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mercoledì 25 marzo 2015

Recuperiamo produttività nel segno dell'equità







Uno dei problemi presenti nel dibattito politico italiano è non solo che nessuno vuole affrontare il problema di una riduzione competitiva del CLUP, tale da consentire un miglioramento della produttività italiana; ma, soprattutto, che non si vede una maniera di gestire il problema che punti su alcune pratiche e proposte che, a mio parere, potrebbero agevolarne la soluzione in termini accettabili per la popolazione lavoratrice e per l'intero Paese.


           Costo del lavoro per unità di prodotto



 


Sarebbe pertanto opportuno che si procedesse a:
 
a) blocco stipendi e salari sia del settore pubblico sia privato per tutte le remunerazioni mensili superiori a 1200 euro per almeno cinque anni.Si dovrebbe pertanto togliere la possibilità di sperare in un aumento salariale ? No certamente per la grande area di lavoratori che si collocano al di sotto dei 1200 euro mensili; mentre, per tutti, deovrebbe  essere previsto solo un aumento legato ai risultati conseguiti ed alla produttività . Non possiamo permetterci aumenti automatici per tutti in presenza di una torta che non cresce
b) revisione delle aliquote IRPEF a partire dai 75.000 euro in su, con scaglioni progressivi d’aumento del 5% alla volta fino ai 500.000 euro in su.Da questa manovra è possibile ottenere risorse dai sette ai dieci miliardi d’euro annui con cui provare a 1) ridurre il cuneo fiscale dei salari più bassi, ponendoli a carico della fiscalità generale 2) incrementare le risorse per l'ASPI specie per la disoccupazione di lunga durata.Entrambe le manovre dovrebbero essere effettuate mantenendo inalterata la complessiva pressione fiscale in rapporto al PIL: Questo è immediatamente evidente per quanto riguarda la contemporanea riduzione del cuneo fiscale sul lavoro , a carico delle imprese; ma deve essere realizzato un analogo risultato  per la parte relativa al finanziamento dell'ASPI per il sostegno nei confronti della disoccupazione di lunga durata. Non si propone pertanto un  aumento della complessiva pressione fiscale; ma, al contrario, una diversa distribuzione della sua pressione.L'Italia è un pase dall'enorme risparmio privato ; il problema non è aumentarlo ulteriormente ma consentire la convenienza del passaggio dal risparmio all’investimento .produttivo. Il sacrificio per i ceti medi non sarebbe così elevato . Redditi lordi fra i 75000 e i 100.000 euro annui si troverebbero in realtà ad avere una maggiore imposizione ipotetica del 5% ( 48% anzichè 43% oltre i 75.000) pari a  ca. 100 euro mensili. Non mi sembra un sacrificio così grande se pensiamo ai vantaggi per le imprese e per i disoccupati di lunga durata, che trarrebbero beneficio da un provvedimento di questo tipo
c) flessibilità dell'organizzazione del lavoro per ottenere adeguati risparmi del costo lavoro complessivo, seguendo l’esperienza di recenti accordi in tal senso come ad esempio nella vertenza Electrolux o nella stessa FCA Italia
d) riduzione drastica del lavoro cosiddetto "inutile" grazie alla semplificazione burocratica e l'adibizione verso mansioni più produttive sia nel settore pubblico che privato.
e) utilizzo di margini della spending review e di fondi europei per un piano nazionale concreto e preciso per il potenziamento dell'innovazione e della ricerca con la destinazione di una parte dei fondi al potenziamento e sviluppo di strutture d’eccellenza sul territorio
Una vera e propria rivoluzione nel segno della redistribuzione delle ricchezze a favore del lavoro e della maggiore produttività.
Questo significa crescita, occupazione ma nel segno del coinvolgimento dell'intero paese. Questo è per me il primato della politica : saper mobilitare la speranza delle persone in una progettualità comune.
Mi sembra che quest’aspetto, nella politica del PD, principale forza di governo, possa essere ancora migliorato e, in esso, possano ricucirsi le diverse anime che lo compongono.
 

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