più ricca! Con scambi culturali e commerciali nel Mediterraneo, capaci di mettere all'angolo i fautori della guerra santa e delle nuove crociate.

Pensavo a queste cose quando riflettevo sul fatto che, qualche ora prima, la mia prima reazione era stata quella di dire basta all'immigrazione clandestina, basta ai trafficanti dei nuovi schiavi, basta ai morti, lasciateci vivere in pace.

Poi, pian piano, ascoltando e guardando queste persone e noi, i nostri figli, i nostri nipoti mi sono chiesto: qual è la nostra responsabilità?

 Se cioè possiamo pensare di ergere dei muri per proteggerci o rischiare il confronto; ma, soprattutto quale possa essere il costo umano del costruire dei muri.

Il costo è altissimo ed ha il sapore dell'incomprensione, della violenza e della guerra. Ha il sapore dell'isolamento, della vecchiaia e della morte. Non certo della vita, che cerca sempre nuovi spazi ed esperienze con cui misurarsi.

Chiederei ai potenti d'Europa: riunitevi ed aprite il nostro mondo a questa gente. Aprite l'immigrazione a patto di accettare di essere sottoposti, alla frontiera, ad una nuova identificazione in base a queste semplici informazioni: fotografia, impronte digitali, gruppo sanguigno, DNA.

A questo punto gli direi: entrate e circolate liberamente per l'Europa.

 

 

 

 

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