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martedì 16 dicembre 2014

L'importanza dell'azione pubblica


 
 
I recenti dati sulle esportazioni italiane evidenziano una crescita tendenziale, nei primi dieci mesi dell'anno, di ca. 1,6%, con un risultato positivo della bilancia commerciale che presenta un saldo positivo di oltre 30MM.
Eppure, i dati previsionali dell'andamento del PIL sono invece attestati, nel migliore dei casi, verso una relativa stabilità (0,3%) e non sembra che l'andamento dell'occupazione vada migliorando.Dove finiscono quindi questi 30 miliardi? Probabilmente, in una sostituzione di PIL, che flette nei confronti della domanda interna. Come se non bastasse, i fondi messi a disposizione dalla recente operazione TLTRO della BCE, prenotati per ca. 49 MM dalle Banche italiane (fra la prima e la seconda tranche ) non sembrano ancora decollare e pertanto queste disponibilità non riescono ad essere spese per il rilancio della nostra economia.Aggiungiamo ancora che i fondi strutturali europei, messi a disposizione per il periodo 2014/2020, ammontano a ca. 29MM (senza contare il co-finanziamento dello Stato italiano che potrebbe forse non essere conteggiato nei parametri del debito) e che anche questi sono ben lontani dall' essere utilizzati.
 
Ci troviamo, dunque, in una situazione dove vi sono, di fatto, una serie di risorse, non di poco conto, che non riescono ad essere utilizzate o non producono un effetto positivo sulla crescita del PIL, a causa di una persistente stagnazione della domanda interna del nostro Paese.
Quando gli investimenti privati sono fermi. per mancanza di prospettive, quando i consumi sono fermi, dobbiamo ragionevolmente pensare ad una funzione importante dell'intervento pubblico come stimolatore ed organizzatore di pochi ampi progetti che riescano a produrre investimenti e lavoro ed utilizzare le risorse esistenti, trainando quindi la ripartenza della domanda interna. . Questa condizione sta diventando prioritaria.
A livello europeo, il piano Juncker sembra volersi muovere in una direzione maggiormente espansiva, ma le risorse in campo sono minime.
Anche in questo caso, per comodità d'analisi, il problema può essere logicamente separato in due grandi tronconi :
 1) Come aumentare le disponibilità europee da mettere a disposizione di una politica comunitaria espansiva
2) ancora più importante: come riuscire ad impiegarle subito . Come riuscire, cioè, a far nutrire un cavallo che non mangia e non beve.
La tradizione del pensiero di Keynes suggerisce che in questi casi è la spesa pubblica che deve intervenire, ma si obietta che in Italia la situazione debitoria dello Stato è già eccessiva e che in Europa l'aumento delle disponibilità da investire,( anche se finanziate in prima istanza con una grande operazione di Quantitative Easing della BCE) comporta inevitabilmente un problema di trasferimento inaccettabile di risorse da un paese membro all'altro
Quello che in entrambi i casi diventa essenziale è un ruolo stimolante /organizzativo del settore pubblico, in sinergia con quello privato, per riuscire a spendere le risorse reperite e stimolare la ripartenza della domanda e della crescita.
In Italia c'è chi invece scommette su ipotetiche flat tax e comunque sulla drastica riduzione della spesa pubblica per riempire le tasche dei cittadini e far ripartire i consumi . Queste posizioni sono troppo deboli perché uno dei principali motivi della caduta dei consumi è l'incertezza occupazionale, causata dal declino economico del nostro paese e dal crollo della domanda interna Una riduzione drastica della spesa pubblica potrebbe addirittura peggiorare ulteriormente gli attuali livelli occupazionali ed avere conseguenze negative sul welfare. No, semmai il problema è ridurre lo spreco e la corruzione presente nel rapporto fra il sistema pubblico , la politica e il settore privato e modificare la produttività della spesa oltre che destinare maggiori risorse possibili verso gli ammortizzatori sociali a garanzia della piaga della disoccupazione.
 

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