Da quando la Fiat ha assunto un nuovo ruolo multinazionale, successivo all'investimento nella Chrysler, il suo sviluppo non coincide più con quello del suo paese d'origine : l'Italia. Eppure, per molti anni, il gruppo dirigente Fiat ha inciso profondamente sulle decisioni di politica economica italiana attingendo a piene mani ai fondi pubblici, in cambio di investimenti produttivi, oppure scaricando sulle casse delle Stato le proprie difficoltà congiunturali relative alla gestione del personale.
Oggi, continua ad adottare una politica simile: solo che attinge ai fondi messi a disposizione dalla Serbia e dall'UE per realizzare l'investimento nella produzione della nuova linea monovolume "LO", mentre negli Stati Uniti sta facendo decollare lo stabilimento della Chrysler grazie anche al completo coinvolgimento nel progetto del Sindacato locale.
E' naturale che la Fiat cerchi di percorrere le strade più convenienti per la realizzazione dei suoi progetti ed è in quest'ambito che tuttavia l'Italia deve giocare le sue carte.
In una fase di difficoltà economica mondiale, dove la crescita della domanda è il problema da affrontare, il ns. Paese deve porsi il problema di come utilizzare un atteggiamento virtuoso del settore privato e pubblico per realizzare un maggior risparmio tramutandolo successivamente in occasione di ricchezza e nella crescita della domanda. E' difficile tuttavia che la domanda possa essere trascinata,in prima battuta, da un incremento sostenuto dei consumi perché le famiglie, in un periodo di crisi economica, tendono a proteggersi dall'incertezza del futuro, limitando le spese . E' il fronte degli investimenti che deve essere potenziato con stimoli e facilitazioni da parte dello Stato e della Politica. All'interno di questo quadro è facilmente comprensibile come non sia indifferente l'opportunità di ottenere che il progetto di investimento della Fiat coinvolga in maniera significativa gli stabilimenti italiani. E' stato già un successo, in qualche modo, ciò che si è realizzato a Pomigliano; ma, tutto è ancora da giocare sugli altri stabilimenti.
Non credo che Marchionne sia stato del tutto limpido nell'esporre i motivi della sua scelta per la localizzazione in Serbia dell'investimento della produzione della monovolume.
E' interessante infatti riflettere ad esempio sulle dichiarazioni di Giorgio Airaudo, leader della Fiom piemontese che afferma : «L'attacco di Marchionne al sindacato – assicura – è propagandistico. La scelta della Serbia è solo economica: oltre il 70% del finanziamento è a carico del governo di Belgrado, la Fiat non pagherà alcun tipo di tassa per 10 anni, incasserà a fondo perduto 10mila euro per ogni lavoratore assunto e pagherà un salario pari a 400 euro al mese, con l'esclusione di qualsiasi aumento. Se avesse queste condizioni in Italia, Marchionne non avrebbe delocalizzato».
La produzione della nuova monovolume "Lo" in Serbia prevede un investimento complessivo da un miliardo di euro, di cui 350 milioni circa dal Lingotto (400 milioni dalla Bei, 250 da Belgrado), per una produzione di 190mila unità l'anno che sostituirà la "Multipla", la "Musa" e la "Idea" che attualmente vengono fatte a Mirafiori.
Il problema è pertanto cosa verrà prodotto a Mirafiori? Che accordo è possibile raggiungere con i i sindacati? Quale investimento è possibile ipotizzare?
Bene hanno fatto tutte le forze politiche e i tre maggiori sindacati di categoria a chiedere l'apertura immediata di un tavolo di trattative sul tema.
La mia sensazione che la posta sia ancora tutta in gioco. La possibilità di produrre automobili nei paesi occidentali è ampiamente praticabile come dimostrano gli stabilimenti delle altra case automobilistiche e la stessa produzione Fiat in America. Bisogna tuttavia stabilire quali modelli è meglio produrre per valorizzare al massimo le economie esterne ( indotto,trasporti,condizioni del Paese ecc ambiente politico sindacale- ecc) ed interne ( qualità degli impianti esistenti, professionalità della manodopera, organizzazione industriale ecc), trovare un accordo di lungo respiro sulle relazioni sindacali ( che sarebbe quanto mai opportuno che ritrovino l'antica sapienza dell'unità, facendo sì che le differenze non diventino motivo di irreparabile divisione) ed un ruolo nei confronti del paese Italia con un confronto con le forze politiche.
Certo è che bisogna far pesare il fatto che, anche se non è previsto l'utilizzo di fondi dello Stato per il programma d'investimento Fiat in Italia, è pur sempre vero che continuano a gravare sulla comunità italiana le difficoltà di gestione del personale che la Fiat sta affrontando nel periodo attuale di crisi economica e di ristrutturazione degli impianti e delle lavorazioni.
Questo terreno di confronto può essere l'occasione per la politica di spingere verso la produzione di modelli di ultima generazione , elettrici e/o altro.
Può rappresentare inoltre per lo Stato l'occasione di pensare ad un modo per favorire l'accesso al credito anche da parte delle grandi aziende oltre che delle PMI con l'utilizzo della propria garanzia( potenziando il fondo di garanzia PMI e aprendone uno specifico per le grandi imprese).
E' questo un altro aspetto che permetterebbe l'utilizzo più ampio del risparmio traducendolo in investimento, grazie all'intermediazione bancaria
Facilitare l'accesso al credito è un volano dell'investimento.
Ritengo che, su questo punto, interlocutori come la Dirigenza di Unicredito , BNL, Banca Intesa, MPS ed altri non si tirerebbero indietro.
Roma , 23 luglio 2010
Giuseppe Ardizzone
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