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domenica 28 novembre 2010

COSA CI ASPETTA?

 

Mentre l'orchestra suona e le forze politiche litigano, i cittadini sentono  sul collo il fiato gelido delle misure restrittive messe in piedi dal nostro ministro dell'Economia come risposta Italiana alla più grande crisi economico finanziaria del dopoguerra.

Ma ….è stato servito solo l'antipasto…. e , come  osserva  il mondo della sinistra, i tagli alle pietanze della spesa pubblica sono stati lineari per non scontentare nessuno dei commensali.

Solo che, alcuni di essi, avrebbero avuto bisogno di maggior cibo per poter andare a scuola o al lavoro per poi tornare a casa con un po' di soldi; mentre, altri  potevano benissimo fare qualche sacrificio in più ( ministero della difesa e  costi della politica in  primis).

Il piatto forte arriva adesso con le decisioni sulla stabilità prese, a livello europeo, per rispondere alle difficoltà delll'area dell'euro di fronte agli attacchi della speculazione che si dirige verso i paesi che ne costituiscono i punti più deboli: quelli in cui il deficit ed il volume del debito pubblico sono fuori controllo. Il primo paese ad essere  colpito è stato la Grecia e dobbiamo ringraziare la prontezza e lo spirito unitario dei principali protagonisti europei se il problema è stato affrontato im maniera sostanzialmente efficace. Tuttavia, Germania e Francia , alla testa del gruppo di salvataggio, nel decidere la costituzione di un fondo di aiuto ai paesi in difficoltà, hanno preteso da tutti i partecipanti misure rigorose per un piano di stabilità. Queste misure,  che ogni paese sta mettendo in campo, prevedono tagli profondi della spesa pubblica ( e questo significa riduzione di posti di lavoro nel settore)  e rigido controllo  delle spese: è sostanzialmente una politica deflattiva che pretende il formarsi di un circolo virtuoso a partire dal risanamento. Dubbi su queste scelte così rigorose si sono affacciati anche nella mente della sig.a Merkel, se la stessa ha cominciato recentemente e dire che nella ipotesi di salvataggio delle economie degli stati pericolanti è giusto che parte della perdita sia assorbita anche dai privati investitori. E' come dire che non possiamo far pagare tutto allo Stato e non possiamo di conseguenza mettere noi( Germania ed altri Paesi in aiuto) la mano al portafoglio per salvare questo stato senza pretendere la partecipazione di chi ha in qualche modo investito in operazioni a rischio aspettandosi un lauto guadagno. Mi viene ijn mente a questo punto la difficoltà che continua ad avere la proposta di tassazione sulle transazioni finanziarie internazionali dello 0,05% ed il fatto che superata la crisi non vi sia stato un inasprimento delle tassazioni sui guadagni finanziari tale da scoraggiare le speculazioni. Il motto successivo alla crisi doveva essere : privilegiare il lavoro rispetto alla rendita finanziaria ed alla speculazione. Ma non c'è traccia di questo in Europa e nel mondo.

Se, continuando, prevale l'ipotesi di uno sviluppo  lento, accompagnato da  fasi di deflazione e riservato solo ai Paesi  più virtuosi, il costo sociale è enorme. Sulla società intera graverà infatti il compito di ripagare le perdite provocate dal collasso economico finanziario e dal possibile attacco speculativo che ne scoperchierà la brutale verità. Non vi saranno soldi per occupazione e lavoro. Non vi saranno risorse da destinare alla scuola e la ricerca e tutto questo potrà diventare  insostenibile per le masse popolari .

Alcuni economisti, a cominciare dal premio nobel Krugman e dall'italiano Savona, intravedono la possibilità di una disgregazione dell'area Euro. Il costo del mantenimento dell'appartenenza potrebbe in taluni casi superare quello della possibile uscita. In ambedue i casi i costi sono elevati.

