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martedì 17 agosto 2010

DALLA PARTE DEGLI "ULTIMI"

 

 

Le società moderne  presentano una profonda complessità  sociale.

Assistiamo ad una parcellizzazione delle mansioni,  all'utilizzo diffuso di lavori  a tempo  parziale e precari, alla riduzione  della popolazione attiva a tempo pieno ed a vasti processi di mobilità che ridisegnano la convivenza di vaste aree geografiche.

Le ns. categorie  tradizionali di lettura dei processi diventano spesso inadatte e ce ne rendiamo conto solo quando osserviamo come vasti strati di popolazione rimangano sostanzialmente privi di punti di riferimento organizzativi e di rappresentanza politica.

Sempre un maggior numero  di persone vive ai margini del processo produttivo e tutto questo le porta ad avere  difficoltà a rappresentare le proprie  esigenze. Il mondo giovanile viene condannato alla marginalità del lavoro precario sino  ad una età troppo adulta ( mediamente sino a 35 anni ) con la difficoltà di formare una famiglia  e di crescere dei figli e con il conseguente indebolimento dell'intera società.

La piaga del lavoro nero e dell'evasione contributiva condanna  vaste aree della popolazione  ad una realtà di sfruttamento e di ricatto spesso produttiva di un tessuto sociale dove alberga la devianza e la delinquenza organizzata.

La forte  presenza del  fenomeno dell'immigrazione sconvolge il tessuto sociale di alcune aree  che devono sopportare costi sociali superiori al passato sia in termini dell' aumento del costo dei servizi  (che grava sugli enti locali) sia per i problemi  dell'ìntegrazione di queste persone .

Perché  tutto questo diventi una ricchezza invece di rappresentare un problema bisogna che  queste persone trovino la possibilità di esprimersi , di trovare una rappresentanza che curi i loro interessi e permetta il dialogo con gli altri.-

Un grande partito che si voglia definire popolare non può non porsi oggi l'obiettivo di rappresentare gli "ultimi" e così facendo costruire un modello di società che dia a tutti maggiori opportunità.

S può tentare di partire dal  lavoro per affrontare il tema degli "ultimi" e provare ad ascoltare  le loro istanze e riassumerle in richieste politiche.

Il desiderio di stabilità , di crescita professionale , di sicurezza, di rispetto, d'integrazione si scontra con l'esigenza da parte delle imprese di poter disporre in modo flessibile della forza lavoro costituendo  un esercito  di riserva di manodopera tendenzialmente illimitato ed a basso costo che consenta di superare una delle anomalie  del mercato del lavoro italiano dove vi è una scarsità di offerta di lavoro manuale e dove il  primo grande problema è rappresentato dalla eccessiva rigidità che  non prevede  la possibilità del passaggio delle risorse umane  tra i settori produttivi e men che mai dal settore pubblico al privato.

In un sistema economico globalizzato dove la rapidità dei cambiamenti impone la necessità di risposte e ristrutturazioni aziendali rapide  non disponiamo di strumenti adatti ad affrontare  questi problemi consentendo alle aziende di godere della giusta flessibilità ed ai lavoratori  di poter contare sulla giusta continuità e  sullo sviluppo della propria professionalità.

Ma è da qui che si deve ripartire per affrontare le  sfide dei nostri tempi e la soluzione non può essere il sacrificio di una intera generazione di giovani in ruoli precari che ne impediscono di fatto la crescita professionale e le prospettive di vita personale o la diffusione in vaste aree di evasione contributiva come mezzo per la sopravvivenza aziendale.

Parlare di questi problemi è strettamente legato alla  possibilità ottenere  la  rappresentanza politica di questi lavoratori .

Non ultimo inoltre è il problema dei lavoratori immigrati : Essi vivono la possibilità di un miglioramento delle proprie condizioni di vita con la ricerca del lavoro nel ns. paese ma tutto ciò va regolato  per evitare che siano facile preda della malavita organizzata o che essi stessi per disperazione si vadano ad aggiungere al mondo deviante. Essi rappresentano una iniezione di energia per il ns. paese che deve tuttavia essere ben utilizzata ed indirizzata. Attraverso la  fiscalità essi possono e devono contribuire al sostegno delle spese per i servizi sociali di cui godono  ed inoltre possono col tempo se lo vogliono diventare nuovi cittadini italiani rafforzando con la loro energia e la loro cultura  la ns. Nazione.

Ma come fare per aprire un dialogo con queste componenti sociali , con gli "ultimi"?

Su quali temi è possibile un'aggregazione ed una rappresentanza?

E' per questo che oggi dobbiamo porre con chiarezza   almeno queste due parole d'ordine: legalità e lavoro.

Ripartire dalla legalità  e dal lavoro significa almeno in prima istanza :

1)      rivedere una volta per tutte il problema della flessibilità del lavoro ridiscutendo i termini dell'art 18 dello statuto del lavoratori sulla base delle proposte del progetto Flexsecurity del prof Ichino.

2)      Rivedere i contratti di lavoro precario adottando il Contratto d'ingresso Unico ( DDL Nerozzi)

3)      Punire severamente l'utilizzo del lavoro nero e la relativa evasione fiscale ma al tempo stesso facilitare le procedure di assunzione e di gestione del lavoratore  specialmente in tutte le situazioni  in cui il datore di lavoro non è una impresa ma un privato.

4)      Aumentare le sanzioni   per chi non  rispetta le regole di sicurezza del lavoro

5)      Rivedere il rapporto fra contratto nazionale di categoria e contratto aziendale incentivando l'aumento di produttività con tassazione  forfettaria su straordinario e premi di produzione.

6)      Rivedere le regole per l'immigrazione del lavoro facilitandone  sia l'accesso che  la messa in regola con relativa  tassazione del reddito prodotto in Italia.Stabilire delle nuove regole per ottenere la cittadinanza italiana ( fra cui  per esempio almeno cinque anni consecutivi di pagamento IRPEF e un anno di servizio militare e/o civile obbligatorio sia per le donne che per gli uomini sino all'età di cinquant'anni). Diritto di cittadinanza per  chi nasce in Italia da genitori stranieri con obbligo, al compimento dei 18 anni, di sei mesi di servizio civile/militare obbligatorio.

7)      Promuovere un vasto piano di edilizia popolare.

8)      Promuovere degli Enti Pubblici  del Lavoro per la realizzazione di opere pubbliche ( scuole , case popolari, ospedali, ecc..) attraverso cui dare occupazione con un salario minimo   a tutti coloro che ne facciano richiesta  previa apposita graduatoria o che fruiscano di ammortizzatori sociali.

9)      le risorse necessarie per la realizzazione degli ultimi due punti potrebbero ad esempio essere ottenute dalla maggiore tassazione dei redditi superiori a 150.000 euro annui, dalle rendite finanziarie e da un  risparmio di Bilancio  riveniente dalla riduzione  delle spese per gli armamenti.

Non riteniamo di aver fatto altro con questo intervento che suggerire degli spunti di riflessione sul problema  ben conscì che l'effettiva soluzione passa dalla capacità di organizzare  e di ascoltare maggiormente questi settori di popolazione che  abbiamo voluto definire "ultimi". Anche la proposta  degli Enti Pubblici del Lavoro  come quella dell'introduzione del servizio militare/civile obbligatorio per gli immigrati possono sembrare provocatorie o ricordare  i campi di lavoro del New Deal  ma invito comunque a riflettere sulla capacità di educazione e di integrazione sociale che potrebbero  diventare se opportunamente utilizzate.

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