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venerdì 16 marzo 2012

La dura legge delle riforme

 

 

Mentre siamo rallegrati dalle notizie positive dell'accordo  sul tema del lavoro,  raggiunto  all'interno del vertice tenuto ieri sera fra il Governo ed i segretari dei maggiori partiti della maggioranza, sale contemporaneamente forte la preoccupazione per la protesta preannunciata dalle associazioni datoriali. In special modo preoccupa la volonta comunicata da Rete Impresa Italia,( associazione che riunisce al suo interno le rappresentanze maggioritarie della piccola media impresa del commercio e dell'artigianato) di arrivare alla disdetta dei contratti collettivi, che riguardano  ca il 54% del lavoro privato, nel caso in cui  verrano mantenute le indicazioni fornite dal Governo circa l'aggravio degli oneri a carico delle imprese sui contratti di lavoro a tempo determinato.

C'è da dire che questa misura,  prospettata dal Governo ed accettata dalle forze politiche, costituisce uno dei punti di forza della proposta che verrà portata martedi prossimo nell'incontro con le parti sociali relativa al riordino dei contratti atipici ( col disincentivo degli stessi rispetto il lavoro a tempo indeterminato) ed al recupero, attraverso il loro maggior costo, di risorse utili a consentire l'apertura stabile degli ammortizzatori sociali a questa categoria di lavoratori.

La protesta di Rete Impresa Italia  fa riferimento all'insostebibilità dei costi da sopportare per tutte quelle imprese  che utilizzano  contratti di lavoro a tempo determinato in una fase di crisi economica acuta che  già le penalizza fortemente.

Il disagio è reale,   così come è grave la situazione economica e finanziaria delle imprese; tutavia, le misure proposte dal Governo contengono già in parte alcune soluzioni. La prima è quella che  con la stabilizzazione del dipendente a contratto a tempo determinato è previsto un vantaggio fiscale che permette il recupero dei maggiori aggravi prima sostenuti .Il secondo è la proposta del contratto di apprendistato come via propritaria per le assunzioni di nuovi lavoratori con incentivi sul costo iniziale e maggiore flessibilità in entrata.Il terzo è la riforma relativa all'art 18 distinguendo il licenziamento per motivi discriminatori da quello per motivi economici e per motivi disciplinari.

Se queste misure  non sono sufficienti ci troviamo allora davanti ad un altro problema .

Siamo di fronte cioè, come è stato affernato da molto tempo all'utilizzo improprio del lavoro precario come strumento per il contenimento dei costi complessivi d'impresa, per l'utilizzo incontrollato della risorsa lavoro ed in sostanza  per lo scarico sul lavoro dell'inefficienza ed arretratezza del sistema economico italiano. L'incapacità di stare sul nercato dotati di oppportuna capitalizzazione , investimenti all'altezza della situazione ed  una struttura commerciale e di prodotto adeguata  è stata compensata da un abbattimento del costo del lavoro grazie all'utilizzo di quello precario. Scoperchiare la pentola mostra la faccia del diavolo. Cosa diremmo se nel Mezzogiorno si riuscisse ad impedire il lavoro nero? Quante picccole imprese  dovrebbero chiudere? L'altra faccia della medaglia è che tuttavia queste imprese alimentano l'aretratezza sia della struttura economica che delle condizioni  di lavoro ed alla fine non contribuiscono alla crescita reale del livello di vita di quella comunità. Anche in questo caso, siamo di fronte all'attacco di posizioni di  RENDITA ma ciò non rende meno grave il disagio reale  vissuto dalle categorie che ne sono toccate e che protestano.   Bisogna offrire loro una strada virtuosa da percorrere ed accettare che molti possano dover cambiare tipo di attività. In tutto questo, diventa essenziale  che le imprese in questa fase possano disporre più agevolmente di mezzi finanziari ed a più basso costo. Questo è il corollario necessario a qualsiasi misura di riordino . Senza di questo, si apre una voragine perché tutti i problemi non risolti da anni vengono alla luce senza i mezzi economici per affrontarli. Dobbiamo fare in modo che le Banche tornino rapidamente a svolgere il loro compito di finanziamento ampio alle imprese e che il risparmio  e la ricchezza delle famiglie si trasformi  in investimento a prezzi contenuti. La riduzione dello spread dei titoli pubblici italiani  su quelli tedeschi e l'iniezione di liquidità della BCE sono state salutari e rappresentano una precondizione possibile per una maggiore liquidità del sistema . L'annunciata volontà di Unicredit di mettere a disposizione una linea di credito  di quaranta miliardi in tre anni a favore delle imprese è una notizia positiva ma bisogna fare ancora molto in tal senso  .

Di certo non si deve tornare indietro e bisogna dare atto  che il Governo si sta muovendo sulla questione lavoro  in maniera positiva.

E' doveroso che  da parte di tutti gli venga dato il sostegno che merita.

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