Sono questi i temi su cui dovrebbe soffermarsi maggiormente "tutta" la nostra classe politica. E' probabile che presto dovremo mettere in cantiere una manovra di diverse decine miliardi l'anno per cominciare a rientrare, in tempi ragionevoli, dal nostro debito pubblico.

Che impatto avrà sulle possibuilità di reperire risorse per la crescita? Riusciremo a finanziare il recente piano per il Sud  che, al di là di normali possibili, critiche, rappresenta un buon tentativo da continuare?

Potremo in un momento  come questo completare le importanti riforme sul federalismo e sulle forme istituzionali di contrappeso ?

Può un Europa priva di una capacità politica,  che vada oltre quella attuale, affrontare con successo queste sfide?

E' senz'altro ragionevole, come dice Savona, per un paese come il nostro, che la classe politica si accordi su un piano B di salvataggio che preveda uno sbocco ad una possibile crisi dell'Euro con la necessità di agire da soli e contare solo sulle nostre forze.

 In questa ipotesi  Savona afferma

 " potrebbe l'economia italiana uscire dallo stallo gestendo la quantità di moneta o i tassi dell'interesse e potendo svalutare, come fa il Regno Unito? Questa è una parte del piano B che noi economisti dovremmo studiare. Questa politica potrebbe causare una crisi inflazionistica e un crollo di valore del debito pubblico. L'aumento dei prezzi e la perdita di valore del debito pubblico con il conseguente innalzamento del suo costo scuoterebbero il paese dall'illusione di poter vivacchiare sotto un'inesistente ombrello europeo. La storia insegna che una crisi salutare è sempre stata il fondamento di una nostra ripresa di vitalità."

 

Personalmente ritengo che le possibilità di riuscita del piano A ( restare all'interno dell'area Euro)  per l'Italia siano elevate. Questo sia per il già buon rapporto Deficit/PIL sia per il fatto che il nostro debito pubblico è prevalentemente coperto dalle sottoscrizioni dei privati italiani.Inoltre , ha ragione chi in passato aveva richiesto a viva voce la possibilità di uscire dai parametri di stabilità con operazioni finalizzate esclusivamente allo sviluppo e superando le politiche deflattive.

Se a livello europeo si avesse il coraggio di intraprendere una politica coordinata ed unitaria di sviluppo, finanziata dall'emissione di bond europei, sarebbe un importante segnale per i mercati della presenza di una volontà politica unitaria della "nazione "europea. L'Europa  acquisterebbe  un peso internazionale di arbitro fra i grandi colossi orientali e gli Stati Uniti d'America. Il passo successivo sarebbe dotarsi finalmente di un governo Politico Federale  e di un esercito.

Nel piano B il nostro futuro non  potrebbe che essere maggiormente legato ai paesi del Mediterraneo , alla Russia . all'India ed alla Cina  anche per i comuni interessi energetici ed agli sbocchi di mercato per i nostri prodotti.

In ognuno dei due scenari sarebbe comunque  opportuno che a livello nazionale si decidesse con rapidità un  piano di sviluppo  basato sul recupero del  divario di produttività del lavoro nei confronti degli altri paesi, sulla green economy, sul turismo e cultura patrimonio unico dell'Italia, sullo sviluppo del Sud ( continuando ciò che è stato apena iniziato con il recente piano del Sud), sul rilancio della scuola e della ricerca, sul superamento della mortificazione, a causa del precariato, del bene più prezioso che abbiamo a disposizione : i ns giovani. Questo piano nazionale non può inoltre prescindere da una decisa redistribuzione della ricchezza a favore del lavoro, della famiglia e del'impresa.

Chi deve pagare di più?: Le rendite ( soprattutto finanziarie), i patrimoni ma anche i redditi elevati.

Non possiamo abolire ad esempio la speculazione finanziaria, ma possiamo fare in modo  di tassare tanto i guadagni da ridurne l'attrazione rispetto all'investimento direttamente produttivo. Il clima nel mondo è sensibile a questi discorsi! La nostra classe politica si faccia parte attiva di questo processo.

 

 

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